giovedì 2 marzo 2023

il mago di Riga


 "Questo miraggio delle partite o della vita senza sbagli: no Misa si teneva volentieri il fallimento. Si teneva la vulnerabilità e lo scompiglio. Tanto valeva ubriacarsi o combinare pasticci, ma rispettare sempre la dignità del singolo essere umano.
Meglio giocare, giocare per la pura festa di giocare, fino a che giorno e notte non perdano il senso: giocare con la devozione e la letizia dei ragazzini che strillano e non vogliono tornare a casa a fare i compiti o lavarsi. Le stupide incombenze del mondo reale".
Michail Misa Tal, (1936-1992), che prima di Kasparov fu il più giovane campione del mondo della storia, sconvolse l'universo degli scacchi incarnando il gioco come arte, invenzione, complicazione.
Lo chiamavano "il Mago di Riga" per la capacità di evocare tutte le forze oscure che ogni posizione celava dentro di sé; bramava il disordine e il sacrificio dei pezzi (atti che per lui racchiudevano anche un significato esistenziale), opposti ai prevalenti distillati di razionalità e pragmatismo.
il 5 maggio 1992 disputò l'ultima partita di torneo (sarebbe morto il mese dopo) contro un giovane Grande Maestro, lui che a soli ventitré anni aveva battuto Botvinnik, il "Patriarca" della scuola sovietica, che affermava di non giocare mai per puro piacere.
Tra una mossa e l'altra Misa ricapitola a lampi di memoria la sua movimentata e anarchica esistenza.
Cinquantacinque anni segnati dal genio precoce e da costanti malattie, ma vibranti di un gioioso, fraterno e dissipato desiderio di vivere.
Le tenerezze dell'infanzia, gli anni d'oro, il declino e le rinascite; le partite che erano sempre per lui "la paziente tessitura di un altrove", l'umorismo straripante e l'empatia verso chiunque (una sfida al bar con un avventore, una ragazza che piange dopo una partita) e naturalmente i tornei, i molti amori, le sbornie, le beffe al KGB, la costante sete di libertà.
Tutto rinasce come in punto di morte.
E mentre cresce la suspense del duello in corso, nella mente del Mago di Riga fioriscono i "momenti fatali" che risvegliano in lui l'essenza, poetica e caotica, della vita.
In questo romanzo, Giorgio Fontana racconta l'epica di un uomo straordinario che raggiunge la vetta profondendo in ogni mossa l'amore per il rischio lontano da qualunque cinismo, e dimostrando a un mondo incredulo che talora le storie sono più forti della realtà - che due più due - come Misa amava dire, può fare cinque.


Poche storie, Giorgio Fontana scrive dannatamente bene. L'idea di narrare una storia nella storia non è originale, ma lui riesce a mantenere una doppia suspence, ove la gara in corso e la vita trascorsa si mescolano rendendo entrambe legate una all'altra. La ricerca di felicità a tutti i costi, il vivere la vita ad una velocità e follia insostenibili (una cosa che mi ricorda un tristissimo passaggio in Blade Runner, quando il replicante Roy incontra il suo creatore Sebastian a cui si rivolge per permettergli di vivere più a lungo e lui gli risponde: hai vissuto al massimo come la fiamma di una candela... ma questo ha fatto bruciare tutto da ogni lato...) ecco, Tal è stato così, ha preso tutto senza tralasciare nulla ed accettando tutto. Un genio senza eguali capace di godere di ogni singolo istante della vita... giocando per allontanare la morte, per allontanare i piccoli problemi quotidiani, le noie, i fastidi che la vita ci riserva... per restare eternamente bambini.


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