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martedì 13 febbraio 2024

Perché Domenica


Keplero: "Ora per la prima volta si stanno scoprendo quelle regioni celesti. E non appena qualcuno avrà insegnato l'arte di volare, fra la nostra specie umana non mancheranno i coloni. Chi avrebbe creduto un tempo che la navigazione nello sconfinato oceano sarebbe stata più tranquilla e sicura che nello strettissimo Golfo Adriatico, nel Mar Baltico o nella Manica? Siano date le navi e siano adattate le vele al vento celeste, vi sarà gente che non avrà timore nemmeno di fronte a quella immensità".

Appassionato da sempre al "Domenicale" de "il sole 24 ore" rosaceo foglio che molto ricorda la "Gazzetta dello Sport" ma i cui contenuti sono di gran lunga più consoni al mio pensiero, ho fatto anni ad attendere la domenica per leggere un inserto culturale molto lontano dai soliti canoni di sinistra che per anni avevo seguito su altri quotidiani.
Negli anni della mia giovinezza non esisteva la scelta odierna e riuscire a "farsi un'idea" voleva dire necessariamente passare da canoni che ostracizzavano alcuni autori anche solo in odore di destra o di non adesione al dogma.
Mi si apriva di fronte, una prateria immensa, ma difficile da capire, da cogliere nel suo intento e proveniente da un altrove sconosciuto. La curiosità ha tuttavia permesso di smussare gli angoli e di andare al sodo... apprendere mondi ed autori che avevano qualcosa da dire ma lo sapevano fare in modi diversi e da prospettive diverse.
Questo libro, "Perché Domenica", che cerca  di raccogliere la summa di quarant'anni di esistenza di questo bellissimo appuntamento, mi ha fatto rinnamorare con questo appuntamento.

I quarant'anni di un supplemento culturale sono un traguardo davvero invidiabile.
E ripercorrere questi anni, questi decenni, significa sfogliando la collezione, imbattersi nella straordinaria qualità di interventi, idee, recensioni che "La domenica" ha proposto ai suoi lettori.
E significa dover operare, da parte di un curatore, scelte drastiche anche solo per dare un'idea di ciò che questi anni, e i tanti collaboratori passati di qui, hanno rappresentato.
Perciò, la struttura che avete tra le mani è di per sé manchevole.
Ma poiché il "domenicale", per quanto di prestigio, di livello alto e di posizionamento elevato nel mercato editoriale resta pur sempre, e prima di tutto, un prodotto giornalistico, su questo versante non ci sono difficoltà.
Quello che viene rappresentato è un modo per sottolineare che si può fare ottimo giornalismo culturale, e per ben quattro decadi unendo la forza e l'autorevolezza dei collaboratori con la tipicità del lavoro e dell'espressione giornalistica.
Un risultato credo non da poco.

 

 

