domenica 29 ottobre 2017

L'ultima partita a carte

Che dire di Mario Rigoni Stern? Cantore della guerra alpina in Russia (il Sergente nella neve) e della vita grama sull'altopiano di Asiago (I recuperanti), è stato senza dubbio tra i grandi scrittori italiani a descrivere quel terribile periodo che dall'inizio del secolo scorso ci ha fatto attraversare due Guerre Mondiali. Questo piccolo racconto ne è un condensato.
 
"Certi libri nascono per caso, e sono piccoli miracoli. L'ultima partita a carte é nato da una sfida coraggiosa e apparentemente inaudita che l'autore ha voluto lanciare a se stesso, stimolato da una richiesta della Fondazione CINI: raccontare in modo secco e caldo insieme, in un breve intervento pubblico, quanto aveva narrato distesamente nei libri i tutta una vita, e cioè la sua vicenda di ragazzo nella Seconda Guerra Mondiale.
Lavorando per un lungo periodo su quegli appunti, con uno sguardo ai libri di storia e ai documenti e un altro sguardo, di natura ben diversa, alla sua personale esperienza di soldato tra i tanti, Rigoni Stern ha scritto uno dei suoi libri più singolari, un distillato prezioso.
In ogni pagina la biografia si fonde con la stoia collettiva, per poi disperdersi in rivoli di storie individuali; ed è proprio questo movimento naturale di diastole e di sistole a far pulsare il cuore vivo del racconto, a rendere udibile, per le generazioni lontane da quegli eventi, il battito del tempo.
Nel rievocare l'inizio delle ostilità, la campagna d'Albania, di Russia, l'8 settembre, il lager - sempre contrapponendo le vuote parole dei bollettini ufficiali, alla realtà incandescente del vissuto - Rigoni Stern non rinuncia mai a raccontare episodi apparentemente marginali, che custodiscono un altro senso della Storia: cinque carote barattate con una penna stilografica d'oro, lo sguardo di un compagno di cordata che precipita, una fossa comune apparsa nel nulla della steppa e poi subito inghiottita dalla neve, un placido laghetto che si prosciuga rivelando il suo carico di morte.
E c'é spazio, come nella vita, per aneddoti quasi comici: le lezioni di buone maniere impartite settimanalmente alla compagnia da un improbabile capitano nobile; il momento in cui, diciasettenne, Rigoni Stern tenta di arruolarsi in Marina tra il dileggio degli esaminatori che gli chiedono "Ma tu sai nuotare?".
Così, per sussulti e frammenti, la storia di un uomo e di un'epoca ci viene incontro. "Ero un piccolo uomo" - dice Rigoni Stern - che tra milioni di altri uomini stava combattendo lontanissimo da casa in una guerra così orribile che mai le stelle videro nel loro esistere. Sentivo solo la grande responsabilità verso i miei compagni che il fato mi aveva portato a guidare; sentivo che il mio corpo era forte e che in Italia ero amato e rispettato".
 

sabato 28 ottobre 2017

Rosa dei Banchi

Il mercoledì, si sa, è destinato alla montagna. E così insieme a Max, esploratore di cime, si va in Valle d'Aosta e più precisamente nella Valle di Champorcher, alla Rosa dei Banchi. Sin dal mattino la giornata si preannuncia speciale. Meteo spettacolo, luci incredibili, temperatura mite... che altro aggiungere? Lasciamo l'auto e cominciamo a salire... nel primo tratto, perdo pure un guanto, poi ritrovato...
Salendo il panorama si amplia ed ecco il lago Miserin, con il rifugio e la chiesetta...
 Ed ecco apparire il massiccio del Rosa! in tutta la sua imponenza...
 paesaggio lunare... la Valle d'Aosta regala spazi aperti e panorami mozzafiato...
Giunti al colle ecco apparire il Monviso... sotto la coltre di nubi e smog, la piana torinese...
 Sulla sinistra, dal colle, si intravede la nostra meta... ancora lontana...
Aggiriamo una serie di ostacoli.. non ultimo questo torrione, da aggirare a sinistra su una paretina attrezzata con due ferri e un canapone... fare attenzione!
Ecco la cresta percorsa sino a qui... mica cosa da poco...
 e salendo, si intravedono i residui del ghiacciaio della Rosa dei Banchi... oramai morente...
 Appare anche sua maestà il Cervino!
ed eccoci sulla cima... divisa in due diverse vette... in fondo sempre il Rosa...
per non farci mancare nulla, decidiamo di proseguire la cresta verso valle... fantastico panorama lunare, grandi visioni delle valli circostanti, eccezionale giornata e gita superlativa. Non si può desiderare altro.... davvero.
 
