giovedì 16 maggio 2024

Sei cappelli per pensare


 Quante volte abbiamo partecipato a lunghe riunioni inconcludenti, o ci siamo chiesti come rendere più produttivo il nostro pensiero e quello delle persone con cui ci confrontiamo?
Spesso ad ostacolarci è la confusione: come un giocoliere che usa troppe palle, in noi si sovrappongono intuizioni, logica, aspettative ed emozioni che non sappiamo gestire.
Il sistema inventato da Edward De Bono, padre del pensiero laterale che ha segnato una svolta nel campo della creatività, consente di organizzare il nostro modo di pensare in maniera più produttiva, affrontando un aspetto alla volta.
Si tratta di interpretare ruoli fissi (i cappelli) che incarnano diversi punti di vista, anche quello più lontano dalla nostra indole; questo ci libera dagli schemi creati dalla posizione o dal carattere, permettendo agli ottimisti di esprimere pensieri negativi o ai razionali di provare a essere creativi.
Un metodo pratico, semplice, che consente di ottimizzare tempo e risorse, e magari di divertirsi nel farlo.

giovedì 2 maggio 2024

Capitalismo Woke


Dietro l'attivismo delle multinazionali in favore dell'interesse collettivo si cela spesso un modo per macinare profitti. Ma forse il pericolo più grande, nell'epoca del "capitalismo consapevole" è un altro.
Carl Rhody studioso australiano ha scritto al riguardo un libro.
Le grandi aziende che sposano cause politiche di appannaggio tradizionalmente progressista, battaglie sui diritti civili, attenzione alla sostenibilità ambientale, inclusività di genere e antirazzista, sono le paladine di una tendenza certamente non nuova, ma che negli ultimi anni é andata dilagando a macchia d'olio.
E' il cosiddetto Capitalismo Woke, cioè consapevole.
Da sempre interessato ai rapporti che intercorrono fra politica e democrazia Rhodes ha ricostruito la storia di un fenomeno nato alla fine del XX secolo ed esploso nell'ultimo ventennio, investigando sulle buone intenzioni e tastando il polso su quelle meno nobili, dalla Responsabilità sociale di impresa degli anni cinquanta al neoliberismo dei seguaci di Milton Friedman, dalla deregulation reaganiana degli anni '80 all'attuale ipocrisia delle corporations che impugnano cause di rilevanza sociale in un modo che non può non destare sospetti.
Appropriazione è una parola chiave in questa storia.
Negli anni '60 del Novecento il termine Woke, (consapevole) designava infatti un'attitudine della comunità afroamericana, un modo per esortare ad una vigile consapevolezza senza abbassare la guardia di fronte a soprusi ed angherie.
Ma il capitalismo è per sua natura rapace, pronto a metabolizzare tutto ciò che reputa potenzialmente dannoso per sé a cominciare dalla lingua parlata per coloro che percepisce come il nemico.
Ecco allora che il capitalismo Woke è l'ennesimo tentativo dei mega ricchi di infilarsi surrettiziamente in agende politiche per influenzarne l'esito.

Letti qua a là

Pagina 7 - Ma le strategie aziendali woke non sono solo ipocrite, né sono soltanto diversivi, e neppure realizzano solo la saturazione dell'immaginario sociale; sono la neutralizzazione delle potenzialità politiche implicite nelle contraddizioni sociali e lavorano per la produzione del nuovo uomo a una dimensione, per una nuova integrale mercificazione dell'umano.

Pagina 23 - La democrazia richiede l'istituzionalizzazione dell'antagonismo politico e della competizione politica, così che nessuna singola autorità detenga il potere in perpetuo.
La principale ambiguità della democrazia sta proprio nel fatto che è praticata da una comunità coesa di cittadini al tempo stesso caratterizzati da posizioni politiche antagoniste. 

