martedì 28 maggio 2019

Ogni maledetta domenica

 
Già, ogni maledetta domenica occorre vincere, combattere per vincere. Non c'é un'alternativa. Non c'é una seconda opzione. Ogni maledetta domenica, a quelli che appare un gioco, per altri è guerra, è ragione di vita, é mantenere la propria famiglia, il proprio tenore di vita, la propria immagine, la propria facciata.
Al Pacino riesce a farci sognare, soffrire, mentre cade e si rialza, mentre tradisce ed è tradito.. sino all'epilogo, sino a quando si prende la sua rivincita.
Bello, bellissimo e muscolare film di Oliver Stone, ove il gioco, paradigma della vita reale, e dove ovviamente vale tutto, colpi bassi e tradimenti, delusioni e malinconia, ricordi e rimpianti.
A chi, come Tony D'Amato, allenatore a fine carriera e sull'orlo di una crisi di nervi, deve tenere insieme una squadra perdente e demotivata, i Miami Sharks, tutti questi problemi li deve gestire, moderare, riordinare e... prepararsi ad un'altra maledetta domenica. Dove ogni giocatore è prima donna, teme di non emergere, oppure emerge e poi non sa gestire fama e soldi… Una lezione, forse un poco esagerata, ma non più di tanto… sul feroce mondo del business sportivo.

Ferrata del Centenario e Bregagnino

Oggi andiamo in una zona a me sconosciuta (Max direbbe lo stesso dell'Ossola quando parla di me, ma io lo lascio dire… hihihi) siamo in quel del lago di Clooney, ops no, scusate il lapsus… lago di Como. La Ferrata del Centenario, sopra Menaggio.
L'ambiente è superbo, senza alcun dubbio. Pareti di bellissimo calcare, vista lago - favorita dalla bella giornata - superlativa, tracciato intuitivo, difficile e continuo. Dopo aver lasciato l'auto, si sale su facile sentiero sino al rifugio e da lì in pochi minuti si raggiunge la partenza della via.
Qui le strade si separano, Beppe - poco amante delle ferrate - sale per il sentiero, io e Max proviamo la roccia.
 La via si dimostra subito divertente ed impegnativa al tempo stesso. La panoramicità dei luoghi, l'apertura dell'ambiente, il contrasto tra pietra chiara, cielo, lago e verde rendono il terreno di gioco davvero speciale.
Vedere poi in lontananza, montagne famose, di cui ho sentito tanto parlare ma che non ho mai frequentato, mi emoziona ancora di più. 
 Di tanto in tanto, le formazioni rocciose fanno mostra di sé, creando immagini superlative di fronte alle quali si resta per un istante ammutoliti… ma il tracciato ci chiama e noi non ci possiamo sottrarre.
Bellissima pietra, belle prese, belle contrapposizioni, buchetti, maniglie, tacchette, camini, fessure… insomma, tutto il repertorio che il calcare può regalarti, con a fianco sempre il cavo e la catena, a cui fare ricorso quando le braccia si acciaiano o quando il passaggio diventa davvero ostico.


 Ed eccoci sulla cima… foto di gruppo, pausa panino, e via si riparte.
 Ultimo guizzo, la salita al Bregagnino, per vedere cosa c'é dietro… l'ultimo tratto di lago in vista della Svizzera. Bellissimi posti, e tanti spunti per nuove salite.
 
 
 
 

domenica 26 maggio 2019

Il miglior tempo


In queste pagine non ho la presunzione di provare a cambiare la vita degli altri, né di sostituirmi a medici, dietologi, fisioterapisti psicoterapeuti, insomma a coloro che hanno studiato e sono dotati dei requisiti per accompagnarci e sostenerci nella terza età.
Nel mio cassetto ho solo il diploma di quinta elementare, una vita trascorsa a lavorare come contadino, boscaiolo, camionista e per un quarto di secolo ruspista in una cava.
Ho però uno stile di vita e una filosofia di vita da raccontarvi, che mi permettono di avere corpo e cervello in sintonia e di cancellare dal mio vocabolario la parola "vecchio".
Io sono un adulto "senior", un termine inventato in Gran Bretagna che mi piace un sacco.
Si, morirò adulto senior.
E non pensate che, dopo aver letto queste pagine, siate pronti a partire con me per il Deserto o il Monte Bianco con le scarpette da ginnastica in valigia…
La soddisfazione più grande sarebbe riuscire, con la mia testimonianza, a trasmettervi gli stimoli (anche uno solo) che vi aiutino a ribellarvi al tempo che passa.
Marco Olmo è già entrato nell'Olimpo dello sport mondiale per aver vinto molte ultramaratone, le competizioni che superano i 100 chilometri di corsa - continuativa nei deserti o sui crinali delle montagne.
Ma ciò che lo fa brillare di una luce unica é che ha vinto l'Ultra Rail del Monte Bianco nel 2006 e nel 2007, quando aveva già compiuto 58 anni.
E ha continuato a farlo anche in seguito, collezionando successi in quella fase dell'esistenza in cui tutti rallentano, se non addirittura si ritirano.
E' questo il dettaglio che trasforma le sue imprese sportive in una testimonianza motivazionale per tutte le persone che affrontano la terza età.
Olmo è l'esempio eclatante che si può attraversare "di corsa" anche la terza stagione della propria vita.
Chi ci arriva in buona salute può tornare protagonista della propria esistenza individuando nuove tappe da conquistare… (tratto dal libro).

