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sabato 31 maggio 2025

Milano - un giorno qualsiasi

Anche se Milano pare diventata la patria dei Maranza, nulla toglie alla poesia di questa città a cui hanno fatto credere di essere metropoli... forse c'é stato un momento in cui poteva esserlo, un momento in cui tutti ci hanno creduto e vissuto di conseguenza... ora non più... ora è un'altra cosa.. ma, come scrivevo all'inizio del testo, nulla toglie a spazi e momenti di confronto e dialogo tra il verticale e l'orizzontale.. a noi il compito di vivere l'urbano e i suoi momenti.






 

martedì 11 febbraio 2025

Smart City - Rivista

Da diversi anni si accenna al termine di Smart City, Un termine che è tutto un programma... un termine che dice tutto, suona bene, riempie la bocca di chi lo pronuncia, ma poi è tutto da riempire... anzi è in divenire.
Cominciamo con il termine city. La città declinata in inglese.. ma la città è poi realmente la city? forse non meglio parlare di Land? allora accontentiamoci di parlare di un aggregato di persone che vivono insieme e condividono uno spazio, dei servizi, una comunità forse... ed allora perché Smart? Perché la potenza dei servizi erogati porterà a semplificare la vita di tutti, risparmiare energia e tempo, garantirà maggiore sicurezza e permetterà di vivere meglio. 
Questo è SMART. Ma come si ottiene? Con strumenti che controllano il traffico, che monitorano l'acqua, la corrente, il gas, erogano servizi online, permettono video conferenze, migliorano i tempi della città, permettono alle persone di incontrarsi, comunicare, gestire, con meno fatica ed in modo ordinato.. controllano l'inquinamento, il caldo, il freddo, la luce... eccetera.. ne saremo all'altezza?

 

giovedì 8 agosto 2024

Como verso il PTO - Ricerca

Come può l'immateriale governare il materiale?

Spunti: 1989 - Le donne cambiano i tempi. Proposta di legge di iniziativa popolare.

Le misure proposte devono considerare l'incontro tra diversi "tempi".
Il tempo obbligatorio (lavoro, studio), il tempo costretto (spostamenti, attese), il tempo necessario (conservazione fisica del corpo), il tempo condizionato (attività di formazione), il tempo libero, il tempo per sé (autoriflessione).

Le politiche temporali sono tipicamente urbane, in quanto la città rappresenta il perimetro entro il quale è possibile intervenire efficacemente su un fenomeno di così elevata complessità.
Tali politiche ambiscono a coordinare i tempi collettivi e individuali, di lavoro e di vita, dei servizi pubblici e privati, dei singoli, delle famiglie, e della comunità, allo scopo di garantire un accesso equo ai beni urbani di prevenire forme di "segregazione temporale" e di contrastare lo svantaggio che ne consegue.

A partire dal 2000 con la legge n. 53 del 08/03/2000 ha reso obbligatorio per tutti i comuni che contano più di 30.000 abitanti  l'istituzione di un ufficio dei tempi e la predisposizione di un Piano Territoriale degli Orari (PTO), a seguire la Legge Regionale n. 28/2004.

Il progetto "Nonni del cuore" per i bambini migranti che non hanno nonni presenti in famiglia che risponderebbero altresì alle esigenze di conciliazione dei genitori lavoratori.


 

giovedì 11 luglio 2024

Placemaker


Artisti che si improvvisano scienziati per risolvere problemi di mobilità di una grande città.
Architetti che individuano soluzioni innovative osservando piante ed animali.
Designer che lavorano sui comportamenti e la psicologia delle persone.
Ciascuno di loro è capace di incursioni al di fuori del proprio campo, senza perdere di vista l'obiettivo iniziale.
Un pugno di innovatori urbani sta operando nelle città, ripensando la relazione tra città e natura, tra spazi pieni e vuoti, sui servizi, le reti, la mobilità.
Sono professionisti ibridi, capaci di conciliare bisogni con immaginazione, creatività quotidiana con la salute del corpo sociale che vive la città.
Sono mossi da una curiosità libera e creativa e per questo trovano le soluzioni più adatte.
Osano pensare di poter fare qualcosa che non è mai stato fatto prima e soprattutto lo fanno.
Elena Granata li ha chiamati "Placemaker" perché la loro attitudine è saper trasmutare una buona idea in un progetto vivo che trasforma un luogo.

Pagina 11 - Un'arte che non generi beni comuni e collettivi mi pare oggi un controsenso, viene meno alla sua natura più profonda. L'architettura è la forma d'arte più generosa perché si offre potenzialmente allo sguardo di tutti. 

Pagina 16 - Non possiamo più permetterci di ridurre la natura e il territorio a piattaforma delle attività economiche, il paesaggio alla sola dimensione estetica trascurando quella etica, che ha a che fare con i comportamenti e i valori, con il modo in cui ci prendiamo cura del mondo attraverso l'agricoltura, l'attenzione al suolo, al cibo, all'energia.
Una comunità resiste al tempo solo se è in grado di rigenerarsi, di convivere con le proprie intrinseche differenze, di valorizzare le sue eccezioni. Resiste perché cambia, perché si adatta, perché genera il nuovo. Solo dove queste opposte modalità si combinano e interagiscono in modi nuovi, si generano inattese possibilità di conoscenza.

Pagina 20 - La città è proprio ciò che accade tra una casa e l'altra. La sua abitabilità dipende sempre (e solo) dalla sua dotazione di spazio pubblico, dalla ricchezza di quel tessuto connettivo che tiene tutto insieme: le strade, le piazze tra le case, la qualità minuta dei marciapiedi. la presenza di sedute che consentono alle persone non solo di camminare ma anche di trattenersi, i parchi e i giardini, gli spazi per i bambini e per gli animali, le piste ciclabili, le isole pedonali, le strade solo pedonali.

