domenica 30 giugno 2019

Riflessioni sulle cause della libertà

A venticinque anni, nel 1934, Simone Weil scrisse queste "Riflessioni", vero talismano che dovrebbe proteggere chiunque é costretto ad attraversare l'immenso ammasso di menzogne che circonda la parola "società".
Come sempre nelle parole più ovvie, in essa si cela una realtà segreta e imponente che agisce su di noi anche là dove nessuno la riconosce.
La Weil è stata la prima a dire con perfetta chiarezza che l'uomo si è emancipato dalla servitù della natura solo per sottomettersi a un'oppressione ancora più oscura, ancora più capricciosa e incontrollabile: quella esercitata dalla società stessa.
Da questa intuizione centrale si diparte, con cristallina virtù argomentativa, una sequenza di ragionamenti che svelano nei meccanismi del potere come in quelli della produzione e dello scambio altrettanti volti di una stessa idolatria.
Scritto quando Hitler era al potere da pochi mesi e quando Stalin era venerato da gran parte della intelligencija come "piccolo padre" di una nuova umanità, questo testo non ha un attimo di incertezza nel delineare l'orrore di qquel presente.
Ma, come sempre nella Weil, lo sguardo é così preciso proprio perché va al di là del presente e percepisce un'immagine inscalfibile del bene, in rapporto alla quale giudica il mondo.
E' uno sguardo che ci induce a sfuggire al contagio della follia e della vertigine collettiva tornando a stringere per conto proprio al di sopra dell'idolo sociale, il patto originario dello spirito con l'universo.
 
 
Un testo da leggere e rileggere… anche perché non semplice. Illuminante, tale da farsi faro nella nebbia delle idee di politica, società, futuro di molti di noi (io per primo).
La Weil è scomoda. Poche storie. Ma se si vuol fare lo sforzo di ascoltarla se ne uscirà cambiati. Maturi e diversi. Provare per credere.


sabato 22 giugno 2019

La disobbedienza civile

Una legge ingiusta è una forma di violenza alla quale è doveroso ribellarsi, in modo pubblico e non violento. Questo è il cuore di della disobbedienza civile per Thoreau e per quanti l'hanno, dopo di lui, teorizzata e messa in atto: da Gandhi a Martin Luther King.
Così questo pamphlet del 1849 sarà l'atto di nascita di quella forma di lotta politica, assolutamente inedita, che conquisterà a sé milioni di persone e contribuirà a fare la storia del Novecento: la resistenza passiva.
Il nodo della questione, ieri come oggi, sulle tasse come sul testamento biologico, è quello del rapporto tra l'individuo e lo Stato, tra le ragioni di una coscienza e quelle di una comunità organizzata.
E' con vero entusiasmo che, proprio all'inizio de "La disobbedienza civile", Thoreau dichiara di sottoscrivere l'idea stando alla quale "il miglior governo è quello che governa meno".
Ma a differenza di quelli che si definiscono anarchici, Thoreau scrive "non chiedo l'immediata abolizione del governo, bensì e subito, un governo migliore e non un governo dove la maggioranza governa su ogni questione.
Non sarebbe meglio un governo basato sulla coscienza? Perché sennò a cosa servirebbe avere una coscienza del singolo che giudica il potere politico e non viceversa.
Da qui l'avversione di Thoreau nei confronti del governo americano, schiavista e guerrafondaio.
L'uomo di valore non lascerà ciò che è giusto alla mercé del caso e visto che lo Stato non ascolta il singolo non resta altro da fare che infrangere la legge.
Thoreau accetta come suoi simili solo le persone che alle parole fanno seguire i fatti. (tratto dal libro).
 