 

Certamente Marco Olmo è atleta dal curriculum eccezionale, e soprattutto raggiunto ad un'età che per altri è out, fine dei giochi.
Per questo, oltre a stupirci, non può che essere il candidato ideale quale testimonial della possibilità, ad ogni età, di tirar fuori il meglio di noi e dedicarci a ciò che ci piace, suscita curiosità e soprattutto ci fa stare bene.
Arrivo a questo testo, ovviamente incuriosito, dopo aver letto "il corridore" la storia di quest'uomo e le sue incredibili vittorie, del tempo (anagrafico) e dello spazio-tempo (con distanze percorse in tempi super).
Devo però dire che resto parzialmente deluso. Forse un'operazione commerciale… forse un testo dedicato ad una terza età priva di midollo osseo… resta il fatto che mi aspettavo di più e meglio. Si finisce nella realtà di avere tra le mani, un libro colmo di buoni consigli (di quelli dati dalla vicina di casa) che però non vanno oltre il "si potrebbe"... aggiungi poi, una (legittima) scrittura civettuola, da parte del buon Olmo, sempre a ricordare del suo passato da perdente, delle sue vittorie, del suo essere semplice ed umile (vero, questo non si discute)… che finisce per renderlo un pochino antipatico.
Credo che la scelta editoriale abbia giocato un brutto tiro ad Olmo, rendendolo noioso e petulante, peccato, tenuto conto dello spessore dell'atleta.
 
 

sabato 25 maggio 2019

Ant-man and the wasp

Ecco il secondo episodio dei "mini - supereroi". Bello? Bah… simpatico, divertente? Questo si, quando non prevale l'azione… per molti versi sconclusionata, come la storia che ci viene narrata… eppure le scene, ove oggetti e persone diventano enormi e piccolissime in un batter d'occhio, fa davvero bene alla trama.. peccato che poi, tutto questo incedere di cattivi, semi-cattivi, quasi cattivi, buoni, semi-buoni, quasi buoni…. ci fa perdere il filo.. non ci fa capire che caspita stia succedendo.
La storia riparte dal termine del primo episodio. Scott è agli arresti domiciliari, Hank Pym e figlia spariti nel nulla e tutto sembra andare per il verso giusto… si tratta solo di aspettare la fine della pena, perché ognuno torni a vivere serenamente…
Ma non è così, qualcuno trama nell'ombra. Un essere mascherato ed immateriale che vuole impossessarsi delle tecnologie necessarie ad andare nelle regioni più estreme della dimensione… o forse no? Ma poi c'é il ladro di tecnologie che si vuole arricchire, lo scienziato buono e vilipeso, la polizia che fa la polizia (senza esito), la banda che si rimette insieme… insomma, si divertente! Ma non esageriamo.

venerdì 24 maggio 2019

Cimone di Corte Chiuso e quasi Laurasca (ma meglio così)

La Cima della Laurasca era (e rimane) tra i miei wannabe di quest'anno… Quale migliore occasione, quella proposta da Max, di salirla in invernale? Forse l'ultima invernale, visto l'incedere della primavera? Ed allora eccoci qui, il trio si ricompone, insieme a Beppe, oggi manca Giorgio causa problemi al ginocchio.
Risaliamo la Val Loana (Max non perde occasione di spernacchiarmi per la mia mancata conoscenza e frequentazione dei luoghi, io.. ossolano!) ridi ridi, furfante.
Morale, dopo un primo tratto all'ombra, eccoci in pieno sole, e che sole! caldo, che però non intacca la neve (lo farà più tardi) e ci permette di progredire, calzate le ciaspole, sino al rifugio e poi alla base della Laurasca stessa.
 



Qui la musica cambia, complice il fronte nord, eccoci al cospetto di una serie di canaloni verticali, da scalare con grande attenzione, nonostante picca e ramponi… Max si cimenta nella risalita di uno di questi e per un'istante pare trovare la via d'accesso ma, ben presto lo vediamo rientrare… oggi non è aria. Tornati sui nostri passi decidiamo di spostarci verso il Cimone di Corte Chiuso, bellissima cima collegata alla Laurasca da un'affilata cresta (che oggi non indaghiamo) mentre la salita che affrontiamo su neve compatta ci regala grande soddisfazione e la vista sui laghi e la pianura, ci ripaga della fatica.