 

venerdì 27 ottobre 2017

La cultura della Destra

Marcello Veneziani, con questo libro, si lancia in una difesa a spada tratta della cultura di Destra, tentando di coniugarne una forma di fronte alle sfide odierne. Lo fa allontanando da sé e dal contesto tutta una serie di elementi (l'esistenza di una contrapposizione di forma tra destra e sinistra, l'esistenza di una cultura alta e snob - di sinistra - e una popolare quasi pop di destra), arrivando poi a sostenere che negli ultimi anni, le istanze del popolo sono di destra, mentre la sinistra guarda alle minoranze, spesso danarose e capaci di acquistare cultura alta, quindi non soggetta alle restrizioni del quotidiano.
Se alcune cose possono essere condivise, è il finale che non tiene. Quale sarebbe la cultura? Se poi il retroterra è fatto, ancora una volta di Dio, Patria e Famiglia? E che dietro questa triade, si nascondano comportamenti (soprattutto dal più volte lodato Cavalier Silvio Berlusconi, all'epoca Presidente del Consiglio e capo in pectore dello schieramento di centro-destra) che NULLA hanno a che fare con questi dogmi?
Allora, se c'é una cosa che ritengo di destra, ma mi basterebbe trovarla in ogni uomo, è la parola data, il legame tra ciò che si dice e ciò che si fa, il mantenere gli impegni politici ed avere una vita privata non dico Benedettina, ma almeno seria...
Forse Veneziani, con atto rapido ed indolore, voleva smarcarsi rispetto ad un immagine troppo legata al Ventennio, al Fascismo ed a Mussolini... per ridare lustro ad un fronte politico di cui comunque c'é gran bisogno. In parte lo fa. Ma poi lo richiama in tutti i modi, contro gli stranieri, contro la globalizzazione... insomma, alla resa dei conti di questa cultura rimane poca cosa... e con essa il libro che la decanta..

Villaggio Crespi

Sull'onda delle recenti letture, sono andato a rispolverare una gita motociclistica fatta quasi dieci anni or sono al Villaggio Crespi, frazione di Capriate San Gervasio.  Sorto a partire dal 1875, intorno al cotonificio di Cristoforo Benigno Crespi, rappresenta l'esempio di villaggio operaio presente in altre realtà, soprattutto del Nord Europa, e dal 1995 nominato Patrimonio dell'Unesco.
Perché costruire un villaggio per gli operai? e perché così intorno alla fabbrica, quasi un unico organismo, comprendente asilo, scuola, mensa e dopo lavoro con la cooperativa di consumo, il cimitero, la chiesa, l'ospedale e i bagni pubblici... il padrone era potere e benevolenza, lavoro e sottomissione, benessere e obbedienza...
Qui il sito ufficiale.
il villaggio era comunque una risposta positiva all'esigenza di consentire alle maestranze una vita dignitosa, crescendo secondo regole certe ed in un ambiente protetto. Una visione paternalistica, di un certo socialismo e capitalismo di quel periodo...
Rileggendo certe condizioni di vita, nella Londra (e non solo) del XVIII secolo, occorre ammettere che questo appariva un piccolo paradiso in Terra.







 







 

 

Normativa e tipologia dell'abitazione popolare

Sempre suggerito dal corso di Studi di "Metodi e Tecniche" ecco questo testo, che ha come obbiettivo, il raffronto tra edilizia, esigenze abitative e risposte legislative...
Così l'ultima di copertina: "Popolare, Economica, per Lavoratori... sono denominazioni di uso molto diffuso che vengono comunemente usate per esprimere significati pressoché identici, connessi ad una edilizia abitativa essenziale, realizzata per soddisfare le esigenze minime delle classi sociali meno abbienti.
Da quando la "casa" è stata riconosciuta un servizio sociale, tali significati si sono fortunatamente evoluti verso concezioni meno riduttive, più aderenti ai bisogni umani anche se ad essi non hanno purtroppo corrisposto le realizzazioni.
Vi sono ancora molti equivoci da chiarire, molti malintesi da eliminare, sia nel tipo edilizio scelto per l'alloggio sia nelle aggregazioni dei tipi e dei servizi.
Tali equivoci e tali malintesi derivano principalmente dalle diverse valutazioni che si hanno sull'uomo, per il quale si trova del tutto legittimo tanto una suddivisione in categorie sociali, quanto l'attribuzione, per ognuna di esse, di altrettanto diverse categorie di bisogni.
Tuttavia una sensibile evoluzione c'é stata, ed oggi possiamo registrare soluzioni decisamente buone se non eccellenti nelle quali sono stati particolarmente studiati i rapporti tra la popolazione, le sue attese, le sue propensioni (su cui premono fatalmente le componenti ambientali e le inerzie culturali) e l'habitat, ovvero tra l'abitante e il complesso organizzato di spazi chiusi ed aperti, di volumi e di vuoti, di attrezzature e servizi.
Lo studio di questa evoluzione, condotto sulle realizzazioni quanto sui testi legislativi che le hanno promosse è stato affrontato ormai da alcuni anni dalla cattedra di Igiene Ambientale.
La presente pubblicazione rappresenta la sintesi dell'inteso lavoro svolto di notevole interesse non solo per il materiale raccolto che viene posto a disposizione del lettore ma anche per il modo con cui tale materiale è stato ordinato oltre che per le conclusioni cui l'autore perviene e, infine, per quelle che suggerisce al lettore.
La fatica affrontata da Di Sivio raggiunge lo scopo e offre un contributo importante sia per la conoscenza della evoluzione subita dall'edilizia residenziale in Italia, sia per la conoscenza delle connessioni tra tipo edilizio e normativa al fine di valutare le influenze di quest'ultima sul primo. Specialmente queste ultime osservazioni sono interessanti su quanto la normativa possa condizionare la qualità abitativa".

