giovedì 31 maggio 2018

Tex - Piombo rovente

Sostituite ai canyon i vicoli cittadini, alle grandi montagne gli edifici principali, al deserto la Main Street e il risultato sarà lo stesso... una grande avventura.
Immaginate quindi i nostri eroi nella classica città del West, Serenity e il solito cattivone Morgan Slattery, circondato da sgherri pagati per gestire la legge a suo favore... peccato che, il Diavolo ci metta lo zampino, facendo capitare Tex da quelle parti per puro caso... con il risultato che, vediamo se indovinate, scoppia un'autentica guerra.... Ottimo il disegno di Sergio Zaniboni, divertente la storia narrata, che a tratti vira verso l'umorismo...
 
 

"West: parola che evoca ombre rosse, sentieri selvaggi e vento di terre lontane, un mondo di orizzonti illimitati percorsi da liberi cavalieri, in cui i deserti, le praterie, le montagne, la Natura sono protagonisti.
Pensare al West allarga il respiro e lo sguardo, fa assaporare aria di libertà, ci permette di galoppare lontano dalla civiltà con quei liberi cavalieri.
Ma non sempre. Nel western gli eroi fuggono dalla civiltà, dall'Est verso l'Ovest, ma poi ritornano.
Tutti hanno una meta: che appaia dall'alto di una collina, dal profondo di un deserto o di una prateria; spesso una via polverosa tra due file di baracche scalcinate, il tutto pomposamente "città".
Gli appassionati di cinema conoscono la città western meglio della loro città natale.
Anche perché non c'è molto da conoscere: la Main Street su cui si affacciano gli edifici principali, con gli esagerati frontoni che danno loro una falsa aria di importanza, e pochi vicoli polverosi che sfociano nel nulla del deserto o della prateria.
Molti viaggi del cinema western iniziano e si concludono in questa familiare città dell'avventura, da cui parte e a cui arriva, per esempio, la diligenza di "Ombre Rosse", o nella quale inizia e termina la meravigliosa storia del fucile di Winchester '73 la città da origine all'azione ed è teatro dello scontro finale.
Nel cinema la città utilizzata è sempre la stessa: Old Tucson.
Da questa grammatica di base, fatta di immagini - ambienti - situazioni (i cosiddetti luoghi canonici del mito) gli autori western hanno elaborato le loro poetiche e originali variazioni
Bastano sette note per fare mille sinfonie.
E' questo il fondale che fa da scena ai cattivi ed al riparatore dei torti.
La sua motivazione è la vendetta, il risultato finale un bel repulisti.
La storia presentata segue questo filone e Tex gioca il suo ruolo con l'unica cura possibile nel vecchio West: il piombo". 

Tex il Grande!

Oltre al colore, i tratti cupi rendono ancora più inquietante la storia narrata. E' un piacere per gli occhi questo racconto, nel solco della tradizione Bonelliana. I cattivi da una parte, i buoni che subiscono soprusi, l'arrivo della legge. Dopo una serie di piccoli e grandi scontri, si arriva alla resa dei conti... e non ci sarà perdono per nessuno.
 

 
"In questo primo Tex Speciale, il segno michelangiolesco e irriverente di Guido Buzzelli dà vita a una sceneggiatura di Claudio Nizzi nella quale si ritrova il Tex più classico.
L'avventura prende il via nelle foreste dell'Oregon, tra i boscaioli che lavorano per Mister Thompson, preoccupati perché alcuni loro compagni sono stati coinvolti in terribili e mortali incidenti che non sembrano affatto casuali.
La tensione sale a tale punto che molti decidono di andarsene a cercare fortuna altrove.
Pat Mac Ryan, il grande amico di Tex, vuole invece restare.
Il suo intento è quello di difendere l'onesto padrone e sua figlia Jane dalle angherie della compagnia rivale che appartiene ai fratelli Patterson, ma da solo non può certo farcela.
Per questo, il simpatico Gigante, non ha altra scelta che chiedere aiuto a Tex e Carson.
Inutile dire che i due pards, ricevuto il suo messaggio, si mettono immediatamente in movimento.
E quando arrivano sul luogo dei delitti, si occupano subito di dare una lezione al viscido avvocato dei Patterson, e di eliminare un gruppo di sgherri che avevano teso loro un agguato.
Ma i rangers cominceranno a scatenarsi davvero quando i gaglioffi rapiranno la giovane Jane..."
 

