giovedì 30 novembre 2017

il sistema periodico

Argon, Idrogeno, Zinco, Ferro, Potassio, Nichel, Piombo, Mercurio, Fosforo, Oro, Cromo, Zolfo, Titanio, Arsenico, Azoto, Stagno, Uranio, Argento, Vanadio, Carbonio, Cerio... Ventuno elementi chimici illustrano ventuno storie, quasi sempre autobiografiche... pur brevi, questi racconti sono profondi, come solo Primo Levi è in grado di narrare... sempre lo stesso registro pacato, di un osservatore scientifico dell'animo umano, in ogni sua declinazione... nel saper raccontare cose terribili allo stesso modo di facezie...
 
"Azoto, carbonio, idrogeno, arsenico... sono ventuno gli elementi chimici che danno il titolo ai racconti di questo libro e ventuno i capitoli di un'autobiografia che per affinità e accostamenti corre sul filo di una storia personale e collettiva, affondando le radici nell'oscura qualità della materia, raccontando le storie di un mestiere che è poi un caso particolare, una versione più strenua del mestiere di vivere.
E' questo il gigantesco, minuscolo, gioco che lega osservazione, memoria, scrittura e ne esce ricostruita la vicenda di una formazione maturata negli anni del fascismo, poi nelle drammatiche vicende della guerra: di chi, partendo dalla concretezza del lavoro, impara a capire le cose e gli uomini, a prendere posizione, a misurarsi con ironia e autoironia.
Un De rerum natura, metafora dell'esistenza, in cui emergono nel volgersi del racconto, stranezze, fallimenti, e riuscite imprevedibili".
 
il libro contiene anche un'intervista all'autore a cura dello scrittore Philip Roth.

martedì 28 novembre 2017

L'uomo lupo

 
 
L'uomo lupo, essere maligno, ma anche terribilmente disperato, nasce nel 1935 alla Universal... senza tuttavia avere il necessario successo... è solo nel 1941, grazie alle idee di Curt Siodmack, ebreo fuggito dalla Germania Nazista, che la storia si colma di riferimenti storici e cabalistici (la stella a cinque punte, oltre alla poesia, ripetuta tre volte "Anche l'uomo che ha puro il suo cuore, ed ogni giorno si raccoglie in preghiera, può diventar lupo se fiorisce l'aconito, e la luna piena splende la sera" crea il capolavoro.
 
Il povero Larry Talbot, tornato alla casa natale in Galles, dopo aver vissuto in America, viene morso da un lupo mannaro, che subito dopo riesce ad uccidere... Diverrà a sua volta un lupo mannaro... seminando morte e terrore nelle campagne inglesi... suo padre lo ucciderà, usando un bastone con pomo in argento.
Autentico capolavoro. colmo di poesia, disperazione, speranza.. angoscia, amore... un classico girato con i mezzi dell'epoca, capace di terrorizzare lo spettatore. Grande Bela Lugosi nel ruolo dello zingaro/lupo, oltre a Claude Rains, il padre di Larry.
 
 

Bacci Pagano cerca giustizia

Di Bruno Morchio avevo già letto Lo spaventapasseri, Maccaia, Una storia da carruggi ... quest'ultimo veramente bello, scritto in prima persona e con una storia capace di emozionare.
Oggi spendo due parole su ... Cerca Giustizia... un libro formato da un racconto lungo e da quattro racconti brevi... e mi spiace dirlo, ma la magia del primo racconto, la suspense di quelli successivi.. si è persa completamente... rendendo il nostro eroe un incolore personaggio in una tristissima Genova.. Scelte narrative? Boh... speriamo si riprenda.
 
 
 
"Mario Canepa, un uomo di mezza età, invecchiato prima del tempo, leggermente ingobbito, di una magrezza rugosa e sofferta e con l'aria spaesata di chi sembra aver smarrito il bandolo della propria vita, rientra a Genova, a casa - anche se una casa non ce l'ha più - dopo un lungo soggiorno in clinica a Bellinzona.
Quando si presenta all'appuntamento con Bacci Pagano ha l'aria dimessa e veste con la trasandatezza che può permettersi chi da sempre appartiene alla comunità in cui vive.
Si esprime in un italiano ricco e appropriato con marcato accento genovese.
E' timido e cortese, ma un fatto sconcerta Bacci Pagano: Mario Canepa è un uomo di colore.
Figlio adottivo dei Canepa, é stato, dopo la morte del padre, titolare della "Mario Canepa & Figlio", una ditta che importava caffè dal Corno d'Africa.
"Mi ritrovi mio figlio Dottor Pagano".
Inizia così per Bacci un'inchiesta, forse la più velata di malinconia della sua carriera, nella quale il suo senso di giustizia, forse retaggio dei sogni e delle speranze della gioventù che credeva perduti per strada, lo spinge ad andare con determinazione oltre il proprio mandato, fino a risolvere un caso ben più oscuro e complesso del solo ritrovamento del giovane.
Completano il libro altre quattro brevi inchieste di Bacci Pagano".

lunedì 27 novembre 2017

La regola delle ombre

"Roma, 1482. Un segreto esoterico, il fantasma di madonna Simonetta, la morte che viene dal fuoco. La prima indagine di Pico della Mirandola".
 
Si presenta così, questo romanzo storico di Giulio Leoni. Scritto nel 2009, letto lo stesso anno, ripreso in questi giorni e debitamente commentato....
Alcune considerazioni: quando scrivi un romanzo storico, Manzoni docet, devi stare attento, ai luoghi, ai tempi, alle usanze, ai personaggi che tiri in ballo, agli eventi, alla meteo... tutto questo Leoni lo fa, e anche molto bene... Purtroppo però, l'impressione, leggendo il testo, è a fianco delle ottime e forse fin troppe di citazioni, ci siano le troppe disavventure che succedono al nostro Pico... un quasi Superman che, ci si aspetta veder uscire con il mantello rosso e la scritta, non da una cabina del telefono (sarebbe una forzatura) ma da una stazione di cambio dei cavalli.... troppo, troppo! Finendo così per far somigliare la vicenda ad un episodio di James Bond... Esagero? Leggetelo voi e giudicate.
 