giovedì 18 giugno 2020

Che cos'é un intellettuale

L'indagine sul ruolo degli intellettuali è apparsa sempre legata, pere motivi più che ovvi, alle questioni attinenti ai rapporti tra sapere e potere, tra pensiero e azione, tra teoria e pratica, tra utopia e realtà…
E' giusto affermare, come accade sempre più spesso, che l'intellettuale, genericamente inteso, debba essere giudicato ormai un Attore Sociale senza futuro, soltanto un vestigio del passato?
Mi sembra una conclusione troppo sbrigativa per essere attendibile…
La dinamica della storia delle idee al di fuori della storia degli intellettuali che hanno reso possibile la dinamica del Mutamento e dell'Innovazione.
E' impensabile senza ricollegarsi a quegli intellettuali che, con il loro pensiero indocile, anzi spesso sovversivo, hanno contribuito a mettere in crisi i valori fondanti dei dogmi, delle credenze, dei costrutti ideologici vigenti nelle società e culture di appartenenza.
Benché la vocazione di questi uomini sia stata, in sostanza, la stessa, ossia la vocazione a dissentire, a pensare diversamente, lo stendardo ideale che innalzavano non è stato sempre il medesimo.
Neppure il bersaglio del loro dissenso.
Per rendersene conto basta percorrere l'elenco delle qualifiche che, nel corso della storia, sono state loro attribuite: cinici, stoici, eretici, mistici, gnostici, scismatici, millenaristi, goliardi, protestanti, melanconici, utopisti, illuministi, anarchici, socialisti.
Ma non è una forzatura in un'unica famiglia uomini che esprimono correnti di pensiero nate in contesti tanto differenti: essi hanno in comune la loro Eterodossia.
Fino a prova contraria, non vedo alcunché di ardito nel supporre che essi personifichino, ognuno a suo modo, una qualche forma di eterodossia.
Rilevo un altro aspetto della questione dell'eterodossia. E' indubbio che c'é un elemento che accomuna, sul piano concettuale, tutti gli eterodossi di tutte le epoche e in tutti i contesti sociali e culturali.
Esso è facilmente intuibile ricorrendo all'etimologia greca della parola: héteros: altro, diverso; dòksa: opinione.
In breve, gente con un'altra opinione. Il che ci fornisce una chiave interpretativa giusta, ma ancora troppo vaga.
Cerchiamo di precisarla: per eterodossi si devono intendere qui tutti coloro che, in un modo o nell'altro, agiscono in contrapposizione ai dogmi, ai corpi dottrinali, ai modelli di comportamento, agli ordinamenti simbolici e anche gli assetti di potere esistenti.
Tutta gente che, come Guglielmo Lunga Barba nella Londra del 1196, voleva "fare cose nuove" (moliri nova). Ribelli, oppugnatori, antagonisti, trasgressivi, insomma dissidenti per vocazione, e in certi casi apertamente eversivi, rivoluzionari. La tradizione degli eterodossi é sicuramente la tradizione degli intellettuali.
Ancora un libro sugli intellettuali? Non rischieranno, e noi con loro, di guardarsi l'ombelico e di non vedere più il mondo? Oppure, di intellettuali c'é e ci sarà sempre bisogno?
E se invece servisse (di fronte al mutare dei media) ripensare questa figura? Dare un nuovo ruolo a questi grilli parlanti? E se invece scoprissimo che intellettuale è chiunque si pone domande per gli altri scontate o inutili? E come ovviare al rumore (web, social, televisione…) che ha sommerso le voci critiche rendendo tutto illeggibile, digerito e masticato, pronto e semplice… togliendo sapore alla ricerca, alla riflessione, al testo scritto… ?
La libertà dell'individuo non è il privilegio di un intellettuale di scrivere ciò che gli piace scrivere, ma di essere una voce che può parlare a quelli che sono zitti (those who are silent). La libertà però di far sentire la propria voce è inseparabile dalla libertà di ascolto di "quelli che sono zitti".
Pensiamo a quanto accaduto in questi tempi con il virus. Ci si aspettavano risposte serie, è arrivato il caos: "L'esperto non è altro che un ruolo, e come ogni ruolo presuppone un'aspettativa"...
E come cancellare l'aura negativa dedicata a chi pensa contro corrente? "Questo modo di intendere il pensiero di Machiavelli è ormai tanto radicato tra la gente che, per esempio, l'espressione Old Nick (Satana) allude, in angloamericano, appunto a Niccolò Machiavelli, anche se questo originario nesso semantico è andato perso e nessuno ne è più consapevole.
Agli inizi del Settecento, Daniel Defoe aveva intravisto una nuova prospettiva occupazionale per gli "uomini di scrittura": il giornalismo. Non a caso egli viene considerato il fondatore del giornalismo moderno.