Pausa panino e foto di rito… ritrovate le forze e goduto dei luoghi, ridiscendiamo decidendo un tracciato ad anello alternativo a quello salito…

La scelta, ottima dal punto di vista dell'ambiente, si rivela più dura del previsto, causa l'aumento delle temperatura e la poca tenuta del manto nevoso che, sui tratti in forte pendenza non consente di utilizzare le ciaspole ed anzi consiglia massima attenzione... 
 
Si sfonda e si avanza, si avanza e si sfonda… sino a raggiungere l'approdo sicuro ove, grazie alla minore quota, la neve dirada e noi possiamo tornare in assetto normale. Grande e bellissima gita in ambiente intonso e selvaggio. Come sempre con i migliori amici.

Nel vuoto - Solo in parete

Alex Honnold ha poco più di trent'anni ed è il miglior climber in "free solo" del mondo.
Scala la roccia a mani nude, senza corde, chiodi o attrezzature di alcun tipo.
Negli ultimi quarant'anni solo una manciata di alpinisti a spinto questa disciplina così al limite.
La metà di loro è morta.
Honnold ha aperto vie prima erano ritenute inaccessibili e ha alzato l'asticella della difficoltà a livelli mai visti.
Dal celebre Half Dome nello Yosemite Park al spaventoso El Sendero Luminoso in Messico, questo libro raccoglie alcuni dei più incredibili successi di arrampicata conseguiti da Honnold finora.
Storie che fanno sudare le mani e tremare le ginocchia per le vertigini.
Storie che, pagina dopo pagina, parete dopo parete, mostrano come - e perché - Alex fa quello che fa.
Emozionante e profondo, Nel vuoto rivela la purezza di un uomo che vive in bilico sul crinale della vita e guardando in faccia la morte, scala alla ricerca del senso ultimo dell'esistenza. (tratto dal libro).
 
 
Dopo aver visto il film-documentario ho deciso di proseguire la mia conoscenza di Alex Honnold, tutto ciò per approfondire le motivazioni che lo hanno portato a questo stile di vita ed al suo metodo di approcciarsi alle montagne.
Avendo per molti anni praticato l'arrampicata sportiva come attività sportiva, una passione che mi ha formato come persona, come sportivo e come uomo, trovo interessante e quasi morboso riconoscermi nelle idee, nei pensieri e nelle scelte che persone di questo calibro mettono nello sport.
Il libro, scritto anche per i non addetti ai lavori, ci porta in giro per il mondo in compagnia di Alex e dei suoi soci, sotto l'ala protettrice degli sponsor, per raccontarci luoghi, azioni ed eventi.
Scopriamo così una persona semplice, dedita alla sua passione ed al prossimo, sempre al limite, mettendoci tutto quel che può e sacrificando tutto.
Unico limite al libro, qualche dato in più e qualche grafico su storia, metodi e attività legate all'arrampicata sportiva… almeno per far capire quale cambiamento è avvenuto in questa disciplina, costola gioiosa e folle della più seriosa salita alpinistica in montagna. 
 

sabato 18 maggio 2019

Quando vedo cose così mi monta il fumo

Quando leggo cose così mi gira il fumo. Anzi no, mi girano gli zebedei… perdo la mia serafica pazienza, quella che mi fa ascoltare tutti e giudicarli a bocca chiusa.. la bocca mi si apre ed esce un feroce ululato.. uno di quelli che si sentono da lontano e mi fanno dire: "ma siete scemi, cretini, imbecilli o siete caduti dal seggiolone e avete riportato danni cerebrali permanenti?".
Accusare il Papa di razzismo al contrario perché fa salire bambini di colore sulla Papamobile, é da mentecatti. Soprattutto se, a fronte di una semplice domanda: "Avete i dati percentuali che elencano la suddivisione per etnia, razza, colore, provenienza, dei suddetti bambini?... no? e allora di cosa state parlando?".
Ora io stavo pensando di fare un post con una foto di Bergoglio che porta E.T. sulla Papamobile e poi farla girare in rete accusandolo di fare preferenze per gli alieni… scommettete che raccolgo un sacco di like? magari pure dagli stessi, terrapiattisti, no vax, quelli delle scie chimiche, quelli del complotto giudaico, quello delle big farma, insomma tutti i coglioni che la nostra società - sin troppo democratica con questi IGNORANTI deve sopportare? Scommettete che sono capaci di crederci e chiedere a Bergoglio di dimettersi? Ecco, per favore, prima di scrivere, condividere, anzi prima di pensare certe cose, andate a scuola, studiate, studiate, studiate… poi, forse, poi, potrete usare strumenti di cui non conoscete nemmeno il funzionamento. E' troppo? Sono stato troppo cattivo? Io non lo credo affatto.