Pagina 22 - I Woonerven sono i progenitori di tanti esperimenti contemporanei di guerriglia urbana e più in generale di quella metodologia di azione che oggi definiamo urbanistica tattica.



 

venerdì 17 novembre 2023

Verde Urbano


Il verde urbano è una componente dello spazio urbano che ha condizionato la struttura della città moderna, in particolare nei paesi del centro e nord Europa, dove la sensibilità naturalistica matura con lo sviluppo della crescita urbana.
Per comprendere un fenomeno segnato da contatti e interferenze plurime con discipline assai diverse - quali la botanica, la pittura, l'architettura, l'ingegneria - questo studio risale all'esperienza del giardino rinascimentale e all'influenza esercitata dall'idea di natura sulla formazione della città.
E' nel momento in cui il pensiero riformatore ottocentesco riesce ad imprimere una svolta innovatrice alla costruzione della città industriale che il verde assume il significato igienico e sociale che oggi gli attribuiamo.
La metafora di natura espressa dal verde urbano non è solo un retaggio estetico del romanticismo, ma racchiude anche il fondamento estetico di una organizzazione della società che tenta di sottrarsi al dominio utilitaristico dei puri rapporti materiali.
Nella fase tardo industriale della diffusione urbana a scala territoriale l'originario assunto di "natura in città" tende però a capovolgersi nell'idea di "città nella natura" portato acanti dalle discipline ambientali che propongono un arricchimento del concetto puramente geometrico dello spazio attraverso i contributi innovatori dell'ecologia.

Libro che riappare a distanza di molto tempo... l'avevo utilizzato per l'esame di "Arte dei giardini".. uno di quegli esami che ti fanno vedere lontano, ti aprono orizzonti in cui potresti davvero lanciarti... uno di quei bivi che la vita ti da modo di valutare... per un'istante mi aveva davvero appassionato... ma non riuscendo a soffermarmi su questo ho finito per dirigermi altrove. Ottimo testo.

sabato 20 marzo 2021

La cartografia e i sistemi informativi per il governo del territorio


Le Regioni e i Comuni sono stati chiamati a svolgere sempre più numerosi e complessi ruoli nel campo della gestione del territorio; e a questi compiti si è sempre più legata la necessità di dotarsi di strumenti conoscitivi utili ad attuare il controllo dei processi decisionali e della efficacia degli interventi.
In questo ambito si inseriscono anche i nuovi compiti di produzione cartografica (nel panorama assai articolati ma confuso) e il crescente interesse per l'acquisizione operativa di sistemi informativi da parte degli Enti Locali e di quanti operano a livello politico, amministrativo e tecnico nell'ambito della pianificazione territoriale e urbana.
A questa crescente richiesta di compiti gravosi non sempre ha corrisposto un'adeguata dotazione di risorse tecniche e strutturali, mentre le Regioni si trovano nelle condizioni di esercitare poteri molto penetranti e incisivi di non facile applicazione ma, anzi di natura assai complessa.
Col termine "complesso" si vuol fare riferimento alla complessità propria del "territorio" e della sua attività di governo.
Il territorio infatti è definito, nell'impostazione metodologica e culturale a cui si fa riferimento, un sistema reale che ha natura unitaria ma composta da elementi eterogenei che coesistono in un certo spazio: il territorio è dunque un sistema complesso e non può che essere complesso un sistema informativo che vuole essere la sua rappresentazione e il cui fine è essere strumento di governo.
Le più diverse discipline e campi di attività intercorrono nella definizione e realizzazione dei sistemi informativi territoriale e la specializzazione mono-disciplinare, così diffusa nella cultura moderna non offre un valido aiuto e supporto. (tratto dal libro)

Testo acquistato nell'ormai lontano 1988, in occasione della preparazione all'esame di Progettazione Architettonica 1. Allora si era ai primordi del riconoscimento dell'importanza dello studio del territorio e della rivalutazione di Topografia e digitalizzazione, oggi si sono fatti passi da gigante e grazie alla potenza dei computer, della rete, dei satelliti, permette conoscenze e progettazioni allora impensabili..
E' importante conoscere il territorio? Assolutamente si, è indispensabile. Ed è per questo che occorre conoscere gli strumenti che lo consentono... padroneggiarli e saperli leggere criticamente, per trarne i dati utili per fare urbanistica, progettazione, ecologia... agricoltura... insomma per vivere bene e meglio sul nostro Pianeta.

 

lunedì 13 luglio 2020

L'Architettura della città

Recupero questo libro, letto molti anni or sono, in una edizione Clup, ora introvabile… che ne ho fatto maledizione? Fa nulla, lo ritrovo in biblioteca e un piccolo racconto ne accompagna la foto di rito, con scheda di lettura.  Ho deciso peraltro di riportare i miei appunti di allora… quasi trent'anni or sono...
 