"Un incendio illumina la sera invernale di Firenze, devastando la prima stamperia a caratteri mobili della città. Con la vita del tipografo, le fiamme cancellano anche l'opera promessa a Lorenzo De' Medici: un libro segreto e meraviglioso, impresso con il Carattere Perfetto.
Accorsi sul posto, il Magnifico e l'amico Pico Della Mirandola si rendono conto che non si tratta di un incidente: il corpo del tipografo pende dalla macchina per la stampa, la testa imprigionata nel torchio.
A complicare il quadro del delitto, l'apparizione nei paraggi di una donna misteriosa che sembra essere la bellissima Simonetta Vespucci, morta anni prima nel fiore dell'età.
Chi mai potrebbe averla richiamata tra i vivi?
Pico è scettico. Si chiede se l'opera distrutta non sia l'oscura Regola delle ombre, come sembra credere Lorenzo De' Medici, l'antichissimo rituale che dischiude i cancello del sepolcro.
Un manoscritto scritto, passato per le mani di Leon Battista Alberti e scomparso dopo la sua morte.
C'é un solo modo per scoprirlo: indagare a Roma sulle tracce lasciate dal grande architetto.
Su incarico di Lorenzo, Pico parte per la città eterna deciso a servirsi del suo acume e della sua prodigiosa memoria per trovare una spiegazione razionale a delitti e apparizioni.
Ma nella Roma di Sisto IV e di Rodrigo Borgia, dove gli intrighi si mescolano al rigore della Santa Inquisizione e dove i festeggiamenti per il Carnevale, capovolgono ogni regola, la sua fiducia nella forza della ragione vacilla.
Eppure esiste un disegno, sotto il velo della follia in cui rischia di scivolare.
Forse la dama, che sembra risalita dal regno dei morti, non è sola, un intero popolo di ombre la segue silenzioso.
Giulio Leoni ci porta sulle tracce di una delle donne più belle di tutti i tempi, immortalata dal Botticelli nella Nascita di Venere, in compagnia di un inedito Pico della Mirandola, coraggioso e scaltro.
Ma ancor più svela a poco a poco ai suoi lettori il volto oscuro e sinistro della Roma rinascimentale, un incredibile danza macabra di maghi e cabalisti, di innovatori e seguaci di antiche dottrine, di grandissimi artisti e fattucchiere, che volteggia tra le sue rovine".
 

sabato 25 novembre 2017

Alta Voracità

Leggere questo testo del 2011, prima che il M5S diventasse quel che è, prima della Parma di Pizzarotti, prima della giravolte di questo Movimento e della Casaleggio... insomma, prima... è rivelatore di come sia facile, anzi facilissimo, dare addosso ad un cadavere (il nostro sistema politico italiano) e quando poi occorre governare, nascondersi dietro il "non lo faccio" o peggio...
Non ce l'ho con i "Grillini", ce l'ho con la gente che non capisce, che ogni volta è sempre una burla. Non esistono i dettami per cui: "noi siamo i buoni e loro i cattivi", non esistono gli onesti a prescindere, così come non esiste il rimedio esatto per tutto.
Esiste l'onestà, quella si. Quella va usata. Quella va applicata... rinunciare ai rimborsi elettorali è un bel modo di presentarsi... ma non basta. E, magari vincendo le prossime politiche, poi sarà necessario governare... e mutare in azione le tante, troppe chiacchiere... non dimenticando che la democrazia non accontenta tutti, molti forse, ma non tutti... Auguri.
 
"Siamo un Paese di terza categoria, con una economia allo sfascio e intere generazioni votate alla disoccupazione? Colpa del posto fisso, delle pensioni, della sanità, della scuola e soprattutto del fatto che mancano le grandi opere.
Questo ci ripetono politicanti incalliti e tecnici riciclati, mentre una riforma dopo l'altra ci privano dei nostri diritti fondamentali: un lavoro sicuro, una vecchiaia dignitosa, la salute e l'istruzione.
Non ci sono i soldi, ci dicono. Falso. I soldi ci sono: peccato che chi ci governa li investa in stipendi e privilegi parlamentari o in progetti senza senso.
Quante risorse stiamo sprecando in nome della loro megalomania o dei loro interessi, nello stesso momento in cui ci chiedono sacrifici, sacrifici e altri sacrifici?
Questo libro é un racconto, una denuncia, un prontuario di sopravvivenza, un grido di battaglia, per non restare soli ciascuno di fronte al proprio grane o piccolo scempio, al cantiere inutilmente aperto sotto casa propria, alla catastrofe economica incombente sui propri figli.
Perché invece il problema è di tutti.
Dalla TAV in Val di Susa, fino al Ponte sullo Stretto di Messina, passando per le spiagge devastate della Sardegna e l'incubo della Salerno - Reggio Calabria, si trivella in mare per un petrolio che non c'é, si bucano le montagne per treni che non passeranno, si inquinano falde acquifere per creare basi militari, ci si toglie l'aria con gli inceneritori.
Perché?
Per imbandire un banchetto aperto a tutti - industria, politica, e malavita - ma non ai cittadini, tenuti divisi e disinformati per poter ripetere a ciascuno "siete gli unici che si oppongono al progresso".
Non è vero! Siamo in tanti che si oppongono alle insensate vessazioni di una politica che non ci rappresenta più; difendiamo il territorio per creare benessere, bonifichiamo il parlamento per proteggere il futuro".
 
 

il sangue dei Gracchi

Mai, dico Mai mettersi contro i latifondisti. Oggi i fratelli Gracchi sarebbero i Comandanti Marcos del Lazio. Allora vennero uccisi perché rompevano "i maroni" a chi si era "arrubbato" i terreni ai poveri contadini partiti per la guerra sostituendoli con gli schiavi importati grazie alle guerre vinte usando gli stessi poveri contadini derubati delle terre intanto che erano altrove a fare le guerre per portare gli schiavi ai latifondisti... un circolo vizioso, non c'é che dire.

Che altro aggiungere? Il libro é godibile. Si legge in un attimo. Gli allegati sono ottimi. Un Nobel per i Gracchi? Si.
 