Abitazione e città nella rivoluzione industriale

Metodi e Tecniche, con il Professor Golinelli, presso il Politecnico di Milano, fu un altro di quegli esami che affrontavano l'abitare dal punto di vista delle norme, della costruzione e del suo progredire nel tempo. Oltre ai libri di testo, in quel periodo mi capitarono tra le mani altri scritti, raccattati qua e là, ma che andavano a colmare buchi lasciati dallo studio o rispondere a domande che nascevano con esso.
"Abitazione e città nella rivoluzione industriale", testo della Sansoni del 1975, è uno di questi. Affronta la problematica dell'enorme trasformazione dei centri abitati, principalmente inglesi, di fronte all'epocale cambiamento determinato dalla rivoluzione industriale del periodo a cavallo tra XVII e XVIII secolo.
 
 
 
 
Così il testo sull'ultima di copertina "In questo saggio l'autore ripercorre il cammino della rivoluzione industriale attraverso una rilettura di documenti e materiale inedito, sottolineando le relazioni strette tra rivoluzione industriale e fasi della rivoluzione urbana che si rivela come strumento di controllo e mutamento sociale. A partire dai modelli proposti da filantropi e utopisti, la ricerca focalizza il momento della massima crisi, individuando le prime soluzioni al problema urbano, elemento imprescindibile di gestione sociale.
Il materiale di lettura proposto va dalle inchieste ufficiali della Corona alle proposte di architetti e sociologi urbani nelle loro prime formulazioni, confrontate con le posizioni teoriche e pratiche del nascente socialismo".
 
La trasformazione del modo di produrre, porta con sé problemi epocali. Nuove classi sociali, nuove necessità abitative, nuove culture, nuove istanze sociali... un'enorme trasformazione del territorio e della città... diventa necessario non più affidarsi al caso o al buon cuore, ma fare disciplina, leggi, controllo ed aiuto per evitare disordini e far crescere la società... la buona architettura è uno di questi rimedi e questo libro cerca di darne conto.


La nuova vita delle Alpi

Mi piace Enrico Camanni. Mi piacciono i suoi libri e il suo modo di raccontare la montagna... lo seguo oramai dal lontano 1985, quando fondò ALP, la Rivista della Montagna... un giornale che "spaccava" l'ingessato mondo alpino, ancora legato alla tradizione della scuola del CAI e si fece portavoce delle nuove istanze... dei nuovi modi di salire ed amare le Terre Alte... arrampicata in primis, ma poi salite non convenzionali, ecologismo, cime note e meno note...
Ci ritorno con questo libro, acquistato e letto nel 2002 (la nota in terza di copertina riporta un GROSSI 15/12/2002, certamente un auto-regalo natalizio in una delle mie fughe a Domodossola.
 
Ma veniamo al libro: "Le Alpi si trovano a un bivio: diventare una provincia della pianura, o nella migliore delle ipotesi un parco-museo a uso dei cittadini, oppure inventare e sperimentare un modello di sviluppo - occasione unica in Europa - che sappia conciliare la difesa dell'ambiente con le ragioni dell'economia, la tradizione con la modernità.
Esistono prove di umanizzazione delle Alpi a partire da 15.000 - 10.000 anni fa, quando, con il ritiro dei ghiacciai, l'uomo cominciò a frequentare le alte quote: prima cacciatore occasionale, poi pastore e contadino stanziale, il montanaro ha sviluppato in migliaia di anni, quella raffinata civiltà alpina che, in forme mutevoli e complesse, é sopravvissuta fino alla prima metà del Novecento, e anche più tardi nelle valli isolate.
Ma quando la città ha "scoperto" la montagna, la civiltà alpina è stata insidiata dalla "salita" della civiltà urbana.
Ciò che non era riuscito in 10.000 anni, alle glaciazioni, alle epidemie, alle invasioni armate, alle frane e alle valanghe, é riuscito in pochi decenni a un modello così forte e persuasivo da stravolgere il territorio e trascinare sull'orlo dell'omologazione la cultura e l'identità delle popolazioni Alpine.
Il libro propone una nuova trasformazione non regressiva anche attraverso numerosi esempi".
 
