lunedì 31 marzo 2014

L'orologiaio di Everton

"Un sabato sera del tutto uguale agli altri, tornando a casa dopo la solita partita a Jacquet con l'amico Musak (uno dei riti capitali della sua esistenza monotona e ripetitiva), Dave Galloway scopre che il figlio Ben se n'é andato, portandosi via il furgone e senza avergli scritto neanche due parole di addio - esattamente come, quindici anni e mezzo prima, se n'era andata la madre di Ben, lasciandosi dietro una scia di profumo volgare, un vecchio paio di scarpe e un bambino di pochi mesi.
Se quel bambino il padre si è chinato aspirandone l'odore tiepido di "pane appena sfornato" - e da allora aveva vissuto soltanto per lui.
Ogni attimo della sua vita. La notte come il giorno.
"Sei felice Ben?" gli chiedeva, più spesso di quanto avrebbe dovuto, e alla sua risposta affermativa insisteva: "lo sai che sono tuo amico vero Ben?".
Ma si, Ben sembrava felice: era un bravo ragazzo, un alunno modello, forse un po' chiuso, un po' malinconico.
Sulla madre non aveva mai fatto domande.
Quando gli viene detto che Ben è scappato con una ragazzina di quindici anni, Lillian, che insieme hanno ucciso un uomo e stanno fuggendo lungo le strade del Middle West inseguiti dalle polizie di cinque Stati, Dave comincia a domandarsi che cosa sa di suo figlio, e del proprio essere stato figlio.
Dopo l'arresto Ben si rifiuterà di vedere il padre, ma Dave deciderà di rimanergli ugualmente accanto: perché nel figlio ha riconosciuto quello stesso desiderio di ribellione che appartiene anche a lui, ed è appartenuto a suo padre, quel rifiuto dei limiti che è il segreto degli uomini - degli uomini che lo soffocano come quelli che un giorno varcano la linea di confine.
Quel segreto di cui forse Dave sarà ora capace di parlare a suo figlio, e al figlio di suo figlio che Lillian sta per mettere al mondo". (tratto dal risvolto di copertina).
 

 
Dave ha una vita tranquilla, forse troppo. Ha anche un figlio: Ben. Mai un problema, mai un grattacapo. Da quando sua moglie l'ha abbandonato lasciandolo solo ad accudirlo lui se n'è fatto una ragione ed è andato avanti. 
Tutto bene? No. 
Una sera Ben non torna a casa, uccide un passante, ruba un auto anzi due, ruba dei soldi, vuole sposare una sua amica minorenne incinta di lui.
E finisce in galera. Forse lo aspetta la pena capitale.
E' l'inizio della fine? O forse lo squarcio al velo che impedisce a Dave di intuire la verità?
Ci sono uomini che comandano e altri che subiscono. Ma non è sempre così.
Anche chi sta sotto deve dimostrare di esistere. Non lo ha forse fatto il padre di Dave? Non lo ha fatto Dave sposando quella donna - contro il volere di tutti? E non lo sta facendo oggi Ben?
Dave ha una rivelazione. E tutto appare in luce nuova. Ora ha di nuovo suo figlio vicino a sé. Ora la sua vita ha un significato.

venerdì 28 marzo 2014

L'animale sociale

 
"Questo libro parla del regno interiore della mente. Questo regno interiore è illuminato dalla scienza, ma non per questo è un luogo arido o meccanicistico; al contrario, é ricchissimo di emozioni, affascinante e, persino magico.
Se lo studio della coscienza sottolinea l'importanza della ragione dell'analisi, lo studio dell'inconscio punta sulla passione e sulla percezione. Se la Mente Esteriore evidenzia la forza del singolo, la Mente Interiore evidenzia il potere delle relazioni e gli invisibili legami tra gli individui.
Se la Mente Esteriore ha fame di riconoscimento sociale e professionale e di soldi, la Mente Interiore ha fame di armonia e connessione, di quei momenti in cui l'interesse autocentrato si affievolisce e una persona si perde dietro una sfida, dietro una causa, dietro l'amore per un'altra persona o quello per Dio.
Se la coscienza è come un generale che vede il mondo da una certa distanza e analizza le cose linearmente e linguisticamente, l'inconscio è come tanti piccoli soldatini ricognitori.
Procedono a tentoni sul territorio, mandando un flusso costante di segnali e generando risposte immediate.
Non mantengono nessuna distanza con l'ambiente che li circonda: vi sono completamente immersi.
Si infilano ovunque, penetrano in altre menti, in altri scenari, in altre idee.
Questi ricognitori danno alle cose un significato emozionale.
Ogni percezione ha il proprio sapore, la propria consistenza, la propria forza.
Questi segnali non controllano la nostra vita, ma modellano la nostra interpretazione del mondo. Ci guidano come una specie di GPS che delineano il nostro percorso.
Se ignoriamo gli impulsi che scorrono in noi ogni giorno, ignoriamo i processi che determinano ciò che vogliamo".  (tratto dal libro).
 