I caratteri principali dell'architettura sono la volontà di creare un ambiente più adatto alla vita e all'intenzionalità estetica.
Nel corso di questo studio Aldo Rossi si occupa di diversi metodi per affrontare il problema dello studio della città, privilegiando il metodo comparativo e sottolineando l'importanza del metodo storico.
Affronta poi il problema politico della città inteso come un problema di scelte per cui la città realizza se stessa attraverso una propria idea di città.
Vi sono due metodi fondamentali per l'elaborazione di una teoria urbana:
1) La città come prodotto di sistemi funzionali generatori della sua architettura e dello spazio urbano;
2) Città vista come una struttura spaziale;
L'architettura comunque non rappresenta che un aspetto di una realtà più complessa, la sua forma sembra riassumere il carattere totale dei fattori urbani compresa la loro origine.
E' giusto considerare il fatto urbano nella sua totalità, quindi il sistema stradale e la topografia urbana, sino alle cose che si possono apprendere passeggiando su e giù per una strada.
Vengono affrontati altri problemi
a) questioni tipologiche: già nei villaggi neolitici vi è la prima trasformazione del mondo alla necessità dell'uomo, si costituiscono le prime forme.
2) tipi di abitazione il tipo si costituisce secondo delle necessità e secondo delle aspirazioni di bellezza;
Il "tipo" è un oggetto secondo il quale ognuno può concepire delle opere che non si assomigliano tra loro.
L'elemento tipico o tipo è una costante, riscontrabile in tutti i fatti architettonici: quindi è anche un elemento culturale
Il "tipo" è l'idea stessa dell'architettura, ciò che ci sta più vicino alla sua essenza.
Secondo Aldo Rossi, spiegare i fatti urbani attraverso le loro funzioni è deviante perché nel tempo le funzioni cambiano.
Studiare il fatto urbano dal punto di vista storico piò essere utile nel momento in cui attribuiamo alle "permanenze" (segni fisici: quali strade, piano edifici) il significato di un passato che sperimentiamo ancora.
Quando si tende alla conservazione della forma urbana ne senso di imbalsamazione delle funzioni la permanenza diviene aberrante, patologica.
L'errore sta nel considerare il fatto urbano come qualcosa di definitivo nel tempo.
La città è formata da più momenti che non hanno un unico principio di spiegazione, non seguono un'unica legge formale, così Aldo Rossi spiega il  concetto di area-studio strettamente legato a quello di quartiere.
Essa dal punto di vista morfologico e strutturale ha una sua unità, come ha contenuti sociali e funzioni proprie.
La città comunque, è sempre stata caratterizzata dalla residenza, la casa rappresenta il modo di vivere di un popolo, manifestazione precisa di una cultura che si modifica molto lentamente.
Lo studio della residenza può essere un buon metodo per lo studio della città.
I monumenti, secondo Aldo Rossi, possiedono la capacità di accelerare il processo di urbanizzazione di una città ma non sempre sono dati fisici poiché possiamo studiarli anche sotto il profilo funzionale e posizionale.
La città può essere considerata come il "locus" della memoria collettiva dei popoli, il "locus" è principio caratteristico dei fatti urbani.
Infine la politica, secondo Aldo Rossi si presenta nel momento delle scelte; momento costitutivo delle città. La città sceglie la sua immagine sempre e solo attraverso le sue istituzioni politiche e la forma quindi, è segno di volontà.
 

martedì 23 giugno 2020

Walter Gropius

I metodi della produzione manuale hanno profonde radici nel carattere tedesco.
La Germania conobbe con notevole ritardo l'industrializzazione e da una totale indifferenza per la macchina si passò ad una sua accettazione cieca, con gravi conseguenze umane e psicologiche.
Tale incertezza si riflette nell'architettura.
I nostri sensi, schiavi di abitudini formatesi nei secoli automaticamente vanno a cercare i sostegni di parti a sbalzo come sulle scale, che Gropius rielabora eliminando la gabbia in pietra per il ferro e vetro.
Una nuova concezione spaziale, con il suo impulso verso elementi e superfici liberamente sospesi.
Per Gropius il tetto è degno di importanza come le fondazioni; la costruzione è un tutt'unico.
L'espressionismo tedesco che nasce in un clima di diffusa incertezza formula le lamentele di un'umanità maltrattata.
A differenza di altri movimenti l'espressionismo manca della capacità di additare una via di uscita.
Questa fu la premessa della nascita della Bauhaus.
Bauhaus: unire l'arte all'industria e trovare la base per una sana architettura contemporanea.
La Scuola della Bauhaus nacque dopo la guerra ad opera di Gropius con l'unione della scuola di architettura e l'arte applicata.
L'attività della Bauhaus può essere apprezzata soltanto quando sia stata compresa la concezione su cui si fonda la pittura moderna.
Nella Bauhaus si fece il tentativo di unire l'arte e la vita quotidiana, l'arte e l'industria con l'architettura come mediatrice.
L'artigianato sperimentale portò alla creazione di articoli industriali.
Il perno su cui si basava la Bauhaus era la scuola e gli edifici circostanti vero esempio di ricerca della perfezione.
L'occhio non può affermare in uno sguardo tutto il complesso é necessario percorrerne tutti i lati: sotto e sopra.
La pianta si protende all'esterno senza un qualsiasi tentativo di chiudersi.
Il fatto che l'opera di un uomo abbia mantenuto il suo carattere di attualità per due o tre decenni dimostra una sicurezza dono di pochi artisti.
L'idea dominante della Bauhaus é anche l'idea della nuova unità, la raccolta delle molte arti, tendenze in un tutto inscindibile radicato nell'uomo.
Walter Gropius fu il primo che, interpretò per noi la rivoluzione industriale in termini di architettura.
Assimilò le capacità e le potenzialità della società industriale rendendo compatibile meccanizzazione e libertà individuale.

venerdì 31 gennaio 2020

L'idea della città giardino

La concezione della città giardino fu presentata come una soluzione ai molti problemi delle abitazioni nel tardo Ottocento.
 