 
Insomma, non solo "chaiers de doléances" ma alternativa, proposta, progetto, dibattito... perché se molto si è perso, non tutto è perduto.
Personalmente ritengo che le montagne e le popolazioni che vi abitano (o tutti coloro che vi si vogliano trasferire) dovrebbero ricevere sovvenzioni per valorizzarne i contenuti (agricoltura, cultura, architettura, costruzione di manufatti, cibi e tradizioni, ecologia, enologia) con marchi DOC e valorizzazione per salvaguardarne un "climax" che non deve assolutamente andare perduto.
Estendere i vincoli ambientali da una parte e salvarne i residenti aumentandone il benessere è un prezzo accettabile a fronte del mantenimento di una bellezza che, come scritto da Henry David Thoreau "....non un semplice strumento per il raggiungimento di conoscenze ideali di ordine superiore, bensì oggetto ultimo della pratica filosofica, fonte di benessere e soluzione esistenziale..."

martedì 24 ottobre 2017

il significato delle cose

Ennesimo incontro con la Filosofia. Argomento mai fuori moda, anzi rivalutato in particolare negli ultimi tempi, quale antidoto all'eccesso di tecnicismo e per un importante richiamo all'umanesimo.
E così riprendo un testo letto oltre 14 anni or sono e me lo riguardo, lo sbocconcello, ne colgo passaggi dimenticati o altri che ricordavo ed apprezzo, oggi come allora.
A differenza del precedente testo, qui la filosofia viene raccontata e spiegata attraverso voci ed argomenti che toccano tutti gli aspetti dell'essere umano: Moralismo, Tolleranza, Misericordia, Civiltà, Compromesso, Paura, Coraggio, Sconfitta, Dolore, Morte, Speranza, Perseveranza, Prudenza, Sincerità, Menzogna, Spergiuro, Tradimento, Lealtà, Colpa... eccetera...
La filosofia non ha una risposta per ognuno di questi punti, ma ha molte domande e le pone in modo da farci capire che, avere quesiti è l'inizio del percorso che porta ad avere risposte e quindi soluzioni.... sapremo seguirlo?
 
"Una vita senza ricerche non è degna di essere vissuta" disse Socrate.
Intendeva dire, tra le altre cose, che una vita ben vissuta, non affidata ai capricci del caso, ha obbiettivi suoi propri, scelti e stabiliti da chi li vive.
E se si vuole che la vita abbia, per quanto possibile, forma e orientamento, è necessario dedicare a essa qualche riflessione. Ma porsi delle domande sul significato dell'esistenza e sulla condizione umana non deve essere per forza un esercizio faticoso e difficile; al contrario può rivelarsi un'esperienza illuminante e positiva.
In queste pagine troverete molte cose che potranno esservi utili.
Unendo l'acume di pensiero alla chiarezza espositiva di un grande divulgatore, A.C. Grayling v guiderà nel cammino di comprensione tracciato dalla filosofia e, più in generale, dalla civiltà.
Lungo il percorso, scandito da sessantotto voci in cui è riassunta l'essenza dello spirito umano (anche attraverso i pensieri dei classici antichi e moderni), potrete confrontarvi con le parole che racchiudono in sé il senso dell'esistenza: amore, morte, tolleranza, dolore, lealtà ecc...
Collegate tra loro più o meno direttamente, potrete leggerle a caso, oppure consultarle come un dizionario, secondo l'umore o le necessità del momento.
In esse troveranno conforto i tradizionalisti smarriti e i radicali arrabbiati, uniti dalla consapevolezza che il possesso di un pensiero autonomo illuminato dall'esperienza è di gran lunga preferibile, nella vita quotidiana, a una felicità qualsiasi, senza domande e senza desideri.
Questo libro, che invita innanzitutto a un viaggio dentro se stessi evitando facili scorciatoie, lo dimostra.
Altrimenti un surrogato di benessere, se non di felicità, non sarebbe molto diverso dall'oblio".
 
 

I cento talleri di Kant

Sono tanti i libri che si occupano di filosofia e tutti (o quasi tutti) cercano di dissimulare questa disciplina, dandone una versione edulcorata... semplificata... quasi un "si è difficile, ma noi te la raccontiamo facile facile"... forse perché la storia del pensiero e l'applicazione del pensiero, in tempi come questi, appare faticosa, lunga, soprattutto inutile.
Per molti versi non fa eccezione "I cento talleri di Kant"... sottotitolo "La filosofia attraverso gli esempi dei filosofi"... insomma, se fosse matematica, diremmo che vediamo gli esercizi applicati al quotidiano e poi risaliamo alle formule.
E d'altro canto, non vedo altro modo per rendere fruibile un metodo, che non sia l'applicazione di fatti concreti rispetto a frasi nobili dette da ancor più nobili personaggi... scopriremo così l'attualità, anzi l'immortalità di certi argomenti.
Eppure... eppure... come non apprezzare il dilemma che emerge nella gara tra Achille e la tartaruga? e come non dare ragione ad Elena, nel tradire il marito e scappare a Troia, incantata dalle parole adultere? o non essere d'accordo sull'uso sconsiderato dell'anello dell'invisibilità di Gige? E ancora Spinoza e Dio, Galilei, gli orologi di Leibinz, il Laocoonte e la sua bocca chiusa, il teschio maneggiato da Amleto ed Hegel, il perché si ride, l'arto fantasma, sino ad arrivare a Roland Barthes ed i media... libretto da leggere e rileggere...
 