"Una città nata da due omicidi, uno stupro, sistematiche razzie, e da una popolazione prevalentemente costituita da fuggiaschi, vagabondi e ladri di strada, non avrebbe potuto non avere impressi nel proprio DNA caratteri di violenza.
E infatti così é stato. Come è noto, la storia non si può rifare con i SE e con i MA, tuttavia, esplorare possibili alternative può servire almeno a delineare scenari diversi.
Che corso avrebbe avuto la storia dell'Occidente se Annibale, dopo aver sterminato cinquantamila legionari, avesse devastato Roma, come gli consigliava il Comandante della sua Cavalleria? E cosa sarebbe accaduto se Cesare non avesse licenziato la sua scorta, qualche giorno prima delle fatali Idi di Marzo? Domande interessanti e difficili. E' certo, invece, che la tragica fine di Tiberio e Gaio Gracco non sarebbe avvenuta se Roma non avesse privato i piccoli agricoltori delle loro terre per farne rudi soldati alla conquista dell'Italia intera, della Spagna e del vicino Oriente.
Quelle campagne, ormai spopolate, divennero preda di ricchi latifondisti, mentre gli antichi proprietari, dopo la vittoria, furono trasformati in disoccupati o nullafacenti cronici.
Fu la rivoluzione dei Gracchi a opporsi a questo arbitrio.
Se si fosse realizzata, Roma non sarebbe stata invasa da migliaia di sottoproletari affamati, e non avrebbe conosciuto una lunga, sanguinosa epoca di guerre civili.
I fratelli Gracchi sarebbero stati gli eroi di un mondo diverso. Invece divennero due illustri vittime di Stato".

il contagio

Rileggendolo oggi, questo libro fa sorridere, per non dire che fa piangere... Tutte le promesse, le speranze, le aspettative, che la crisi del 2008 aveva generato e le azioni rivoluzionarie, partite dal basso, si sono volatilizzate... svanite! Al loro posto, maggiore precarietà (la solita vecchia, fordista, antiquata, ma pur sempre attuale risposta dei Governi), maggiore odio verso il prossimo, maggiore potere a chi già ne aveva, qualche pesce piccolo in carcere ma i ladri, quelli che hanno fatto il danno, i potenti che li hanno sostenuti, coloro che si sono arricchiti, sempre lì al loro posto... e che dire dei movimenti, gli indignati, i popoli viola, i capipopolo... o diventati partiti "gentisti" o travasati negli estremi (di entrambi i colori politici) con le loro altrettanto vecchie ricette: no agli immigrati, no a chi lavora per lo Stato, perché lazzarone e ladro, no all'Europa... insomma, gira che ti rigira, sembra di vedere sempre lo stesso film.
Per questo, dicevo, se questo libro mi era piaciuto allora, mi aveva dato qualche speranza, qualche positivo auspicio, oggi rattrista, non per l'errore della Napoleoni... ma nel vedere che ogni aspettativa (anche quella sulle Primavere Arabe) sia andata in frantumi.
 
"Riprendiamoci la politica, l'economia, un lavoro, una vita dignitosa, é questo il grido che si leva unanime dalle sponde del Mediterraneo.
Monta la consapevolezza che la crisi che oggi minaccia di annientarci viene da lontano, erede di una lunga serie di catastrofi - dall'Argentina, alla bolla dei mercati asiatici ai crack statunitensi - ormai troppo numerose per essere casuali.
E' ora di ammetterlo: è l'alleanza tra una politica sempre più corrotta e una finanza sempre più avida che ha sequestrato la nostra democrazia e ci sta portando alla rovina.
Mentre istituzioni di controllo come la Banca Centrale Europea e il Fondo Monetario Internazionale intervengono a peggiorare la situazione
Dalla primavera araba, che ha abbattuto i regimi dittatoriali della Tunisia e dell'Egitto, arriva una nuova ventata di proteste e di impegno.
La rivoluzione sta dilagando in Europa, nella Spagna degli Indignados, in Grecia, in Italia con la mobilitazione referendaria, il popolo Viola, il movimento "Se non ora, quando?".
La parola d'ordine è BASTA!
I protagonisti sono soprattutto i giovani. Quelli a cui la politica ha riservato precariato, disoccupazione e lo spettro di una nuova povertà.
Sul Mediterraneo, fa notare Napoleoni, si affacciano Paesi molto simili fra loro: economie avariate, oligarchie corrotte, disoccupazione e mancanza di servizi sociali, un sistema che regolarmente sceglie di garantire i privilegi di pochi a scapito della maggioranza.
E come sulla sponda SUD, anche su quella NORD è il momento di riprenderci la democrazia, sostituendo istituzioni ormai agonizzanti con una post-politica 2.0 trasparente e partecipativa. Il futuro ricomincia da noi".

giovedì 23 novembre 2017

in Patagonia

Stiamo parlando del "Mondo alla fine del Mondo", del limite della terra conosciuta, di lande desolate, ove si rifugiano disperati o personaggi che vogliono far perdere le loro tracce.
Dopo "Che ci faccio qui?" ritroviamo uno Chatwin in gran spolvero, capace di farci conoscere un mondo incredibile, sia per paesaggi che per abitanti e storie da raccontare. E che dire poi della querelle sul Milodonte, questo animale tanto enorme, quanto innocuo?
 
