domenica 28 gennaio 2018

Gomorra - La prima serie

Come a tutti ben noto, il profilo del buono, l'interpretazione del buono, non chiede gran fatica, gran spessore, difficoltà di identificazione, quanto il cattivo.
Il cattivo, per sua natura, è contorto, spesso incomprensibile... rappresentando il "lato oscuro", ha bisogno di essere capito, necessita di un retroterra che ne giustifichi le gesta, che tenga alta la tensione emotiva che lo porta a delinquere...
Figuriamoci se gli eroi negativi diventano tanti, tutti... in un primeggiare di cattiveria, violenza, addirittura inutilità del gesto.... a quel punto in chi identificarsi (perché questo avviene), chi disprezzare, per chi parteggiare?
Gomorra, rappresentazione televisiva ad episodi (12 nella prima serie) ci pone di fronte a questo amletico dubbio: chi è meglio? chi è meno peggio? oppure, chi è giustificabile o meno ingiustificabile degli altri? perché comunque per qualcuno dobbiamo pur parteggiare... provate voi a guardare 12 episodi di 50 minuti cadauno, tenendo per lo Stato e con il Codice Penale aperto, elencare i reati che scorrono sullo schermo e i relativi anni di carcere... da uscirne pazzi...
"Bastardo! 589 CP omicidio colposo, 575 CP omicidio premeditato, 416 bis CP associazione mafiosa, e lo spaccio di droga? e la rapina... mamma mia, che tripudio di reati... piano per favore, fate pure le vostre porcate, ma più lentamente che non trovo l'articolo...
Gomorra, basato sul libro di Saviano, rappresenta una Napoli vittima, suddita e pure complice, di un sistema criminale che la saccheggia, deruba, sottomette, violenta... il napoletano medio, o è delinquente, oppure povero ignorante, ottuso, legato al rito della Madonna, allo spaccio, alla movida...
Dal punto di vista antropologico, se fossi napoletano, citerei per danno di immagine gli sceneggiatori di Gomorra... li farei arrestare, li incolperei di sputtanare un'intera città, ricca di storia, di arte, di cultura, abitata da brava gente... oppure... prenderei atto che è tutto vero.
A voi l'ardua decisione.

sabato 27 gennaio 2018

A pranzo con Orson

A ben vedere, è facile confondere Orson Welles, con uno dei suoi personaggi, in uno dei suoi mille film mai terminati, delle sue idee, sempre pronte ad uscire dall'ebollizione di una mente unica, una delle più grandi che abbiano solcato i mari del cinema d'Oltreoceano...
Leggendo queste gustose chiacchierate, intorno ad una tavola imbandita, si ha l'impressione di vederlo... come un nobile romano, sdraiato sul triclinio, mentre intorno a lui - enorme come un tendone da circo - il mondo continua a muoversi, in mille faccende affaccendato, senza smuoverne in alcun modo la flemma e lo sproloquio rivolto a tutto e tutti...
Divertenti, interessanti, curiosi, i racconti che ne emergono, svelando un mondo del cinema molto ma molto umano, molto ma molto cinico, pessimo, meschino, pieno di livore e gelosie... ove i Divi, restano tali anche se sono incapaci di recitare... da sbocconcellare, come un buon piatto...
 
"A me non piacciono i film. Mi piace farli". Una delle battute più celebri di Orson Welles sembrerebbe un paradosso, se si considera che di film propriamente intesi questo puro genio ne ha girato uno solo, a 24 anni, nel 1939, e che da quel momento fino alla sua morte, i film li ha più che altro raccontati, immaginati, cominciati, interrotti, perduti, ritrovati - o se li è fatti massacrare.
Ma per chi conosce bene la sua storia il paradosso è un altro, e cioè che proprio quella specie di fantasticheria permanente in 35 millimetri, che Welles sottoponeva a chiunque avesse voglia di ascoltarlo, ha finito nell'immaginario di tutti per diventare "il cinema", una sostanza quasi alchemica che i film in sala contengono spesso solo in tracce.
Per tutti gli altri, che magari di Welles conoscono solo l'immagine, o il frammento di una delle innumerevoli leggende da lui stesso messe in circolo, queste conversazioni settimanali con Harry Jaglom a un tavolo del Ma Maison di Los Angeles, costituiscono la migliore introduzione possibile a una biografia per definizione più grande del vero, raccontata quasi dalla stessa voce che aveva tanti anni prima , reso celebre alla radio, il suo protagonista.
Dove gli episodi verosimilmente fittizi, come l'affair con Norma Jean Baker prima che diventasse Marylin, le battute probabilmente ritoccate ("io e lei siamo i due più grandi attori d'America" Welles sostiene gli dicesse Roosvelt a ogni incontro) e i giudizi che invece suonano piuttosto sentiti (Marlon Brando? Un salsiccione) sono altrettanti trucchi dell'illusionista Welles per condurre il lettore al centro della più fascinosa macchina da intrattenimento di sempre, e fargliela vedere da vicino, come fosse la prima volta".