The Equalizer 2

Minchia raga! Denzel appare più giovane qui che ne "La calda notte dell'Ispettore Tibbs" del 1967!
Ma che é! Merito di Photoshop? Merito dei frullati che beve? Ci hanno tirato la pelle e gira con una molletta da bucato attaccata al culo? Bah…
Morale, ecco il ritorno del buon Robert McCall (oserei dire McCall Center, visto il numero di chiamate che riceve), tirato in ballo per l'innumerevole numero di torti che vede ed a cui pone rimedio… lui punisce tutti, livella e ripara, mette in riga i cattivi.. insomma, un brav'uomo nevvero.
Vorrebbe starsene tranquillo nel suo angolino, quello che si è ricavato con una morte posticcia… ed invece no, impossibile… ci scassano la ciolla! e allora eccolo di nuovo al lavoro, neanche un dolorino artritico a fermarlo… ma come fa? Sarà merito delle manie che lo precedono? sarà perché fa una vita regolare e legge "i cento libri che ti cambiano la vita"? Vallo a sapere… Questa volta però, il risultato è più stantio, meno originale e quasi scontato. Mi spiace caro Denzel/Robert… sei scontato! Ed anche il duello finale nella cittadina colpita dalla tempesta, bellina si… ma non oltre. In attesa del terzo (probabilmente inutile) episodio, consoliamoci con i sequel di Rambo 50 e Rocky 75...

The Equalizer

Vedere il buon Denzel Washington, cimentarsi alla veneranda età di sessant'anni in un action-movie muscolare fa bene alla salute (sua e nostra). Ci fa sperare che, questo grande attore, ci regali ancora tanti film, tante imprese e sogni. Non è facile essere Denzel al mondo d'oggi. Riconoscergli le tante cose buone (cinematograficamente parlando) che ha fatto e, tenuto conto del passare del tempo, pretendere da lui sempre il massimo. Ma lui non si tira indietro. Lo avevo lasciato in "End of justice" nel ruolo dell'avvocato idealista che, di fronte ad una scelta, decide di cambiare la sua vita… pagandone le conseguenze. Qui è un ex agente segreto, che suo malgrado, torna in azione, per riparare i torti subiti dei più deboli.
Si scontrerà contro cattivissimi russi, poi contro altri cattivissimi russi ed infine contro il capo dei cattivissimi russi. Il tutto con ottimi risultati. Per non rovinarvi la festa, vi dirò che finisce bene ma con molta fatica. Caro Denzel, continua così, che siamo sempre felici di vederti in azione… anche tra venti o trent'anni.

Frankenstein

Di occasioni per dilungarmi su Frankenstein di Mary Shelley ne ho già avute due.
La prima per un edizione monovolume su Dracula, Jekyll e Hyde e appunto Frankenstein.
La seconda per il mio studio informale sulla narrativa dell'orrore: Danse Macabre.
Non credo mi si possa biasimare se non voglio propinarvi lo stesso piatto per la terza volta, tanto più che sarebbe un piatto di avanzi.
Frankenstein é il libro in lingua inglese che più di ogni altro stronca le aspettative di chi lo affronta.
A occhio e croce, metà di coloro che iniziano a leggerlo per diletto non lo finiscono, e quando viene assegnato agli studenti, sono in tanti a scorrerlo rapidamente per poi tentare di cavarsela sparandole grosse allo inevitabile esame.
Parrebbe un incipit tutt'altro che promettente per un'introduzione: dopo tutto potreste osservare, cosa diavolo dovrebbe fare un'introduzione se non tessere le lodi del libro che quel brav'uomo o brava donna, "il lettore costante", ha appena acquistato?
Beh, dovrebbe dire la verità, tanto per cominciare.
Ma datemi retta; la verità non è tutta così terribile.
Grazie ai film ci si aspetta un horror da tremare nel letto, un Edgar Allan Poe all'ennesima potenza… niente da fare! Delusione!
Forse perché i lettori non si appassionano alla romantica sventura del libro, la sventura di un uomo geniale che tenta di impadronirsi di un potere appartenente solo agli dei.
Sarà per gli artifici narrativi, accettabili per l'epoca… oggi meno.
E' raro che qualcuno riprenda in mano un libro che lo ha deluso per dargli una seconda possibilità.
Come mi ha detto un amico: "E' come tornare in un bar dove ti hanno riempito di botte".... mettere via un libro senza finirlo però é parimenti come se mi avessero riempito di botte in un bar… (dall'introduzione di Stephen King).
 
Frankenstein è tante cose: Un horror senz'altro. La parodia di un Dio. Lo spavento del mago a cui sfugge la magia. Il desiderio di un mostro. La disperata vendetta. Un grido che è il nostro grido. La solitudine, che é la nostra.
Scritto da Mary Shelley per una tenzone letteraria tra amici, un circolo di scrittori e teste fini, questo piccolo capolavoro si addentra nei meandri del non detto: scava nell'animo umano, quello che disperatamente tende alla ricerca della risposta? Chi mi ha creato? E perché? A chi devo rispondere del mio essere e del mio agire?
Insomma, Frankenstein creatore e la sua creatura soffrono dello stesso male. E agiscono allo stesso modo. L'unico che conoscono. Senza fare spoiler, di un'opera che tutti dovrebbero conoscere, anche solo per sentito dire, ci troviamo di fronte a qualcosa di profondamente diverso da un horror. Questa è psicologia, religione, dramma umano. Per questo, l'attualità di questo scritto è tale da metterci di fronte a dilemmi tutt'ora insuperabili.
 