Forse ripartendo dal principio… dal poco di certi parti del mondo ove ad esempio: "Soltanto in alcuni paesi del Terzo Mondo, così almeno sembra, il tradizionale ruolo dell'intellettuale sacerdote regge ancora. La verità é che il ruolo oracolare degli intellettuali non viene più richiesto e, quando accade, non è in buona fede, ma soltanto per ragioni palesemente contingenti.
Fatto sta che il ruolo oracolare dell'intellettuale è diventato superfluo perché tutta la società é diventata a suo modo oracolare…
E che dire dei politici che hanno sottratto il ruolo di oracolo, divenendo tutt'uno con il verbo? Forse perché in un quadro di assenza di idee, di progetti, di sogni, di futuro, tutto è spiegabile e non serve più questo ruolo?  
"Leopold scriveva: "Gli uomini di cui sappiamo tutto ciò che vogliamo sapere non hanno prestigio".
Ciò vale sino ad una certa soglia critica, dopodiché la sua fisionomia, i suoi gesti, le sue parole, ogni giorno sempre gli stessi, mai presi sul serio dal telespettatore, diventano solo rumore di fondo".
A meno che, l'intellettuale accetti di scendere nell'arena usando le stesse armi dei suoi nuovi avversari, battere il pudore, abbandonare riti e procedure antiche… "Si può dire che questo intellettuale è afflitto dalla sindrome Stentore. Come si ricorderà nell'Iliade, Stentore era quel guerriero acheo in cui si impersonava la dea Hera, e che durante il combattimento "tanto forte gridava quanto cinquanta degli altri". Occorre che venga individuata una nuova figura sociale capace di continuare a stimolare il pensiero ossia di continuare a problematizzare il nostro sapere sugli uomini e sul mondo…
Maldonado non dice tutto, ma qualche spiraglio c'é, qualche idea arriva… riflettiamo, diventiamo intellettuali.
 
 
 
 
 

sabato 16 maggio 2020

State of Play


Decisamente un buon film. Bisogna ovviamente accettare una serie di compromessi, tipici della macchina cinematografica. Il principale è che il politico, la moglie del politico, il giornalista che indaga su di loro… non solo si conoscono… ma tra loro c'é un segreto… mica tanto segreto.Insomma… quasi una questione di famiglia, che finisce però di diventare il centro di una vicenda che coinvolge politica, mercenari, corruzione, omicidi… e via di questo passo.Ma, come sempre, di fronte ad una storia che pare avere un ovvio risvolto, se ne cela un'altra, più sottile, più torbida, che solo il giornalista Cal McCaffrey/Russell Crowe riesce a scorgere… che fare allora? difendere il suo amico? salvare la moglie del di lui dallo scandalo? Crisi di coscienza che peseranno sino all'ultimo fotogramma.Ancora una volta - dal cult "Tutti gli uomini del presidente" o al più recente "il Caso Spotlight" i giornali, i giornalisti, la politica, fanno da sfondo ad una storia tutta americana… difficilmente esportabile nel panorama italiano… Perché quindi la storia dovrebbe piacere? Perché da un lato è tradizione… si ripropone il dualismo "politica sporca - giornalismo pulito"... dall'altro si introducono elementi nuovi che tengono tutto in bilico sino all'ultimo. Da vedere si, senza dubbio.
 

martedì 1 maggio 2018

il giornalista hacker, hacker e altri testi

Diamo tutto per scontato. Certo diamo per scontata la nostra democrazia, il poter esprimere liberamente e nostre opinioni, il poter manifestare in una piazza, il dare il proprio like su una piattaforma a favore o contro qualcosa... Ma non è così dappertutto... Ed è a coloro che non possono godere dei nostri stessi diritti, che è destinato questo libro... ma anche a noi, a capire le dinamiche che si muovono in rete, a rendersi conto che la realtà virtuale ha un costo che si riversa sul reale, a volte con estreme conseguenze.
 
