venerdì 23 settembre 2016

Lo chiamavano Jeeg Robot

Non esiste un buono senza un adeguato cattivo. E così anche "Lo chiamavano Jeeg Robot" non fa eccezione. Girato in modo sublime, questo controcanto dei fumettoni americani e giapponesi, trasporta in piena Roma una storia che potrebbe benissimo essere ambientata nel centro di Manhattan o di Tokio.
Cosa ne fa capolavoro? La parlata romanesca, il confronto con i napoletani, un supereroe molto molto particolare e (per nostra fortuna) un cattivo superbo.
Enzo Ceccotti vive di espedienti e piccoli furti, assolutamente invisibile in una Roma che si trascina nel quotidiano a tutti noto, cade in un bidone radioattivo e diventa (suo malgrado) un uomo fortissimo... ma non basta per farne un supereroe.
Occorre un percorso di ripensamento e formazione, grazie all'incontro con Alessia, figlia di un suo socio d'affari, una ragazza con qualche problema che tuttavia gli si aggrappa e cerca di convincerlo della sua "particolarità".
Solo la morte di Alessia trasformerà finalmente Enzo in un supereroe buono, mettendo in conflitto con Zingaro, un delinquente con un passato televisivo ed in cerca di riscatto mediatico.
Questo film è la dimostrazione che il cinema italiano è vivo, vivissimo, capace di far divertire senza cine panettoni o tristezze varie...

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