"Patagonia, dicevano Coleridge e Melville, per significare qualcosa di estremo".
"Non c'é più che la Patagonia, la Patagonia ,che si addica alla mia immensa tristezza" cantava Cendras agli inizi di questo secolo.
Dopo l'ultima guerra, alcuni ragazzi inglesi fra cui l'autore di questo libro, chini sulle carte geografiche, cercavano l'unico luogo giusto per sfuggire alla prossima distruzione nucleare.
Scelsero la Patagonia. E proprio in Patagonia si sarebbe spinto Bruce Chatwin, non già per salvarsi da una catastrofe, ma sulle tracce di un mostro preistorico e di un parente navigatore. Li trovò entrambi - e insieme scoprì l'incanto del viaggiare, quell'incanto che è così facile disperdere, da quando ogni luogo del mondo è innanzitutto il pretesto per un Inclusive Tour.
Eppure, eccolo di nuovo: l'inesauribile richiamo, il vagabondo trasalire di un ombra - il viaggiatore - fra scene sempre mutevoli.
E nulla si rivelerà così mutevole come la Patagonia, che si presenta come un deserto "nessun suono tranne quello del vento, che sibilava fra i cespugli spinosi e l'erba morta, nessun altro segno di vita al di fuori di un falco e di uno scarafaggio immobile su una pietra bianca".
All'interno di questa natura, che ha l'astrattezza e l'irrealtà di ciò che è troppo reale, da sempre disabituata all'uomo, Chatwin incontrerà un arcipelago di vite e di casi molto più sorprendente di quel che ogni esotismo permetta di pensare.
Questa terra eccentrica per eccellenza è un perfetto ricettacolo per l'allucinazione, la solitudine e l'esilio.
Qui coloni gallesi versano il tè fra i ninnoli; qui circolano folli, che si trasmettono il titolo di Re degli Araucani o coltivano la memoria di Luigi II di Baviera; qui si incontrano ancora elusivi ricordi di Butch Cassidy e Sundance Kid; qui si respira l'aria dei grandi naufragi; qui esuli boeri, lituani, scozzesi, russi, tedeschi vaneggiano sulle loro patrie perdute; qui Darwin incontrò aborigeni dal linguaggio sottile, e li trovò così abbietti da dubitare che appartenessero alla sua stessa specie; qui si contemplano unicorni dipinti nelle caverne; qui sopravvive qualcuno che vuol far dimenticare un atroce passato.
Come un nuovo W.H. Hudson devoto solo al Dio dei Viandanti, Chatwin ci racconta le sue molte tappe: fra baracche di lamiera, assurdi chalets, finti castelli, vaste fattorie. E ogni tappa é una miniatura di romanzo.
Alla fine, la Patagonia sarà per noi pullulante di fantasmi, che si muovono sul fondo della "calma primitiva" del deserto, nella quale Hudson credeva di riconoscere "forse la stessa cosa della Pace di Dio".
Pubblicato nel 1977 come opera prima, questo libro appartiene alla specie, oggi rarissima, dei libri che provocano una sorta di innamoramento. La Patagonia di Chatwin diventa, per chiunque si appassioni a questo libro, un luogo che mancava alla propria geografia personale e di cui avvertiva segretamente il bisogno".
 
 

il Terzo Reich

Tra i tanti volumi letti sull'argomento, questo mi ha restituito il clima, la tensione, il vero vivere quotidiano della Germania Nazista. Non le solite storie farlocche, Hitler e i maghi, Hitler e l'esoterismo, Hitler e la pasta al forno... Questa è una ricerca seria, per capire, non per accettare e nemmeno per legittimare. Solo capire. Unico modo per prevenire certe follie.
 
"E' possibile una nuova Storia del Terzo Reich? E in che senso, dopo oltre mezzo secolo di interpretazioni e di ricerche, una simile storia può definirsi nuova? In quest'opera fondamentale, già salutata come un capolavoro della storiografia contemporanea, la ricostruzione dell'era nazista si fonda su due presupposti teorici.
Per Michael Burleigh, il nazismo si presentò come religione politica, fondata sulla purezza della razza e sulla promessa messianica di un nuovo regno tedesco di grandezza e di potere.
In questo modo riuscì a sedurre la Germania, precipitata dopo la sconfitta nella Grande Guerra in una "crisi ontologica", una crisi che aveva messo a rischio l'esistenza dello Stato e degli stessi tedeschi.
Di fronte a Hitler, alla sua mitologia, al suo culto della violenza, ampi settori delle classi dirigenti e intere masse di comuni cittadini scelsero di rinunciare alla proprie facoltà individuali di giudizio critico per adottare una politica basata su fede, speranza, odio e su un sentimento collettivo di amore per la propria razza e per la propria nazione; e proprio questa natura pseudoreligiosa del nazismo consente di spiegare il collasso morale di un'avanzata società industriale nel cuore dell'Europa.
L'altro presupposto dell'opera di Burleigh è l'analisi del nazismo come una delle tre principali incarnazioni del totalitarismo novecentesco, accanto al comunismo sovietico e al fascismo italiano.
E' l'idea di "Totalità" che cattura in modo straordinariamente efficace il carattere insaziabile di queste forme politiche: contrariamente alle dittature tradizionali, esse avevano l'aspirazione di riplasmare l'uomo e la società e guardavano con odio cieco alla libertà, ai diritti, all'autonomia della società civile e della legge.
La prospettiva storiografica di Burleigh si riallaccia a una nobile tradizione che risale al pensiero antinazista di alcuni studiosi tedeschi degli anni Trenta.
Ciò che é profondamente nuovo é il quadro d'insieme: una storia generale del Terzo Reich che deriva da quell'impianto teorico e dalle acquisizioni di migliaia di studi specialistici.
Grazie al coraggio intellettuale e al supremo magistero stilistico, Burleigh riesce a fondere l'interpretazione e la narrazione, ricostruendo il destino di un popolo e dei singoli uomini".
 
 

mercoledì 22 novembre 2017

Che ci faccio qui?

Letto tantissimi anni or sono, mi fece apprezzare, insieme a "In Patagonia", l'asciutta e sfrontata scrittura di Bruce Chatwin. Da intendere come un testamento dello scrittore, corre da un luogo all'altro del pianeta, presentandoci eventi, situazioni e personaggi ogni volta diversi ma tutti colti in modo particolare, dalla penna del nostro. Lo conservo gelosamente.
 