Il fondamento del progetto era che la comunità disponesse delle aree fabbricabili (cioè fosse il proprio padrone di casa); e che tutti gli utili prodotti dall'aumento dei valori fondiari dovessero andare alla comunità per sventare speculazioni di ogni specie.
La concezione della città giardino, quale fu esposta da Ebenezer Howard, differisce nettamente dalle forme in cui ebbe attuazione pratica.
Il libro di Howard, fu pubblicato la prima volta nel 1898.
Come dice il titolo, Howard aspirava a risultati non certo trascurabili.
Egli si proponeva niente meno che la soppressione dei malanni della rivoluzione industriale, la eliminazione degli Slums e dei distretti industriali sovraffollati.
Tutto questo doveva essere raggiunto senza suscitare le opposizioni di alcuna categoria, neppure di quella dei padroni di casa.
Egli si riprometteva di creare nuove forme di ricchezza pubblica attraverso una trasformazione dei valori, senza neppure aspettare che il potere passasse nelle mani di un partito favorevole alle sue opinioni.
E' inevitabile il ricordo delle "Broadacre City" di Wright quando si legge descritta da Howard l'emigrazione della popolazione industriale in campagna, la colonizzazione di vaste zone e la fondazione di fabbriche in un paesaggio intatto.
Howard era un'esperto stenografo, che lavorava nei tribunali di Londra quando ebbe l'idea della città giardino.
Questo accadde nel 1898 mentre egli aveva appena terminato la lettura di "Looking Backward" di Bellamy che un amico gli aveva prestato.
Il libro suscitò in lui un tal senso di entusiastico consenso che egli si adoperò in tutti i modi per la sua pubblicazione in Inghilterra.
Il libro presentava un quadro grafico di tutta la nazione americana, organizzata su principi cooperativistici; e da quella sua analisi Howard fu tratto a formulare proposte sue per mettere alla prova i principi di Bellamy, benché in una scala molto ridotta; la proposta cioè di costruire una città del tutto nuova, industriale, residenziale ed agricola.
Questo fu il punto di partenza dell'idea di città giardino.
Essa nacque dallo stesso terreno su cui era sorto il problema generale di una società organizzata cooperativisticamente.
Howard concepiva la città come una serie di anelli concentrici.
Il centro consiste in un gruppo di edifici civici, disposti attorno ad uno spazio collettivo.
A metà strada fra il centro e l'anello esterno c'é un corso circolare largo quattrocento piedi con alberi e verde.
L'anello esterno è una cintura agricola.
E' prevista una zona eccentrica per l'industria.
Nel parco circolare situato al centro si trovano gli edifici pubblici più importanti ognuno su un ampio terreno libero proprio: municipio, salone da concerti e conferenze, teatro, biblioteca e via dicendo.
Il "palazzo di cristallo" confina con un parco pubblico ed un campo di svago.
Esso consiste in una galleria vetrata aperta sul parco, destinata all'esposizione di prodotti industriali.
Una parte di essa è utilizzata quale giardino d'inverno, luogo di divertimento per il tempo cattivo.
L'idea fondamentale (che, come Howard ci avverte, è soltanto uno schema, poiché il piano dipendende dall'ubicazione scelta) fu sviluppato nel Rinascimento.
Ebbe la sorte di essere ripetuto in forme molto diverse; e ci sono proposte avanzate nel primo Ottocento, che non differiscono gran che dalle concezioni di Howard.
Fin dal 1827 l'architetto inglese J.B. Papworth fece delle proposte per quelle che egli chiamava "città rurali".
Hygeia, una cittadina che non fu mai realizzata, doveva sorgere sul fiume Ohio nel Kentucky.
Egli l'aveva ideata con gli edifici comunitari nel centro, vaste zone destinate a giardini, e regolamenti per la zonizzazione.
La concezione era nel suo complesso, molto vicina alla tradizione tardo-barocca di John Nash.
Vine detto sovente che Howard trattò la sua idilliaca città giardino come un fenomeno a sé stante, senza rapporto con la realtà.
Egli però sapeva benissimo che le città sovraffollate "hanno esaurito il loro compito"; e che le grandi città dell'avvenire, dovrebbero essere costruite secondo criteri diversi.
Egli osserva alla fine del suo Tomorrow che: "anzitutto deve essere risolto un problema più semplice. Deve essere costruita una piccola città giardino quale modello sperimentale; e poi un gruppo di città…
Portati a termine questi compiti, e bene, ne deve inevitabilmente seguire la ricostruzione di Londra…"
Ma l'esecuzione e la teoria furono come spesso avviene completamente diverse.
Non appare mai un "Palazzo di Cristallo" in alcuna città giardino. La teoria della città giardino non esercitò mai alcuna influenza sulla ricostruzione di una grande capitale moderna.
Il risultato massimo fu la creazione di nuovi quartieri suburbani da parte di società cooperative e la diffusione di progetti architettonicamente migliori.
Però l'idea degenerò per lo più nella costruzione di agglomerati di casette con giardino.
Dopo un lasso di quarant'anni é ormai divenuto facile vedere per quali motivi l'idea della città giardino , "nella quale città e campagna si sposano", era condannata all'insuccesso.
L'esempio del "modello sperimentale" dimostra che essa non offre alcuna soluzione ai problemi attuali.
Una soluzione parziale é impossibile; soltanto una pianificazione predisposta ed integrata su una scala che comprenda l'intera struttura della vita moderna in tutte le sue ramificazioni, può adempiere al compito che Ebenezer Howard vagheggiava.