Tra le tante parafrasi gustose che ho colto in questo libro, provo a riprenderne alcune che a mio parere, meritano di essere riportate:

Pagina 50 - Leo Slezak, il padre dell'attore Walter Slezak, disse la più grande battuta di tutti i tempi, a teatro. Era il massimo tenore wagneriano della sua epoca. Il re senza corona di Vienna. Cantava il Lohengrin. Se sei un wagneriano, sai che Lohengrin entra in scena su un cigno che galleggia sul fiume. Scende, canta e alla fine dell'ultima aria deve ripartire a bordo del cigno. Non fosse che una sera il cigno se ne andò via da solo, prima che Slezak potesse imbarcarsi. Al che lui non batté ciglio, si girò verso il pubblico e disse "A che ora passa il prossimo cigno?"....

Pagina 71 - Ad Hollywood tutti volevano fare a pugni, sapendo che i camerieri lo avrebbero impedito... Bogart voleva sempre scazzottare... Bogart che era un vigliacco e non sapeva affatto picchiare, cercava di continuo rogne nei night club, sapendo che i camerieri l'avrebbero fermato. Si ubriacava e faceva lo spavaldo, sapendo di essere ben protetto...

Pagina 99 - Fritz Lang, di madre ebrea, mi raccontò che Goebbels voleva metterlo a capo dell'industria cinematografica nazista e gli aveva proposto di nominarlo ariano ad honorem. In tutto, gli ariani ad honorem si potevano contare sulle dita di una mano. "Ma io sono ebreo" disse Lang. Al che Goebbels gli fece: "Decido io che è ebreo e chi no!". Lì Lang capì che era ora di andarsene dalla Germania.

Pagina 137 - E perché Napoleone teneva la mano sotto il panciotto? Glielo consigliò un grande attore. "Sei italiano. Bassino per di più. Hai un'aria ridicola. Quando parli, gesticoli. Tienila sotto il panciotto, quella mano".

Pagina 213 - dici che Gary Cooper è un grande... Ma no. Dico solo che è un grande divo: una grande creazione cinematografica. Questa è la peculiarità dei divi. Non li giudichiamo davvero come attori, sono le creature di cui a un certo momento ci siamo innamorati. E questo dipende da chi vogliamo come eroi. E' impossibile fare una discussione critica seria sugli entusiasmi per i divi del cinema, perché il divo è un pianeta a sé, rispetto alla recitazione. A volte sono grandi attori o attrici, oppure sono attori o attrici di terz'ordine.

Pagina 252 - Forse verrà il momento in cui riusciremo a vivere facendo a meno del mistero, ma allora dovremo chiederci e saremo ancora capaci di poesia. E' difficile da immaginare - un mondo o un'arte senza nessun tipo di inganno.

Pagina 332 - Fellini aveva fatto un sublime ritratto del gourmand: "Welles era un enorme macchione nero, più largo del tavolo per sei persone a cui sedeva nel ristorante della Cesarina, a Roma. Gli andai incontro come se lo avessi conosciuto da sempre. Con un gesto benedicente da monarca, m'invitò a sedere. E vidi arrivare quattro primi piatti: minestrone, fettuccine, cannelloni, rigatoni. Se li dispose attorno, come fa un giocatore con le carte. Mangiava lentamente, gustando tutto: un Enrico VIII, un Giove come lo avevo immaginato al ginnasio"...