sabato 26 maggio 2018

La grande cecità

Viaggia su tre differenti coordinate il saggio di Amitav Ghosh. La Letteratura, la Storia, la Politica.
 
Nel capitolo sulla Letteratura, Ghosh pone l'accento sull'assenza di romanzi, scritti, racconti (che non siano saggi) ove il cambiamento climatico venga preso in considerazione. Cerca altresì di trovarne il motivo, partendo da molto lontano e trovandone alcuni bandoli della matassa.
L'intento del narrare non è riprodurre il mondo così com'é. Ciò che il narrare rende possibile è affrontare il mondo al congiuntivo, figurarselo come se fosse altro da quello che é facendo immaginare altre possibilità.
 
Nel capitolo sulla Storia, Ghosh ripercorre gli ultimi 1000 anni, dal punto di vista dell'India e dell'Asia in generale, sia per quanto riguarda la Rivoluzione Industriale che per le scelte fatte dal punto di vista della trasformazione da economie agricole a produttive. Il cambiamento climatico antropogenico è l'involontaria conseguenza dell'esistenza stessa degli esseri umani.
 
Nel capitolo sulla Politica, si concentra infine sul futuro e su quali sono le prospettive che ci si pongono di fronte.
 
L'interessante chiave di lettura ci porta così a fare alcune considerazioni:
1. Fatichiamo ad abbandonare l'attuale sistema produttivo, perché ad esso siamo riconoscenti: abbandonando il precedente mondo agricolo, ci siamo affrancati, abbiamo liberato risorse per acquistare libertà: libertà sociali, politiche, sessuali, economiche, di tempo libero, di salute. Che lo vogliamo o no, siamo debitori del capitalismo.
2. Nessuno vuole porre sul piatto della bilancia la regressione, la decrescita, la spartizione dei privilegi con i PVS; nessuno che non sappia a quale suicidio politico e sociale si andrebbe a prestare.

 
 
"Nei primi anni del XXI secolo Amitav Ghosh lavorava alla stesura de "IL PAESE DELLE MAREE", il romanzo che si svolge nelle Sundarban, l'immenso arcipelago di isole che si estende fra il mare e le pianure del Bengala.
Occupandosi della grande foresta di mangrovie che le ricopre, Ghosh scoprì che i mutamenti geologici che ciclicamente avvenivano - un argine poteva sparire nell'arco di una notte, trascinando con sé case e persone - stavano diventando qualcos'altro: un cambiamento irreversibile, il segno di un inarrestabile ritrarsi delle linee costiere e di una continua infiltrazione di acque saline su terre coltivate.
Che un'intera area sotto il livello del mare come le Sundarban possa essere letteralmente cancellata dalla faccia della Terra non è cosa da poco.
Mostra che l'impatto accelerato del surriscaldamento globale é giunto ormai a minacciare l'esistenza stessa di numerose zone costiere della terra.
La domanda, per Ghosh, nacque perciò spontanea.
Come reagisce la cultura e, in modo particolare, la letteratura dinanzi a questo stato di cose?
La risposta é contenuta in questo libro in cui l'autore della trilogia "IBIS" ritorna con efficacia alla scrittura saggistica.
La cultura è, per Ghosh, strettamente connessa con il mondo della produzione di merci.
Ne induce i desideri, producendo l'immaginario che l'accompagna.
Una veloce decapottabile - un prodotto per eccellenza dell'economia basata sui combustibili fossili - non ci attrae perché ne conosciamo minuziosamente la tecnologia, ma perché evoca l'immagine di una strada che guizza in un paesaggio incontaminato; pensiamo alla libertà e al vento nei capelli; a James Dean e Peter Fonda che sfrecciano verso l'orizzonte; a Jack Kerouac e Vladimir Nabokov.
Questa cultura, così intimamente legata alla storia del capitalismo, é stata capace di raccontare guerre e numerose crisi, ma rivela una singolare, irriducibile resistenza ad affrontare il cambiamento climatico.
Che cosa è in gioco in questa resistenza? Un fallimento immaginativo e culturale che sta al cuore della crisi climatica? Un occultamento della realtà nell'arte e nella letteratura contemporanee tale che questa nostra epoca, così fiera della propria consapevolezza, verrà definita l'epoca della Grande Cecità?".

