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venerdì 30 giugno 2023

Come mantenere la calma


Fai un respiro profondo  e conta fino a dieci; visualizza un luogo ove ti senti felice; entra in meditazione... chissà quante volte, amici, famigliari ed esperti ti hanno suggerito una di queste tecniche per mantenere la calma, ma, quando si tratta di affrontare davvero il momento in cui la rabbia esplode, è difficile centrare il bersaglio, soprattutto perché nessuno dei metodi indicati è in grado di generare consapevolezza.
Perché mi arrabbio?
Perché alcune situazioni mi esasperano scatenando in me reazioni istintive di collera?
L'intento di questo libro é spiegare dapprima le dinamiche fisiche e psicologiche all'origine della rabbia, e offrire poi, un ventaglio di strumenti capaci di vincere la battaglia sul campo: i piccoli problemi della vita perderanno via via di importanza, e i conflitti più seri non sfoceranno più in incontrollabili scoppi di ira e frustrazione, ma verranno filtrati dalle lenti dell'accettazione e della saggezza.
Come non perdere mai più la calma, rappresenta un invito ad osservare la rabbia attraverso una visione olistica che la scomponga nei suoi fattori emozionali, spirituali e fisici nascosti, donando ai lettori pratici e semplici strumenti per eliminarla ancor prima che sopraggiunga.

Fidatevi... continuerete ad arrabbiarvi! Però almeno, saprete il perché.. e forse questo vi condurrà ad una visione consapevole della rabbia... risolvendo i problemi che la generano nel profondo. Un buon libro su cui riflettere e da usare come aiuto.

giovedì 23 settembre 2021

La psicologia del giocatore di scacchi


 "Mi piace vederli dibattersi" così confessò a proposito dei suoi avversari Bobby Fischer, prima di strappare a Spassky, nel 1972, il titolo di campione mondiale di scacchi.
Al di là delle spiegazioni più immediate (denaro e fama), questo libro ricerca le motivazioni segrete che hanno indotto uomini dai talenti più diversi a dedicare al gioco uno smisurato spazio mentale e pratico.
L'autore non offre soltanto una psicoanalisi degli scacchi, ma ripercorre la vita dei campioni del mondo e i loro conflitti; da Morphy che si ritirò dal gioco all'età di ventidue anni per soccombere poi gradualmente a una nevrosi, a Steinitz, che in stati allucinatori giocava con Dio, concedendogli il vantaggio di un pedone e della prima mossa, da Alechin, "il sadico del mondo scacchistico", a Fischer, un genio dalle reazioni spesso incomprensibili.
Il gioco degli scacchi, che incanala e nello stesso tempo esaspera, una aggressività implacabile, appare infatti destinato a sviluppare fantasie di onnipotenza.
Non mancano però, nel libro di Fine, anche gli "anti-eroi", che cercano di resistervi: né stupisce la difficoltà della loro lotta, ove si pensi che la loro teoria del gioco coinvolge anche l'ideologia, tanto che si è parlato di Stile capitalistico e di Scuola Sovietica, di stile individualistico e di paura del deviazionismo.
L'americano Reuben Fine (1914-1993) che é stato tra i massimi scacchisti intorno agli anni Quaranta e ha scritto libri fondamentali sulla teoria del gioco, esercitò per decenni l'attività di psicoanalista e in tale veste incontrò Fischer adolescente, come racconta in queste pagine. (tratto dal libro)

Essendo io, quello che gli inglesi definiscono un woodpusher (uno spingi legno) intendendo un dilettante della materia, mi limito a leggere e cercare di immaginare la vita di una persona completamente assorbita dal gioco degli scacchi...un gioco in cui è fondamentale la cattura dei pezzi dell'avversario, ma a differenza degli altri giochi un giocatore può catturare tutti i pezzi dell'avversario e tuttavia perdere...un gioco mentale e psicologico, in cui il pensiero sostituisce l'azione...
Negli scacchi quattro aspetti sembrano predominanti: la memoria, la visualizzazione, l'organizzazione e l'immaginazione... un gioco valutabile solo a posteriori, se è vero che... tra gli scacchisti c'é un modo di dire: quando una mossa è poco chiara, si aspetta la fine della partita, se vinci è stato un sacrificio, se perdi è stato uno svarione...

