sabato 30 settembre 2017

Democrazia o Tecnocrazia?

Prosegue la lettura e recensione di libri passati tra le mani molti anni or sono... a volte autentici gioielli, altre volte anticipatori, altre infine, utili per vedere "come è andata a finire"...
E' il caso di questo "Democrazia o Tecnocrazia?" scritto da Robert Dahl nel lontano 1985 (in piena Guerra Fredda) ed edito in Italia per Il Mulino nel 1987. Era un testo suggerito nel corso di Progettazione Ambientale con Tomas Maldonado nel 1990.
Quella di Dahl è una domanda che parte da lontano, anzi lontanissimo... e che al giorno d'oggi, non ha ancora trovato una autentica soluzione... coniugare democrazia e capacità gestionale nell'ottica del buon governo... dilemma evidente!
 
"Nella sua versione antica come in quella contemporanea, nella sua forma diretta come in quella rappresentativa, la democrazia si fonda sul presupposto che i cittadini siano competenti a giudicare in materia di affari pubblici. Ma come è possibile che l'uomo della strada sia in grado di giudicare, ad esempio, in materia di energia nucleare, di manipolazione genetica o di deficit pubblico? Non sarebbe preferibile, in questi casi, delegare agli esperti, ai tecnici, la decisione finale? E con quali rischi, allora, sul piano del controllo democratico per il processo decisionale? E' a questo dilemma che Robert Dahl, uno dei più insigni studiosi della democrazia, dedica questo saggio prendendo lo spunto dal caso della politica nucleare a scopi militari negli Stati Uniti.
Con ragionamento sottile e incalzante, Dahl mette a confronto teoria e pratica della democrazia e della tecnocrazia, rifacendosi all'antico esempio del Governo dei Guardiani nel dialogo platonico sulla Repubblica.
Benché l'ipotesi del governo del tecnici sia assai suggestiva, essa rivela in realtà molti punti deboli: no è affatto provato, né provabile, che i cosiddetti esperti siano davvero tali, sia sotto il profilo strumentale sia sotto quello morale".

"L'intento di questo libro è quello di identificare e chiarire un problema di notevole urgenza, quello della competenza dei cittadini, tracciare una possibile soluzione, sollecitare un'ulteriore indagine e, se possibile, stimolare gli esperimenti da cui poter dedurre conclusioni più valide".

Uomini, Tecniche Economie

Già, di Cipolla, non esiste solo il bellissimo e divertente Allegro ma non troppo.... di cui suggerisco la lettura e meglio ancora l'acquisto a beneficio del prossimo... vi è anche questo testo del 1962, poi tradotto in Italia nel 1987 per Feltrinelli.
Io lo conobbi al Politecnico su suggerimento del Prof. Scudo, al corso di Tecnologia 1, e devo ammettere, me ne sono subito innamorato.
Scudo, aveva il pregio di mescolare tecnologia con scarsità di mezzi e voleva far aguzzare l'ingegno ai suoi studenti, andando oltre il sistema industriale e la prefabbricazione... inventare, creare, pensare con occhi nuovi, andando incontro alle esigenze quotidiane con idee innovative, a basso costo e utilizzando i materiali disponibili sul posto (a km zero diremmo oggi).
Ma per fare ciò, occorre che nella mente dei discenti, vi sia una tabula rasa, una voglia di imparare affiancata da una voglia ancora maggiore di sperimentare... di cercare, di provare, sbagliare ma anche capire.... siamo certamente molto distanti dalle grandi enunciazioni di un "Le Corbusier" o dall'International Style.
Detto questo, ripesco volentieri il testo e ho modo (rileggendolo a spizzichi e bocconi) di ripescare piccole perle dimenticate o di cui non ricordavo l'origine... ah, maledetta memoria...