domenica 20 maggio 2018

Libro 11, Romanzo 18

Vi sono due modi di affrontare il mondo. Quello degli alberi e quello degli esseri viventi (gli animali e  gli uomini). I primi restano fermi al loro posto e si attrezzano contro il cambiamento, i secondi si spostano per evitarlo.
Dal punto di vista della letteratura nordica, rientrano nella seconda categoria i protagonisti dei libri di Arto Paasilinna sempre in fuga da qualcosa e sempre pronti a cambiare tutto per resistere alle avversità o ad un mondo che li respinge o in cui vivono a disagio.
Ci sono poi quelli del primo gruppo. Gli "uomini - albero". Sono i protagonisti dei libri di Dag Solstad. Come in "La notte del professor Andersen" anche in questo testo dal titolo "Romanzo 11, Libro 18" sono persone che, o non si spostano, oppure quando lo fanno se ne pentono e optano poi per una resistenza passiva, basata sul restare immobili, lasciando che il mondo gli scivoli addosso e si dimentichi di loro.
E' il caso appunto di questo libro, ottimamente tradotto e nel taglio inconfondibile della casa editrice Iperborea. Bjorn Hansen ha lasciato moglie e figlio piccolo per seguire un'altra donna, per poi lasciarla ed andare a vivere da solo. Cosa cercava? L'attimo fuggente, la felicità perpetua... ma non esiste qualcosa che risponda a questo desiderio e quindi Bjorn non riesce a fare i conti con sé stesso. E allora escogita una singolare forma di protesta. Anzi, un'immobilizzante forma di protesta. Non dico di più, per non guastare la lettura.
  
 
 
"Arrivato ai cinquant'anni, Bjorn Hansen non può accettare l'idea che tutta la sua vita sia stata dominata dal caso, dal gioco sociale, dalle illusioni su cui ha via via costruito e demolito i castelli delle proprie scelte.
Diciotto anni prima ha abbandonato la moglie, il figlio piccolo e una promettente carriera di funzionario statale a Oslo per seguire la sua amante Turid Lammers in una cittadina della Norvegia profonda.
Irretito dal fascino dell'avventura, inseguendo un'intensità che aveva potuto intravedere solo nell'arte e nella letteratura, si è ritrovato a fare l'esattore comunale e l'attore di operetta in una compagnia di teatro amatoriale di cui Turid era la star.
Poi la stella di Turid si è spenta, la passione per lei è svanita, e l'esattore-attore è rimasto solo con il suo ruolo grottesco di colonna portante della società di provincia.
Ma proprio ora che sente il tempo sfuggirgli senza trovare risposta ai bisogni più profondi della sua esistenza, Bjorn Hansen scopre nel dottor Schiotz il complice ideale per realizzare un piano rivoluzionario: un'azione decisiva e irreversibile con cui potrà esprimere al mondo la sua protesta, il suo rifiuto, "il suo grande no".
Indagatore radicale, dirompente e finissimo del vivere contemporaneo, Dag Solstad compone un romanzo esistenziale che ha il fascino ipnotico di Kierkegaard e Camus e la forza comica e poetica di un cinico irrisolto che non può fare a meno di sondare fino all'estremo la dimensione umana calandoci in personaggi paradossali in cui ci sorprendiamo a riconoscere una parte di noi stessi".
 