Non è un libro qualsiasi. Non vi insegna i trucchi segreti per diventare più ricchi o per piacere a tutti.
E' un serissimo tomo scientifico, che sa raccontare in forma di romanzo, quelli che sono i più profondi sentimenti umani. Quella parte "dark side" che l'uomo ha dentro di sé e che si esprime senza la nostra volontà.
Ci fa scoprire l'esistenza di un mondo sotterraneo che ci governa a nostra insaputa.
Se colto nella giusta prospettiva, ci apre la mente sul nostro essere e sul nostro confrontarci con gli altri.
Per questo la storia dei due protagonisti e il loro affrontare le diverse fasi della vita, diventa il nostro vivere quotidiano. Lo suggerisco a tutti. Non sottovalutate le potenzialità che albergano in ciascuno di noi.

mercoledì 19 marzo 2014

ciao Sara

Dopo oltre dieci anni di soccorso in strada, ancora non ci ho fatto "il callo".
Martedì sera ore 21e20 circa. Arriva la chiamata dal 118. Codice Giallo, incidente stradale. E' qui vicino, tocca a noi.
Usciamo. Durante il tragitto il codice diventa Rosso, dividiamo i compiti, chi va alla testa, cosa portare, eccetera. Le solite cose, ripetute ad oltranza. Anche per sdrammatizzare, cosa troveremo?
Questa volta è toccato a Sara. E' evidente a tutti che l'incidente è brutto. Brutta la dinamica e le condizioni del paziente.
Si fa il proprio dovere, quello che ci hanno insegnato e quello che noi ripetiamo ai nuovi volontari.
Si cerca di dire qualche parola buona ai genitori. Si tratta il paziente, si immobilizza, si trasporta e carica, si stabilizza e si aspetta l'auto medica.
Tutto va come deve andare. Poi via di corsa all'ospedale.
Dopo dieci giorni Sara non ce l'ha fatta. Quattordici anni. Troppo presto.
Non siamo robot, siamo esseri umani. Che fanno altro nella vita e sperano di donare aiuto al prossimo. Ognuno di noi attrezzato come può di fronte al dolore ed alla morte.
E' toccato a noi, soffriamo e preghiamo cercando di stare vicini ai genitori e parenti di Sara. 
Piccolo angelo

sabato 15 marzo 2014

L'uomo di Berlino

 

Scritto in terza persona, con entrate ed uscite in punta di piedi. Geniale nel far sparire il principale interprete molto prima del finale (e quando dico sparire, intendo SPARIRE).
Crudo, feroce, ingiusto, ma quando mai la vita reale è giusta?
Ogni personaggio ha il suo carico di dolori, di peccati e di ingiustizie che fanno da bagaglio e compagnia di vita.
Sfondo, la Berlino dell'inverno 1946, si preannuncia la Guerra Fredda e la gara principale tra le potenze occupanti è spartirsi quanto rimasto dell'ex potenza nazista: gli scienziati e i loro segreti.
Da qui parte tutta la vicenda, da un microfilm nascosto in un cappotto, addosso ad un nano dalla storia singolare: puttane, sfruttatori, occupanti ignobili, tedeschi ridotti alla fame, bambini adusi a convivere con violenza, furto, mercato nero e dolore.
Nel mezzo Pavel Richter, dolorante personaggio circondato di libri. Ma chi è realmente? Un buono? Un cattivo? Ben narrato, convince e attira il lettore.