"Giorno per giorno il mondo diventa sempre più piccolo e società che da millenni si ignoravano si trovano all'improvviso a contatto o in conflitto. Nel nostro modo di agire, sia nel campo politico che in quello economico, sia nel settore dell'organizzazione sanitaria che in quella della strategia militare, si impone un nuovo punto di vista.
Nel passato l'uomo ha dovuto abbandonare il punto di vista cittadino o regionale per acquisirne uno nazionale.
Oggi dobbiamo uniformare noi stessi e la nostra maniera di pensare a un punto di vista globale.
Questo libro tenta di descrivere da un punto di vista globale l'evoluzione del genere umano nel suo sviluppo numerico e nel progredire delle sue condizioni di vita. Sempre dallo stesso punto di vista globale, ha cercato di sfiorare alcuni degli allarmanti problemi che l'umanità si trova oggi a dover affrontare, quali l'esplosione demografica, il crescente bisogno di risorse energetiche, la diffusione del sapere tecnico e il ruolo della istruzione in una società di tipo industriale".

"Una delle principali conseguenze della Rivoluzione Industriale è stata la riduzione del costo e l'aumento della velocità dei trasporti. Le distanze si sono ridotte ad un ritmo stupefacente. Giorno per giorno il mondo sembra diventare sempre più piccolo.... Nel nostro modo di agire si impone quindi un nuovo punto di vista: quello globale".

"E' tragicamente inevitabile che, quando gli esseri umani diventano sovrabbondanti in relazione ad altre risorse il loro valore marginale diminuisca e la dignità della vita umana si deteriori corrispondentemente. Per la salvaguardia della dignità e santità della vita umana è imperativo che l'uomo non diventi il bene più economico. Dobbiamo investire una quota maggiore delle nostre risorse nel miglioramento qualitativo dell'uomo. Come ebbe a dire Julian Huxley dobbiamo preferire una significativa qualità ad una quantità amorfa. E per raggiungere questo fine occorre lo sforzo congiunto del settore pubblico e di quello privato. E non è semplicemente un più vasto sapere tecnico ma di un'educazione critica che permetta all'uomo di impiegare saggiamente le tecniche di cui é padrone. Luigi XV aveva tutte le doti, tranne quella di saperle usare.

Non sappiamo quale sia il fine della vita, ma se esso è la felicità l'evoluzione avrebbe potuto fermarsi da molto tempo, poiché non c'è ragione di credere che gli uomini siano più felici dei maiali o dei pesci.... ed infine il fatto di istruire un selvaggio nell'uso di tecniche avanzate non lo trasforma in una persona civilizzata, ma ne fa solo un selvaggio efficiente.

 
 

Togano, Tignolino e molte creste...

E venne il giorno del Togano. Ma non solo! A che del Tignolino (bis) e della corona di rocce che circondano il Fornale di Rina (prima volta e per sbaglio)... insomma, la Val Grande non smette mai di stupire, incuriosire, appassionare... con qualsiasi tempo ed in qualsiasi stagione...
E dire che la gita del mercoledì era in forse... la meteo non faceva ben sperare e si era più propensi ad un rinvio o a qualcosa di più tranquillo. Ma poi, ci siamo detti, perché no? Ogni lasciata è persa!
Eccoci così alle pendici del Tignolino, salendo sulla gippabile che da Trontano porta al rifugio Parpinasca e, lasciata la macchina al Faievo, con rapida falcata superiamo e ci dirigiamo verso la Costa dei Bagnoli ed il Passo di Basagrana... i colori autunnali sono uno spettacolo per gli occhi.. e, anche se il sole si nega, ci godiamo i toni di rosso e verde... in lontananza il Monte Leone da evidenza della sua mole...
Eccoci così al Passo ed ai due obbiettivi odierni... a dx il Tignolino, a Sx il Togano... quindi, breve pausa e si parte! Prima il Togano... ambiente nuovo per me, cresta rocciosa molto bella, aggirabile nei punti peggiori e particolare oggi con le nuvole a fare da contorno...
Si sale...
e si costeggia la cresta, avvolta dal bianco...
passaggi su roccia, mai pericolosi...
altri su intuitivo sentiero che aggira le bellissime placconate...
Poi si passa al Tignolino... la parete rocciosa è subito superata sino alla cima... e da lì proseguiamo sempre di cresta in direzione dei Tri Omen... peccato che io davanti, complice la nebbia mi tenga troppo a destra, finendo sul Fornale di Rina... ecchecavolo! in effetti non mi ci trovavo! niente di male... cresta superata sino a quando intuiamo una possibile uscita nel Fornale puntando poi decisamente verso la sottostante Alpe.
Panorami surreali....
il punto disceso, ove abbandonata la roccia ci riportiamo sul piano...
ed eccoci alla fine della "gita"... nove ore di marcia, 16 km di percorso, 1700 metri di dislivello e tante bellissime emozioni... semplicemente fantastico!