sabato 19 maggio 2018

Pizzo Marona






 A distanza di un mese dall'ultima salita in quota, torno in montagna con Max. Questa volta niente 4000 ma monti vicini eppure selvaggi. Val Grande, Pizzo Marona e altre minori cime raggruppate su un bel sentiero, quasi ad anello e con molta cresta da percorrere.
La passione della cresta me l'ha appiccicata Max, facendomi apprezzare quella che l'orogenesi crea in milioni di anni e che noi riusciamo a comprendere solo da lontano o standoci sopra.... la cresta, un filo sottile che separa due realtà, due lati della stessa montagna, due facce della stessa cima, eppure, spesso, così diverse... tali, da presentare due diverse montagne, due diversi paesaggi all'escursionista che voglia goderne....
Come al solito lascio alle immagini ogni ulteriore commento. Mi limito a concludere, descrivendo una giornata in cui le nubi l'hanno fatta da padrone, ove la pioggia ha fatto capolino, ove c'é stato il tempo per leggere e chiacchierare, ove le temperature ci hanno schiaffeggiato, concedendo caldo afoso in basso e freddo ventoso in quota... Ma questa è la montagna, questo è stare ed accettare di essere in balia degli agenti atmosferici... Questo è godere della natura.
 
 





mercoledì 16 maggio 2018

Il passo successivo

Fa quasi tenerezza, leggere i pensieri di Ueli Steck. La sua semplicità, la sua solarità, il suo amore per ciò che faceva, per le sue montagne. Vedere come, a fronte di un uomo dal fisico eccezionale, ci sia poi l'aspetto umano, la paura della morte, la difficoltà a metabolizzare il rischio, la morte, ad accettarla come compagna di viaggio. E nel contempo, quel "passo successivo", quell'andare a vedere, che spesso è costato la morte (ai suoi compagni e in ultima battuta anche a lui), quell'irrefrenabile richiamo che lo spingeva a tentare l'impossibile, armato solo della sua esperienza e della forza del suo corpo.
Come ha detto Roberto Bosch, suo amico e fotografo, nel ricordarlo: "Ueli è morto felice. Sulle sue montagne e facendo ciò che più amava".
Dalla solitaria incredibile sull'Annapurna, alla concatenazione in 62 giorni (con pause e relax) di tutti i 4000 europei (82 summit), alla salita sul Nuptse, al record di velocità sulla nord dell'Eiger, abbiamo di fronte un uomo incredibile, l'alpinista più forte degli ultimi anni.... leggendo le sue storie (che fan girar la testa dalla serie di imprese e dal fisico capace di reggere sequenze di performance uniche) si vede la passione, la gioia, l'amore per le Terre Alte... Grande Ueli Steck. Davvero.
 
 
"Ueli Steck, soprannominato "Swiss Machine", è morto in Himalaya il 30 Aprile 2017 all'età di quarantuno anni.
Fuoriclasse dell'alpinismo contemporaneo, fatto di velocità e free soloing, si stava allenando per compiere la traversata Everest - Lhotse, da solo e nel più puro stile alpino.
Ogni sua impresa era preceduta da una preparazione meticolosa, e niente lasciava Ueli Steck soddisfatto come l'aver saputo valutare al meglio il pericolo.
Quando il 17 novembre 2015 stabilì un incredibile record di velocità salendo la Nord dell'Eiger in due ore e ventidue minuti, disse che più del record era felice per non essersi "mai trovato in situazioni di rischio".
Ma Steck era anche consapevole del fatto che "non importa quanto si è preparati, quando si va in montagna, c'é sempre la possibilità che succeda qualcosa, e forse è proprio questo aspetto che rende l'alpinismo tanto affascinante".
Ne "il passo successivo", Steck riflette con straordinaria onestà intellettuale sulle ragioni profonde che lo hanno portato a tentare avventure impossibili, come la salita in ventotto ore della parete sud dell'Annapurna, e alle sensazioni che hanno seguito il suo successo: euforia, certamente, ma anche un senso di vuoto, di solitudine, di paura a posteriori.
Emozioni che però ha sempre superato per andare incontro a nuove sfide.
Perché questa era la sua passione e la sua natura.
E per questo sarà ricordato".


