venerdì 30 aprile 2021

Tre storie extravaganti

Sono tre storie curiose, fuori dal comune, ma tutte rigorosamente vere. La prima storia è ambientata nel '300 e riguarda una famiglia fiorentina potentissima dall'intensa attività finanziaria. Andati a picco per insolvenza della corona inglese cui avevano prestato somme ingentissime, ne combinano di tutti i colori: si danno a intrighi politici, al brigantaggio, agli omicidi, all'attività di falsari. La seconda storia riguarda una truffa clamorosa che, intorno alla metà del '600, ebbe come protagonisti alcuni nobili liguri. Nell'ultima storia Cipolla si sofferma su un'opera apparsa nella seconda metà del '600 in Francia, "Le parfait négociant", una sorta di Bibbia del commercio e delle frodi relativa ai vari paesi d'Europa.


Semmai ci fosse stato bisogno di averne conferma, Carlo Cipolla manifesta l'incredibile capacità di raccontarci episodi che ai più apparirebbero marginali, in storie di vita, da storico e da economista quale è, rende materia viva ciò che in passato sarebbe stato nicchia per alcuni (l'economia, il denaro, gli scambi commerciali, le truffe) rendendoli parti quasi necessarie di una visione del mondo (passato certo, ma in qual modo presente) ove "il tutto è il vero", ove cioè, senza la conoscenza di questi episodi, certe azioni ci parrebbero prive di senso, l'uomo del passato non sarebbe comprensibile e vicende moderne ci apparirebbero sconosciute... rivelandosi nella realtà ripetizioni (con tanto di errori e strafalcioni) di eventi del passato...
Ora i tre episodi narrati, che pur prendono spunto dall'economia, dal mercato, non fanno che evidenziare la natura umana: l'imbroglio, la ferinità, la volontà di arricchirsi... ma anche la capacità di vedere oltre il proprio mondo e saper cogliere l'opportunità... l'uomo, quando è intelligente, riesce a vincere... a spese di chi non è dato a sapere... se non alla fine della contrattazione quando, come in un'antica battaglia, morti e feriti si possono contare...
Se poi qualcuno volesse approfondire, suggerisco di leggere il piccolo ma sagace testo "Leggi fondamentali della stupidità umana"... da cui trarre una lezione economica sempre attuale... grande scrittore, grande economista, grande storico...

Sulla collina nera

Questo romanzo è la storia della lunga vita di due gemelli identici. Lewis e Benjamin Jones per ottant’anni mangiano lo stesso cibo, indossano gli stessi vestiti, dormono nello stesso letto, roteano l’ascia con lo stesso gesto. Vivono in una fattoria chiamata «La Visione», posta sulla linea che separa il Galles dall’Inghilterra, in una natura aspra e scarsamente abitata. Se osservata da vicino, la loro esistenza è folta di avvenimenti, spesso crudeli e violenti, ma tutto si svolge entro un raggio di dieci miglia dalla fattoria. I due gemelli non possono abbandonare quella casa e quei luoghi come non potrebbero separarsi fra loro. Un cerchio magico stringe le loro vite, e all’interno di esso si ripercuotono, in un’eco stravolta, gli eventi del mondo. Tutto ciò che viene da fuori – siano le due guerre mondiali o anche i nomi di Buddha o di Gheddafi – appare come sulle lastre di una arcaica lanterna magica. All’«era moderna», di cui talvolta percepiscono i segni, Lewis e Benjamin volgono testardamente le spalle. Chiusi in una loro primordiale innocenza, legati alla terra e al proprio doppio da un vincolo biologico, posano sulla vita uno sguardo stupefatto e malinconico, ma non lo sanno neppure, tanto sono occupati dal ciclo delle faccende della fattoria.

 


Bruce Chatwin ha scelto di questo suo terzo libro una via opposta a quella di In Patagonia e del Viceré di Ouidah. Al centro, ancora una volta, è un effetto di lontananza: ma non più evocato dall’esotismo, dalla distanza nello spazio; qui è uno scarto temporale, forse ancora più imponente, che si manifesta entro i confini di un piccolo spazio immutabile. Leggiamo questo romanzo, più vicino a Hardy che a Hudson, con uno sconcerto che diventa fascinazione: ogni dettaglio ha una vivezza allucinatoria e, a mano a mano che procediamo, ci sentiamo inghiottiti dalla vita circoscritta dei due gemelli come fosse un buco nel tempo che sbocca lontanissimo, forse in un luogo oscuro e silenzioso dove si dividono come due valve di una conchiglia le identità di Lewis e Benjamin, destinate a specchiarsi per sempre una nell’altra.