"In questo libro Bruce Chatwin raccolse, negli ultimi mesi prima della morte, quei pezzi dispersi della sua opera che avevano segnato altrettante tappe di una sola avventura, di tutta una vita intesa come un viaggio da fare a piedi.
Qui lo vedremo spuntare nei luoghi più disparati e fra le persone più opposte: al seguito di Indira Gandhi mentre annota un diario esilarante o in visita a Ernst Junger, alla ricerca dello Yeti o in quartieri malfamati di Marsiglia, o in Africa mentre si scatena un colpo di Stato, a cena con Diana Vreeland o con Werner Herzog nel Ghana o con un geomante cinese ad Hong Kong.
I numerosi lettori di Chatwin sanno che egli fu, prima ancora che un romanziere e un saggista, qualcuno che è sempre in viaggio e osserva ogni esperienza con lo sguardo penetrante di chi, a partire da qualsiasi cosa, vuole andare il più lontano possibile.
Con lui riscopriamo che il tono di fondo del narrare, in genere è quello del viaggiatore che si ferma a riconsiderare ciò che ha visto.
Il timbro, l'asciuttezza, l'icasticità della prosa di Chatwin sono stati uno dei grandi e preziosi doni letterari degli ultimi decenni.
E proprio alla fine di queste pagine, Chatwin ci svela, con un guizzo finale di mirabile teatralità, che dietro l'arte della sua prosa ha sempre operato un consiglio che una volta gli diede Noel Coward, il Maestro: non si lasci mai intralciare da preoccupazioni artistiche".

martedì 21 novembre 2017

L'enigma della bussola

La particolarità di una invenzione é che, spesso, ce l'abbiamo sotto gli occhi e non ce ne rendiamo conto... la usavamo per tutt'altro e ce ne sfuggiva l'utilità, o semplicemente mancava il bisogno!
Se la fame aguzza l'ingegno, spesso, la mancanza di una pietanza viene sopperita da qualcos'altro... togliendoci la fame stessa... Questo è il caso della bussola. Scoperta per caso, derivante dal magnetismo, utilizzata per altri scopi (peraltro incomprensibili a noi occidentali), diventando strumento indispensabile con il sorgere del commercio via mare, con la necessità di trovare la rotta via mare ed uscire dai limiti, di un Mediterraneo oramai troppo stretto.
 
"Sul finire del Duecento si è prodotta una autentica svolta nella storia dell'umanità. Se il nostro Novecento è stato il tempo della informazione e il Settecento ha visto l'inizio della Rivoluzione Industriale, il secolo XIII va considerato a pieno titolo l'esordio della rivoluzione commerciale.
A partire dal 1280, si ebbe un improvviso e fenomenale sviluppo dei commerci, unito a un'altrettanto improvvisa e crescente prosperità di contrade marinare come la Repubblica di Venezia, i paesi della Penisola Iberica e l'Inghilterra, una prosperità resa possibile da una nuova invenzione: la bussola magnetica.
La bussola è lo strumento che per primo ha permesso ai viaggiatori di mare, di terra e molto più tardi d'aria, di determinare la propria direzione in modo rapido e preciso, in qualsiasi momento del giorno e della notte e indipendentemente dalle condizioni atmosferiche, consentendo il trasporto rapido ed affidabile delle merci per mare e aprendo la via a una nuova epoca di esplorazioni.
Dopo la bussola, il mondo non è più stato lo stesso.
Si può sostenere che la bussola sia stata la più importante invenzione dopo la ruota
Ad eccezione delle antiche bilance, la bussola è stata anche il primo strumento meccanico di misura inventato, così come il primo strumento con un ago indicatore che consentisse a una persona di visualizzare una misura, in questo caso la direzione.
E' facile rendersi conto dell'importanza della bussola. Oggi, a più di un millennio dall'invenzione della bussola con il solo ago, e a settecento anni dalla comparsa di uno strumento dotato di quadrante con i punti cardinali, ogni nave ne è fornita perlomeno come congegno di riserva, qualcosa la strumentazione elettronica dovesse guastarsi.
Ma la bussola magnetica non è solamente una meravigliosa innovazione tecnologica e scientifica: nel corso dei secoli è anche divenuta una metafora poetica, ed è stata a lungo uno strumento prezioso per le indagini e le divinazioni mistiche.
Sin dalla nascita della civiltà, gli esseri umani hanno subito il fascino dei fenomeni legati al magnetismo naturale.
Per molto tempo si è pensato che la magnetite, con la sua capacità di influenzare a distanza gli oggetti metallici possedesse misteriose proprietà soprannaturali.
Le origini della bussola sono costituite da una serie di misteri, per lo più non svelati in modo del tutto soddisfacente.
Questo libro esplora la serie di enigmi che accompagnano la storia della bussola: i misteri di navigazione, commercio, economia, eccetera"...
 
 

lunedì 20 novembre 2017

Geostorm

Gerard Butler! Ma dico, Gerard Butler! Ma cosa ti è successo? Ma chi è stato? Quanto hai mangiato e bevuto e pure gozzovigliato da quel "300" che ti ha dato tanto onore? Ma che è sto sfascio? Ora sei passato a 150! Che poi sarebbero i tuoi Kili...
E tutto questo, prima che accadesse il disastro ambientale preannunciato dai trailer...
E che dire di Ed Harris? Minchia! Sembra la mummia del recente film con Tom Cruise.... anzi no, la mummia vista di recente in qualche museo... tristezza!
Unica garanzia è Andy Garcia, Presidente italo americano (italo perché vestito elegante) degli States! sempre bello, da quel dì...
Ma veniamo all'incredibile, spettacolare, eccezionale trama...
Geostorm ci porta al di là di un cambiamento climatico già avvenuto... e che il mondo di Hollywood ha già sdoganato (per la felicità di The Donald)... la tecnologia (statunitense, ovvio) ha trovato la soluzione, un'ingegneristica stazione spaziale e tanti satelliti che regolano il tempo sulla Terra... Geniale! Un colpo di pioggia qui, il sole là, il vento per i surfisti, la neve per gli sciatori... che altro desiderare? Peccato che, a breve, questa fantascientifica invenzione dovrà essere lasciata godere anche agli altri abitanti del pianeta... e guarda caso, la baracca comincia a sfasciarsi... un villaggio arabo viene gelato, Hong Kong viene fritta come uova al tegamino, Tokio riceve grandine grossa come i cojoni che mi vengono il venerdì dopo una settimana di lavoro... E allora che fare? Mandiamoci il grande esperto! Non nel senso di preparato, ovvio, ma nel senso di grosso... un ciciun suvvia! Ed eccolo il ciciun, che arriva sulla stazione orbitante, vede che tutto funziona male, poi scopre che ci sono delle trame per sfasciare tutto e dare la colpa a qualcun altro... anzi no, vogliono trasformare la portentosa macchina in un'arma, anzi no, vogliono usarla per distruggere la città dove si terrà la convention democratica, anzi no, vogliono bollire Mosca, anzi no... in preda all'isteria, perché non riesce a capire che cippo vogliono fare e soprattutto chi sono sti minchioni di furfanti, il nostro eroe ha un'illuminazione! Dare la colpa a tutti, nessuno escluso, dirlo a suo fratello parlando in codice, fare un sacco di vaccate, distruggere tutto (e chissenefrega del cambiamento climatico) così da poter dire: "l'ho fatto prima io"... in un crescendo di incredulità, seguiamo le fantasmagoriche avventure di Gerard, che si dibatte come un cetaceo caduto in una nassa, tutto esplode e lui potrebbe morire! Però no, perché lui ha promesso a sua figlia che sarebbe tornato vivo in tempo per il bacio della buona notte, però é tardi e arriverà dopo... ma dopo quando? dopo aver sfasciato tutto, essersi invaghito della tedesca di turno (come in Sapore di Mare),  saltato al volo su una navicella, essere sceso a terra, dato due pugni a destra e manca e infine spiaggiato con il suo incredibile peso sul Pianeta Terra! Che dire? Fantastico!