"Un buon vino non ha bisogno di etichette. Altrettanto un concetto efficace non ha bisogno di esempi. Ma un'etichetta può attestare la qualità del vino, e un esempio appropriato può persuaderci della validità di un concetto...
Gli esempi che offriamo sono talora delle scorciatoie per giungere ai concetti senza troppa fatica così gli orologi di Leibniz mostrano come le cose del mondo vadano a tempo, i talleri di Kant si ritrova in tasca illustrano perché non si possa conoscere a priori l'esistenza delle cose.
Altre volte, invece, i loro autori hanno saputo dotarli di una vivacità autonoma, capace di coinvolgere di per sé il lettore: è il caso di Gorgia che esemplifica la potenza della parola, difendendo l'adultera Elena, o di Heidegger che scopre l'angoscia esistenziale vedendo in un quadro le scarpe logore di una contadina...
I Greci dicevano che si deve diffidare di chi non ama il vino. Forse anche in campo filosofico si dovrebbe diffidare di quei pensatori che non amano gli esempi. Ma per loro non c'é spazio in questo libro".
 

lunedì 23 ottobre 2017

HhhH

Nuova versione degli eventi che portarono all'uccisione di Reynhard Heydrich, Reich Protektors di Boemia e Moravia, personaggio voluto da Hitler per la sua ferocia e che, unico caso - per il grado di importanza militare - durante tutta la seconda guerra mondiale, venne tolto di mezzo dalla resistenza.
Mentre il precedente film (qui la mia breve recensione) si era concentrato sulla parte giocata dai servizi segreti inglesi e dai partigiani cechi, questo nuovo episodio, tratta con maggiore attenzione e durata, i tratti salienti della vita di Heydrich... il suo fallimento nella marina, la moglie che con forte carattere lo guida, l'incontro con Himmler, la lotta intestina tra SS ed SA, quella contro i comunisti prima e gli ebrei poi.. non a caso ribattezzato l'uomo dal cuore d'acciaio... resta l'artefice della "Soluzione Finale", quella che mise fine alla vita di oltre 6 milioni di persone e che tanta crudeltà e ferocia mise contro i civili russi nelle retrovie dell'invasione dell'URSS.
Ben tratteggiato, il personaggio Heydrich si rivela un ottimo burocrate, un esecutore di ordini senza pari e senza pietà alcuna... un autentico mostro, governato solo dalla fame di potere e dalla volontà di essere gradito ad Hitler.
Mentre la vicenda, per sommi capi, si allinea alla precedente ricostruzione, conosciamo il clima che si respira nel quartier generale nazista, le gerarchie, la posta in palio, gli odi e le passioni... la tensione resta alta ed il crescendo che porta alla morte degli attentatori ed alla rappresaglia nazista è correttamente rappresentato, dando l'idea della follia umana...
 

il referendolo

QUI
C'era una volta un piccolo referendello che voleva diventare un randello... ma che mancò del tutto il tiro. Bene, a giochi fatti, ed a soldi spesi... posso ribadire quanto affermato nel mio precedente post.
Questo referendum era, è e resta una bufala di stampo leghista, il cui unico scopo era, fare pubblicità allo schieramento di centro destra a trazione nordica in vista delle prossime elezioni, contarsi, e ingannare il popolo (che non ci è cascato), facendo credere che tutti i voti ottenuti (38,26%) e tutti i si ottenuti (95,29%) fossero voti destinati a cascare nel paniere del centro destra...
Facciamo alcune considerazioni: perché invocare il 34% come soglia minima per dichiarare soddisfacente il referendum? Perché? Perché? dai che ci siete, dai che ci arrivate da soli... Perché è la somma dei voti del gruppone da riunire alle prossime elezioni... la linea del Piave sotto la quale non è possibile pensare nemmeno per scherzo di presentarsi alle prossime politiche...
Ora, in democrazia contano i numeri. 51% dei voti e governi... oppure con idonei correttivi (maggioritario, premio di maggioranza, prolunga fallica) ottieni comunque il potere in forza dei tuoi voti superiori numericamente a quelli degli altri... ma qui? dove sono i voti? dove sono le maggioranze? Io vedo solo che il 61,74% degli aventi diritto se ne sbatte la ciolla del referendum e del suo contenuto e lo boicotta allegramente... e che quindi... questo referendum non vale niente... è stato bocciato.
Ora, senza numeri (apro una parentesi, complimenti a Zaia che invece il risultato lo ha raggiunto e senza usare i fantastici tablet... ci torno sopra dopo) che cosa andrà a chiedere il nostro Governatore a Roma? Nulla ovvio... perché questo referendolo non consente di chiedere proprio nulla che non fosse già previsto dall'articolo 116 della Costituzione... e per cui bastava una bella delibera del Consiglio Regionale... bah!
 
Ed ora i tablet! Certo che quelli del M5S portano sfiga! Dopo la pessima figura del sistema Rousseau, per l'elezione del loro prossimo leader (Di Maio contro i 5 nessuno, quasi il titolo di un B-movie degli anni '70, di quelli che andavi a vedere al cine dell'oratorio), qui rieccoli, rei di aver appoggiato l'evento a condizione che si votasse con i tablet... gli stessi avrebbero garantito voti sicuri, veloci, chiari, esiti immediati, certezza! Ed infatti... mentre siamo ancora in attesa di sapere REALMENTE quanti hanno votato e come, vediamo già la fine che faranno i 24.000 .... da lasciare alle scuole...
Insomma, i leghisti hanno avuto il loro momento di gloria? Bene. Si ricordassero però che la Lombardia non è la Catalogna, e che di queste costose scemenze non frega niente a nessuno... ma che il costosissimo spot, i lombardi lo sopportano una volta.. due potrebbe costare politicamente carissimo... sa vedum!
 