 
Quale miniera d'oro è "il Libraccio"? Ogni volta che ci passo è un vero affare. Morale, anche questa volta con pochi euri (otto per l'esattezza) mi porto a casa 4 libri... e che libri! Parte della raccolta pubblicata da "il Corriere della Sera", "i classici del pensiero libero"... Testi fondamentali per capire dove eravamo e dove stiamo andando.. per non perdere di vista le cose principali da sapere nella vita e nella società.
E' il caso di questo illuminante testo di David Thoreau, "La disobbedienza civile", un documento che ha poi ispirato Martin Luther King, Gandhi e tutto il mondo della non violenza… un testo concreto, scritto in modo chiaro e illuminante.
Si finisce per apprezzare non solo questo scritto, ma anche il successivo, quella "Apologia di John Brown", logica conseguenza del primo. Scrive Thoreau, "se un uomo è dotato di coscienza, perché deve rinunciarvi per far decidere allo Stato?" E quale democrazia giusta può esserci in quella in cui governa la maggioranza e non il buon senso e la coscienza?.. e allora quale risposta? La non violenza, il non contribuire con il proprio operato, le proprie tasse, il proprio lavoro, al funzionamento dello Stato… di cui Thoreau accetta quello che lui chiama "attrito", quel margine di errore e di ingiustizia derivante da una macchina grande e burocratica… ma ove, tale negatività supera il limite, occorre intervenire e non solo a parole (lo ribadirà nel secondo testo) ma con le azioni, pagandone il fio.



I figli degli uomini

Sono rari quei casi in cui, la trasposizione cinematografica di un romanzo, racconto o storia, riesca ad eguagliare un bel testo. Sono mosche bianche!
Di solito, pur avvantaggiati dalla potenza del filmato, della visione, i film perdono, nulla possono contro il potere della parola. Ed invece ecco l'eccezione.
Incuriosito, dopo aver visto il bel film, qui la recensione, eccomi a leggere il testo… con mia somma disperazione…
Quello che leggo non è un romanzo, è uno sciupio della carta su cui è stampato.
Una storia senza capo né coda, un racconto che non va da nessuna parte… che parte quasi bene, crea qualche aspettativa, ma che finisce in vacca.
Scritto con i piedi, pagine e pagine per descrivere i minimi inutili dettagli "aveva i capelli rossi, le lentiggini, una giacca verde, la cravatta blu, le calze rosse, le mutande rosa, le scarpe con un buco sotto la suola, due foruncoli sul culo, un porro all'orecchia…. eeeeeee! Che cazzo! Ma cosa è? una gastroscopia? Una necroscopia forense? Ma piantala, vai a vendere frutta al mercato invece di scrivere così…
E la storia? Non si capisce come, da un istante all'altro, il colpo di scena che porta da morte certa a comandare l'intera Gran Bretagna ci viene somministrato con una tale tristezza, sciapo, sminchio, al punto che uno poi deve per forza dire: "ma allora! ma basta!!!" e buttare il romanzo nella carta da recupero…
 

venerdì 21 giugno 2019

Blackkklansman

Che fare, quando voglio parlare di razzismo, se non voglio cadere nell'ovvio?
Se voglio cioè evitare che ci siano i buoni ed i cattivi… una linea di demarcazione chiara, evidente, che non lascia spazio ai dubbi, ad alcun dubbio. Qui i cattivi, quelli con il cappuccio, la croce, la polizia dalla loro parte. La i buoni, quelli che le prendono, subiscono, pregano e piangono, vanno in chiesa ed ascoltano MLK e le sue bellissime prediche… "I have a dream!".
Semplice, si dà mano libera a quella bestia feroce che si chiama Spike Lee, ed eccovi serviti.
Così avremo i razzisti, duri si, ma anche tanto tanto bacucchi. Che affidano la posa della bomba alla moglie grassoccia ed incapace di uno di loro, con il risultato (spoiler) di saltare in aria… che reclutano al telefono, e fanno la tessera del KKK ad un nero, che si commuovono di fronte ad un film imbecille come "Nascita di una nazione"...
Oppure no…
La presa in giro però lascia in bocca qualcosa di amaro, qualcosa di storto… ma è davvero così? Oppure la miscela idiozia, razzismo, cattiveria, è inalienabile, non scindibile… con il risultato finale che, dobbiamo accettare che il razzista sia un povero cretino?
Aspettando di risolvere l'arcano, godiamoci questo film. Si ride, si pensa, si ride ancora… Originale!