domenica 19 novembre 2017

Le Catilinarie


Di Catilina e della sua perfidia sappiamo solo il punto di vista di Cicerone. Un testo bellissimo ed una scrittura che riporta eventi e comportamenti di una attualità sconcertante. I quattro discorsi tenuti contro Catilina ci fanno capire due cose: Cicerone parla e scrive veramente bene, forse Catilina gli aveva soffiato la morosa perché mi pare parecchio incazzato! (così commentavo la prima lettura avvenuta nel 2003).
Nel frattempo mi sono letto ed apprezzato, lo scritto di Sallustio QUI e la sua versione dei fatti, ricavandone diverse considerazioni.
Come tutti gli eventi storici, la Storia viene scritta dai vincitori... tuttavia, dopo molto tempo.. a volte meno a volte più, la verità riaffiora, dando riscontro ai fatti... Chissà se anche per Catilina possiamo fare la stessa considerazione?
 
"Attraverso una fitta trama di situazioni, personaggi, caratteri, problemi sociologici, intrecci politici, d'interesse, simpatie e antipatie viscerali, motivi propagandistici ricorrenti e osservazioni finemente ironiche, le orazioni attorno a una vicenda nota come la congiura di Catilina, costituiscono uno dei testi più densi e più celebri dell'oratoria politica romana".
 
"Golpe o Bluff? La nostra conoscenza delle vicende note come Congiura di Catilina dipende esclusivamente da due fonti storiche: le orazioni di Cicerone e il De coniuratione Catilinea di Sallustio.
Il primo autore per motivi di opportunità politica, il secondo per coerenza con la concezione etico-politica a cui s'ispira, ce ne hanno trasmesso un giudizio fortemente caratterizzato in senso negativo, e a questo giudizio hanno sostanzialmente attinto storici più tardi che si sono occupati della congiura.
Le fonti antiche ritraggono quindi Catilina come un mostro depravato e sanguinario, un ambizioso senza scrupoli aspirante alla tirannia, circondato di sicari e viziosi di ogni genere: ne fanno insomma, il simbolo della decadenza morale della Nobilitas romana negli ultimi convulsi anni della Repubblica.
La storiografia moderna ha spesso interpretato la congiura - uno degli eventi più discussi della storia romana - alla luce degli avvenimenti della nostra epoca o utilizzando categorie interpretative che meglio si adattano a problemi storici più vicini a noi nel tempo.
La critica di ispirazione marxiana, ad esempio, ha visto in Catilina il vero rivoluzionario, il difensore del proletariato disposto a lottare fino alla morte contro l'egemonia del capitalismo.
Altri storici, tra cui il Mommsen, hanno modernizzato eccessivamente la ricostruzione degli avvenimenti, interpretandoli alla luce di definizioni contemporanee, quali destra e sinistra, conservazione e progressismo, eccetera.
A Roma, in realtà, partiti nel senso modero della termine non ne esistevano: la lotta politica era lotta di persone o di famiglie per la gestione del potere e non confronto di partiti con programmi e obiettivi ben precisi.
Che cosa si proponeva dunque Catilina? Fu un vero democratico o aspirava all'instaurazione di una tirannide? E ordì davvero una congiura o il caso fu montato da Cicerone per accrescere il proprio prestigio, farsi acclamare salvatore della patria e presentarsi come unico magistrato in alternativa allo strapotere di Pompeo?"....
 
 
 

sabato 18 novembre 2017

Ciao Malcom

Salutiamo anche il buon Malcom Young, co-fondatore degli AC/DC, gruppo metal per eccellenza, particolarmente in auge tra '70 ed '80 e poi scivolato nell'anonimato, salvo brevi rispolveri, per eventi legati a colonne sonore cinematografiche...
Io li avevo conosciuti con il loro miglior album in assoluto Back in Black...
Un suono sporco, mutuato dal blues, un riff potente, accompagnati dalla voce  di Brian Johnson e dallo spirito folle del fratello Angus.... Che dire? A chi piace piace, a chi non piace... se ne faccia una ragione... Long live on Rock'n'Roll ....
 
 

La congiura di Catilina

Due sono i testi che ci fanno conoscere la vicenda meglio nota come "La congiura di Catilina". Una è scritta da Cicerone (ma, si badi bene, parte in causa ed avversario di Catilina) e l'altro di Sallustio (che pur distanziandosi da giudizi di parte, voleva comunque sminuire il ruolo di Cicerone e riabilitare la figura di Cesare). In questo testo, diamo la parola a Sallustio.
 