 
 

A che cosa serve la filosofia?

Bel libro che tenta di dare un significato alla filosofia. In un epoca che da importanza solo alla praticità, occorre gridare a gran voce che, solo le cose inutili servono realmente a qualcosa. La filosofia serve a tutti e in tutti i tempi. Tocca temi che una volta erano demandati alla religione.... Ma,  morto Dio, e sminuite le pseudo-religioni fricchettone, eccoci di fronte al vuoto assoluto. Il predominio del denaro e della vittoria sul prossimo a tutti i costi. La filosofia serve a capire che caspita stiamo a fare sulla Terra, o almeno a farcelo sospettare. Mai inutilità fu più necessaria.
 
Jena Paul Jouary, professore di filosofia, ci introduce con questo agile libretto nel mondo della filosofia, applicandola alla quotidianità... ne emergono elementi inaspettati e utili per tutti.
 
"La filosofia esige che chi vi si addentra, reagisca ai problemi, ai procedimenti, ai testi; è necessario farne una questione personale, progredire nella qualità del proprio pensiero, sapendo che la filosofia serve prima di tutto nella vita. Ogni lettura filosofica deve diventare alimento indispensabile di un'autentica avventura personale.... Occorrerà imparare a ragionare in maniera più coerente, più ordinata, più logica.
Occorrerà imparare ad analizzare una domanda, a scoprire come impostarla alla radice, cioè prima di tutto a introdurla, senza affrettarsi a rispondere come se fosse evidente, come se non ammettesse che una sola risposta possibile".
 
"La filosofia? qualcosa troppo difficile, che suscita ansia e preoccupazione nel lettore profano. Considerata astratta, lontana dalla vita, incomprensibile, soprattutto inutile. Questo libro vuole dimostrare che non è così: si tratta solo di presentare i problemi nel modo giusto, partendo dalle esperienze quotidiane e dalle domande che noi tutti ci poniamo.
Jean-Paul Jouary cerca di farci sentire che cos'é la filosofia, partendo da esempi pratici, invitando a interrogarci, a esprimere le nostre concezioni spontanee su un determinato problema.
Poi ci mostra come lo stesso problema possa essere affrontato con procedure diverse e secondo differenti punti di vista, servendosi delle riflessioni e dei testi di alcuni famosi filosofi.
Allora ci rendiamo conto che nella vita di ogni giorno affrontiamo, senza saperlo, quesiti e problemi che fanno parte della storia dell'uomo, e che spesso giungiamo a conclusioni che i grandi filosofi, prima di noi, hanno già espresso in modo più profondo e universale.
Consapevoli di questo, potremmo partire dalle idee acquisite per formare un nostro personale modo di pensare, più solido perché sostenuto dalla conoscenza.
E allora la filosofia, da materia misteriosa diventerà nostra amica, insostituibile compagna di vita".
 

domenica 22 ottobre 2017

La città nella storia

Eccomi alle prese con la recensione del monumentale "La città nella Storia" di Lewis Mumford, il libro che, durante il periodo universitario, mi ha fatto innamorare dell'urbanistica e della Teoria dell'urbanistica. Diviso in tre volumi, anche per renderne più semplice la lettura in ogni dove, riassume dalle origini sino al '900 la storia degli agglomerati urbani e di conseguenza dei suoi fruitori, gli esseri umani.
"E' la città destinata a scomparire o tutto il pianeta diventerà un immenso alveare umano? I bisogni e gli impulsi che hanno spinto gli uomini a vivere nelle città possono ritrovare - a un livello ancora più alto - tutto ciò che Gerusalemme, Atene, Firenze sembravano un tempo promettere? C'é ancora la possibilità di una scelta vitale tra Necropoli e Utopia? Lewis Mumford nella sua opera La città nella storia, testo fondamentale di teoria urbanistica e al tempo stesso una delle più affascinanti e complesse ricerche della storiografia moderna, risponde a tutti questi interrogativi mettendo a profitto le risorse di una incomparabile erudizione, servendosi contemporaneamente degli strumenti della sociologia, della storiografia, dell'urbanistica, della storia dell'Arte e della filosofia".
Così recita la terza di copertina e la prefazione all'edizione in mio possesso (1987). 


 
Spulciando tra i libri, salta fuori questo articolo del 27 gennaio 1990, che ricorda la morte (a 94 anni) di Mumford... Eccone il necrologio "Era un personaggio discreto e gentile Non amava l'etichetta di urbanista né quella di storico. Aveva dedicato la sua vita allo studio e all'interpretazione della città come organismo vivente, punto di massima concentrazione dell'energia e della cultura di una comunità. Era stato un profeta scomodo, accusato di isterismo per aver previsto già negli anni '30 la crisi della città per congestione, perdita di identità, sfruttamento imposto da una economia del denaro prevalente su una economia di vita.
Anticipò di mezzo secolo i movimenti ambientalisti, introducendo i concetti di limite dello sviluppo e preconizzando la nascita di una nuova civiltà che, superando l'ordine meccanico della civiltà neotecnica, si indirizza verso un ordine capace di interagire con l'ambiente. Lo inorridivano i grandi complessi di edilizia di massa, progettati come macchine nell'indifferenza del clima circostante (Le Corbusier).
 