giovedì 13 giugno 2019

UP Climbing

Vado in edicola e per puro caso mi finisce tra le mani questa rivista, la guardo, la sfoglio e rimango basito! Una foto di Re Azul, bellissima via 7b/c, un articolo sul Pellizzon, Dario Bossone, la Pala di Gondo, Balmalonesca, e tante altre zone e altrettante persone che appartengono al mio passato.
Rimango basito due volte… uno perché forse (chissà poi perché) mi aspettavo di essere citato… eppure qualche numero l'avevo fatto pure io.. qualche via liberata, qualcuna spittata, vabbè va così… forse l'essermi allontanato da tanto tempo mi ha fatto dimenticare.
Due perché è un vero e proprio sentirsi raccontare la storia, come se qualcuno mi leggesse nel cervello, frugasse tra i miei pensieri, i miei ricordi, insomma mi sento indagato..
Forte come la storia venga raccontata da chi resta, da chi lascia il tavolo alla fine… e può giustamente descrivere tutto quanto come l'ha vista, capita e digerita lui.
Non è un male, anzi, è solo la dimostrazione che non esistono fatti… esistono solo interpretazioni. Che ci piaccia o no, va così.
Ma veniamo alla rivista, molto ma molto autocelebrativa, in alcuni punti ricostruisce la storia, le storie, i ricordi, le vicende.. grazie alle parole dei protagonisti… altre volte fa qualche congettura, a suo modo divertenti pure queste… Si legge volentieri e racconta salite e imprese molto bene.
Divertente scoprire che, quello che per noi era il top, oggi, dopo tanti anni… appare preistoria, una fase di passaggio ora superata… E' forse questo che me l'ha resa un poco indigesta…
Detto questo, lunga vita ad UP Climbing. Ovvio!

domenica 9 giugno 2019

Lago delle Streghe

Eccomi qui. Tempo sempre tiranno - non solo quello meteorologico - eppure, con uno sprint di poche ore, riesco a stare vicino a mamma e ricavarmi un piccolo spazio per due passi nel luogo delle mie passioni.
Dura infatti tre ore veloci, questa gita in una giornata di un freddo, coperto e ventoso sabato, che mi vede risalire rapidamente la mulattiera per l'Alpe Veglia, rimirare il panorama ancora innevato dell'Alpe e del lago delle streghe, infilarmi in un ravano fatto di neve e rami spezzati e restituirmi in fondo alla piana.
Un tragitto in cui riesco a perdere la cognizione del tempo, a godermi aria, vento, odori e colori, per tutto il tracciato… beandomi di natura, solitudine, silenzi, animali selvatici che ti osservano… e solo con una gran forza di volontà ed un pizzico di malinconia riesco a staccarmi da tutto queste sensazioni e ritornare al quotidiano…
Qualcuno potrebbe sorridere di questo mio racconto, ma credetemi, non è la durata dell'avventura ma la profondità, l'immersione che conta davvero… in cui riesco a sentirmi parte del tutto… complice anche l'assoluta assenza di persone.
Non voglio passare per un orso, un alienato. questo no, dico solo che per caricare le pile, silenzio, solitudine, natura (anche avversa), meteo quasi ostile, sono quanto mi occorre… ovvio ho altre passioni e altri momenti… totalmente diversi da questo, ma non sarà certo una festa affollata a darmi lo stesso effetto… no.
Concludo il mio giro con l'augurio di tornarci presto, con meno neve per poter salire le cime che ho adocchiato questa volta, che ho fotografato per esaminare con calma.. ed anche per sognare un poco.
Quanta passione, quanta felicità a costo molto molto basso, solo fiato, gambe, sudore e pazienza… tutte cose gratuite.






Qui ci torno… voglio esplorare quelle rocce, ho già visto alcune possibili tracce… vedremo.
Altra cima che mi manca .. questa più facile.