 

giovedì 16 maggio 2019

Sulla castrazione chimica ed altri amenicoli...

A volte non sai proprio che pesci pigliare. Non sai cioè argomentare alle storture del mondo e contro chi le propone. Non sai, non vuoi, non puoi mettere altrettanto "furore" nelle parole, di chi, bontà sua, pur privo di logica, di argomenti seri e a fronte di un ragionamento adeguato, si lancia in strali, "grida manzoniane" prive di alcun senso ma forgiate sull'idea che alla pancia del popolo piaceranno. Placheranno cioè i brontolii della fame di vendetta (non di giustizia, non di redenzione, non di rimedio e cura, no. vendetta tribale) e faranno dormire sonni tranquilli. Avranno inoltre il grosso pregio di garantire gloria imperitura al loro ideatore perché, non importa se stai mentendo, più volte la ripeti e prima diventerà verbo. Parliamo di castrazione chimica. Ennesima panacea, ideata dal Primo Ministro dell'Interno per punire chi si macchia dell'infame crimine. Ora, sia ben chiaro, non intendo difendere tali persone, men che meno giustificarle, impedire la pena (carcere duro). Voglio però aprire una piccola riflessione sulla logica che sta dietro a questa scelta. La logica è semplice ed efficace al tempo stesso: pensare all'atto sessuale quale un gesto connaturato al membro.
Pensare cioè che, privato della vitalità dello stesso, attraverso l'azione chimica (assunzione di farmaci, non taglio del pisello beninteso) venga meno il pensiero.
Logica semplice perché priva l'uomo del pensiero, rapportando la responsabilità dell'azione alla bestialità del corpo, privandola dell'azione, del pensare criminoso e nel contempo togliendo ogni retro pensiero, ogni collegamento con la società, la famiglia, la cultura, la religione, la storia di un popolo.
Quella storia che ci ha permesso di trascinare il delitto d'onore (previsto dal Codice Rocco) sino al neanche tanto lontano 1981.
Quello che prevedeva che la donna fosse proprietà di qualcuno e che quest'ultimo potesse uccidere per la perdita dell'onore (presunta, immaginata, pensata) a causa del comportamento della prima.
Un Codice Penale che, al riguardo del reato sessuale perpetrato a carico della donna, viceversa si è perso nel tempo in arzigogolate idiozie… non ultima la recente sentenza che negava la violenza a carico di una donna perché "troppo brutta"...
Manca, è sempre mancata, una sana educazione sessuale. Manca, è sempre mancato, un sano rispetto del prossimo, tanto più donna, da non vedersi come preda del maschio alfa di turno, ma come essere con pari diritti, doveri e, nella sua diversità, necessitante di rispetto.
Solo allora si potrà parlare di società veramente liberata. Il ritorno alle torture medievali non risolve nulla… sposta l'attenzione sulle responsabilità di una società matura, a cui viene chiesta una crescita, ed una liberazione sessuale che ancora è nebulosa e inarrivabile… non per far quel che si vuole, ma per rende giusta la convivenza tra esseri.
 

mercoledì 15 maggio 2019

il corridore


All'inizio di questo racconto c'é un uomo che si guarda allo specchio e si chiede: "sono davvero io quel vecchio lì?".
Il suo corpo non nasconde affatto il peso dei suoi sessantatré anni.
Nessuno direbbe mai che ha la stoffa del campione.
Del vincitore che non ti aspetti.
E non in uno sport qualunque, ma nell'ultra trail, una disciplina estrema che significa decine, centinaia di chilometri di corsa sui terreni e nei climi più impervi, sulle Alpi o nei deserti, Marco Olmo è stato boscaiolo e camionista, infine operaio per ventun anni in una grande cementeria della provincia piemontese.
Poi all'improvviso, è iniziata la sua straordinaria avventura di corridore.
Apparentemente un po' tardi per la sua età.
Ma Olmo viene dal "mondo dei vinti", dal mondo delle montagne, sconfitto dalla civiltà industriale.
La sua traiettoria è ben più di un eccezionale exploit sportivo, é un'occasione unica di riscatto, una vittoria profondamente umana.
E' da lì che il corridore distilla, misura lentamente la sua forza.
Marco Olmo si guarda allo specchio, si conta le rughe.
"Quel vecchio lì", magro e capace di sopportare fatiche immani, non ha intenzione di fermarsi, e già immagina la prossima gara.
"Conosco il mio corpo, e so dove mi può portare. Lontano".
Marco Olmo è nato nel 1948 ad Alba, ma è sempre vissuto a Robilante, un piccolo paese delle valli montane cuneesi; ha cominciato a correre a 27 anni, "quando gli altri smettevano".
Dopo un periodo passato a gareggiare (e a vincere) nella corsa in montagna e nello scialpinismo, all'età di quarant'anni ha iniziato ad affrontare la Marathon Des Sables (230 km), la Desert Cup (168 km), la Maratona dei 10 comandamenti, in Sinai (156 km) ed è diventato campione del Mondo a 58 anni vincendo la Ultra Trail du Mont Blanc (167 km) con oltre 21 ore di corsa. (tratto dal libro).
 