martedì 15 maggio 2018

ES17

Vita e morte di Emanuele Sibillo - ES17 - un ragazzo di Napoli che, ha deciso non solo di stare dalla parte del male, ma di andare oltre, con la "paranza" dei bambini, le stese, gli omicidi, creare un suo impero.
E dire che, a vederlo, mentre intervista il magistrato che combatte la mafia, pare il classico ragazzo acqua e sapone... ma può bastare, per non finire distrutto da un mondo, quello dei bassi di Napoli, che fa della povertà, dell'esclusione sociale, dell'assenza della famiglia, di mancanza di lavoro e speranza quella melma da cui è impossibile riemergere?
La storia di Emanuele, purtroppo, dice di no.
E lo dice, senza clamore, senza violenza rappresentata (non siamo a Gomorra, non c'é Ciro l'immortale o Gennaro Savastano), solo lasciando fluire il racconto, mostrando immagini  e video girati dalla compagna di Emanuele, Mariarka, mostrano due persone normali che si vogliono bene, una persona affettuosa, stanca e dal viso sciupato... Non certo un capo camorrista, quale era Emanuele.... e viene da chiedersi perché? Perché vivere così, se non per un solo motivo, la mancanza di alternative... E dire che Emanuele non era uno qualsiasi. Era invece un ragazzo intelligente, che nel tempo ha subito una mutazione, ha fatto una scelta. Sbagliata.
Non è un caso che il sottotitolo del programma è "Dio non manderà nessuno a salvarci"....

 

sabato 12 maggio 2018

I segreti di Wind River

E' un autentico tuffo nell'America meno conosciuta, quella più povera, disperata e per una volta, fuori dai normali circuiti cittadini a noi arcinoti... ove il costruito urbano diventa labirinto e nascondiglio...
Qui l'uomo è di fronte al nulla, ad una natura implacabile ed indifferente alle singole disperazioni... ove alcool, violenza, droga, disperazione, la fanno da padrone e diventa quasi naturale accettare tutto con rassegnazione.
E rassegnate sono sicuramente le popolazioni indiane, che vivono in un Wyoming freddo, povero e abbandonato.
E' di fronte alla morte di una donna indiana che l'agente dell'FBI Jane Banner, donna inesperta ma molto determinata, deve dare il meglio di sé... e certamente azzeccata è la scelta di farsi aiutare da Cory Lambert, un cacciatore legato ad una indiana e che ha perso la figlia tre anni prima uccisa in modo brutale.
In mezzo alla natura, incontaminata si, ma feroce e pronta a ghermirti, le indagini si muovono su un piano inclinato... chi è colpevole, chi innocente, chi è realmente padrone della sua vita?
Ma sulla neve, sono le tracce a dettare le regole... tracce che vanno e vengono da un posto all'altro e che spiegano cosa è accaduto, cosa ha fatto prima di morire tizio o caio....
Ed è autentica disperazione, la chiave di lettura che permette di risolvere l'enigma... anche perché nel frattempo le morti si moltiplicano...
Con indiani ancora legati ai loro riti, ma non più capaci di tramandarli, di ricordarli, di dare valore agli stessi.... privi di passato, privi di futuro... e con bianchi rancorosi e disperati, contro tutto e tutti....
Da vedere si, assolutamente.
 

