giovedì 29 agosto 2019

Baku. Elogio dell'energia vagabonda

"Baku, elogio dell'energia vagabonda" è il racconto di un viaggio solitario in bicicletta, accanto all'oleodotto Baku, Tbilisi, Ceyhan (il cosiddetto BTC), inaugurato nel 2006, il "corridoio dell'energia".
Diario di una pipeline che nel cammino si trasforma in una riflessione sul mistero dell'energia: "nella capacità di meravigliarsi risiede uno dei segreti dell'energia vitale". Sono rare le persone che riescono a mantenersi in un perpetuo stato di riconoscenza di fronte al corso delle cose, a "tenere in esercizio la loro anima", come dice Montaigne.
Non perché abbiamo aguzzato la vista per vedere meglio il mondo o perché possediamo una predisposizione per il mestiere di spettatore, ma perché sentono dentro di sé l'unità del vivente. (tratto dal libro).
 
 
Diario di viaggio rincorrendo una "pipeline", tubo che trasporta petrolio, che diventa una riflessione sul mistero dell'energia… e non solo.
Così come per i libri di Bryson, si costruisce il traliccio su cui far arrampicare la pianta… il vero obiettivo del libro… il vero argomento di cui si vuole poi parlare. Qui l'autore lo fa, costruendo un percorso (fatto in bicicletta) quindi due volte difficile e vero, e legandogli intorno i tralicci del vero argomento. Lo fa però in modo talmente astuto che, finiamo per non vederlo, ma... arrivati alla fine del viaggio ed alla fine del racconto, abbiamo in mente la pianta e non la struttura che la sostiene.
 