 
Ma quali sono le Dieci Regole da conoscere e rispettare per potersi dire attenti, quasi hacker?
1. La crittografia;
2. L'anonimato. Navigare anonimi con Tor e aggirare filtri e blocchi;
3. Cancellare. Cancellare i file in maniera sicura e recuperare file cancellati;
4. Utilizzare applicazioni portable e crearsi il proprio kit;
5. Usare una distribuzione live anche per l'anonimato;
6. Usare una macchina virtuale;
7. Humanware: una gestione umana intelligente dei propri dati ed account;
8. Distruggere. Cancellare o distruggere un intero hard disk o un altro supporto;
9. Identità. Creare un'identità in rete o un blog che abbia un buon livello di anonimato;
10. Firewall. Tenere sempre con sé un piccolo firewall hardware;
 
 
E veniamo ora a spendere due parole su questo secondo libro, letto tempo or sono e ripreso in larga parte in sequenza al "giornalista hacker" del medesimo autore.
Perché hacker? E perché una lode nei loro confronti?
L'autore si spende, e non poco, per cercare di dare una diversa fisionomia ed immagine, rispetto al sentire comune, che vuole l'hacker come un delinquente, intento a derubare il prossimo, danneggiare le pubbliche istituzioni o mettere zeppe nel buon funzionamento della società.
Beninteso, l'hacker è anche questo, forse in passato, ora è mutato. E' tornato - secondo Ziccardi - alle origini... al gioco, che dovrebbe essere alla base di questa scelta di vita... una scelta che, con il progredire della tecnologia e di una sempre maggiore oppressione, controllo, onnipresenza del digitale, vuole in questi personaggi, degli anarchici, intenzionati a fare in modo che potenti di turno - Stati o Corporazioni Commerciali - non approfittino della nostra libertà. Persone che, in certe realtà del mondo, rischiano la vita per svelare le illegalità diffuse o i segreti di Stato.... Liberi di crederci oppure no.

martedì 1 agosto 2017

La lettura 296

E siamo al n. 296 de "La lettura", ne parlavo già qui in occasione della descrizione di una domenica qualsiasi... L'inserto domenicale del Corriere della Sera, che è possibile avere già dal sabato al costo di 50 centesimi... è oramai appuntamento fisso, insieme all'inserto "Robinson" della Repubblica, acquistabile insieme a L'Espresso per 2,50 euro...
Se penso che lo acquisto dal primo numero, 296 settimane or sono (pari a quasi 6 anni) direi che oramai è diventato compagno fisso delle mie domeniche, insieme al caffè e due passi, magari sul Ticino o al bordo di uno dei bellissimi laghi della nostra provincia...
Brutta la fine che fanno questi inserti... prima veloce lettura, seconda lettura degli articoli che mi incuriosiscono, strappo delle pagine che non mi interessano, cannibalizzazione di quelle che voglio conservare.... insomma la morte certa!
 
Prendiamo in esame questo numero... cosa realmente conserverò?
 
Hip Hop nella musica, Fantasy nell'arte contemporanea, la fine del ceto medio, la classifica degli sportivi più pagati al mondo, il nuovo libro di Salman Rushdie, dove va il teatro, un bellissimo articolo sull'invidia... la classifica dei libri più venduti questa settimana, il fumetto... e poi musica... un altro bellissimo articolo su un grande regista italiano: Mario Bava... horror a livello mondiale...

Ma un articolo ha attirato la mia attenzione:

Pericle e Gramsci lottano uniti. Agli antipodi del populismo. di Mauro Bonazzi
Interessante richiamo ad una frase che ho letto altrove: "il populismo è semplice, la democrazia complicata".... Si parla della "trappola di Tucidide" lo scontro tra due superpotenze, ma il vero tema di fondo è un altro, il collasso di una comunità; è successo ad Atene, e non solo là. Può sempre succedere, perché gli uomini sono sempr
e gli stessi. Apparentemente animati dalle migliori intenzioni, dominati in realtà da forze oscure di cui spesso non sono consapevoli: paura, ricerca del proprio interesse, desiderio di affermazione di se stessi. Fino a che le cose vanno bene, a società riesce a contenere le passioni potenzialmente rovinose. Ma è una situazione precaria, che rischia sempre di saltare, quando nuovi elementi modificano gli equilibri esistenti. E' instabile il mondo degli uomini... da qui alla corruzione del linguaggio il passaggio è breve...
il comportamento di Pericle, la sua calma, il suo discorrere vengono narrati da Tucidide,  che così scrive: "Chi inveiva infuriato riscuoteva sempre successo, chi cercava di prevenire era considerato pauroso e disgregatore del suo gruppo..." , di certo si sa che cosa accade quando lo spazio per le parole si è definitivamente chiuso. Nel mondo delle opinioni i cui volenti o nolenti ci troviamo, i confronto è obbligato: dopo non resta che lo scontro.