domenica 2 marzo 2014

Sherlock Holmes Gioco d'ombre

Sequel del primo Sherlock Holmes del 2009.
il duo Downey e Jude Law non ne sbaglia una e ancora una volta pone rimedio alle malefatte altrui.
il cattivo di turno - cui va dato atto della grande intelligenza, toglie immediatamente la vita a Irene Adler, già conosciuta nel primo episodio, e sempre combattuta tra l'amore per Sherlock ed una natura decisamente criminale…
Chi vuole la Guerra Mondiale? Chi ordisce attentati ed omicidi eccellenti?
Non sarà facile per i due investigatori, oramai assurti al ruolo di 007 d'epoca riuscire non tanto a smascherare la mente, ma capirne i motivi e sventare il suo piano.
Un film che non da tregua, con battute, colpi di scena, stop motion a gogo e arti marziali. Da vedere!

sabato 1 marzo 2014

STALKER il gioco

Parlare di S.T.A.L.K.E.R. (d'ora in poi STALKER per praticità) non è semplice.
Non perché sia un gioco estremamente complesso, ma perché è qualcosa di più e oltre ad un gioco.
Parte da lontano, dal poco conosciuto film di fantascienza del regista sovietico Tarkovskij del 1979.
L'esistenza di una "zona", quella che nel corso di tutto il gioco sarà "LA ZONA", un luogo mitico e pericoloso ove cercare la risposta a tutti i propri interrogativi.
Tarkovskij cerca nel suo film di dare un significato agli interrogativi che ognuno di noi porta con sé, il gioco parte da qui, non potendo non rendere in chiave avventurosa questa istanza (si tratta pur sempre di un FPS uno sparatutto) intervallandola a momenti di relativa tranquillità ove si possono scambiare due parole al bar, ascoltare il malinconico suono della chitarra o stare al riparo dall'insistente pioggia in un capanno abbandonato.
L'enormità dello spazio di gioco (oltre 30 kmq), le continue minacce incombenti (mostri, nemici, animali selvatici), le missioni da compiere, le zone contaminate da riconoscere, rendono il gioco tutt'altro che monotono.
La prima volta che ho iniziato il gioco ho provato un vero terrore, per essermi perso, per non sapere chi poteva farmi del male, per non sapere come andare avanti.
Certo il gioco ai suoi difetti (i bugs), ma questo non toglie nulla all'idea. 
Narrarlo sarebbe lungo e forse noioso per chi non vi ha mai giocato.
Senza nulla togliere alla sorpresa, trovo che la lunga e perigliosa avventura del Marchiato, alla ricerca di se stesso e del suo nemico merita le ore di gioco. 
Si può giocare in molti modi: sparando a tutto quel che si muove, cercando di completare le missioni, parlando con ogni personaggio, facendo e disfacendo alleanze. A voi la scelta. Le vostre azioni vi daranno un diverso responso finale. Ma non avviene così anche nella vita reale?

I due colonnelli

Da un parte gli inglesi, dall'altra gli italiani.
In mezzo un paesino oggetto di disputa.
Come tutte le italiche cose, anche in questo caso, la guerra non è presa sul serio al punto che i due contendenti condividono letti e figli divenendo quasi parenti.
Quando però giunge il teutonico terzo incomodo una scelta dovrà essere fatta.
I due colonnelli gioca a stemperare quello che fu il 2° conflitto mondiale ed i rapporti con i nemici anglo americani. Mettere in burla il passato è una capacità che a Totò riesce bene, ed in fatti anche qui i motivi per cui ridere ci sono tutti.
La scoperta di essere stati entrambi imbrogliati, dalla suocera della presunta convivente greca, rende amici i due colonnelli che sino a quel momento nutrivano si rispetto ma anche la giusta acredine guerresca. Grande l'interpretazione di Walter Pidgeon (il colonnello inglese), di Nino Taranto (il sergente Quaglia) e di Roland Von Bartrop (il cattivissimo Maggiore Kruger). Ottimo film di Steno.

Ultra