Marco Olmo non è uno qualsiasi. E' un perdente, come si definisce lui. Forse lo è, ma a modo suo, lasciando sul campo di battaglia della vita, quanto gli basta per essere ricordato.
Perché come la storia insegna, a volte non è chi vince che viene ricordato, ma chi si batte con coraggio, e questo lui lo ha sempre dimostrato. Sia nella corsa che nella vita.
Lui che arriva dalla civiltà contadina, quella che, come ricordava Nuto Revelli "a causa della civiltà industriale aveva dovuto abbandonare le valli alpine al loro destino".
Ma certe origini, ti marcano, al punto da ricorrere all'uso dell'essenziale. In tutto. Ed a fargli dire "Noi eravamo persone senza troppe storie, a cui era stato insegnato che quando devi fare una cosa, tanto vale farla al meglio.
E' una forma di rispetto che si deve prima di tutto a sé stessi".
Anche se poi è lui stesso a dover ammettere che "poi la verità è questa: la misura di ogni cosa sono i soldi, sono loro a decidere se vali o non vali, se sei qualcuno o se non sei nessuno". Una vita, la sua, fatta di riconquista, di quello che, con l'età e a fronte di una vita modesta, quasi anonima, aveva ceduto, anno dopo anno e che ora, ha voluto a tutti i costi riconquistare. Una volontà di uscire da questo anonimato, come un fiume in piena, che, come diceva Brecht "Tutti a dire della rabbia del fiume in piena e nessuno della violenza degli argini che lo costringono".
Un uomo straordinario, a suo modo, con quella modestia tipicamente piemontese, ma che si materializza nella concretezza della cose, la corsa nel suo caso. Una storia da leggere. Un anti-eroe ed un esempio.

sabato 11 maggio 2019

State of the World 2001

Qual è oggi lo stato del Pianeta? E che cosa si può fare per cambiare?
Il prestigioso team di ricerca del World Watch Institute continua il suo sforzo interdisciplinare per mettere a fuoco e analizzare i trend ambientali e sociali che caratterizzano l'inizio di questo terzo millennio.
E' un mondo che ha davanti una sfida fondamentale: costruire una società governata da un'economia sostenibile prima che l'uomo danneggi in modo irreversibile i sistemi naturali che sostengono la Terra.
Ci sono segni inconfutabili di un sempre più grave affaticamento fisico del pianeta: l'assottigliamento dei ghiacci artici, l'inquinamento delle falde o la sempre più rapida estinzione di molte specie di anfibi, non sono che la punta dell'iceberg di un problema ben più grave che coinvolge l'aria che respiriamo, l'acqua che beviamo, la terra su cui viviamo.
E dal punto di vista sociale, le crescenti iniquità e disuguaglianze nel benessere e nel reddito fra paesi diversi e all'interno degli stessi Paesi sono il segno di squilibri sempre più gravi, che rischiano di generare enormi conflitti sociali se non vengono affrontati con rapidità e decisione. (tratto dal libro).
 
Parto svelandovi un segreto di redazione: questo libro l'ho letto dopo l'edizione del 1998. Solo che, avendole ordinate insieme dalla biblioteca, è arrivata prima questa. Avrei potuto preparare il pezzo, attendere l'altro volume, scrivere la recensione e poi pubblicare questo in coda.
Ma, visto che il tempo è dalla mia parte, che posso barare grazie alla tecnologia, semplicemente decido di non farlo, rendendo più reale quanto faccio.
In sostanza, la serie degli "State of the World" mi ha visto lettore assiduo. Attendevo ogni pubblicazione quasi con ansia… della serie "riusciranno i nostri eroi a salvare il mondo?" e ci credevo davvero… forse anche perché non sono scritti in "apocalittichese" ma in "speranzese" una lingua che a me piace e mi fa sperare che l'uomo, male supremo per questa Terra, sia anche l'unico rimedio a sé stesso. Unica possibilità per restituirci il paradiso che ci è stato donato.


venerdì 10 maggio 2019

Il potere dei senza potere

Nel 1979, Vàclav Havel è in carcere con alcuni amici in attesa del processo.
L'accusa, come sempre, non è chiara, ma è evidente che il potere burocratico ha intenzione di porre fine ad ogni forma di dissenso.
Il futuro presidente della Repubblica formula in questo libro la propria autodifesa, delineando in essa, attraverso l'analisi di ciò che egli chiama i sistemi "post-totalitari", le caratteristiche di una forza nuova, destinata, di lì a poco, a sconvolgere il mondo.
Il "Potere dei senza potere" non è opposizione nel senso politico corrente del termine, né convenzionale dissenso: nasce dalla "vita nella verità" in opposizione alla "vita nella menzogna", è una fase elementare e radicale della rivolta contro i sistemi e le manipolazioni che, da qualunque parte provengano, tendono sempre ad annullare il valore dell'individuo. (tratto dal libro).
 