Lo scopo del libro ce lo racconta Tesson a pagina 16 "Questo viaggio mi è stato ispirato dalla mia passione per gli oleodotti. I tubi mi ossessionano, le condotte mi incantano. Potrei stare ore ed ore a contemplare le striature disegnate dai loro intrecci sulle carte geografiche. Sembrano gli intestini di qualche dio dell'energia che ha voluto fare hara-kiri davanti alle minacce di penuria degli idrocarburi".
E il viaggio che intraprende si rifà ai due mari più noti dell'Asia "L'Aral e il Caspio sono i due bacini che restano di quell'epoca antichissima. Due lacrime lasciate lì al momento degli adii".
Ma come tutti noi, anche Tesson non è immune alle preoccupazioni che affrontiamo alla partenza, il nostro scuoterci dal quotidiano ci spaventa e al tempo stesso ci intriga: "In viaggio, il primo giorno ci si chiede perché si è partiti, chi ce l'ha fatto fare. I giorni successivi, ci si domanda come si farà a tornare indietro".
Ma allora cos'é che ci muove? Risposta di Tesson: "L'energia diserta gli esseri che conoscono troppo bene gli angoli reconditi del labirinto della loro vita, coloro che non si aspettano più nulla dagli istanti futuri e quelli che, per paura dell'imprevisto, si chiudono fra le mura dell'abitudine".
Ed allora viaggiando Tesson pensa "all'usura dell'universo. Il Sole ogni giorno un po' meno potente, i pozzi di petrolio un poco più vuoti, la pressione meno forte e io più vecchio" e che dire del petrolio? "un precipitato del tempo, nel senso dinamico del termine, che ci permette una volta raffinato, di affrancarci dallo spazio! Ma questo impasto di viventi al servizio di viventi, ci porta diritti diritti alla morte".
Così come la riflessione sulla vita: "spesso ci capita di pensare alla sofferenza che ancora ci attende. Ed è quella la causa della nostra infelicità. La prospettiva delle ore che ancora ci restano da sopportare é più pesante del fardello stesso".
Qualcuno ha scritto che "le foreste precedono gli uomini e i deserti li seguono". E' forse questo il nostro destino?
Interessante è poi la lettura che, stimolato dalla natura del suo viaggio, Tesson da della situazione mondiale e del ruolo degli USA: "La caricatura che presenta gli Stati Uniti come un predatore delle risorse di petrolio mondiali è insulsa. Fare man bassa di risorse è impossibile, nel contesto del diritto internazionale. Nel nido di vipere del Grande Gioco, gli americani perseguono un unico interesse: garantire la continuità dei flussi petroliferi. Mantenere la circolazione del greggio nella rete mondiale. I liberi movimenti del greggio sono una garanzia della stabilità dei prezzi e della sicurezza energetica mondiale". O quando parla della politica della BP, gestore della pipeline, che eroga aiuti per un perimetro di 2 km dalla tubazione, su entrambi i lati, garantendosi così una pace sociale ed una sorveglianza interessata da parte dei locali.
E allora si torna a riflettere su sé stessi: "I ricordi non servono a nulla, perché si pensa sempre che durante la nostra assenza le situazioni migliorino e si ricorre più volentieri alla speranza che all'esperienza". O quando parla di libri: "I libri sono come dei barili di greggio. In essi dorme il pensiero. Il pensiero è contenuto tra le loro pagine allo stesso modo in cui gli idrocarburi se ne stanno compressi fra gli stati del terreno. La forza delle parole per liberarsi aspetta la raffinazione della lettura".
Ed infine è lucida e nel contempo feroce il giudizio che Tesson da sui paesi musulmani: "I paesi musulmani non hanno vissuto la svolta della rivoluzione industriale. Nel XIX secolo, quando le fabbriche sputavano il loro fumo sudicio nei cieli di Liverpool, i piccoli asini di Medina continuavano a portare fascine sulla groppa. Nel 1848 le popolazioni della Umma, la Comunità, non hanno vissuto una loro primavera, né sono state trascinate dall'ondata di costituzioni degli Stati Nazione. Nel 1919 nessuno fra i paesi maomettani era indipendente. E la situazione non era granché differente al momento dello sviluppo economico del dopoguerra, quando non presero parte all'avventura tecnologica, a quella spaziale, o alla rivoluzione biogenetica della seconda metà del XX secolo. Hanno lasciato agli altri il terreno dell'innovazione. All'alba del XXI secolo gli ali conoscono il successo sul fronte dello sviluppo. La ricchezza più grande delle popolazioni della mezzaluna è il ricordo di una gloria antica risalente al Califfato. Questo bilancio, unito alla consapevolezza di non partecipare al destino del pianeta è umiliante. Ma grazie al possesso del petrolio l'Islam pensa di lavare via le umiliazioni, di ritrovare l'antica grandezza, anche se serve con il terrore".
E conclude il libro con un appello al futuro dell'umanità: "Bisogna avere gli occhi bendati per non avvertire i sintomi del fatto che un'umanità decisamente sovraffollata é di nuovo sottoposta a tensioni! Non sono più le ideologie che la agitano, né l'entusiasmo messianico che la fa insorgere, né l'aggressività dei governi che la scuote, né i nazionalismi che la attraversano, ma l'immensa pressione dei suoi bisogni e l'esasperazione per aver atteso tanto a lungo per soddisfarli. Il consumismo ci impone consumo, non per godere dei beni, ma per prevalere o almeno pareggiare con i nostri vicini, ma quale è il popolo disposto a rinunciare per primo a consumare meno, senza apparire lo zimbello di tutti?  Un discorso che lascia poche speranze.

mercoledì 28 agosto 2019

Skialper Agosto 2019

 
E' un numero particolare, questo di Agosto, a partire dal servizio su Joe Grant, a quello con l'alpinista Cazzanelli, alo Skibum di Chamonix Jesper Petersson, oltre che di Franco Faggiani (di lui ho letto La manutenzione dei sensi) o un bellissimo servizio su Alex Honnold, in visita alla fabbrica de La Sportiva?
E poi ancora, gli articoli sulla LUT (Lavaredo Ultra Trail) quello sulla Dolomyths Run Ultra, qulla su URMA, una gara clandestina ad inviti, o la Drei Zinnen Alpine Run (correre sulle Dolomiti con arrivo alla mitica Tre Cime di Lavaredo) o la camminata alla Bocchetta di Valmassa - la seconda linea di trincee sito nella zona Pontedilegno - Tonale.
Ma più di tutte la pagine che ho preferito sono quelle dedicate ad Andrea Gallo, arrampicatore storico e che ha valorizzato Finale che ho conosciuto quando venne a Balma, uno che si è sempre reinventato ed ha saputo essere sé stesso in ogni cosa che ha fatto senza mai allontanarsi dalle sue passioni: una voce critica sulle nuove e vecchie tendenze.