venerdì 29 settembre 2017

Speer

"Albert Speer faceva parte della ristretta cerchia di Hitler, forse l'unico collaboratore che per il dittatore provasse sentimenti di amicizia. Tuttavia l'architetto Speer era molto diverso dal tipico dirigente politico nazista: alto, elegante, l'espressione intelligente, idealista nelle enunciazioni di principio ma concreto ed efficace nell'azione, in quella compagnia sinistra e inquietante sembrava quasi un intruso.
Sempre lontano dalle risse e dagli intrighi della Cancelleria, fu uno di quei tedeschi apolitici che accolsero con favore l'avvento di Hitler al potere, e poi non seppero dissociarsi dalla natura criminale del nazismo.
Al processo di Norimberga evitò la condanna a morte grazie a un'accorta tattica difensiva. Joachim Fest, il magistrale biografo di Hitler, affronta questa enigmatica personalità utilizzando la grande massa di documenti accumulati dagli studiosi ma anche gli appunti dei suoi incontri personali con Speer".
 
Nato a Mannheim il 19 marzo 1905 e morto a Londra il 1° settembre 1981 è stato architetto e politico tedesco. Architetto personale di Hitler, ruolo che gli valse il soprannome di "Architetto del Diavolo", e ministro per gli armamenti del Reich, oltre che uno dei massimi interpreti della architettura nazista.
Fu autore dei maggiori progetti monumentali e urbanistici promossi personalmente dal capo del Nazionalsocialismo, delle cui idee architettoniche ed artistiche si fece originale interprete, ottenendo per ciò anche un riconoscimento internazionale quale la medaglia d'oro per il suo padiglione della Germania all'esposizione universale di Parigi del 1937.
Semplice iscritto al Partito Nazista sin dal 1931, nel 1942 a seguito della morte di Fritz Todt, fu improvvisamente nominato da Hitler ministro degli armamenti della Germania Nazista. Svolse tale incarico con straordinario successo grazie alle sue eccezionali doti organizzative. Conservò l'incarico di ministro della produzione e dell'economia nel governo di Donitz dopo il suicidio di Hitler. Arrestato dagli Alleati e condannato a vent'anni di carcere, tornò poi in libertà.


Ottimo testo, necessario per capire, da uno speciale punto di vista, cosa è stata la Germania Nazista e cosa é stata in grado di fare, nel periodo tra le due guerre, la capacità e la volontà di questa nazione, nel seguire il sogno di potere di Hitler...