 

mercoledì 6 febbraio 2019

Edoardo Coccini - La visione di un imprenditore


In ufficio mi capita tra le mani questo bellissimo volume, dedicato alla quarta generazione della famiglia Coccini, i pronipoti di Edoardo.
Foto stupende, resa grafica di pregio, copertina e pagine di indubbio valore.
Ma veniamo ai contenuti: Edoardo Coccini, persona intraprendente, capace di cogliere le occasioni, fiutare i cambiamenti e "cavalcare l'onda" .. ha fatto parte di quel mondo milanese, capace di trasformare, a partire dal dopoguerra, il volto di questa bellissima metropoli.
Edoardo Coccini nasce da una famiglia, che già nell'anteguerra, operava con spirito imprenditoriale nel settore tessile.
Con la fine della guerra e l'avvio della ricostruzione, Edoardo intuì che il settore tessile non avrebbe avuto vita facile, come i fatti poi hanno dimostrato, e quindi si avvicinò in maniera decisa al settore immobiliare, partecipando con altri operatori alla ricostruzione di Milano.
Mentre tra le due guerre l'attività edilizia era appannaggio delle imprese di costruzione, dopo la Seconda Guerra Mondiale, compare la figura del promotore immobiliare ambito nel quale Edoardo Coccini è senza dubbio rappresentativo.
Nei primi anni '80, Coccini intuisce la necessità, pur proseguendo nelle attività immobiliari, di differenziare l'attività del proprio Gruppo.
Nasce così il marchio Mini Hotel, una catena di Hotel di piccole dimensioni che non prevedevano l'attività di ristorazione, anello spesso debole di queste operazioni.
Questa scelta è la dimostrazione della capacità di sapersi adattare alle esigenze del mercato, prevenendone in tutto o in parte quelle famose curve sinusoidali che caratterizzano il mercato immobiliare.
La sua capacità di "speculare" (cioè guardare lontano e quindi anche prima degli altri) é un sesto senso che gli ha consentito di crescere nel tempo.

martedì 21 agosto 2018

La città visibile

L'approccio alla città può essere definito in due grossi fronti: quello che non vede l'esistente ed anzi lo sente come un fastidio, un impedimento al nuovo, ed uno che fa dell'esistente un elemento imprescindibile da cui partire per progettare (ricucire direbbe qualcuno più addentro di me).
Personalmente ritengo che non possa esserci approccio urbanistico ed architettonico se non si riesce a cogliere il "Genius loci" ovvero quel mix tra detto e non detto, tra costruito e non costruito, tra realizzato ed immaginato, voluto e sperato… Per questo Gregotti mi piace, coglie nelle esperienze già fatte idee nuove senza trascurare il dialogo con l'esistente in un quadro di modifica e miglioria della città stessa… non dimenticando che il luogo è fatto dalle persone che vi abitano.
 
 
"In questi ultimi quarant'anni la più rilevante trasformazione proveniente dalla "critica positiv" alla tradizione della modernità in architettura è costituita dal riconoscimento dell'importanza del contesto, come storia e come geografia, e dai significati specifici del sito.
Il progetto moderno prende così coscienza della propria natura di dialogo con l'esistente e di modificazione della sua condizione.
I problemi provenienti dal disegno della città e le trasformazioni che inducono nel linguaggio della architettura ordinato da questo punto di vista sono al centro del libro.
Questi problemi muovono da casi ed esperienze concrete dalle quali si cerca di sviluppare una serie di riflessioni generali in funzione di un nuovo comportamento progettuale.
E' possibile costruire la nuova città a partire da essa e dalla sua storia?
Una risposta è rappresentata qui dal viaggio dentro la città immaginaria - che occupa il terzo capitolo di questo saggio - costruito come sequenza delle nostre esperienza progettuali di questi anni.
Sono esse che rendono la città visibile alle nostre coscienze".

sabato 5 maggio 2018

Spazio, Tempo, Architettura

Uscito per la prima volta in America nel 1941, l'opera "Space, Time and Architecture" dello storico di architettura Sigfried Giedion esce ora in seconda edizione italiana allestita sulla quattordicesima edizione americana. La versione italiana in mio possesso riporta la prefazione "Speranze e timori dell'Architettura negli anni Sessanta".
L'opera del Giedion costituisce oggi un "classico" adottato come "reading book" da tutte le facoltà di architettura negli Stati Uniti.
Ragione di questo successo in fatto di libri di architettura è la singolare dote dell'autore di interpretare ed esporre in modo chiaro e semplice i più complessi fenomeni dell'evoluzione storica dell'architettura avvalendosi con arte sottile dell'ausilio di sorprendenti paragoni e di convincenti contrasti non solo nel testo ma anche e specialmente nella ricchissima dotazione grafica e fotografica.

 