domenica 18 agosto 2019

Warrior - Prima stagione

Inizia bene e finisce male. Nel senso che, sino al quinto episodio la trama prende, le premesse per farne un vero spettacolo ci sono, ma poi, in vista di una possibile seconda serie, tutto si squaglia come neve al sole, la storia si dilata, la tensione scompare, le idee vengono meno… e noi, che ci aspettavamo fuochi d'artificio, restiamo a bocca asciutta.
Di originale vi è senz'altro l'aver riconosciuto un ruolo nella costruzione degli States ai tanti cinesi sbarcati nei porti orientali a costruire ferrovie e fare umili lavori… inoltre, il pregio sta nel far vedere zone d'ombra anche tra i poveri cinesi, quando gli stessi vengono sfruttati dalle varie mafie che controllano il traffico di oppio, la prostituzione, le case da gioco, lo strozzinaggio…
Se ci aggiungiamo che è una storia scritta da Bruce Lee, che i combattimenti sono bellissimi, che il nostro eroe è uno tosto ma che anche i suoi avversari non scherzano… vedrete che non manca nulla… E invece no, alla fine è mancato il coraggio ed ha prevalso l'interesse economico.
Staremo a vedere se, questa necessità di cassetta verrà ricompensata nella seconda serie.

Assalonne, Assalonne!

Nel gennaio del 1937, recensendo su "El Hogar" Assalonne, Assalonne! Borges scriveva: "Conosco due tipi di scrittore: l'uomo la cui prima preoccupazione sono i procedimenti verbali, e l'uomo la cui prima preoccupazione sono  le passioni e le fatiche dell'uomo.
Di solito si denigra il primo tacciandolo di "bizantinismo" o lo si esalta definendolo "artista puro".
L'altro, più fortunato, riceve gli epiteti elogiativi di "profondo", "umano", "profondamente umano" o il lusinghiero vituperio di "barbaro".
Tra i grandi romanzieri Joseph Conrad è stato forse l'ultimo cui interessavano in egual misura le tecniche del romanzo e il destino e il carattere dei personaggi.
L'ultimo fino alla straordinaria comparsa di Faulkner.
A Faulkner piace esporre il romanzo attraverso i personaggi.
Il metodo non è del tutto originale… ma Faulkner vi trasfonde una intensità quasi intollerabile.
In questo libro di Faulkner vi è un'infinita decomposizione un 'infinita e nera carnalità.
Lo scenario è lo Stato del Mississipi, gli eroi, uomini annientati dall'invidia, dall'alcol, dalla solitudine, dai morsi dell'odio.
Assalonne, Assalonne! è paragonabile a "L'urlo e il furore".
Non conosco maggior elogio di questo".
Ne noi conosciamo migliore presentazione di questa. (tratto dal libro).
  