Oggi la cascata del Veglia da il meglio di sé.

Blitz

Jason Statham ci prova, credetemi. Ci mette tutto il suo impegno a fare il protagonista di film d'azione. Lo si vede in certe scene in cui aggrotta la fronte, altre in cui inarca il sopracciglio, altre ancora in cui si guarda in giro sconsolato…
L'esito però é sempre lo stesso. Recita come un peto nello spazio.
Diciamoci la verità: il poliziotto dai modi atipici, dalla vita sregolata, dall'alto tasso alcolico, dalle maniere rudi ma in fondo cucciolone, ecco si, proprio lui… ci ha un tantino scassato la ciolla.
E non basta qualche comparsata del sempre bellissimo Luke Evans, qui lieve come un'anguilla e carico come un limone a farci piacere questa sbobba ignobile, con l'ammazza sbirri (un ottimo Aidan Gillen, a dimostrazione che studiare ed impegnarsi paga) forse unico attore meritevole d'attenzione.
Menzione d'onore a Paddy Considine, per il ruolo di poliziotto gay e spalla del cattivissimo Jason.
Cosa chiedere allora ai nostri eroi? Intanto una trama credibile, poi una recitazione degna di questo nome, poi un filo logico ed un finale accettabile. Vi sembra troppo? Può essere, ma c'é una soluzione: non fatene più. grazie.
 

venerdì 7 giugno 2019

San Gottardo - Ticino

Dopo il numero dedicato all' Ossola, quello della Val Grande, quello dedicato alla  Formazza e quello dedicato alle Alpi del Sempione passiamo nuovamente il confine per conoscere il più italiano dei cantoni svizzeri: il Ticino.
Il format di presentazione della rivista è quello classico, che oramai lo contraddistingue: Alpinismo, Arrampicata, Bouldering, Cucina e Tradizioni, Personaggi, Storia e l'omonimo fiume: il Ticino.
E' quasi un obbligo parlare del luogo e pensare al fiume e viceversa. Ma Ticino non è solo il flusso orizzontale del fiume ma anche e soprattutto - a riprova che un numero di Meridiani Montagne è una vera opportunità - verticalità: montagne, rocce, bouldering, cascate e canyoning.
Ci vengono così ben descritti in ogni articolo, facendoci apprezzare luoghi e persone, storia e tradizioni, vecchie e nuove imprese alpinistiche.
Incontriamo vecchie conoscenze: il grande e compianto Pedrini tra tutti, o in tempi più remoti la presenza di Comici (ai Denti della Vecchia) e le sue incredibili imprese.
Un bellissimo numero, dedicato ad un ambiente da conoscere e frequentare a seconda della propria passione… o anche solo per una gita fuori porta.

giovedì 6 giugno 2019

Hunter Killer - Caccia negli abissi

Quant'acqua è passata negli oceani da "Caccia a Ottobre Rosso"... e come, fortunatamente, si sono ampliati i sommergibili, così da permettere ampio e sufficiente spazio per accogliere il cinghialone Gerard Butler!
Allora, il bellissimo e carismatico comandante sovietico dirottava il sommergibile verso gli States, inseguito dai suoi connazionali e salvato in extremis da un intraprendente Alec Baldwin.
Qui la situazione si fa ben più movimentata…. colpo di stato nella ex Russia, gli americani intervengono per cielo, terra e mare, per togliere d'impiccio il presidente russo e sventare una guerra mondiale… tra azioni militari, stereotipi a gogo… il nostro robusto comandante sfodera gli artigli e insegna ad ognuno quale è il posto che deve occupare… compreso il suo omonimo comandate russo, una specie di stoccafisso con la barba, che dirige il traffico e rivela segreti militari… tutto è bene quel che finisce bene! E si ritorna tutti a casa sul bel sommergibile.