 
"E' più facile intendere quanto accade nell'architettura oggi, se inseriamo questo sviluppo nella cornice più ampia della Storia dell'Architettura.
Per riassumerlo in poche parole ci sono tre stadi dello sviluppo architettonico.
Durante la prima concezione spaziale che abbraccia l'Egitto, i Sumeri, e persino la Grecia, lo spazio nasceva dal gioco reciproco fra i volumi. Lo spazio interno era trascurato.
La seconda concezione spaziale considerava lo spazio sinonimo dello spazio scavato internamente.
Nonostante differenze profondo, questa seconda concezione spaziale comprende l'intero periodo del Pantheon alla fine del diciottesimo secolo.
Il secolo diciannovesimo costituisce un anello intermedio.
L'analisi spaziale dei suoi edifici indicava che in essi le precedenti fasi del secondo stadio sono mescolate simultaneamente (Paul Frank).
Ma la precedente unità spaziale andava sempre più sparendo.
Gli edifici rappresentativi spazialmente, venivano collocati in una posizione isolata senza legami spaziali con l'intorno.
La terza concezione spaziale s'inizia con la rivoluzione ottica all'inizio di questo secolo che abolì il punto di vista prospettico unico.
Questo ebbe conseguenze fondamentali per la concezione della architettura e della scena urbana e noi sappiamo di nuovo percepire l'energia dei volumi collocati liberamente nello spazio senza nessi prospettici
Esiste un'affinità con la prima concezione spaziale.
Lo spazio scavato quale compito supremo.
Appaiono nuovi elementi un inter penetrazione sino ad ora sconosciuta di spazio interno ed esterno, una capacità di dominare livelli diversi, sopra e sotto la terra per l'influenza dell'automobile che obbliga ad incorporare il movimento quale parte integrante della concezione architettonica.
Tutto ciò ci illumina su quella che è stata della la concezione spazio temporale contemporanea.
Essa costituisce la colonna vertebrale della tradizione in sviluppo. Noi ci troviamo ancora nelle convulsioni del periodo formativo... ma le grandi linee sono oramai tracciate".

sabato 11 novembre 2017

High Rise

Partiamo dalle musiche: fantastiche. Non comprendo se sia il periodo scelto per la narrazione distopica (gli anni '70) a generare questa musica oppure è la musica capace di generare una incredibile psichedelica azione, tale che la narrazione diviene fluida e capace di vita propria.
 
Il contesto: vi è un evidente disegno divino nella narrazione. Il creatore, all'ultimo piano... l'architetto demiurgo, che però ammette i suoi limiti - ad un certo punto ammette "...forse mi è sfuggito qualcosa" - e i suoi accoliti... e poi a scendere sino all'ultimo piano (ma dove finisce il paradiso, dove inizia l'inferno e, vi è davvero un purgatorio?) la rappresentazione delle classi sociali che tendono alla povertà, al limite, al degrado... gli slum verticali... la bidonville verticale... come realmente funziona questo edificio? ... se non con le regole della religione, della coercizione... delle regole non scritte ma evidenti (nei vestiti, nei lavori svolti, nelle auto, nel numero di gravidanze)... E' dai tempi della Parigi di Hausmann che non assistevamo ad un esperimento così gravido di conseguenze, forse l'uso del cemento armato (in pieno stile Le Corbusier) dovrebbe rammentarci che, le dittature, nascondendosi dietro facciate di marmo, vollero stabilire una soglia tra comandante e comandati... e che quindi, la verticalizzazione dei ruoli, delle classi sociali... l'abbandono del Lumpenproletariat al suo destino ma nello stesso edificio e sulla stessa rampa di scale, ha dei rischi non trascurabili...
 
Che dire poi dell'uso delle droghe, del sesso (libero, tra tutti, ove però le donne dettano regole, sinché possono), della parolaccia: tutti elementi utilizzati quali valvole di sfogo ed alternativa alla ribellione, all'anarchia... qui la fanno da padrone... mentre la religione appunto... evaporata... nemmeno citata... se non rammentata con (appunto) il Creatore... il Dio... l'architetto. l'urbanista.
Manca - intorno alle cinque costruzioni, poste a forma di dita di una mano - un segno della natura... alberi, verde, acqua... tutto, viceversa, racchiuso all'ultimo piano, a disposizione del creatore... al resto del creato... ciccia!
 
E veniamo alla trama: Robert Laing, rampante e giovane dottore, va a vivere in un appartamento de "la torre" la prima di una serie di costruzioni che a Londra, occuperanno un nuovo quartiere della finanza... qui conoscere ogni genere di personaggio e ben presto si accorge che la convivenza forzata, sommata alla carenza di corrente elettrica ed alla volontà di far pesare il diverso ruolo sociale, farà scoppiare la rivolta...
Tom Hiddleston... che dovrebbe essere l'interprete principale, finisce per fare un poco la figura del fesso... del pesce furo d'acqua... Luke Evans, viceversa, la fa da padrone... fisicità, smorfie, linguaggio, corpo... tutto di lui buca lo schermo! anche quando viene riempito di botte e buttato tra i rifiuti è in grado di catalizzare l'attenzione... Jeremy Irons, di bianco vestito, nel ruolo del demiurgo, ha sempre il suo fascino... e gli anni non lo hanno (non ancora almeno) completamente sfasciato...
Un film psichedelico, folle, da seguire con attenzione... ma forse, proprio per questo, originale e con qualcosa da dire...
 
 

venerdì 27 ottobre 2017

Villaggio Crespi

Sull'onda delle recenti letture, sono andato a rispolverare una gita motociclistica fatta quasi dieci anni or sono al Villaggio Crespi, frazione di Capriate San Gervasio.  Sorto a partire dal 1875, intorno al cotonificio di Cristoforo Benigno Crespi, rappresenta l'esempio di villaggio operaio presente in altre realtà, soprattutto del Nord Europa, e dal 1995 nominato Patrimonio dell'Unesco.
Perché costruire un villaggio per gli operai? e perché così intorno alla fabbrica, quasi un unico organismo, comprendente asilo, scuola, mensa e dopo lavoro con la cooperativa di consumo, il cimitero, la chiesa, l'ospedale e i bagni pubblici... il padrone era potere e benevolenza, lavoro e sottomissione, benessere e obbedienza...
Qui il sito ufficiale.
il villaggio era comunque una risposta positiva all'esigenza di consentire alle maestranze una vita dignitosa, crescendo secondo regole certe ed in un ambiente protetto. Una visione paternalistica, di un certo socialismo e capitalismo di quel periodo...
Rileggendo certe condizioni di vita, nella Londra (e non solo) del XVIII secolo, occorre ammettere che questo appariva un piccolo paradiso in Terra.