Insomma, un testo che, una volta letto, vi lascerà un segno indelebile.
 



sabato 21 ottobre 2017

I Simpson e la filosofia

Che ci azzeccano (come direbbe l'onorevole Di Pietro), Immanuel Kant, Karl Marx, Roland Barthes, Michel Foucault, Socrate, Ludwig Wittgenstein, Jean-Paul Sartre, Friedrich Nietzsche e altri ancora, con Bart, Homer, Lisa e Marge... oltre alla folle popolazione di Springfield ? Bella domanda direte voi...
 
"E' possibile che Bart Simpson rappresenti la perfetta incarnazione dell'ideale nichilista di Friedrich Nietsche? Che il comportamento di Marge sia la realizzazione concreta della classificazione aristotelica delle virtù? Che la mentalità di Springfield sia frutto di un approccio decostruzionista al reale?  Secondo William Irvin, Mark T. Conard e Aeon J. Skoble, per capire l'epopea dei Simpson è più utile rivolgersi a Immanuel Kant, Karl Marx e Roland Barthes che non ai sociologi o ai critici televisivi.  Diciotto saggi, diciotto possibili percorsi interpretativi che offrono letture originali dei personaggi, dei linguaggi e della scorrettezza politica della serie. Uno studio che applica le armi della dialettica alla cultura pop, fondendo il rigore espositivo tipico della filosofia all'ironia di un oggetto di indagine insolito.  I Simpson e la filosofia offre inoltre la possibilità di ripassare molte delle battute e dei dialoghi che costituiscono una delle ragioni del successo di una serie Tv, che ancora oggi in Italia può contare su una media di 4 milioni di spettatori al giorno".
 
Ma quale è allora lo spirito di questo libro? "Questo libro non cerca di ridurre la filosofia al minimo comun denominatore, non abbiamo alcun progetto di abbassarne il livello E' lecito scrivere saggi filosofici sulla cultura popolare? La risposta standard é la seguente: Sofocle e Shakespeare ai loro tempi erano cultura popolare.. i Simpson non fanno (solo filosofia)... sono invece il nostro specchio deformato (ma non poi tanto) che ci permette di filosofare... ridendo.

Zugzwang

Riprendo le recensioni brevi dei testi letti anni or sono e migrati sull'unico spazio in rete di mia appartenenza e passione...
Zugzwang - Mossa obbligata. San Pietroburgo 1914. Un appassionante torneo di scacchi. Una partita più ampia che decide il destino dell'Europa.
"Un rispettabile direttore di giornale viene assassinato. Cinque giorni dopo il dottor Otto Spethman, famoso psicoanalista freudiano, rimasto vedovo da poco e grande amante del giorno degli scacchi, riceve la visita della polizia: hanno bisogno di lui per risolvere il caso.
Costretto, suo malgrado, ad abbandonare la sua vita noiosa ma rassicurante, Otto, armato di una conoscenza profonda dell'animo umano e dei suoi istinti più nascosti, deve cercare di dipanare il filo oscuro delle relazioni e di comprenderne i moventi dell'efferato delitto.
Ma la città é una ragnatela inestricabile di complotti in cui paiono coinvolti tutti: la sua adorata e ribelle figlia; un campione di scacchi in crisi; un virtuoso del violino donnaiolo e spendaccione; una signora dell'alta società tormentata da un incubo ricorrente.
Spethman questa volta si trova a dover disputare una partita reale: la scacchiera è San Pietroburgo, vitale e travolgente alla soglia della rivoluzione; la posta in gioco è la vista stessa".
 
Se decidi di fare un romanzo storico, o magari anche solo un romanzo che si collega alla Storia, di questa Storia devi parlare, non puoi fare come certo cinema italiano degli anni '60 , stile i  "ciabattoni", film a sfondo storico-mitico-religioso, ove i legionari giravano con l'orologio al polso...
Sennò, lo ambienti sulla Luna , nel 2000 e salcazzo e racconti tutto quel che vuoi... ovviamente dicendo che esistono le astronavi... sennò siamo punto a capo.
Per cui, mi dispiace bocciare questo libro, che mi aveva attirato per il collegamento con il gioco degli scacchi e poi si è dimostrato essere un pour porri ove vi è dentro tutto e non si capisce niente... scacco matto.  

venerdì 20 ottobre 2017

Nelle foreste siberiane

Prendete un inglese, abbandonatelo su di un isola deserta, fategli magari incontrare un selvaggio... e lui comincerà a costruire ogni genere di oggetto necessario per rendersi la vita più semplice... e forse ci farà pure sopra un business..
Prendete un americano... questi diverrà l'Adamo primitivo, probabilmente comincerà a sparare ai selvaggi e ben presto costruirà un fortino ed un nuovo mito del West...
Prendete un francese, stessa situazione e lui comincerà a leggere, fumare e bere... al massimo a pescare, giusto perché prima mangiare e poi filosofare... insomma un vero borghese bohemienne...
Avete capito, questa è la storia del nostro Sylvain Tesson, scrittore francese che decide di trascorrere sei mesi (dal pieno inverno del febbraio russo sino alla fine di luglio) sul lago Bajkal in Siberia.
 