"Sallustio scrisse la congiura di Catilina fra il 43 e il 42 a.C. Fu la sua prima opera storica, alla quale si dedicò nel pieno della maturità, dopo essersi ritirato dalla vita politica, che gli aveva dato soddisfazioni ma anche amarezze.
Compagno fedele di Cesare, alla sua morte si ritirò a vita privata e si dedicò agli studi storici nell'ultimo decennio della sua esistenza (morì nel 35 a.C.)
Perché Sallustio scelse la congiura di Catilina come sua prima opera storica? Egli ci dice, all'inizio del suo lavoro, che tale impresa gli sembrava "tra le più memorabili sia perché quel piano criminoso non aveva precedenti, sia perché mai s'era avuta una minaccia così grave per lo Stato.
Ma è una risposta che lascia insoddisfatti.
E' stata avanzata l'ipotesi che Sallustio abbia scelto di narrare la congiura di Catilina per scagionare Cesare dal sospetto, largamente diffuso, di essere stato a conoscenza di essa e di averla in qualche modo favorita; e al tempo stesso per rimpicciolire il ruolo di Cicerone in quella vicenda.
Motivazioni plausibili suggerite in certa misura dal testo sallustiano.
In effetti, la congiura è opera assai ricca di riflessione storica.
Sbaglierebbe, credo, chi volesse considerarla come profondamente coerente e unitaria. A una attenta lettura essa mostra piuttosto un'ambiguità di fondo, quasi che fosse composta di due strati, che corrono paralleli fra loro, senza fondersi o amalgamarsi.
E in ciò è da individuare uno dei motivi del grande fascino che emana da quest'opera.
Il primo strato del testo è costituito dalla rappresentazione a tinte fosche di Catilina e dei suoi seguaci: essi sono un concentrato di vizi, sono avidi di ricchezze, di potere, di privilegi, e li vogliono conseguire con qualunque mezzo, conformemente alla loro natura morale corrotta: perciò non si fermano di fronte all'inganno, all'intrigo, alla menzogna, alla congiura, alla aperta violenza contro le istituzioni di Roma.
Il secondo strato del testo ci dà invece tutta una serie di indicazioni spassionate sugli obbiettivi sociali e politici di Catilina e dei suoi seguaci, i quali non possono essere liquidati come degli ambiziosi privi di qualunque senso morale, come dei debosciati rotti a tutti i vizi e solo desiderosi di vantaggi personali, a scapito di tutti i cittadini dabbene.
Essi sono piuttosto dei combattenti che si oppongono a una iniqua ripartizione della ricchezza, a una divisione della società fra cittadini molto ricchi, e coloro che mancano di tutto.
Che la rivolta di Catilina sia originata da serissimi motivi sociali è certo anche dalla lettera di C. Manlio a Quinto Marcio. Essa è diretta contro le oligarchie che hanno impoverito vari ceti sociali.
E' la stessa Libertas sognata dai popolari sin dal tempo dei Gracchi... un documento, certo controverso...

Sulla strada

Difficile definire questo libro. Certo, nasce in un periodo particolare della storia degli States... Ci narra una gioventù molto diversa dalla nostra, ma al tempo stesso, uguale... nel chiedere novità, certezze, progresso, sviluppo e soprattutto liberà! Libertà di sbagliare, di provare, di mettersi in gioco.
Questo è "On the road"... "Sulla strada" da noi. E il viso innocente di Jack Kerouac, non finirà mai di intrigarmi, nel suo esser diventato il simbolo della "Beat Generation"... di una generazione che voleva altro... Una generazione che, dopo la Guerra Mondiale, vedeva che nulla era mutato nella società americana... e che anzi nuove pulsioni nascevano... l'anticomunismo, la lotta dei neri per i diritti, la violenza della polizia, le nuove guerre a cui gli States partecipavano...
 
"il libro che presentiamo al pubblico italiano è il secondo in ordine cronologico di produzione di Jack Kerouac. Il primo uscì nel 1950: di chiara impostazione lirica The Town and the city suscitò un grande interesse nella critica tradizionale e mise l'autore in crisi.
Passarono sette anni prima che egli si ripresentasse ai critici con questo romanzo che è la somma delle sue esperienze e la descrizione di un modo di vita che egli ha scelto come suo.
Parti di questo romanzo erano uscite su riviste d'avanguardia, suscitando una grande attesa intorno al romanzo che doveva comparire...
L'attesa non venne delusa e Kerouac divenne portavoce e simbolo di un'intera generazione: La Beat Generation.
Nasce il revival della Scuola di San Francisco e questa città si caratterizza come una specie di oasi di individualismo, dove la libertà personale è ancora possibile grazie forse alle tracce mediterranee e messicane di un laissez faire e dolce far niente che si cercherebbero invano in qualsiasi altra città degli Stati Uniti.
Qui gli artisti, giovani e vecchi, possono permettersi di ignorare o fingere di ignorare i problemi editoriali e commerciali, con il seguito di mondanità che ne deriva.
La tutela delle intelligenze ha formato una spessa crosta di abitudini sulla vita culturale americana: peggio di uno strato di ghiaccio.
Di recente l'acqua che vive sotto di esso è diventata così ribollente che lo strato di ghiaccio ha cominciato a fondersi.
E' la nuova generazione della letteratura contemporanea americana: la Beat Generation.
Il loro problema è il problema di tutti i giovani, e specialmente dei giovani che affrontano l'esistenza in un dopoguerra, ma la loro caratteristica è stata di svelare, sena paure e senza falsi pudori, gli aspetti della vita di una certa adolescenza americana contemporanea.
Da quando sono stati classificati da Holmes, questi ragazzi irrequieti hanno bevuto molto, hanno fumato molta marijuana, hanno girato l'America con l'autostop, si sono esaltati con il Jazz, ma soprattutto hanno scritto e a volte pubblicato parecchi romanzi e raccolte di poesie.
A questa dilagante massa di ragazzi reticenti e scontrosi, tristi e freddi, avidi d'affetto e in perpetua ricerca di una ragione d'essere, staccati senza speranza da "anziani" incomprensibili e che non li capiscono, aggrappati come una fede ad un ideale di vita intenso e libero da qualsiasi pregiudizio o sovrastruttura, appartengono gli scrittori della Beat Generation. Un gruppo di scrittori che non crede più nella violenza e quindi in una rivolta attiva e aggressiva: crede nel silenzio e crede in una specie di segreta rinascita della personalità umana" Liberamente tratto dall'introduzione di Fernanda Pivano.