Una saga familiare sullo sfondo della fratricida guerra tra Nord e Sud degli States. Questo sarebbe il commento su Twitter… ma, non essendo io uso a simili mezzi, posso dilungarmi in un più lungo e spero non inutile commento a questo testo, bellissimo, lungo e da leggere molto lentamente (almeno io) per capirne appieno la profondità.
E' colmo di dialoghi, interiori spesso, ed esteriori.. di raffronti, di incredibili istruzioni d'uso per fronteggiare la vita (quella di allora e probabilmente anche la nostra, perché tutto cambia, ma nulla realmente cambia mai).
Così a pagina 60 nel far comprendere l'atteggiamento del nostro principale interprete: "scegliendo e scartando, venendo a patti col suo sogno e la sua ambizione, così come bisogna fare col cavallo che porti in aperta campagna e in zona boschiva, e che controlli soltanto mediante la tua abilità di non far capire all'animale che in realtà non ne sei capace, che in realtà è lui il più forte".
Oppure a pagina 66, per descrivere il comportamento di Ellen: "scagliandosi contro la gente, la razza umana, attraverso tutte indistintamente le sue creature, fratello, nipoti carnali, nipote acquisito da lei stessa e tutti, con la cieca furia irrazionale di un serpente che muta la pelle".
Ancora a pagina 105 per descrivere il rapporto tra due persone dello stesso sesso che diverranno amici: "cosicché dovette apparire una sorgente non già di invidia, perché si invidia solo colui che non riteniamo affatto superiore a noi se non accidentalmente: e ciò che crediamo di dover possedere un giorno, con un po' più di fortuna di quanta ne abbiamo avuta finora - non di invidia, ma di disperazione, quell'acuta, sconvolgente, terribile, inguaribile disperazione dei giovani che a volte assume la forma di insulto e perfino aggressione fisica nei riguardi del suo oggetto umano".
E allora come capire, tutto ciò che ci accade? Come dare un senso? Faulkner cerca di dircelo a modo suo (vedi pagina 166): "Vedi? Ci accadono certe cose che l'intelligenza e i sensi rifiutano proprio come lo stomaco rifiuta quanto il palato ha accettato ma la digestione non può inglobare… così ero io…".
E che dire poi, per descrivere il venir meno della tensione che ci ha mosso verso un obbiettivo, sia essa buona o cattiva… ? (pagina 168): "E' questo il fatto triste, uno dei più tristi: quello stanco tedio che avvertono il cuore e lo spirito quando non hanno più bisogno di ciò al cui bisogno essi (lo spirito e il cuore) sono necessari".
Ma è solo a pagina 240 che capiamo tutto, (anche se non ancora tutto quel che realmente serve)… capiamo cioè cosa ha portato il personaggio principale ad agire come ha agito, a trattare gli altri a modo suo, a costruire ciò che ha creato: "il suo guaio era l'innocenza. Tutt'a un tratto egli scoprì non già quel che voleva fare, e doveva farlo volente o nolente, perché se non lo faceva sapeva che non avrebbe mai più potuto vivere con se stesso per il resto della sua vita, vivere con quanto tutti gli uomini e le donne morti per fare lui gli avevano lasciato dentro affinché lui a sua volta lo tramandasse, con tutti i morti in attesa e intenti a scrutare se lo faceva bene, se sistemava bene le cose…" ed ancora a pagina 250, quando Sutpen bambino viene respinto da un maggiordomo nero, dalla porta di una casa presso cui era stato mandato per consegnare un messaggio… un affronto che gli fa capire la differenza tra avere e non avere… non le cose, ma la rispettabilità "come quando la gente parla di privazione senza menzionare l'assedio, di malattia senza nominare il morbo epidemico"... e ancora un altra incredibile descrizione, quando l'architetto incaricato di costruire la casa di Sutpen fugge… oppresso da quell'ambiente, da quella casa… "ci vollero tre ore prima di comprendere che l'architetto aveva adoperato l'architettura, la fisica, per giocarli, poiché al momento critico uno ricorre sempre a ciò che meglio conosce - l'assassino all'assassinio, il ladro al furto, il bugiardo alla menzogna.. Lui l'architetto si era issato su un albero, aveva calcolato tensione e distanza e traiettoria e valicato lo spazio tra quello e l'albero più vicino, uno vuoto che nemmeno lo scoiattolo volante avrebbe potuto varcare, e di lì viaggiò d'albero in albero per mezzo miglio prima di rimettere piede a terra".
O come usare parole migliori queste, quando nel finale, il tragico incontro tra due contendenti viene così descritto: "tuo padre ha detto che quando hai abbondanza di buon odio sostanzioso non hai bisogno della speranza perché l'odio basterà a nutrirti"..
Un libro epico, unico, profondo, da leggere lentamente, magari usando la cronologia e la genealogia familiare poste in fondo al testo e utili per capirci qualcosa in più…

 
 

sabato 17 agosto 2019

Gli Amonciei

Gli Amonciei, una cima strana. Intanto ci ho messo non poco per mandare a memoria il nome. Poi per capire quale potesse essere l'itinerario… avvicinandomi questa primavera, quando la neve non avrebbe comunque permesso gran ché. La guardo sulle carte, sulle foto, dal vivo mentre sono al Bivacco Farello… sarà fattibile? E poi andarci perché? Per il possibile panorama? Per l'avventura, il posto, il percorso? Vabbè… mando a memoria il nome, studio le carte, cerco informazioni.
Arriva finalmente l'occasione… benché tirato con i tempi, per i mille impegni che mi aspettano oggi, provo comunque a salire verso il Veglia e poi, seguendo il tracciato per il Lago delle Streghe, prendere il sentiero che porta verso la Bocchetta d'Aurona…
Non è difficile, ad un certo punto, intuire un possibile percorso. Ripido davvero, senza traccia e senza riferimenti, se non tenersi alla larga dalla lingua di ghiaccio che scende dal Leone.
Con il ghiacciaio sulla destra risalgo dai piani erbosi verso la pietraia (e che pietraia) con pendenza sempre più esasperata che risalgo a zigzag… fortunatamente le rocce sono stabili e mi permettono di non rischiare cadute o causare frane. Individuo la sommità che, però, richiede un ulteriore sforzo per essere raggiunta… alcuni passi su roccia, da fare con la giusta attenzione… ed eccoci su questo sperone che però è schiacciato dall'incombente parete del Leone… Bellissima vista, fatica ripagata dal panorama… pochi minuti di beatitudine e poi giù di corsa… verso casa!
 





