mercoledì 5 giugno 2019

L'arte di correre

Quando nel 1981, Murakami chiuse Peter Cat, il jazz bar che aveva gestito nei precedenti sette anni per dedicarsi solo alla scrittura, ritenne che fosse anche giunto il momento di cambiare abitudini di vita: decise di smettere di fumare sessanta sigarette al giorno, e - poiché scrivere è notoriamente un lavoro sedentario e Murakami per natura tenderebbe verso una certa pinguedine - di mettersi a correre.
Da allora, di solito scrive quattro ore al mattino, poi il pomeriggio corre dieci o più chilometri.
Qualche anno più tardi si recò in Grecia dove per la prima volta percorse tutto il tragitto classico della maratona.
L'esperienza lo convinse: da allora ha partecipato a ventiquattro di queste competizioni, ma anche a una ultra maratona e a diverse gare di triathlon.
Scritto nell'arco di tre anni, "L'arte di correre" è una riflessione sulle motivazioni che ancora oggi spingono l'orma sessantenne Murakami a sottoporsi a questa intensa attività fisica che assume il valore di una vera e propria strategia di sopravvivenza.
Perché scrivere - sostiene Murakami - é un'attività pericolosa, una perenne lotta con i lati oscuri del proprio essere ed è indispensabile eliminare le tossine che, nell'atto creativo, si determinano nell'animo di uno scrittore.
Al tempo stesso, questo insolito libro propone però anche illuminanti squarci sulla corsa in sé, sulle fatiche che essa comporta, sui momenti di debolezza e di esaltazione che chiunque abbia partecipato ad una maratona avrà indubbiamente provato. (tratto dal libro).


Un tantino complicato inquadrare questo libro. Per stessa ammissione di chi lo scrive, non è una biografia, non è un saggio, non è un romanzo… E' un riassunto mescolante pensieri a ruota libera, colti correndo, e descrizioni più o meno calzanti dei predetti momenti di corsa. A volte l'amalgama riesce, altre volte la maionese impazzisce.
Cosa spinga a correre un ex fumatore, ex gestore di bar, ora scrittore di fama mondiale… ed a correre tanto nevvero… maratona ogni anno, ultra maratona, triathlon, 10 km ogni giorno… ovviamente ognuno ha un valido motivo: star bene, dimagrire, trovare una nuova dimensione, liberare endorfine.. oppure semplicemente perché la corsa fa stare bene.
E nel farlo, ha comunque il coraggio di raccontarlo per quello che è per una persona della sua età e del suo "limitato" fisico normale. Come quando scrive "Man mano che avanzo negli anni, sono diventato sempre più bravo a compensare le carenze. Come quando si apre il frigorifero, si prende quel poco che resta e ci si mette a cucinare qualcosa come si può e nemmeno tanto male. Ci si accontenta di quel che c'é. Perché si è già fortunati che rimanga ancora qualcosa."
Anche perché l'avanzare degli anni viene vissuto con sofferenza e fatica, al punto da fargli dire "A un certo punto della nostra vita, quando abbiamo veramente bisogno di risposte chiare, chi viene a bussare alla nostra porta di solito è qualcuno che ci porta cattive notizie".
Ma forse la corsa è tutta una scusa. Anche perché, per sua stessa ammissione, "spesso le cose che hanno veramente valore si ottengono attraverso gesti inutili".





domenica 2 giugno 2019

Il caso Meursault

Ti riassumo la storia prima di raccontartela: un uomo che sa scrivere uccide un arabo che quel giorno non ha neppure un nome - quasi l'avesse lasciato appeso a un chiodo prima di entrare in scena - e poi comincia a spiegare che è tutta colpa di un Dio che non esiste e di ciò che ha capito sotto il sole e per il fatto che la salsedine lo costringere a chiudere gli occhi.
Perciò l'omicidio rimane un atto assolutamente impunito e non è un delitto poiché non esiste legge fra mezzogiorno e le due, fra lui e Zoudj, fra Maursault e Moussa.
E in seguito, per settant'anni, tutti si sono adoperati a far sparire in gran fretta il corpo della vittima, a trasformare i luoghi dell'omicidio in un museo immateriale e a discorrere sul significato del nome dell'assassino.
Che cosa significa Meursault? Morto solo? Morto sciocco? Non muore mai?
Per mio fratello, invece, in tutta questa storia non è stata spesa neppure una parola.
E tu, come tutti quelli prima di te, hai preso una cantonata.
L'assurdo lo portiamo sulle spalle o nel ventre delle nostre terre io e mio fratello, non quello là. (tratto dal libro).
 