Nonostante le migliaia di testi sull'argomento, sulle aperture, il mediogioco, le finali... c'é ancora spazio per la fantasia, per i campioni, i geni, la fantasia.. e questo, scusatemi... non è davvero poca cosa.



martedì 21 settembre 2021

Sulla corsa


Un nuovo testo che parla di corsa? Un altro? Nella realtà i testi che si occupano di sport tendono a seguire due filoni: l'aspetto fisico o quello interiore. "Sulla corsa" di Covacich li esprime entrambi... a modo suo, con qualche salto temporale, non dicendo tutto, lasciando cioè che sia il lettore ad intendere, a riempire le parti mancanti... forse lo fa per pudicizia, forse perché in effetti certe cose saranno pur cavoli suoi, o forse teme di apparire noioso... o ancora, amante del rasoio di Occam toglie tutto ciò che non reputa essenziale... (o ancora, essendo triestino, ha un modo riservato di porsi) morale, queste 159 pagine... frammiste a spazi bianchi, molto dicono, si.. ma non tutto... e gli altrettanti capitoli, legati dal filo rosso del tempo, dei libri scritti, di quelli letti (Umberto Eco, grande maestro dei rimandi) ci mostra un uomo divorato dalla passione per la corsa, che al tempo stesso letteralmente lo divora...
Se è giusto che ognuno parli solo di ciò che conosce, allora Mauro Covacich può farlo, avendo inseguito, affiancato e spesso superato la propria passione pagandone poi il fio.

"1976. Mauro ha undici anni e, insieme a un'altra cinquantina di bambini, partecipa a una gara organizzata dalla azienda del padre.
E' in quest'occasione che sperimenta per la prima volta le sensazioni che lo faranno innamorare della corsa, spingendolo a gareggiare per tutta la vita.
Accanto al racconto sul corpo, l'impatto sugli allenamenti, la scoperta dei propri limiti, c'é la riflessione sul gesto; sulla sensazione di straordinaria libertà che si prova correndo sul bordo strada, sulla dimensione introspettiva della corsa, sulla maratona come disciplina interiore, su cosa succede quando la corsa ti punge e diventa la tua malattia,
Questo libro non rivela i dieci consigli per correre meglio, ma è il racconto di chi ha trovato nella corsa una forma privata di raccoglimento, il metronomo che scandisce il ritmo delle propria quotidianità".

Colti qua e la ...
Pag. 11 - In effetti anche io provo uno sbalordimento. Più che stravolto, mi sento sbalordito dai segnali che mi invia il corpo, messaggeri contraddittori, un misto di euforia e sgomento, come se dentro mi succedessero delle cose bellissime e bruttissime insieme. L'impulso è quello di liberarsi da questo stato, fuggirlo, uscirne il prima possibile. Ecco a cosa bisogna resistere, all'istinto di fuga.

Pag. 16 - La corsa assomiglia più a un'arte marziale che a uno sport. Chi la ama compie una scelta estetica, accede a una disciplina interiore che c'entra pochissimo con l'attività sportiva. Resistere alla più alta velocità possibile per una strada così lunga è la cosa più bella che una mente umana possa produrre. La mente non è il cervello, la mente è il sistema del corpo che pensa...

Pag. 21 - E' la scoperta del bordo strada, una striscia di mondo pressoché infinita, sempre uguale, eppure sempre diversa, che trasmette una sensazione immediata di sradicamento e libertà. Sul bordo strada sei fuori da tutto, smetti di appartenere al consorzio umano, ti muovi in una dimensione parallela abitata da piccoli animali, rifiuti e viandanti alla deriva. Non a caso l'apparizione più insignificante crea sconcerto, che ci fa lì quello? Sulle zebre sei un pedone, in macchina sei un automobilista, ma lì sei una presenza anomala, destabilizzante. Correre a bordo strada è una espressione di dissenso, una temporanea evasione dall'uniforme civile. Dare voce a un teppismo timido e interiore.