giovedì 28 settembre 2017

Ausmerzen

"Nella storia di uno sterminio, non a tutti noto, prima e dopo Auschwitz, era annidato il DNA di ogni soppressione di creature umane difettose, indifese, "vite indegne di essere vissute".
Marco Paolini si immerge in quelle tenebre e il suo racconto porta in piena luce il modello nascosto dell'eliminazione dei deboli.
Questa è la storia di uno sterminio di massa conosciuto come Aktion T4. T4 sta per Tiergartenstrasse numero 4, un indirizzo di Berlino.
Durante Aktion T4 sono stati uccisi e passai per il camino circa trecentomila esseri umani classificati come "vite indegne di essere vissute".
Cominciarono a morire prima dei campi di concentramento, prima degli zingari, prima degli ebrei, prima degli omosessuali e degli antinazisti e continuarono dopo, dopo la liberazione, dopo che il resto era finito.
Ausmerzen ha un suono dolce e una origine popolare.
E' una parola di pastori, sa di terra, ne senti l'odore. Ha un suono dolce ma significa qualcosa di duro, che va fatto a marzo.
Prima della transumanza, gli agnelli, le pecore che non reggono la marcia, vanno soppressi.
Dopo lo spettacolo teatrale Ausmerzen e il suo successo, anche per rispondere alle domande che lo spettacolo stesso aveva creato, Marco Paolini si è immerso per un anno nella scrittura, rielaborando e tessendo in narrazione una mole enorme di dati, alcuni dei quali - tra i più sconvolgenti - quasi sconosciuti.
L'interrogazione su eugenetica, scienza ed etica, e sulle politiche del potere si fonde nel racconto.
Un narratore appassionato, pieno di sdegno e pudore, e non privo di humor, ci consegna così un libro di feroce potenza, destinato a diventare necessario. Per tutti".
 
La storia dell'uomo e della "civiltà" è costellata di episodi terribili, stragi e uccisioni di massa... ma mai come nel XX secolo e nella società industriale, questo genere di eventi aveva raggiunto dimensioni e studi così evidenti, capillari e "folli".
La scelta di eliminare i cittadini tedeschi di serie B, quelli che a giudizio del regime nazista costituivano un peso ed un costo, accompagnata da una campagna preparatoria di queste idee, portò alla eliminazione fisica di centinaia di migliaia di persone... e fu la premessa per la "soluzione finale".
Evento da conoscere e capire.
 
 


martedì 26 settembre 2017

Amleto

A differenza del Macbeth ove l'azione precede il pensiero e il pensiero deve giustificare l'azione, ne l'Amleto l'azione è continuamente rimandata, l'idea di compiere qualcosa, qualsiasi cosa prevale sull'azione e l'inazione trova giustificazione e conforto nell'idea del dopo... Quando poi l'azione si manifesta, spesso non ha alcun collegamento con l'idea, con la congettura o il progetto... é azione improvvisata (vedi la morte di Polonio)... Amleto è il teatro, ed il teatro é Amleto... basti questo binomio a tutti noi per spiegare tutto.. "Essere o non essere... questo è il problema"... chi non ricorda questa frase, chi non l'ha sentita declamare qualche volta...
 
"Composta tra il 1600 e il 1602, Amleto è forse l'opera più nota di Shakespeare e della storia del teatro universale. La vicenda del Principe di Danimarca, a cui lo spettro del padre chiede di vendicarne la morte, uccidendo il fratello Claudio, che lo ha assassinato, gli ha usurpato il trono e ne ha sposato la moglie, ha messo a dura prova per secoli l'ingegno dei critici e degli interpreti.
Ciò che è certo è che la forza della "Maschera Amleto" , dietro la quale si cela il volto di Shakespeare stesso, è proprio in questo suo essere così ricca di sfumature, sfuggente e complessa, saldamente ancorata al suo tempo eppure capace di far risuonare le corte più profonde del lettore e dello spettatore di ogni epoca".
 
Il teatro può sembrare la forma d'arte più vicina alla vita, ma è anche quella che più, nel voler "simulare" la vita, ne fornisce un'immagine.
E' un romanzo sulla vendetta... questo Amleto.. ma una vendetta che non arriva mai... ritardo che è dato dal continuo riflettere su sé stessi e sul proprio essere rispetto al fluire del tempo e delle azioni altrui... una tragedia della conoscenza...
Amleto è il prototipo maschile di Cenerentola: il giovane Amleto è stato privato della sua eredità, in seguito ad un secondo matrimonio della madre e viene perseguitato dal patrigno che cerca di liberarsi di lui.. e viceversa...
Frasi come "c'è qualcosa di marcio in Danimarca"... piuttosto che "Vi sono cose in cielo e in terra Orazio, assi più cose di quante ne sogna la tua filosofia"... al più celebre monologo "essere o non essere" che hanno dettato un canone per il teatro mondiale... un racconto immortale.