 
Quale può essere il bisogno… anzi "l'urgenza", dopo oltre settant'anni da "Lo straniero" di Albert Camus di scrivere un nuovo libro, un controcanto degli avvenimenti, una risposta a quel famosissimo romanzo? Ricordiamo per un'istante la vicenda . Un francese in Algeria, uccide un arabo per futili motivi.. anzi senza alcun motivo. Finisce in carcere e accetta senza fiatare le conseguenze del suo gesto. Azione estrema in risposta ad una vita priva di verità e vita stessa.
Sul campo però resta l'altro… l'arabo. Ora suo fratello, dopo tutti questi anni, chiede giustizia. E quale può essere miglior giustizia se non il ricordo, il parlare del periodo trascorso a cercare di dare ragione a quella azione?
In questo particolare romanzo, dedicato agli appassionati bibliofili, troviamo un filo rosso che ci conduce da quel lontano 1942 ad oggi… Narrando il punto di vista dell'altro… Non del colono, colui che "da secoli amplia la propria fortuna dando nomi a ciò di cui si appropria e togliendoli a ciò che lo ostacola".
Questo fa il gaouri, il roumi, il francese obeso, ladro di sudore e di terra.
Ma perché una morte così assurda? Forse per difendere le donne e le loro cosce! Mi dico che dopo aver perso la terra, i pozzi e le bestie, gli restavano solo le donne.
Perché questa storia allora? Forse per offrire un sudario al fratello morto… qualcosa che pur non riportandolo in vita, possa dargli un ricordo, una tomba vera.
E allora, incontriamo il fratello in un bar, un posto ove "qui viene chi vuole sfuggire all'età, a dio, alla moglie, credo e non necessariamente in quest'ordine.
E ascoltiamo un racconto. Impreciso, ma ricco di immaginazione, di colore, vitalità ed impennate improvvise, a compensare le lacune e l'imprecisione. E tuttavia, si chiede il fratello del morto, che fare di un uomo che incontri su un'isola deserta e che il giorno prima ha ucciso un Venerdì? Niente! E' questo il dilemma che arrovella il nostro uomo, costretto a convivere con il morto, con il ricordo del morto, con la madre che gli rimprovera per tutto il tempo di essere vivo, lui, al posto dell'altro, dell'eroe ucciso dal gaouri francese. E non aver nulla da contrapporre, nemmeno la religione… perché "Mi azzardo a dirti che detesto le religioni. Tutte! Perché truccano il peso del mondo. Mentre il corpo… fa quel che può, infatti "i sentimenti invecchiano piano, meno in fretta della pelle…"
Ma anche l'arabo - colpo di scena - ha una storia da narrare… è omicida a sua volta, di un francese.. un modo per ripagare il debito, per liberarsi del primo morto e della madre che lo perseguita. Un modo per pareggiare, ma anche per ritrovare quella dignità perduta…
Eppure, "seppellire un cadavere non è facile come vogliono farci credere i libri o i film. Un cadavere pesa il doppio di un uomo vivo, rifiuta la mano che gli tendi, si aggrappa all'ultima superficie di terra aderendovi con tutto il suo peso cieco".
Insomma, un morto ideale che non vuole andarsene - perché presente nel famoso libro - ed uno vero che ripaga l'omicida della stessa moneta. Difficile paragonarli, difficile capire… una cosa è certa. D'ora in poi leggendo "Lo straniero" di Camus, non potremo fare a meno di sbirciare "il caso Meursault"..  a dir poco, geniale!
 


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