Sulla collina nera è apparso per la prima volta nel 1982.


Quanto siamo maledettamente lontani dalla prosa a cui Chatwin, ci aveva abituati... penso a "In Patagonia" naturalmente, o a "Che ci faccio qui?"... testi che ognuno di noi conosce, testi di formazione, di viaggio, di introspezione di fronte al diverso, al nuovo, all'incompreso...

Cosa che ahimè non riesce in questa occasione... l'idea, peraltro già usata da altri, di non far muovere il/i personaggio/i ma di farli viaggiare nel tempo mentre il loro spazio resta immutabile qui non decolla... forse perché i gemelli (i due protagonisti) fondamentalmente non si parlano, non si capiscono, si ostacolano, svolgono due vite parallele che nulla permea... certo si vogliono bene, ma è un bene che non permette di far volgere al bello la loro vita... piuttosto a renderla stabile, economicamente, senza trambusti... come quei matrimoni senza sale e pepe, che resistono a tutto e tutti forse per autentica mancanza di fantasia, di voglia di alternativa, di comodità... siamo così agli antipodi rispetto a capolavori quali "Stoner" di John Williams, ed è un peccato, perché da Chatwin, vero viaggiatore ci si aspetta molto di più... 


venerdì 23 aprile 2021

Rocketman


C'é veramente poco da fare... i cantanti famosi, gli artisti mondiali, scontano tutti lo stesso problema: infanzia difficile, genitori molesti, inconsistenti, indifferenti, a volte pure cattivi, società ingiusta, difficoltà a relazionarsi con il prossimo.... ma il nostro eroe, convive con tutto questo portando a casa il successo.
Successo meritato intendiamoci! Vere opere d'arte pop! Eppure, siamo sempre qui... o il regista non riesce a cogliere oppure il percorso - sia pur doloroso dell'anatroccolo che diviene cigno - è sempre quello... quasi stereotipato... ora accetto tutto, ma non vicende triviali e sempre uguali... o forse sono gli uomini ad essere così? Sempre e comunque? Rocketman ha comunque il pregio di farci apprezzare la bellissima musica di Elton John, personaggio arcinoto a tutti e da sempre sopra le righe... a volte viene da chiedersi se, in un altro ambiente, in un'altra cultura questo genio sarebbe emerso... quien sabe!

Soldado


Stefano Sollima riesce a trasporre Gomorra in un unico episodio senza dare troppo nell'occhio... senza far cioè notare che, tutto quello che vediamo è già stato usato più e più volte... come? Semplice, mescolando sapientemente azione (bella), spettacolo (ottimo) e primi piani espressivi ove i vari attori riescono ad esprimere odio, rabbia, paura, incredulità e tanto altro ancora...
La sapiente regia ci regala così uno spaccato della vita di frontiera... quella tra il selvaggio Messico e la altrettanto feroce, ma ugualmente coinvolta, controparte americana.
Tutto parte da una deviazione dal tema... attraverso la frontiera passano dei terroristi, forse grazie all'aiuto dei signori della droga... diventa così vitale sconfiggere o almeno dare un segnale a questi ultimi... ma, come dice uno dei protagonisti, "in Messico non si muove foglia che tutti non vengano a saperlo..." zero segreti, vuol dire carte scoperte... e questo ha un costo... 
Ognuno lo dovrà pagare, chi perdendo tutto, chi la vita, chi l'onore, la parola, gli amici... nel mezzo i combattimenti con i narcos, le faide, la violenza, la tratta di poveracci che cercano negli USA una vita migliore... la profondità nella recitazione è la cifra che permette di leggere una storia che viceversa finirebbe per apparire dozzinale... quante volte infatti storie farcite di effetti speciali si sono dimostrate "loffie" a causa di pessime o nella migliore, mediocri recitazioni? Qui, per fortuna, ognuno gioca al meglio le sue carte. Ed il risultato si vede. Per amanti del genere!

Manuale di co-programmazione