Una volta Antonio Gramsci fu accusato di scrivere testi complicati, difficili e dunque inutili. La sua replica non sarebbe dispiaciuta a Pericle: era vero, rispose e avrebbe continuato a farlo, perché credeva onesto trattare i lavoratori come uomini a cui si parla apertamente, crudamente, delle cose che li riguardano. Purtroppo gli operai e i contadini sono stati considerati a lungo come dei bambini che hanno bisogno di essere guidati dal pugno di ferro del padrone, dalla parola roboante e melliflua dei demagoghi... volete che chi é stato fino a ieri uno schiavo diventi un uomo? Incominciate a trattarlo sempre come un uomo e il più grande passo in avanti sarà già fatto.
 
Insomma, in un'epoca di molta, troppa, demagogia, di mille voci che si levano a strapazzare chiunque, spesso senza titolo, ma solo perché armate di megafono virtuale, perché non tornare ai fondamentali, al galateo istituzionale... che dica la verità ed i fatti e non le conclusioni sragionate... lo hanno fatto i giornali in passato, prima che perdessero la ragione, lo fa la rete oggi... siamo ancora in tempo?

mercoledì 5 ottobre 2016

Prima che la notte

Questo libro non è un noir su un delitto di mafia e nemmeno il canto a lutto per la morte di un uomo.
Di Giuseppe Fava, delle ragioni per cui la mafia volle colpirlo, dell'infinito e miserabile reticolo di silenzi, compiacenze e connivenze che protesse i suoi assassini, molto è stato scritto.
Poco, invece, é stato scritto su quel gruppo di carusi che nello spazio di una notte si ritrovarono subito adulti, invecchiati, con lo sguardo finito, l'innocenza smarrita.
Quella morte mai abbastanza annunciata fu la fine della nostra giovinezza, senza più alibi, senza rinvii.
Non avevamo avuto il tempo di essere preparati, ci sentivamo stolti e felici, spavaldi e immortali, eravamo Patroclo, Achille, Ettore, eravamo ancora tutte le vite che avremmo potuto vivere e poi, di colpo, ci scoprimmo orfani che dovevano crescere in fretta, soldati anche noi, reclute sbandate al primo scontro con il nemico.
Eravamo stati inconsapevoli: dunque colpevoli.
Questo libro, scritto a quattro mani, racconta quei giorni, quei ragazzi e l'uomo che li tenne a battesimo nella vita.
E' un racconto che non vuole rivelare fatti, nomi o segreti, ma che ricostruisce il filo dei dettagli che si erano perduti le risate di petto di Giuseppe Fava, le sue improbabili partite a pallone, la sua idea sfacciata e rigorosa di giornalismo, la nostra idea scapigliata di quel mestiere, fino all'irrompere della morte, ai pensieri e ai gesti che si fanno improvvisamente adulti, densi, necessari.
Proprio come accade ai piccoli maestri di Luigi Meneghello, quando una guerra non cercata li catapultò dai salotti di casa ai sentieri di montagna.
Perché anche questa é stata una guerra. E non si é ancora conclusa. (tratto dal libro).
 
 
 
Questo libro vuole ricordare Giuseppe Fava, il giornalista e l'uomo.
Colui che ha combattuto, attraverso le pagine del suo giornale "il Giornale del Sud" prima e "I Siciliani" poi, la Mafia siciliana.
Il libro, scritto a più mani, dai "carusi" che gli sono sopravvissuti e hanno portato avanti (a modo loro) la sua battaglia, è scritto veramente bene. Senza astio, senza rancore, ma con la certezza di aver fatto bene tutto, sino all'ultima azione.
 