Tanti anni or sono, non ricordo come, questo libretto (113 pagine) mi capitò tra le mani.
1991, due anni dopo la caduta del muro. Quante cose non sapevamo dell'oltre cortina. Ero appena stato nella ex DDR e avevo visto un mondo arretrato che, da un lato incuriosiva ma da quell'altro dava l'idea della miseria quotidiana di un sistema politico che avrebbe dovuto portare il paradiso in terra. E la Cecoslovacchia (oggi due Stati distinti) non faceva eccezione, anzi! La Primavera di Praga aveva fatto capire a tutti (escluso i nostrani cecati dall'ideologia) che quella non era la strada.
Un'ideologia aveva promesso e non aveva mantenuto. Si era però camuffata in tante cose.. "offrendo all'uomo errante un casa accessibile chiedendo in cambio la delega della ragione e della coscienza nelle mani dei superiori, secondo il principio di identificazione del centro del potere con il centro della verità".
E quante risorse si liberarono con la caduta del regime. Un peccato vedere dove siamo arrivati dopo 30 anni di benessere. Un vero peccato.

Magico Massone

 
Non c'é niente da fare. Mi attrae come l'orso al miele. La guardo dal balcone di casa, ne osservo il progredire o il regredire della linea della neve, lo scorrere delle nubi sulle sue pendici, mi immagino da lassù mentre mi osservo da quaggiù e oggi, salendoci, mi immagino viceversa osservarmi mentre abbraccio le sue pareti, la sua lunghissima e panoramica cresta, mentre il bianco dell'ultima e ritardataria neve si avvicina (e mi preoccupa, vista la scarsa consistenza e il sottostante maledetto paglione).
Come non innamorarsi di una simile cima? Come non volerla salire ogni tanto? Magari in una giornata tersa come quella odierna, con un aria fresca, che riduce sudore e fatica?
Ed infatti, 1° maggio, eccomi qui. Ancora su questo sentiero, mentre salgo mi arriva un messaggio: "hai vinto il primo premio, 8 tagli di capelli" è il mio barbiere, ho partecipato alla lotteria di Pasqua, il numero giocato è uscito e io comincio a ridere come un matto per almeno mezzora…
Ma veniamo all'escursione odierna… dopo il piccolo boschetto, ecco il muro, con il solco che indica il sentiero e via, una salita, un falsopiano, una salita, un falso piano… sino alla prima croce, il Cerrano… e poi si continua, altra salita, poi si scende sino alla bocchetta  con un altro boschetto e da lì salitone impegnativo sino ad incrociare la via che sale dal Santuario… ecco la neve… per un tratto la attraverso, poi all'inizio dell'ultima cresta indosso i ramponi. Meglio non correre rischi. E bene faccio. Arrivo così alla bellissima croce di vetta. Un panino, due foto, due chiacchiere e poi si scende.
Cosa rimane? Tante immagini per gli occhi e per l'umore. Sport ed aria buona. E tante emozioni.

 



 
 
 


Eravamo Immortali

 Eravamo immortali é la storia di un ragazzo che ama la vita, l'arrampicata e la libertà.
Un ragazzo d'altri tempi.
Nato in anni in cui si possedeva poco o nulla e gli emigranti eravamo noi.
Un ragazzo ribelle, anzi quasi selvaggio.
Ma anche, e forse proprio per questo, dotato di una sensibilità non usuale.
Quella stessa sensibilità che lo fa soffrire.
Che lo fa continuamente cercare altro.
E che anela sempre ad un equilibrio impossibile, tutto suo.
Così, questa sorta di inquietudine, che a volte sfiora la solitudine, e di insofferenza per ciò che è normale e comune, l'ha subito spinto a inseguire il vento.
A sentirsi libero in mezzo alla natura.
Così la rivelazione per quel suo talento innato per l'arrampicata arriva come una vera illuminazione.
Per lui fu amore a prima vista per un equilibrio e un gioco ancora tutto da inventare e tutto da vivere, naturalmente sempre fuori dagli schemi e dai percorsi conosciuti.
Un gioco che lo cattura immediatamente e a cui si dà con tutto sé stesso.
Per lui è una vera rivoluzione che non casualmente è contemporanea, e a volte si sormonta, con quell'altra rivoluzione degli anni '70, quella che si viveva in piazza.
La gioventù di allora pesava di poter cambiare il mondo.
Un sentimento che si riverberava su tutta la società e quindi anche nell'alpinismo.
Quel ragazzo si chiama Manolo, al secolo Maurizio Zanolla.
Nato nel 1958, è uno dei protagonisti assoluti di quella nuova arrampicata che ha visto la luce tra gli anni '70 e '80. Il Mago! (tratto dal libro). 
 

