Oramai, con il tempo, ho fatto mia una massima di Sjöberg (lo scrittore, non lo scienziato), il quale ricorda il suo modo di scrivere (che è poi quello credo più efficace), quello per cui, si costruisce con la scrittura un traliccio, come per la vite, su cui avviluppare la vera e propria storia... il trucco, ovviamente, sta nel rendere il medesimo sostegno il meno evidente possibile; visibile si, ma non ingombrante...
Viceversa, in questo romanzo di Faggiani, questa regola non viene rispettata, ed il risultato non tarda a farsi sentire.
Intanto l'idea della montagna. Da contrapporre alla puzzolente città, luogo di perdizione. Montagna, abitata da animali e nativi (ah, ancora il mito del buon selvaggio) in grado di risolvere tutti i problemi, con poche parole, pochi gesti... Città, viceversa, da cui allontanarsi il più possibile.
Montagna in cui andare, ovviamente, con una bella baita, la cantina piena di buoni vini, il collegamento ad internet, l'automobile per andare su e giù per le valli, il bosco bello, soldi a sufficienza per non dover lavorare (o meglio fare qualcosa che piace e non ruba molto tempo), qualche fugace storia d'amore - questa credo per rendere piccante un racconto che altrimenti rischiava di languire come il fuoco lasciato solo la sera - un figlio adottivo da crescere (adottivo, per togliersi di torno l'impiccio del dover giustificare le origini della malattia), una figlia geniale in giro per il mondo, e via di questo passo.
Ma chi vogliamo ingannare? Intanto non basta lo sfondo alpino, alpestre, alpinistico, per vincere uno Strega (vero Cognetti?)... ci vuole un'idea, una storia, una tensione ideale... Prendiamo il burbero alpigiano Augusto... indistruttibile sino a che esigenze di copione richiedono la sua dipartita... ed allora è un dibattersi letterario per anticiparne la morte.... gli manca il fiato, si appoggia a fatica, non riesce a portare la gerla, porta l'ultimo regalo e se ne va in silenzio.... Minchia! che trama! che trovata narrativa! E della mutazione di Martino e del suo malessere? all'inizio pare Nosferatu, alla fine del libro, diventa il Principe Azzurro.... No, non mi ha convinto. No, non mi è piaciuto. Come era quella battuta? "Suonala ancora Sam"... ecco appunto, Suonala ancora Franco.
"A un incrocio tra casualità e destino si incrociano Leonardo Guerrieri, vedovo cinquantenne, un passato brillante e un futuro alla deriva, e Martino Rochard, un ragazzino taciturno che affronta in solitudine le proprie instabilità.
Leonardo e Martino hanno origini ed età diverse, ma lo stesso carattere appartato.
Il ragazzo, in affido temporaneo, non chiede, non pretende, non racconta: se ne sta per i fatti suoi e non disturba mai.
Alle medie, però, a Martino, oramai adolescente, viene diagnosticata la sindrome di Asperger.
Per allontanarsi dalle sabbie mobili della apatia che sta per risucchiare entrambi, Guerrieri decide di lasciare Milano e traslocare in una grande casa, lontana e isolata, in mezzo ai boschi e ai prati d'alta quota, nelle Alpi piemontesi.
Sarà proprio nel silenzio della montagna, osservando le nuvole in cielo e portando al pascolo gli animali, che il ragazzo troverà se stesso e il padre una nuova serenità.
A contatto con le cose semplici e le persone genuine, anche grazie all'amicizia con il burbero Augusto, un anziano montanaro di antica saggezza, padre e figlio si riscopriranno più vivi, coltivando con forza le rispettive passioni e inclinazioni.
Una storia positiva é al centro di questo romanzo che trabocca di umanità e sensibilità autentiche e che contiene una riflessione sul labile confine che divide la normalità dalla diversità.
Un romanzo sul cambiamento, la paternità, la giovinezza, in cui padre e figlio ritroveranno la loro dimensione più vera proprio a contatto con la natura, riappropriandosi di valori irrinunciabili come la semplicità e la bellezza".
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