Pagina 25 - Tuttavia ad essere maggiormente rivelatrici sono forse le cause sociali che le grandi aziende hanno evitato di sostenere come la disuguaglianza di reddito e di ricchezza, il movimento operaio e l'evasione fiscale praticata dalle imprese.

Pagina 47 - Proprio da questo passaggio King trasse l'idea straordinaria che qualcuno possa essere inconsapevole degli importanti cambiamenti sociali e politici che lo circondano, perdendo quindi il proprio senso di identità.

Pagina 113 - Se un'azienda possiede uno scopo sociale, i suoi dipendenti, nel tentativo di dare un senso alla loro esistenza, vorranno allineare la propria sensazione di uno scopo con quello dell'azienda. Pertanto, il risultato sarà che essi lavoreranno di più e saranno maggiormente innovativi, e "questo a sua volta, porta a un aumento dei ricavi e, in ultima analisi, a una maggiore redditività: la base per la creazione di valore per gli azionisti". In altre parole, agire in modo woke è un modo per ottenere maggiore produttività dalle persone senza pagarle di più".

Pagina 158 - Nella peggiore, indica la convinzione che i leader delle grandi aziende abbiano il diritto di rappresentare la gente che non li ha scelti come rappresentanti politici. Questa autoproclamazione politica è un aspetto centrale del capitalismo woke ed è assolutamente antidemocratica. In pratica, ci+ significa che l'equa distribuzione della prosperità economica tra i lavoratori è stata lasciata fuori dal tavolo della democrazia.










 

Cocaine


Tipica devastata famiglia americana. Se il padre non trasmette alcun valore, se non quello di fare i soldi, i figli non possono evolvere e piuttosto la loro evoluzione sarà nel peggiorare un modus operandi che già puzza di marcio. Droga, armi, spaccio e quant'altro li porteranno verso l'inferno.. o forse verso la redenzione e la riscoperta dei valori che uniscono: una figlia, nata in modo rocambolesco, una sorella, recuperata dalla droga, un padre, ripulito dei suoi errori ed un figlio, in carcere ma non per sempre.
Dostoevskij ci ricorda che tutte le famiglie sono felici allo stesso modo ma ognuna e triste a modo suo. Questo film conferma la regola, lo fa in un tempo moderno, in una terra moderna (ma selvaggia a suo modo, la Detroit operaia degli States) ma con tematiche antiche (riscatto, ricchezza, caduta, redenzione). Guardare per credere.

Ariaferma


Che cosa è un carcere, se non un luogo in cui, chi è dentro è dentro e chi è fuori e fuori. E che dentro la distinzione non la fanno le sbarre ma la morale, la coscienza, i valori. Luogo ove devi continuamente riaffermare il tuo ruolo (guardia o ladro) e dove questa distinzione fatica a tenere alla pur minima modifica che viene introdotta dal mutare delle cose.
Così, quando un carcere improvvisamente si svuota e attende solo di essere chiuso, le regole finiscono per allentarsi, ci sono momenti di convivialità, ci si rende conto che sotto la dura scorza della vita ci sono esseri umani che devono accettare il destino (che è poi quello finale del dover un giorno lasciare questa terra).
Triste e profondo. 

 

Fury


Com'é la guerra vista dall'interno di un carro armato? Può un'arma trasformarsi in casa, in fortezza, in unica certezza di fronte alla precarietà della vita in mezzo ad un conflitto feroce come la Seconda Guerra Mondiale? Questo é Fury, il nome del carro americano che, utilizzato da veterani oramai rotti ad ogni evento, imbarcano un novellino e gli insegnano cosa sia la guerra, la morte, i valori e il rispetto delle regole (strane) del conflitto. Bellissime scene, complice una follia latente, il fango, il sangue, lo sporco, le regole mancanti, l'odio e l'amore... in un film maschio (da falange tebana, da oplita, da commilitone come tutti i conflitti sanno generare) come se ne vedono pochi.

 

Sei cappelli per pensare