 
 


Se questo è un uomo

Parte da lontano, il mio amore per Primo Levi, dalle superiori, quando decisi di portare la sua vita, la sua opera, il suo percorso personale all'interno dei grandi drammi del Novecento, quale tesina d'italiano all'esame di maturità... chi poteva sapere che poco dopo si sarebbe tolto la vita nella sua amata Torino?
Spesso mi sono domandato perché amare un tale autore ed un tale argomento.... la risposta è arrivata per gradi... innanzitutto per capire, riuscire a cogliere il più grande dramma della cultura occidentale, dare un volto all'indicibile, cogliere il perché di una caduta nella barbarie di un popolo così civilizzato come quello tedesco, concepire il baratro di tutta l'Europa....
La cosa che a molti sfugge è che, a differenza delle terribili stragi del passato, perpetrate dalle diverse parti in causa: neri d'Africa nella tratta degli schiavi, morti a causa del colonialismo, morti per guerre tra Stati, guerre di religione nell'eterno conflitto tra arabi e cristiani a partire dalle Crociate, questo Olocausto, smuove per la prima volta un caposaldo mai violato... quello della guerra totale tra bianchi, all'interno della stessa Nazione, all'interno della civilissima Europa... Per questo, a differenza di altri eventi di terribile contabilità, vi è un eco tale e non superabile in quanto ad assurdità... Primo Levi la trasforma in letteratura, senza mai piangersi addosso, senza compiacersi, senza odio... ne prende atto e ce la racconta. La lettura è cruda e feroce, ma per il solo scorrere dei fatti, non per interventi dello scrittore, che anzi procede pacato e ne da conto come chi osservi dall'esterno... ecco dice "questo è quanto accaduto, io non so farmene una ragione, e voi?"...

 


"Per mia fortuna sono stato deportato ad Aushwitz solo nel 1944 e cioè dopo che il governo tedesco, data la crescente scarsità di manodopera, aveva stabilito di allungare la vita media dei prigionieri da eliminarsi, concedendo sensibili miglioramenti del tenore di vita e sospendendo temporaneamente le uccisioni ad arbitrio dei singoli.
Perciò questo mio libro, in fatto di particolari atroci, non aggiunge nulla a quanto è ormai noto ai lettori di tutto il mondo sull'inquietante argomento dei campi di distruzione.
Esso non è stato scritto allo scopo di formulare nuovi capi d'accusa; potrà piuttosto fornire documenti per uno studio pacato di alcuni aspetti dell'animo umano.
A molti, individui o popoli, può accadere di ritenere, più o meno consapevolmente, che "ogni straniero è nemico".
Per lo più questa convinzione giace in fondo agli animi come una infezione latente; si manifesta solo in atti saltuari e incoordinati, e non sta all'origine di un sistema di pensiero.
Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa premessa maggiore di un sillogismo, allora, al termine di una catena, sta il lager.
Esso è il prodotto di una concezione del mondo portata alle sue conseguenze con rigorosa coerenza: finché la concezione sussiste, le conseguenze ci minacciano.
La storia dei campi di distruzione dovrebbe venire intesa da tutti come un sinistro segnale di pericolo.
Mi rendo conto e chiedo venia dei difetti strutturali del libro.
Se non di fatto, come intenzione e come concezione esso è nato già fin dai giorni di Lager.
Il bisogno di raccontare agli "altri", di fare gli "altri" partecipi, aveva assunto fra noi, prima della liberazione e dopo, il carattere di un impulso immediato e violento, tanto da rivaleggiare con gli altri bisogni elementari. Nessuno dei fatti narrati è inventato".

venerdì 26 gennaio 2018

Fantascienza

Insieme all'horror (di cui parlo qui) è l'altra mia grande passione.
La fantascienza scritta, innanzitutto, e quella filmata poi. Quella che dal quel dì, vuole rappresentare un mondo differente, l'incontro con popoli e razze diverse, idee diverse... O semplicemente altri io.. noi stessi trasfigurati... Bello questo libro, con tutta la capacità rappresentativa della casa editrice Electa, un format piacevole, i film giusti, belle immagini... testi sicuri e non trame inventate (mi è già capitato)... da collezione!
 