La legione degli immortali

"55 a.C. una flotta da guerra giunge in vista di una terra ignota, popolata da feroci guerrieri, capaci di incutere timore persino nei soldati di Giulio Cesare.
Di fronte al panico che coglie le truppe un uomo si lancia nelle acque gelide. E' Lucio Petrosidio, acquilifero della Decima Legione. Come un sol uomo, dietro la sua aquila, la legione degli immortali va all'assalto per Cesare e per Roma, Lucio e i suoi compagni, Massimo, Quinto, Valerio, si batteranno senza tregua per conquistare la Britannia e proteggere Gwynith, la schiava dai capelli rossi che ha conquistato il cuore dell'aquilifero.
Fino a un luogo chiamato Atuatuca, dove è in agguato un destino di sangue....
35 a.C. dal ponte di una nave, un uomo osserva le coste della grande isola ormai prossima. Al suo fianco il gladio dei legionari, nella mente i ricordi di un'epopea di guerra e di morte, in cui aleggiano i fantasmi dei compagni caduti. E' per dare pace a quei fantasmi, e alla sua coscienza, che il vecchio soldato sta tornando in Britannia.
Perché da allora c'é una donna in attesa del suo uomo e c'é una battaglia iniziata vent'anni prima che aspetta lui per concludersi definitivamente".
 
L'episodio da cui prende spunto il romanzo storico qui narrato è realmente accaduto ed è citato nel libro Quarto del De Bello Gallico.
Grazie al coraggio di Lucio Petrosidio l'invasione della Britannia, voluta da Cesare, riesce.
Poche parole in un libro conosciuto in tutto il mondo, valgono più di mille monumenti e rendono immortale colui che viene ricordato per quel gesto eroico.
Secondo romanzo di Massimiliano Colombo che dopo "il vessillo di porpora" ambienta nuovamente in Britannia le gesta dei legionari romani di Cesare.

La Fratellanza

 
 
Ric Roman Waugh firma questo film, autentica discesa negli inferi del classico cittadino che, per un errore stradale, viene condannato per omicidio e rinchiuso in carcere... Per sopravvivere decide di usare le maniere forti e tra mille peripezie diviene capo indiscusso delle bande che controllano il penitenziario... ma certe strade non sono lastricate di buoni propositi...
Senza voler fare la morale a nessuno, Waugh ci insegna che esistono regole anche tra i banditi, ed anzi sono proprio le regole, il rispetto della parola, la "normalità" che tengono in vita e danno garanzia di stabilità a chi, di fatto, ha perso tutto...
Storia non priva di una certa logica, finisce per farci amare il protagonista (un bravissimo Nickolaj Coster - Waldau) nei panni di Jacob "Money" Harlon, costretto suo malgrado a fare i conti con la realtà del carcere e con le sue contro regole che, se rispettate permettono di sopravvivere ed anzi di far carriera.. ci riuscirà benissimo ma dovrà salvare la sua famiglia da sé stesso e dal prossimo...
Notevole anche il ruolo di Jon Bernthal (già incontrato nelle prime due stagioni di The walking dead e i molti altri film) cocainomane, nazista e spia dei poliziotti... ben presto destinato a perire... Ottimo film...


 
 