giovedì 8 agosto 2019

Helsenhorn

E arrivò anche il giorno dell'Helsenhorn. Inaspettato, bello perché ci ha impegnato due intere giornate, perché dormire al bivacco ad oltre 2.400 ha sempre il suo fascino, perché la meteo è stata capricciosa ma ha reso tutto magico.
Partiamo comodamente venerdì mattino alle 8 da casa, ed a metà mattina, nonostante la meteo avversa, arriviamo al Veglia. Si pranza all'albergo AL FONTE, si mangia bene e sono simpatici.
Poi, malvolentieri, con la pancia piena… si sale verso il bivacco, già occupato da quattro ragazzi, già incontrati nella piana. Staremo stretti, ma va bene così.

Più tardi ci raggiunge Philippe, uno svizzero magrissimo, attrezzatissimo, minimalista, che sta facendo una lunga attraversata tra le Alpi. Si chiacchiera, si ride, ci si conosce… e via che la giornata passa… notte di vento, nubi… che a fatica il mattino dirada… ma si parte lo stesso, speranzosi delle indicazioni meteo dei cellulari… che per fortuna azzeccano, regalandoci una giornata con vento (anche freddo, vista la quota) ma bellissima… e tutto l'itinerario sarà portentoso.
 
 
Eccoci al passo di Boccareccio… di qua Italia, di là é Svizzera. ma ora si fa sul serio… calzati i ramponi seguiamo il ghiacciaio, o meglio le lingue che troviamo tra le rocce… sino a raggiungere la base dell'Helsehorn… dove finalmente possiamo tornare su roccia (anche se parecchio instabile) e terminare la salita sino alla cima, (che però non è particolarmente esaltante, salvo per il panorama).
Pausa meritata e poi si ritorna… Che faticata! Ma ne è valsa davvero la pena.



 

 

mercoledì 7 agosto 2019

Faster

A me, personalmente, un film ove i personaggi vengono presentati, con tanto di didascalia, manco fosse fatto per diversamente abili, per pigri che non vogliono capire.. se poi ci aggiungi che l'autista si chiama Driver, l'assassino si chiama Killer, la pupa si chiama Pupa, lo sbirro si chiama Cop… manco il peggior lavoro del peggior Cropper… gli etichettatori di moderna invenzione in un mondo ove siamo soggiogati dalle macchine che, oltre a soffiarci il lavoro e la dignità, ci fanno lavorare per loro.
Ma veniamo al film. Attirato alla pellicola dalla presenza del possente Dwayne, accetto per un poco la storiella... delinquente tradito, fratello ucciso, desiderio di vendetta… spari, pugni, inseguimenti.. tutto bello, per l'amor del cielo.
Salvo poi chiedermi: "ma è tutto qui?"... "E' questo, cioè, quel che mi devo aspettare?" e che dire della trama, della morale, del penoso finale?...
Caro Dwayne, accetto tutto solo perché sono tuo fans… e anche perché non vorrei irritarti… non si sa mai.

domenica 4 agosto 2019

Albrunhorn

Come dire no a questa cima? Due anni or sono la mancai perché convalescente dal maledetto strappo muscolare al polpaccio… poi per fortuna tutto tornò al suo posto e... come dice Max, le montagne stanno lì e ci aspettano. Quindi eccoci qui, con Max, Beppe e Giorgio diretti all'Albrunhorn, cima che sovrasta l'Alpe Devero… una salita lunga e impegnativa, ma capace di donare grandi emozioni e altrettanti inaspettati incontri… Lascio ad ognuno di voi le parole ed i pensieri per commentare queste incredibili bellezze..







 






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