il mondo alla fine del mondo

"Il 16 giugno 1988, provenienza Cile, un inquietante messaggio approda ad Amburgo, stampato dal telefax di un'agenzia giornalistica legata a Greenpeace e particolarmente impegnata in campo ecologico.
Secondo il dispaccio, la nave officina giapponese Nishin Maru, comandata dal capitano Tanifuj, ha subito gravi danni in acque magellaniche; si registra la perdita di diciotto marinai, insieme a un numero imprecisato di feriti. E' l'inizio dell'avventura.
Il protagonista, un giornalista cileno, esule dal suo Paese per motivi politici, grazie a febbrili ricerche e ingegnose congetture giunge alla conclusione che il Nishin Maru, ufficialmente demolita a Timor, stava praticando illegalmente, e del tutto impunito, la caccia alle balene nei mari australi.
Una giovane attivista di Greenpeace, inoltre, lo mette in contatto telefonico con un misterioso personaggio, il capitano Jorge Nilssen, che di tutta la faccenda sa senz'altro qualcosa in più..
Raccogliendo l'invito di quell'esperto, schivo e generoso marinaio, il nostro giornalista tornerà a navigare sulle rotte della sua giovinezza, fino a scoprire, in un crescendo di suspense, la tremenda, impensabile verità, l'esito fantastico di una vicenda cruda e incalzante.
Chi ha letto ed amato il precedente romanzo di Luis Sepùlveda, potrà di nuovo ascoltare, in queste pagine, il grido indignato - ma anche il canto ammaliante - della natura ferita, la protesta contro una cieca follia di cui pure l'uomo rimane vittima.
Ma anche qui, come nel Vecchio che leggeva romanzi d'amore, l'urgenza dell'attualità assume i contorni fantastici del mito. Non più il Tigrillo, ma cetacei, delfini ed uccelli, altrettanto leggendari e altrettanto braccati; non più la foresta amazzonica, ma i mari insidiosi, le coste frastagliate, il cielo freddo e lattiginoso del mondo alla fine del mondo.
Questo lembo estremo del pianeta (con le sue distese infinite, le navi fantasma, i suoi capitani indomabili) si trasforma simbolicamente, nel luogo dell'apocalisse.
Ma può essere, come per il protagonista, l'universo in cui l'uomo ritrova l'unione con le proprie origini, l'armonia con gli elementi e soprattutto, un anelito indistruttibile di speranza".
 
Bellissimo romanzo su un'evento realmente accaduto, in un luogo della Terra, che per la sua distanza, conserva ancora il fascino dell'avventura. Si legge d'un fiato.

giovedì 16 novembre 2017

Monte Faierone e non solo...

Quando le prime nevicate, rendono incerta la salita sulle alte cime, si recuperano itinerari di mezza montagna, che prevedono lunghi tracciati nel bosco e l'incontro con la civiltà contadina... piccoli borghi spesso dimenticati, opere sommerse nel verde, l'uso della pietra e del legno... tracciati nascosti... Questa volta si va sopra Cannobio. Al Faierone... ne avevo sentito parlare, in particolare per la presenza di una piccola azienda agricola all'Alpe L'Agher e quindi questo tracciato mi incuriosiva.
Lasciata l'auto a Sant'Agata, poco sopra l'abitato di Cannobio, attraversiamo le silenziose strade, ammirando le costruzioni, qualche strano arredo e nuove opere che fanno ben sperare sul mantenimento di questi nuclei...
La povertà di alcuni edifici e la loro conformazione, fanno solo immaginare cosa doveva essere una volta vivere da queste parti e soprattutto di cosa vivere...

Il primo sole si fa vedere, scalando l'aria e facendo ben sperare...
Andiamo per bosco verso Cinzago... di fianco a noi il Lago Maggiore... e le cime circostanti, segnate dalla linea della neve...


Bellissimo lavatoio... vera fonte di vita.. e di chiacchiere... :)


Lavori in corso....
Scritte sui muri e sulla fontana del paese... a ricordare che "se il minore rompe, pagano i genitori"... dura legge da far rispettare oggi!
Esempio di fede... oggi chiusa, una volta doveva essere ben frequentata visto il tracciato...


il tracciato prosegue tra bellissimi boschi... il castagno la fa da padrone...
Ed eccoci finalmente all'Alpe L'Agher. la vista si fa notevole ...


Bellissimo recupero...
cambia la vegetazione... pioppi... sempre più radi, preannunciano la prateria alpina...
e la sovrastante cima... ma mica ancora a tiro...

Da qui, l'erta si fa dura! ripido sentiero...
A destra il Gridone, in mezzo Punta Fronzina, di fronte a noi il Faierone... non c'é che da salire...
e si sale ancora...
eccoci sulla cima e di fronte a noi il lago ci abbraccia...

A nord est, i 4.000 del Vallese, il Leone, le cime di casa mia...
Fronzina e Gridone... ci guardano... l'ambiente mi ricorda il Massone... quando si sale dal Cerrano...
ora si scende verso il colletto per risalire verso il Fronzina...e poi tornare indietro...
il Leone e la bastionata del Gridone...
il bellissimo lago... sullo sfondo la piana del Ceresio... le cime varesine...
 in neve... che fatica...
Panorama..
Ancora...
lunghissima cresta... verso il Giove... ultima cima che toccheremo oggi...
 si scende verso il Giove ammirando le rive gialle e bianche neve e paglia secca...

ultime tracce di neve.. prima di una piccola pausa...

Siamo a Scierz... piccolo borgo raggiungibile con una carrabile... in fondo il panettone del Monte Giove...
Alle nostre spalle le cime salite e il tracciato seguito... che luci, colori, silenzi....
Dal Giove, ampio panorama...
Appare Cannobio...
stranissima panchina...
rieccoci immersi nel bosco.. dapprima rado, poi sempre più fitto... tra sentiero, strada e zigzag....
Piccola visita alla Chiesa di Sant'Agata... un grande edificio incastonato nel piccolo borgo...

Ultra