Storia della colonna infame

"Nell'estate del 1630, a Milano, il caldo e le disastrose condizioni igieniche infiammano una violenta epidemia di peste, capace di uccidere più di cento persone al giorno. In quel periodo due donne riferiscono di aver notato un uomo aggirarsi sotto la pioggia a ungere le mura delle case con una strana sostanza, probabilmente in grado di diffondere il morbo.
Da qui parte la storia del processo agli "untori" e la furiosa ricerca dei colpevoli da parte dei magistrati, spinti dalla popolazione imbestialita, a scelte arbitrarie.
La vicenda che Manzoni ripercorre a oltre due secoli di distanza solleva pesanti interrogativi morali sul trattamento degli accusati, sulla pena di morte e sull'interazione tra passioni collettive ed esistenze individuali.
Quella del Manzoni, con Storia della Colonna infame è una vendetta postuma, un attacco mosso con circa due secoli di ritardo a chi condannò a morte degli innocenti per crimini che non avevano commesso. L'accusa era quella di essere "untori", volontari portatori della peste che, nell'estate del 1630 fiaccò la città di Milano. Gli imputati erano Guglielmo Piazza e Giangiacomo Mora di basso ceto sociale condannati a morte e Gaetano De Padilla, nobile e assolto..
Manzoni rovescia il processo mettendo sotto accusa i giudici, più desiderosi di portare un uomo alla forca che di appurare la verità.
In questione non sono le procedure giuridiche ma vengono individuate precise responsabilità personali; ancora una volta, l'intento dell'autore milanese è soprattutto morale e formativo.
Ma la vendetta morale, se così possiamo dire, non si rivolge solo ai giudici.
C'é un imputato più longevo, quella comunità che vive di assurdi intendimenti e che vuole il sangue dei colpevoli per rendere giustizia di un fatto per cui non c'é nessuna responsabilità.
Le azioni collettive della folla, le cui dinamiche sono già descritte nella rivolta del pane, ne I promessi sposi, sono irrazionali e arrivano a sacrificare esseri umani. L'insegnamento del Manzoni, dunque, si rivolge a tutti ed a ciascuno di noi".
 
Bello e coinvolgente, istruttivo e capace di rendere giustizia e insegnamento molto più di molti trattati di sociologia, politica e filosofia: la paura, la cattiveria, l'ignoranza e ancora il potere dettano i canoni di questa storia... una storia che a 400 anni di distanza, non ha perso nulla della sua attualità.. perché la società è cambiata.. forse si è evoluta... certo non è cambiato l'essere umano... sempre pronto a rincorrere voci (reali o virtuali...) per dare addosso a qualcun altro i propri limiti, difetti e desideri di vendetta... fermato solo dal potere e dagli odierni Gaetano de Padilla.... meditate gente, meditate..

Chiesa di San Michele - Massino Visconti

Situata al centro del paese, la chiesa è nota per il suo campanile pendente. Nel corso dei secoli l'edificio subì varie modifiche, le più importanti tra il Seicento e il Settecento, quando fu consolidata dopo un lungo periodo di abbandono causato probabilmente da una frana che la danneggiò provocando anche l'inclinazione del campanile. Fino al 1585 vi era il fonte battesimale ed era affiancata dal cimitero essendo la parrocchiale destinata alle funzioni liturgiche per gli abitanti di Massino.
Della costruzione originaria rimane oggi solo il campanile romanico datato agli anni tra il 1025 e il 1050, a pianta quadrata e a sei ripiani. Sulle sue pareti si aprono monofore e bifore di varia grandezza e il lato a Sud presenta un tipico capitello a stampella decorato con testa umana in bassorilievo.
Sulle pareti della singolare abside quadrata, si può ammirare un ricco ciclo affreschi quattrocenteschi attribuiti alla bottega di Giovanni de Campo: sulla sinistra, la teoria degli Apostoli e più in alto i profeti; al centro, la figura del Cristo Pantocratore tra s. Michele Arcangelo e una Madonna del latte in trono; a destra s. Agata, la Trinità e il martirio di s. Lorenzo.
(tratto dal sito del Comune di Massino Visconti)
 Bellissimo il campanile, bella la chiesa e il ciclo di affreschi al suo interno, magico il luogo ed il panorama che dal retro dell'edificio si gode sul lago Maggiore... peccato per un edificio che ne sottrae la vista di un lungo tratto...

 Ecco gli Apostoli....
 il Cristo Pantocratore... con la rappresentazione degli Evangelisti in forma di animali....
 Una scena della crocifissione ed a fianco il supplizio di San Lorenzo...
 Madonna con bambino... e particolare del supplizio...