 







 

 

Normativa e tipologia dell'abitazione popolare

Sempre suggerito dal corso di Studi di "Metodi e Tecniche" ecco questo testo, che ha come obbiettivo, il raffronto tra edilizia, esigenze abitative e risposte legislative...
Così l'ultima di copertina: "Popolare, Economica, per Lavoratori... sono denominazioni di uso molto diffuso che vengono comunemente usate per esprimere significati pressoché identici, connessi ad una edilizia abitativa essenziale, realizzata per soddisfare le esigenze minime delle classi sociali meno abbienti.
Da quando la "casa" è stata riconosciuta un servizio sociale, tali significati si sono fortunatamente evoluti verso concezioni meno riduttive, più aderenti ai bisogni umani anche se ad essi non hanno purtroppo corrisposto le realizzazioni.
Vi sono ancora molti equivoci da chiarire, molti malintesi da eliminare, sia nel tipo edilizio scelto per l'alloggio sia nelle aggregazioni dei tipi e dei servizi.
Tali equivoci e tali malintesi derivano principalmente dalle diverse valutazioni che si hanno sull'uomo, per il quale si trova del tutto legittimo tanto una suddivisione in categorie sociali, quanto l'attribuzione, per ognuna di esse, di altrettanto diverse categorie di bisogni.
Tuttavia una sensibile evoluzione c'é stata, ed oggi possiamo registrare soluzioni decisamente buone se non eccellenti nelle quali sono stati particolarmente studiati i rapporti tra la popolazione, le sue attese, le sue propensioni (su cui premono fatalmente le componenti ambientali e le inerzie culturali) e l'habitat, ovvero tra l'abitante e il complesso organizzato di spazi chiusi ed aperti, di volumi e di vuoti, di attrezzature e servizi.
Lo studio di questa evoluzione, condotto sulle realizzazioni quanto sui testi legislativi che le hanno promosse è stato affrontato ormai da alcuni anni dalla cattedra di Igiene Ambientale.
La presente pubblicazione rappresenta la sintesi dell'inteso lavoro svolto di notevole interesse non solo per il materiale raccolto che viene posto a disposizione del lettore ma anche per il modo con cui tale materiale è stato ordinato oltre che per le conclusioni cui l'autore perviene e, infine, per quelle che suggerisce al lettore.
La fatica affrontata da Di Sivio raggiunge lo scopo e offre un contributo importante sia per la conoscenza della evoluzione subita dall'edilizia residenziale in Italia, sia per la conoscenza delle connessioni tra tipo edilizio e normativa al fine di valutare le influenze di quest'ultima sul primo. Specialmente queste ultime osservazioni sono interessanti su quanto la normativa possa condizionare la qualità abitativa".

Abitazione e città nella rivoluzione industriale

Metodi e Tecniche, con il Professor Golinelli, presso il Politecnico di Milano, fu un altro di quegli esami che affrontavano l'abitare dal punto di vista delle norme, della costruzione e del suo progredire nel tempo. Oltre ai libri di testo, in quel periodo mi capitarono tra le mani altri scritti, raccattati qua e là, ma che andavano a colmare buchi lasciati dallo studio o rispondere a domande che nascevano con esso.
"Abitazione e città nella rivoluzione industriale", testo della Sansoni del 1975, è uno di questi. Affronta la problematica dell'enorme trasformazione dei centri abitati, principalmente inglesi, di fronte all'epocale cambiamento determinato dalla rivoluzione industriale del periodo a cavallo tra XVII e XVIII secolo.
 
 
 
 
Così il testo sull'ultima di copertina "In questo saggio l'autore ripercorre il cammino della rivoluzione industriale attraverso una rilettura di documenti e materiale inedito, sottolineando le relazioni strette tra rivoluzione industriale e fasi della rivoluzione urbana che si rivela come strumento di controllo e mutamento sociale. A partire dai modelli proposti da filantropi e utopisti, la ricerca focalizza il momento della massima crisi, individuando le prime soluzioni al problema urbano, elemento imprescindibile di gestione sociale.
Il materiale di lettura proposto va dalle inchieste ufficiali della Corona alle proposte di architetti e sociologi urbani nelle loro prime formulazioni, confrontate con le posizioni teoriche e pratiche del nascente socialismo".
 
La trasformazione del modo di produrre, porta con sé problemi epocali. Nuove classi sociali, nuove necessità abitative, nuove culture, nuove istanze sociali... un'enorme trasformazione del territorio e della città... diventa necessario non più affidarsi al caso o al buon cuore, ma fare disciplina, leggi, controllo ed aiuto per evitare disordini e far crescere la società... la buona architettura è uno di questi rimedi e questo libro cerca di darne conto.


domenica 22 ottobre 2017

La città nella storia

Eccomi alle prese con la recensione del monumentale "La città nella Storia" di Lewis Mumford, il libro che, durante il periodo universitario, mi ha fatto innamorare dell'urbanistica e della Teoria dell'urbanistica. Diviso in tre volumi, anche per renderne più semplice la lettura in ogni dove, riassume dalle origini sino al '900 la storia degli agglomerati urbani e di conseguenza dei suoi fruitori, gli esseri umani.
"E' la città destinata a scomparire o tutto il pianeta diventerà un immenso alveare umano? I bisogni e gli impulsi che hanno spinto gli uomini a vivere nelle città possono ritrovare - a un livello ancora più alto - tutto ciò che Gerusalemme, Atene, Firenze sembravano un tempo promettere? C'é ancora la possibilità di una scelta vitale tra Necropoli e Utopia? Lewis Mumford nella sua opera La città nella storia, testo fondamentale di teoria urbanistica e al tempo stesso una delle più affascinanti e complesse ricerche della storiografia moderna, risponde a tutti questi interrogativi mettendo a profitto le risorse di una incomparabile erudizione, servendosi contemporaneamente degli strumenti della sociologia, della storiografia, dell'urbanistica, della storia dell'Arte e della filosofia".
Così recita la terza di copertina e la prefazione all'edizione in mio possesso (1987). 