Armonie Verdi

 "Armonie Verdi. Paesaggi dalla Scapigliatura al Novecento" é questo il titolo della bellissima mostra che riesco a visitare, complice una veloce uscita verso Verbania... e non è la prima volta che il Museo del Paesaggio mi regala bellissime emozioni... a partire dalla mostra "I Volti e il Cuore"  piuttosto che la raccolta delle sculture del Troubetzkoy.... Piccolo spazio, quello del Museo, che raccoglie opere bellissime in un ambiente gestito da volontari.
"Scapigliatura, Divisionismo, Naturalismo, oltre cinquanta opere ci accompagnano a partire dalla fine dell'Ottocento sino alla prima metà del Novecento con tema il paesaggio... le montagne, la vita agreste, il lago... zone che conosco e amo...
 
Daniele Ranzoni, Francesco Gnecchi, Lorenzo Gignous, Emilio Gola, Mosè Bianchi, Carlo Fornara, Ottone Rosai, Filippo De Pisis, Arturo Tosi, Umberto Lilloni. Questi i nomi degli autori. E non sono certo personaggi minori, rispetto alle correnti culturali narrate...
 
 
Tanto più che, riusciamo, con un poco di pazienza e osservazione, a coglierne le differenze e soprattutto le idee che hanno generati questi dipinti... l'uomo immerso nella natura, piccolo e impotente, la potenza della natura stessa, il lavoro umano e poi, con il passare del tempo e il mutare delle idee, ecco avanzare la macchina, la geometria urbana, l'ordine voluto dall'uomo....
 
 
Idee diverse, soggetti diversi, colori che cambiano.... eppure un unico punto fisso... rappresentare l'ambiente.... quello con cui l'uomo deve confrontarsi, a volte vincere, altre a cui soccombere...
 




  







La lezione del freddo

Che dire di questo libro? Certamente una piacevole sorpresa. A partire dall'argomento, quanto mai attuale. La scomparsa dell'inverno. La scomparsa del gelo.
Alla mia età, ho fatto in tempo a ricordare gli inverni gelidi degli anni '70 del secolo scorso, così come la grande nevicata del 1985. Poi? Più nulla. Non che non ci sia l'inverno... beninteso. Ma alcuni anni non lo si vede, altri accenna, abbozza, è più una sensazione che una vera presenza. Spiando il termometro tutte le mattine al risveglio tengo d'occhio il fenomeno... E quando é l'ultima volta che ha gelato? Quest'inverno praticamente mai. Non di giorno almeno. E comunque, non come nel recente passato... E che dire della neve... si arriva... ma è evento sporadico, destinato a far più notizia che dare certezza...
Casati vuole attirare l'attenzione su due aspetti: il primo che, vivere l'inverno, quello vero, ci pone domande che per molti non esistono. Non ci sono, perché non esiste più l'evento. Non è noto, non fa parte dell'esperienza, del vissuto. Il secondo è l'amore incondizionato per questo pianeta. Per i suoi pro e contro... e il quesito è, se siamo ancora capaci di apprezzarne la ruvidezza... perché di questo si tratta, di accettarne pro e contro, di viverci in mezzo e di provare a trarne conoscenza.... Poetico e pratico.
 