Poesia, pura poesia. Se a scrivere questo testo è stato davvero solo e soltanto Maurizio, allora chapeau! Oltre a far passare come inezie, le sue innate qualità di arrampicata e le cime, le salite i rischi corsi, come normale corredo di un viatico di crescita personale, allora, davvero: siamo di fronte ad uno spensierato poeta, uno che ha saputo vivere tutto ciò che la vita gli dava sino in fondo. Questo è il merito principale del libro. E noi restiamo a bocca aperta di fronte a passaggi di roccia e passaggio di lirismo senza pari.
Come quando scrive: "Non so se siamo noi a decidere di nascere, né se quando succede dobbiamo sceglierci un carattere ma se fosse davvero così potrei scommettere che qualcuno ha rimproverato Gigi dieci minuti prima di venire al mondo, perché non aveva ancora preso una decisione.
E sono sicuro che lui  avrà afferrato l'ultimo rimasto, certo che sarebbe stato più interessante imparare a convivere con quel che capitava".
O ancora, quando scrive: "Era l'evoluzione, e nell'evoluzione non ci sono scelte: solo conseguenze".
 

giovedì 9 maggio 2019

Gomorra 4

 
E' così che dopo la prima, la seconda e la terza serie ben volentieri assisto alla 4° (e non ultima, ne è in preparazione una 5°) serie.
Lo faccio anche e soprattutto perché voglio vedere, dove la trama va a parare, dove le beghe dell'ultimo dei Savastano, dei Levante, di Patrizia, di Sangue Blu, dei Capaccio, si spingono.
Una cosa va detta, rispetto alla 3° serie, la storia appare più lineare, anche se molto del pathos dei primi episodi, della spontaneità, della crudezza che rendeva feroci eppure veri uomini e donne che non sapevano di esserlo, si è persa, dissolta.
Siamo oramai di fronte ad attori e storie consumate e noi non siamo più verginelle, quindi per stupirci occorre ben altro.
Così troviamo ridicolo il percorso del buon Genny, che da capo incontrastato della mafia napoletana vuole passare la mano e diventare un rispettabile imprenditore. Intorno a lui il solito traffico di droga, controllo del territorio, monnezza ovunque, inquinamento e tangenti, corruzione e omicidi… e via discorrendo.

La morale delle 12 puntate sarà così la seguente:
Gennaro Savastano: prova a diventare un pulito imprenditore e fallisce.
Patrizia: prova a diventare il nuovo boss di Secondigliano e fallisce.
Nicola: prova a scoprire chi vuole fare le scarpe a Patrizia e fallisce.
I Capaccio: provano a far fuori Patrizia e falliscono.
I Levante: provano a far fuori Patrizia e falliscono.
Valerio: prova a scoprire chi sta dietro ai Capaccio e fallisce, peggio viene scambiato per infame.
I Levante, sempre loro: provano a far fuori Sangue Blu e falliscono.
Sangue Blu, per ricambiare il favore: prova a far fuori il patriarca dei Levante e fallisce.
La Giustizia: prova a prendere Gennaro Savastano e fallisce.
Michelangelo: prova a salvare Patrizia dai Levante e dalla Giustizia e fallisce.
Sempre lui, prova a salvarsi dai suoi parenti e fallisce.
Minchia che serie! Un fallimento!

venerdì 3 maggio 2019

Codice Criminale

Michael Fassbender e Brendan Gleeson ci raccontano una vicenda irish ed al tempo stesso fatta del nostro quotidiano.
Pare infatti di vederli, mutati mutandis nei sobborghi di una della nostre grandi città, tra spazzatura e auto taroccate, i nostri Rom, Zingari o come preferite chiamarli.
Qui, a fare da contorno, è la campagna inglese… verde e piena di pecore, ma pur sempre luogo di scontro tra guardie e ladri e tra padri e figli.
Non importa se questi ultimi siano delinquenti, che vivano di furti, che la polizia li tenga d'occhio di continuo… quel che appare è il desiderio di libertà, una vita diversa, la voglia di dare qualcosa di meglio ai propri figli e per i figli di fare meglio dei padri.
Conosciamo così i Pavee, i Thinkers, popolo nomade di origine irlandese che si muove in UK, Irlanda e USA.
Anche loro con regole e codici, anche loro discriminati ma fieri del loro stare ai margini, fuori dalle regole e contro il sistema, da cui fuggono senza sottrarsi a furti e imbrogli… una sorta di guerra sottotraccia.
Se ci aspettiamo una morale, questo film proprio non ce l'ha.
Piuttosto vuole mostrarci un popolo, una famiglia, delle dinamiche perdenti ma forti nella coesione che li lega rispetto al mondo esterno, visto con timore e odio, ma al tempo stesso quasi desiderato almeno da Chad (un bravissimo Fassbender) e in questo soggiogato da Colby (un incredibile Gleeson).
Un buon film, anche se a tratti privo di mordente.
 
 

Manuale di co-programmazione