 
Spulciando tra i libri, salta fuori questo articolo del 27 gennaio 1990, che ricorda la morte (a 94 anni) di Mumford... Eccone il necrologio "Era un personaggio discreto e gentile Non amava l'etichetta di urbanista né quella di storico. Aveva dedicato la sua vita allo studio e all'interpretazione della città come organismo vivente, punto di massima concentrazione dell'energia e della cultura di una comunità. Era stato un profeta scomodo, accusato di isterismo per aver previsto già negli anni '30 la crisi della città per congestione, perdita di identità, sfruttamento imposto da una economia del denaro prevalente su una economia di vita.
Anticipò di mezzo secolo i movimenti ambientalisti, introducendo i concetti di limite dello sviluppo e preconizzando la nascita di una nuova civiltà che, superando l'ordine meccanico della civiltà neotecnica, si indirizza verso un ordine capace di interagire con l'ambiente. Lo inorridivano i grandi complessi di edilizia di massa, progettati come macchine nell'indifferenza del clima circostante (Le Corbusier).
 
Insomma, un testo che, una volta letto, vi lascerà un segno indelebile.
 



venerdì 6 ottobre 2017

Osservazioni elementari sul costruire

Progettazione Architettonica 1, del professor Monestiroli, è uno di quegli esami che, passato senza grosse difficoltà, ha continuato a dare spunti al mio agire anche al di fuori dall'architettura come ad esempio nell'osservare il costruito, il paesaggio, il dettaglio...
Tra i libri di testo, appariva questo "Hausbau und dergleiche" letteralmente "Costruzione della casa e simili" a voler evidenziare che oltre a questo argomento, ci sono altre cose di cui parlare... e così a smontare la retorica degli slogan (tipico degli inventori di nuovi stili architettonici) e soprattutto la pretesa di creare dizionari o regole... piuttosto una semplice visione delle cose, da parte di chi non vuole insegnare nulla perché sa che così non verrà ascoltato, nel chiassoso mondo degli architetti...
Scritto cent'anni or sono, conserva una freschezza culturale, derivante dal ritorno, dopo un periodo dedicato alla prefabbricazione, alla passione e precisione dell'artigianato.. delle cose fatte bene e lentamente... forse complice la crisi, che ha cambiato il volto dell'edilizia (volano economico a basso costo, capace solo di far rendere i soldi, ma non di donare vera architettura e rispondere ai bisogni dell'utente finale), questo testo rispolvera modi e termini che si erano trascurati dal boom economico prima e dalla speculazione poi.

 
"Hausbau und dergleichen" (Osservazioni elementari sul costruire) è stato tradotto e viene riproposto oggi in quanto rappresenta complessivamente una lezione di architettura profondamente attuale.
Malgrado sia stato scritto nel 1916, questo libro si misura concretamente non solo con il pensiero contemporaneo, ma anche - e forse in modo più diretto - con le successive formulazioni teoriche del movimento moderno e in questo senso è capace di far giustizia di molti falsi problemi dibattuti ancora ai giorni nostri.
Ancora oggi "Hausbau und dergleichen" è in grado di mettere in serio imbarazzo la critica ufficiale.
Trattandosi di uno scritto di teoria della progettazione, considerata la sua scarsa ambizione riguardo all'architettura stessa, il disinteresse per le implicazioni collaterali e l'elementare apoditticità delle argomentazioni, appare chiara la difficoltà d'interpretazione da parte di una critica sofisticata e in questo senso abituata a ben altro.
Troppi sono gli elementi di questo scritto che impongono a una critica "giudiziosa" di dissociarsi: non potendosi definire né un testo accademico in senso stretto, né una operetta morale né tantomeno una opera di sistematica dissacrazione, ma piuttosto forse anche tutte queste cose insieme, tuttavia incredibilmente ricomposte nella logica di un discorso sull'architettura a tal punto semplice e piano da insospettire chiunque, poiché rasenta da un lato l'ingenuità più esasperante e dall'altro la incredibile chiarezza dello stesso schema elementare sul quale si articola.
Proprio per questo "Hausbau und dergleichen" è uno degli scritti sull'architettura più significativi del nostro tempo: infatti in questo libro sono indicate lucidamente le linee generali per una lettura positiva della storia e dell'architettura intesa come mestiere.
E vengono forniti gli elementi logici per un discorso avanzato sulla trasmissibilità dell'architettura, in cui la formazione di una "base comune" - o di una scuola in senso stretto  è considerata la premessa necessaria per l'esistenza stessa dell'architettura. (dalla quarta di copertina).

 
 
L'amore per il lavoro artigianale comprende anche l'amore per l'ornamento, non può rifiutarlo; in ogni nostro lavoro è come il nostro fischiettare e il nostro canticchiare, o, come nel muro di mattoni, un ornamento che non cerchiamo, ma che da carattere al lavoro.
 
 

L'economia sociale in Italia - Rivista