Vi rimando al suo sito QUI
 
 
"Il giorno in cui la famiglia trasloca nel New Hampshire, davanti agli occhi si apre un incanto: la casa è immacolata, le doghe di legno percorse dalle ombre del bosco, il tetto verniciato di un azzurro fiabesco.
L'estate caldissima sembra non voler mai terminare, ma le allusioni misteriose nelle conversazioni con i vicini e i colleghi fanno presagire una minaccia.
In un batter d'occhio arriva la neve, il grande fiume è già ghiacciato, bisogna attrezzarsi: le bambine e il cane ammirano in silenzio lo spettacolo bianco in cui vivranno per un anno.
Tra sputa neve elettrici e cataste di legna, orsi nel giardino e incendi divampati nella canna fumaria, piste di fondo oniriche e impronte calcate nel bianco per essere certi di ritrovare la strada, la grande scoperta è che il gelo può diventare un membro della famiglia, una lente di ingrandimento, un modo di sentire.
L'esperienza quotidiana del freddo é un'avventura estrema, a cui non siamo più abituati e che potrà sorprenderci come una possente rivelazione.
Con la praticità dell'uomo di casa e lo sguardo del filosofo, Roberto Casati ha elevato un altare al freddo in mezzo a betulle sottili che in primavera finalmente raddrizzano la schiena.
Un racconto imprevedibile e fulminante, un manuale di sopravvivenza, una Time Capsule confezionata con amore pensando ai figli e alle figlie del riscaldamento del pianeta.
"Se uno guarda il sentiero che traccio all'andata vede un zig-zag, una linea tratteggiata di piedi sinistri e piedi destri.
Al ritorno cerco di calpestare le neve con le ciaspole dove non ero passato all'andata, per rendere uniforme il sentiero. Ho deciso di chiamarla, la camminata etica, pensa chi ti segue, aiutalo".


mercoledì 9 maggio 2018

12 Strong

Tratto (parrebbe, il condizionale è d'obbligo) da una storia vera... e da un libro (questo è certo), racconta delle avventure di un gruppo di soldati americani, inviati in Afghanistan per combattere i talebani, subito dopo l'attacco alle Torri Gemelle dell'11 settembre.
Che sia vera o finta, a questo punto poco importa, la vicenda vede il conosciutissimo Thor (scusate, Chris Hemsworth) al comando dei militari che misero in scacco Al Quaeda solo a cavallo (e ovviamente i bombardieri sempre pronti a ripulire l'area circostante)....
Bello? Diciamo di si. Le scene di combattimento sono ben fatte, grazie soprattutto alle riprese dall'altro, che rendono tutto simile alle battaglie che si faceva da ragazzini con i soldatini Atlantic... vi ricordate?
Poche storie, gli Yankee sono grandi. Solo loro riescono a trasformare una sconfitta (l'attacco alle Torri e tutto il resto) in una vittoria.... infatti è solo dimenticando chi era Bin Laden e da dove proveniva, che si può accettare che, basti andare in culo ai lupi (e la Storia, quella vera e quella recente ce lo insegna) per stanare il nemico... quello sta altrove... leggi Arabia Saudita - alleata degli Americani... Ma, così va il mondo secondo Hollywood...

Impressionismo ed Avanguardie

E fatto sta, che trovo anche il tempo per visitare questa bellissima mostra. Milano, Palazzo Reale, "Impressionismo e Avanguardie"... tutti quadri del Philadelphia Museum of Art... uno dopo l'altro scorrono davanti a me i cinquanta tra dipinti e qualche diverso manufatto... opere tra l'Ottocento e Novecento...
Accanto ai bellissimi capolavori, scorre la storia degli stessi, le acquisizioni, le passioni, le contaminazioni, a dimostrare il forte legame tra i due lati dell'Oceano.
 Facciamo così la conoscenza con Filadelfia, la capitale del collezionismo d'arte dalla metà dell'Ottocento.... ed è interessante notare come, la nostra arte, l'arte europea, trasportata negli States e poi tornata a casa, assuma una diversa connotazione... la dimostrazione che, se il Novecento ha sancito la vittoria degli Yankee per quanto attiene la politica culturale - leggi Hollywood - la loro cultura, architettura, scienza, arriva dal vecchio mondo... che piaccia o no...