 
"Con gli anni ho cominciato a pensare che avessero ragione loro, che bisogna essere parsimoniosi quando ci si guarda negli occhi perché le cose che corrono in quell'istante sono sempre parole serie, dettagli da non dimenticare, stipule di verità".

"Forse non ha paura perché la paura è sempre attesa di qualcosa, e lui corre davanti al proprio destino".
 
E' il testamento di Giuseppe Fava, ma è anche la speranza di poter cambiare...
"In poche righe tutto il concentrato di demagogia che coltiviamo: l'idea - stupida sempre, e specialmente in Sicilia - che la gente sia buona e i politici cattivi. L'ottusa speranza che il cambiamento venga solo dai giudici, in virtù di un presunto mandato del popolo".

"Alcuni uomini hanno più energia di altri, infinitamente di più, e indirizzano questa forza nella direzione che più amano, che sia l'arte, o il potere, o la politica, o il lavoro.
Opporre a questi uomini le leggi e un astratto giudizio morale è inutile, perché essi vedono tutto in funzione dei propri obbiettivi, e sono pronti a violare, aggirare o estendere le regole a proprio vantaggio".

domenica 12 giugno 2016

Un altra domenica

E' più forte di me. La domenica non fa eccezione ed infatti eccomi fuori dal letto alle 6 del mattino.
Colazione, computer, lettura, riordino delle idee... magari un poco di lavoro... Niente sport oggi, dopo una super settimana, mi riposo.
Giornale e caffè a Sesto Calende in centro. Mi piace stare in una piazza ad osservare l'andirivieni rilassato. C'è chi corre, chi porta a spasso il cane, chi due chiacchiere e così via.. e bello ancor di più è cogliere al volo le chiacchiere della gente.. i loro commenti a come va il mondo (il loro e quello di tutti).
Oggi i quotidiani parlano di Brexit e delle ripercussioni per l'intera Europa.
 
Un vero grattacapo. Difficile da contrastare e spiegare, difficile anche difendere l'Europa (così come è diventata e non come dovrebbe essere)... Basterebbe per tutti ricordare il lunghissimo periodo di pace che questa idea di comunità ci ha garantito...
Altro argomento gli Europei di calcio e il ritorno degli hooligans... semmai se ne erano andati!
In una Francia alla prese con gli scioperi ed il terrorismo, queste immagini non fanno un bel effetto.
Altra notizia ghiotta è la diminuzione del tempo trascorso sui social da parte degli utenti (circa - 8%).. A chi si spinge a profetizzare la fine delle piattaforme, il quotidiano risponde con un "no calma, fermi tutti".. . forse stiamo diventando più consapevoli? Forse più maturi? di media ne parlo qui.
 
Ah, dimenticavo! Insieme al Corriere oggi c'è l'inserto... "La lettura" e la copertina è di Michel Houellebecq... ricordate l'autore di "Sottomissione" ? Ne parlo qui e ora scopro che è anche un fotografo...
 
Si parla di religioni e di dove vanno a finire il nostro 5 e 8 per mille... ottima rappresentazione con un Visual data.. un modo diverso di illustrare numeri e valori.
Si parla poi di "Mare di Libri" la bellissima iniziativa che coinvolge nella lettura i ragazzi/ragazze italiani. E infine molto spazio alla fotografia ed un articolo su Cesare Battisti (eroe o traditore?)...
 
Nel pomeriggio, visto che il tempo si mantiene variabile ma non minaccia pioggia, prendo la moto e mi dirigo su Baveno. Qui oltre al Battistero del V secolo, profondamente rimaneggiato ma sempre bellissimo, ecco la chiesa dei Santi Gervaso e Protaso costruita nel XI secolo e poi ampliata nel XVIII secolo... accanto si trova Granum, il Museo del Granito Rosa di Baveno... Ne parlo nei prossimi post.






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