Pag. 31 - Il maratoneta trova dentro di sé il proprio avversario. I limiti del corpo, i limiti della mente, é questo che intende forzare, qualunque sia il suo livello professionistico, semiprofessionistico, del tutto amatoriale. Una corsa lunga 42.195 metri, richiede una preparazione che non si esaurisce nella tabella di allenamento, ma comporta anche l'acquisizione graduale di una familiarità con la sofferenza. Ecco cosa seduce le persone, 

venerdì 14 settembre 2018

Eliza Graves

Preparatevi a vedere un bellissimo thriller, ambientato in un manicomio inglese a cavallo tra '800 e '900; un posto in cui, ben presto, non si capisce più chi sia chi…
Tratto da un racconto di Edgar Allan Poe, diretto da Brad Anderson, quello de "L'uomo senza sonno", questo medical-thriller in costume ha certamente dalla sua, il voler far riflettere sulla medicina e sul metodo utilizzato nel passato per curare, contenere, allontanare la malattia mentale.
E' interessante inoltre per rendersi conto di come la società del passato e la nostra, considerino in modo completamente diverso la malattia.
A maggior ragione in Italia, patria di quel grandissimo uomo che è stato Marco Basaglia.
Ma torniamo alla trama del nostro film: il Dottor Edward raggiunge alla vigilia di Natale l'ospedale psichiatrico di Stonehearst Asylum. Fresco di studi vuole fare esperienza sul campo.
Viene subito ben accolto dal dottor Lamb, che dirige la struttura e ben introdotto in quello che è un innovativo centro di cura. Qui infatti i malati sono liberi da restrizioni e si mescolano a medici e sani.
Con questo nuovo metodo, Lamb ritiene di poter curare ma anche di dare maggior conforto alla sofferenza dei suoi pazienti…
Ma non tutto è come appare: una notte, Edward sente dei rumori e scopre, nelle cantine, il vero personale medico… sotto chiave, denutrito.. i folli si sono impadroniti della clinica e stanno cambiando le regole del gioco.
Edward deve liberarli ma al tempo stesso, non farsi scoprire e portare in salvo Eliza Graves, una bellissima donna, in cura per le sue turbe derivanti dal non riuscire ad accettare il contatto umano..
Una battaglia contro il tempo, che al tempo stesso porterà a scoprire un'altra verità… quella su chi realmente sia Edward.
Ottimamente diretto e recitato, riesce a sorprenderci con attimi di tenerezza e momenti di ilarità, ma anche obbligandoci alla riflessione.

lunedì 12 marzo 2018

Backtrack

Solo Adrien Brody, col suo faccino triste triste, poteva interpretare questo ruolo, che peraltro per molti versi (come tutto il film del resto) richiama molte delle sfumature e parte della trama di quel "Sesto Senso" che fece molto parlare di sé, qualche anno or sono (correva l'anno 1999) e che ci fece scoprire quel gran genio discontinuo di Shyamalan e quel grande attore (lui invece continuo) di Bruce Willis.
Mescolando psicologia, thriller, horror, senso di colpa, rimozione e ricostruzione del sé.... (e in questo altro richiamo cinematografico al bellissimo "The Wolfman" ove il povero Talbot viene soggiogato dal padre e finisce in manicomio a cercare di ricostruire il proprio passato...).
Adrien qui, fa la stessa cosa... il suo passato lo attira, deve tornare indietro nel tempo e nel luogo ove è accaduto qualcosa che lui non riesce a capire.... o forse semplicemente a decifrare... psicologo in crisi, dopo la perdita della figlia... cerca di ricostruire una vita, appoggiandosi ad un lavoro di analisi, con pazienti che gli vengono mandati da un vecchio maestro... ma che, in qualche modo non lo convincono appieno.... scoprirà essere spettri... e si sa che, quando uno spettro ti chiama, ha i suoi validi motivi... ed infatti, eccoli apparire in tutta la loro terribile e profonda ricerca di verità e giustizia... perché a questo servono spettri e demoni... a ritrovare la via perduta... a raddrizzare un torto... e soprattutto a ricostruirti una vita. Vera e credibile. Un film da vedere assolutamente.