Ma bando alle ciance, godete anche voi della bellissima grafia dei vari Renoir, Cezanne, Van Gogh, oltre ad esponenti del cubismo, astrattismo, e leggiamo delle passioni che questa pittura seppe suscitare nel Nuovo Mondo....






domenica 6 maggio 2018

Italiano Medio

Dopo aver visto "Omicidio all'italiana", non poteva mancare la visione di quest'altra feroce presa in giro del costume italiano, con il divertentissimo Maccio Capatonda.
Il povero Giulio Verme, da sempre vittima del prossimo e intrepido combattente di cause perse, ad un certo punto non ce la fa più. Un amico ha la soluzione, gli propone una pillola che gli permette di usare il 2% del cervello... e il risultato è a dir poco devastante...
Giulio si trasforma in un tamarro di proporzioni inaudite, vince l'equivalente del "Grande Fratello", si fa passare per Gullit, gira per locali e commette impunemente ogni genere di follia...
Ma tutta questa situazione può durare impunemente? Oppure se ne può cavare qualcosa di buono? Certamente in questa feroce parodia, la lezione è equamente divisa tra chi è integralista contro il mondo moderno, che chi vi si è gettato a capofitto! Nel mezzo, tantissime risate.
Colmo di citazioni, pare un film stupido, ma a suo modo è di un'intelligenza (per dirla alla Fracchia) Mostruosa!
 

sabato 5 maggio 2018

Spazio, Tempo, Architettura

Uscito per la prima volta in America nel 1941, l'opera "Space, Time and Architecture" dello storico di architettura Sigfried Giedion esce ora in seconda edizione italiana allestita sulla quattordicesima edizione americana. La versione italiana in mio possesso riporta la prefazione "Speranze e timori dell'Architettura negli anni Sessanta".
L'opera del Giedion costituisce oggi un "classico" adottato come "reading book" da tutte le facoltà di architettura negli Stati Uniti.
Ragione di questo successo in fatto di libri di architettura è la singolare dote dell'autore di interpretare ed esporre in modo chiaro e semplice i più complessi fenomeni dell'evoluzione storica dell'architettura avvalendosi con arte sottile dell'ausilio di sorprendenti paragoni e di convincenti contrasti non solo nel testo ma anche e specialmente nella ricchissima dotazione grafica e fotografica.

 

 
"E' più facile intendere quanto accade nell'architettura oggi, se inseriamo questo sviluppo nella cornice più ampia della Storia dell'Architettura.
Per riassumerlo in poche parole ci sono tre stadi dello sviluppo architettonico.
Durante la prima concezione spaziale che abbraccia l'Egitto, i Sumeri, e persino la Grecia, lo spazio nasceva dal gioco reciproco fra i volumi. Lo spazio interno era trascurato.
La seconda concezione spaziale considerava lo spazio sinonimo dello spazio scavato internamente.
Nonostante differenze profondo, questa seconda concezione spaziale comprende l'intero periodo del Pantheon alla fine del diciottesimo secolo.
Il secolo diciannovesimo costituisce un anello intermedio.
L'analisi spaziale dei suoi edifici indicava che in essi le precedenti fasi del secondo stadio sono mescolate simultaneamente (Paul Frank).
Ma la precedente unità spaziale andava sempre più sparendo.
Gli edifici rappresentativi spazialmente, venivano collocati in una posizione isolata senza legami spaziali con l'intorno.
La terza concezione spaziale s'inizia con la rivoluzione ottica all'inizio di questo secolo che abolì il punto di vista prospettico unico.
Questo ebbe conseguenze fondamentali per la concezione della architettura e della scena urbana e noi sappiamo di nuovo percepire l'energia dei volumi collocati liberamente nello spazio senza nessi prospettici
Esiste un'affinità con la prima concezione spaziale.
Lo spazio scavato quale compito supremo.
Appaiono nuovi elementi un inter penetrazione sino ad ora sconosciuta di spazio interno ed esterno, una capacità di dominare livelli diversi, sopra e sotto la terra per l'influenza dell'automobile che obbliga ad incorporare il movimento quale parte integrante della concezione architettonica.
Tutto ciò ci illumina su quella che è stata della la concezione spazio temporale contemporanea.
Essa costituisce la colonna vertebrale della tradizione in sviluppo. Noi ci troviamo ancora nelle convulsioni del periodo formativo... ma le grandi linee sono oramai tracciate".

Ultra