"Un noto scrittore e viaggiatore ha deciso di lasciare Parigi. Saluta gli amici, la fidanzata, il lavoro e gli impegni. Per sei mesi andrà a vivere in totale isolamento nelle foreste della Siberia, in una capanna di pochi metri sulle sponde del lago più antico del mondo, a 120 km di distanza dal primo villaggio abitato senza vicini di casa né strade di accesso.
Lo attende una solitudine differente da quella del navigatore o dell'alpinista che attraversano paesaggi e scenari: nei boschi ghiacciati l'uomo sta fermo e viaggia dentro se stesso, e la natura si gode lo spettacolo.
Da febbraio a luglio, Sylvain Tesson si impone un ritmo preciso. La mattina legge, scrive, fuma, disegna. Seguono cinque lunghe ore dedicate alle faccende domestiche: bisogna tagliare la legna, spalare la neve, preparare le lenze, riparare i danni dell'inverno.
La vera sfida d questi sei mesi è scoprire se riuscirà a resistere.
L'ispettore forestale che lo accompagna fin li è chiaro ed enigmatico allo stesso tempo: "Questo è un posto magnifico per suicidarsi...". La solitudine può anche rivelarsi fertile.  Quando non si ha nessuno a cui esporre i propri pensieri la carta diventa preziosa confidente, e il taccuino compagno fedele. I giorni trascorrono mentre si scruta il lago e la foresta, si pesca per la cena o si beve un bicchiere di vodka dopo una passeggiata tra i monti. Una sedia di fronte alla finestra è un punto di osservazione ideale per cogliere il respiro del mondo, l'inverno e l'arrivo della primavera, ma anche la propria felicità, la disperazione e finalmente la pace. Perché nell'immobilità della Siberia la vita continua a scorrere impetuosa ma diversa.
Si sente il rumore del tempo, si sta in ascolto della propria metamorfosi. E poi ci sono i libri, davvero insostituibili. Chi non ha troppa fiducia nella ricchezza della propria vita interiore deve portarsi dietro dei buoni autori; potrà sempre riempire quel vuoto. Ecco allora i migliori compagni di viaggio Truman Capote, il Marchese De Sade, Casanova, il postino suona sempre due volte, il trattato del ribelle di Junger e tutte le versioni del Robinson Crusoe, il De Rerum Natura e le fantasticherie del passeggiatore solitario di Rousseau. Mentre si fuma e si beve una vodka si può leggere del corpo, dell'amore, del sesso, del pensiero e della perdizione, dell'ascesi e dell'abbruttimento. Forse questa capanna di legno è davvero un paradiso".
 
 
Affida così al suo/nostro diario, tutti i suoi pensieri... gli eventi, gli incontri, le emozioni e i momenti no.... così di volta in volta leggiamo: L'incontro con l'improvvisazione russa e il senso del precario... "I romani costruivano per i millenni, ai russi basta superare l'inverno".
 La riflessione sulla società e sulla rivoluzionaria idea di estraniarsene "L'eremita svilisce il contratto sociale; la solitudine è una conquista che fa ritrovare il piacere delle cose;  Sono libero di fare qualunque cosa in un mondo in cui non c'é niente da fare".... e d'altro canto cosa è la vita? "La vita consiste nel farsi forza tra un lutto e l'altro"...
 
Oppure, la riflessione sulla religione "Dio, mai sazio delle preghiere degli uomini, è un buon passatempo" o ancora sulle cose importanti nella vita e sull'idea (sbagliata) che abbiamo della libertà "Buffo no? Uno decide di vivere in una capanna, già si vede assorto nelle sue meditazioni, intento a fumare un sigaro guardando il cielo, e si ritrova a spuntare liste di viveri su un taccuino. La vita è tutta una questione di provviste".
 
 
Insomma, un libro che è prima di tutto un viaggio introspettivo, un riflesso di ciò che si vede (o non si vede) attraverso l'anima di chi è solo... ed affida tutto al suo diario... "Queste pagine sono tutto quel che resta della mia vita. Scrivo un diario per combattere l'oblio e fornire un supporto alla memoria. Se non si tiene un registro dei fatti e dei gesti, a che serve vivere? Le ore scorrono via, i giorni si cancellano e il nulla trionfa. il diario: operazione commando condotta contro l'assurdo".
Vi sono viaggi di km che forgiano l'essere umano, vi sono viaggi di pochi metri (la finestra, il tavolo di fronte al lago) che impongono sforzi sovraumani per trovarsi e crescere... questo libro narra il secondo tipo di viaggio... e lo fa egregiamente.
 
 
 
 

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