 

domenica 12 novembre 2017

Demian

Di Hermann Hesse - mia passione degli anni giovanili - ho già scritto QUI , QUI e QUI...
Riprendo ora le mie letture di molto tempo fa, in nome di questa scelta di portare sull'unico mio spazio in rete (Facebook è solo un balcone da cui guardarsi intorno) le mie precedenti letture, con un breve commento e scheda cartonata.
Demian è uno di questi... Letto nel lontano 1990, riprenderlo oggi, con oggi diversi e molti anni sulle spalle, fa strano... davvero. Mi rendo conto che questa operazione "vintage" mi permette di fare alcune riflessioni: noi non siamo. Cioè siamo qualcosa di diverso di volta in volta... io non sono la persona che ha letto quel libro nel 1990.. lo so, me ne rendo conto e nemmeno mi ci riconosco più. E poi le sensazioni che da il testo... diverse! Ed infine la memoria... eppure quel libro l'ho letto... ma non mi ricordo più una cippa! E allora a cosa è servito leggerlo? Forse, allora, quando lo presi in mano, mi aiutò, mi donò piacere, mi fece pensare... oggi ricordo solo la copertina... ricordo di un certo Sinclair... Boh! Pazzesco.
 
"Scritto in pochi mesi nel 1917 e pubblicato subito dopo la guerra nel 1919, il breve romanzo Demian. Storia della Giovinezza di Emil Sinclair, è la storia di un giovane combattuto fra due mondi, il mondo "chiaro e giusto", lecito e ufficiale, sulla linea del bene e della tradizione, e il mondo buio, cattivo, proibito: due mondi vicini e confusi tra loro che hanno origine da due poli come il giorno e la notte.
Questa problematica non poteva non esercitare grande impressione sui giovani reduci della guerra perduta, ai quali andava l'invito ad assumersi la responsabilità delle proprie azioni.
Tanto più che nel libro vibravano ben chiari gli echi della guerra della quale i giovani avevano fatto la paurosa esperienza.
Perché Hesse sia ricorso ad uno pseudonimo, si spiega, forse, col suo desiderio di far sentire una voce nuova, non più quella delle poesie e dei racconti precedenti; da qui l'uso delle pseudonimo.
L'autore, inoltre, dev'essere stato ben sicuro che la validità della sua creazione superava la propria persona: lo conferma la voluta ambiguità del sottotitolo "storia di una giovinezza" significato individuale o di tutta una generazione.
Nel Demian, l'influsso della psicoanalisi è chiarissimo. Ma non fu solo il soggiorno nel sanatorio a far conoscere a Hesse la psicoanalisi in quanto metodo terapeutico; al contatto con scrittori ed esperti che egli conobbe durante gli anni di Berna, poté anche approfondire lo studio delle opere di Freud, oltre al sistema dell'inconscio, la teoria degli istinti, l'importanza dei sogni.
A chi gli chiedeva conto dei contenuti del libro, Hesse rispondeva che era causa della guerra mondiale.
La Guerra gli aveva rivelato quanta menzogna e quanto vuote fossero nel comportamento dei governi, degli intellettuali, di tutto il popolo.
Quanto al Demian ora, era disposto ad ascoltare osservazioni e critiche.
"E' difficile criticare un letterato, egli può avere un gran numero di opinioni e motivarle bene tutte, rimane infatti sul terreno razionale, e per la ratio il mondo é sempre bidimensionale.
Ma la poesia, per quanto si sforzi di far trionfare certe opinioni, non ne é capace: essa vive e opera soltanto dove è veramente poesia, vale a dire dove crea simboli.
Demian e sua madre sono simboli, racchiudono cioè e significano molto di più di quanto sia accessibile alla contemplazione razionale, sono evocazioni magiche".
 