 Gli apostoli... e quale di questi brandì il coltello? Infine all'esterno una piccola edicola religiosa molto danneggiata dall'azione del tempo....


lunedì 25 settembre 2017

L'arte della guerra

La guerra è l'arte della dissimulazione... Questo è il principio cardine, su cu si basa tutto il trattato...
"Composto in Cina nel IV Secolo a.C. , l'Arte della guerra è il più antico trattato di strategia militare, che ha influenzato le tecniche di guerra cinesi per altre due millenni, per essere poi adottato dagli eserciti di tutto il mondo. Ma non solo. Negli ultimi decenni, la politica e l'economia hanno prestato sempre maggiore attenzione ai principi dell'Arte della Guerra.
Perché SUN TZU non si limita a fornirci indicazioni su come sconfiggere i nemici sul campo di battaglia Sun Tzu ci insegna anche e soprattutto la lucida razionalità cn cui esaminare i mezzi e i fini della strategia; la lungimiranza cn cui adottare le decisioni; la gestione dei conflitti in modo profondo e non distruttivo, perché la cosa migliore è costringere alla resa senza combattere.
 
E' difficile trovare una corrispondenza occidentale con Sun Tzu; Roma e Grecia occidentale esprimono maestri che rimarranno autorità incontrastate sino all'avvento delle armi da fuoco, ma nessuna scrisse un testo che non fosse il mero resoconto di guerre o battaglie, proprie o altrui... sino a tutto il Medioevo, solo il nome di Vegezio con il suo trattato dell'arte militare sarà colui che tenterà una sintesi della strategia e tattica ereditati da Roma.
Nel Rinascimento Machiavelli tentò di coniugare l'arte militare e l'arte politica nell'interesse dello Stato.... In età moderna lo svizzero Jomini e il prussiano Clausewitz, adottarono l'insegnamento alla guerra di armi da fuoco e mobilità... grazie a Napoleone questi insegnamenti trovarono concreta applicazione uscendo dalle scuole militari... Per l'occidente la guerra è la prosecuzione della politica con altri mezzi....
 
Un testo da conoscere assolutamente.. a prescindere dall'interesse per le maschie passioni militari... per l'arte di dissimulare, nascondere, coprire, sostituire, ingannare, raggirare, piegare gli elementi a proprio vantaggio... davvero mitico nella sua chiara esposizione.. puro buon senso al servizio dello Stato e della Guerra...

sabato 23 settembre 2017

Giancaro Vitali - Time Out

Metti una giornata a Milano, l'occasione dettata dalla laurea di Carolina. Poi in giro a zonzo per la città, che mi piace sempre di più. Altra occasione, un invito a Casa Manzoni per visitare la mostra di Giancarlo Vitali... Time Out. Il tutto sparso nelle stanze del buon Alessandro, accompagnati da suoni, rumori, oggetti che ingombrano ed accolti da cani in acciaio corten che abbaiano realmente...



 I dipinti spaziano dalle nature morte... funghi, pesci, ancora funghi, pezzi di animali, in una stanza simile ad una macelleria...




 Ad una simulazione dell'ingresso di una abitazione... con cappelli ed abiti appesi al soffitto...
rappresentazioni caustiche... non si salva nemmeno un matrimonio... al punto che sposi ed invitati, paiono una sfilata di mostri deformi....
 Ogni tanto qualcosa di lieve... e subito dopo ancora il ridicolo, lo sberleffo, lo scherno o peggio...
 dal quadro alla realtà... notare il cappello del ciclista...
o la maglia del runner e i tegamini del pranzo degli sposi...
 e perché non prendere in giro i grandi pittori... riunendo i bambini dei quadri più famosi... ?

 Ancora scherno e ironia....

 Poi ad un tratto si vira nel tragico... costretto in ospedale, Vitali dipinge corpi, letti, sangue, disagio, bisogni tutti umani... un orinatoio, una flebo, lenzuola sporche... medici, infermieri, pazienti...
 dormiente...
 le calze del malato...
 il sangue...
 dormendo con il Corriere....
o anche soltanto corsie vuote e allucinate.....

Ultra