lunedì 1 maggio 2017

Split

Ogni volta che esce un nuovo film di Shyamalan la domanda che ci poniamo io ed Ezia è: "come verrà rovinato il film questa volta? quale è il finale che manderà tutto a puttane?" E' quindi con grande sollievo che posso infine scrivere che questa volta è andato tutto per il verso giusto...
Kevin convive con 23 personalità e per questo è in cura dalla dottoressa Fletcher... Quale delle sue personalità è quella che parla con lei? Quale quella che vive ogni giorno? E quale sarà quella che domina le altre, spingendo Kevin a compiere follie?
In attesa di scoprirlo, e con noi la dottoressa Fletcher, assistiamo al rapimento di tre ragazze... e ancora quale Kevin sta agendo? E cosa vuole? Nemmeno lui è in grado di saperlo, figuriamoci le ragazze...
A poco a poco, ci vengono dati in pasto piccoli indizi. il luogo di detenzione, buio e claustrofobico, la conoscenza di Kevin per gli animali e le loro abitudini, gli incontri con la Fletcher e la lotta delle personalità per emergere e chiedere un aiuto che non può arrivare...
Dall'altra parte, ci viene raccontato (con piccoli flashback) il passato di Casey, forse succube di un incesto da parte dello zio John... durante una battuta di caccia ai cervi nei boschi, approfittando della sua giovane età e della morte prematura del padre... sarà lei, l'unica a salvarsi... mettendo in pratica tutta una serie di strategie che derivano dalla sua conoscenza della vita e della sofferenza...
Lo stesso Kevin, oramai mutato sotto tutti gli aspetti, dovrà riconoscerlo e in un terribile finale che mi ha fatto venire in mente Carlo Cassola e "La ragazza di Bube": "È cattiva la gente che non ha provato dolore. Perché quando si prova il dolore, non si può più voler male a nessuno " la lascia libera... è questo che pensa Kevin (o meglio una delle sue personalità) quando si trova di fronte alla sofferenza altrui, riconoscendo la propria... é questo quello che anche noi capiamo... le personalità servono a difendere un solo Kevin (forse il bambino o forse la donna che albergano in lui?) certo è che Mc Avoy è semplicemente geniale nel sostenere su di sé tutto il peso del film e dei suoi interlocutori interiori... fantastico cameo nel finale, con un Bruce Willis in gran spolvero che ci ricorda Unbreakable.... come a farci sperare in un nuovo episodio di questo (finalmente) ottimo risultato di Shyamalan....

venerdì 28 marzo 2014

L'animale sociale

 
"Questo libro parla del regno interiore della mente. Questo regno interiore è illuminato dalla scienza, ma non per questo è un luogo arido o meccanicistico; al contrario, é ricchissimo di emozioni, affascinante e, persino magico.
Se lo studio della coscienza sottolinea l'importanza della ragione dell'analisi, lo studio dell'inconscio punta sulla passione e sulla percezione. Se la Mente Esteriore evidenzia la forza del singolo, la Mente Interiore evidenzia il potere delle relazioni e gli invisibili legami tra gli individui.
Se la Mente Esteriore ha fame di riconoscimento sociale e professionale e di soldi, la Mente Interiore ha fame di armonia e connessione, di quei momenti in cui l'interesse autocentrato si affievolisce e una persona si perde dietro una sfida, dietro una causa, dietro l'amore per un'altra persona o quello per Dio.
Se la coscienza è come un generale che vede il mondo da una certa distanza e analizza le cose linearmente e linguisticamente, l'inconscio è come tanti piccoli soldatini ricognitori.
Procedono a tentoni sul territorio, mandando un flusso costante di segnali e generando risposte immediate.
Non mantengono nessuna distanza con l'ambiente che li circonda: vi sono completamente immersi.
Si infilano ovunque, penetrano in altre menti, in altri scenari, in altre idee.
Questi ricognitori danno alle cose un significato emozionale.
Ogni percezione ha il proprio sapore, la propria consistenza, la propria forza.
Questi segnali non controllano la nostra vita, ma modellano la nostra interpretazione del mondo. Ci guidano come una specie di GPS che delineano il nostro percorso.
Se ignoriamo gli impulsi che scorrono in noi ogni giorno, ignoriamo i processi che determinano ciò che vogliamo".  (tratto dal libro).
 

Non è un libro qualsiasi. Non vi insegna i trucchi segreti per diventare più ricchi o per piacere a tutti.
E' un serissimo tomo scientifico, che sa raccontare in forma di romanzo, quelli che sono i più profondi sentimenti umani. Quella parte "dark side" che l'uomo ha dentro di sé e che si esprime senza la nostra volontà.
Ci fa scoprire l'esistenza di un mondo sotterraneo che ci governa a nostra insaputa.
Se colto nella giusta prospettiva, ci apre la mente sul nostro essere e sul nostro confrontarci con gli altri.
Per questo la storia dei due protagonisti e il loro affrontare le diverse fasi della vita, diventa il nostro vivere quotidiano. Lo suggerisco a tutti. Non sottovalutate le potenzialità che albergano in ciascuno di noi.

L'economia sociale in Italia - Rivista