"ALTRI FIUMI, ALTRI LAGHI, ALTRE CAMPAGNE. SONO LA' SU CHE NON SONO QUI TRA NOI; ALRI PIANI, ALTRE VALLI, ALTRE MONTAGNE, CHAN LE CITTADI, HANNO I CASTELLI SUOI..."
Dai tempi del viaggio di Astolfo sulla Luna, descritto da Ludovico Ariosto nel Canto XXXIV di L'Orlando Furioso, nulla di nuovo nei cieli della fantascienza.
Oggi come allora, infatti, a muovere l'immaginazione degli scrittori del genere avveniristico  sempre la ricerca di "Altri Luoghi" dove non ci sia quello che c'é sulla Terra, ma al contrario ci sia quello che sulla Terra non c'é.
Era naturale che a dare nuovo alimento a questo tipo di ispirazione fosse proprio il neonato cinematografo, forte di quelle sue "truccherie" che affascinarono un poeta come D'Annunzio.
E infatti ecco già nel 1902 un altro viaggio sulla Luna, quello descritto non più a parole, ma con le immagini in movimento da uno dei pari del cinematografo, George Méliès.
Il film ci fa scoprire l'altra faccia della luna, ma anche l'altra faccia del cinema (accanto a quello realistico cui ci avevano abituato le vedute di Lumière)  e fissa il paradigma semantico di quello che sarebbe stato il genere cinematografico fantascientifico che tanti altri viaggi, anche molto più lontani ci avrebbe in seguito consentito di fare.
Nel sostituirsi agli scrittori per portarci nelle galassie remote, il cinema chiede aiuto alla scienza, della quale in fondo esso stesso è il figlio, e non disdegna anzi, accoglie con tempismo tutte le risorse che la tecnologia piò mettergli a disposizione, come dimostra il percorso compiuto nell'impiego dei trucchi dalle ingenue "magie" utilizzate da Méliès fino agli strabilianti effetti speciali della odierna produzione fantascientifica.
Sin dall'inizio del genere fantascientifico, la scoperta di nuovi mondi e il confronto con l'altro diventano figure dell'esplorazione degli aspetti più oscuri e inquietanti della psiche umana, che vengono materializzati sotto forma di strane creature ora ostili ora amorose.
Dopo i Seleniti di Méliès, ecco che nel secondo dopoguerra l'immagine degli alieni si sdoppia segnando due linee interpretative, da una parte quella che li vede come creature di cui non bisogna avere paura, anzi dalle quali ci possono venire consigli assai saggi (Ultimatum alla Terra 1951) dall'altra, quella che li raffigura come esseri temibili e ostili (L'invasione degli Ultracorpi 1956) che riflette il clima politico dominante.
Seguiranno toni ora concilianti (Base Luna chiama Terra 1964), (E.T. 1982) a cui seguiranno i cattivissimi (Independence Day 1996), (Mars Attacks! 1996) o peggio di terrore (La guerra dei mondi 2005) il remake.
Oggi è la coscienza del cinema a scostarci verso "Altri fiumi, altri laghi, altre campagne" e che si è capito, in seguito alla crescente minaccia rappresentata per noi umani da quella che Baudrillard chiama "rifrazione telematica", che il vero pianeta proibito non é Altair ma la Terra e si può ben dire che, dal momento che i veri alieni siamo diventati noi, tutti i film realizzati con l'intento di rappresentarci in maniera realistica non possono essere altro che film di fantacoscienza, mentre per avere film realistici occorrerà aspettare quelli che saranno girati in avvenire, magari su Marte, con un'umanità colta all'anno zero di una nuova storia".
 

L'ultima corsa per Woodstock

Posso farvi ridere? Di questo libro non ricordo un emerita "Cippa"! Questo può significare solo due cose: o sto rimbambendo (possibile, probabile) o più semplicemente quando l'ho letto non mi ha restituito niente. Non vale niente, non è capace di regalarti niente. Peccato... Eccolo comunque riportato nelle note di copertina... 
 
"Con Colin Dexter, a detta dei critici, siamo ai piani alti dell'arte del poliziesco.
Uno scrittore di timbro classico, da paragonare a Ruth Rendell e P.D. James.
L'ambientazione è tipicamente inglese l'Inghilterra da cartolina, dei pub e dei sobborghi verdi, cui però si aggiunge subito il graffio della violenza e delle sordide passioni.
Limpida è la razionalità del puzzle, privo di effetti appariscenti e senza l'eccitante dell'apparizione a tutti i costi: ma l'enigma dell'intreccio non è mai creato grazie alla trovata cervellotica, semmai sono le sorprese che riserva la vita quotidiana a rimescolare e confondere.
E' l'umanità dei personaggi, così come il retroterra culturale che sostiene ogni pagina, affiora soprattutto nell'ininterrotto filo di ironia, a volte amara, a tratti malinconica, perfino ammiccante con i lettori alle spalle dei protagonisti della narrazione.
Insomma nei romanzi di Colin Dexter scopriamo una prova, tra le più interessanti e riuscite, di rinnovamento del giallo inglese tradizionale.
L'ispettore E. Morse e il suo aiutante, il sergente Lewis, sono in "L'ultima corsa per Woodstock" al loro esordio da protagonisti della serie che comprende più di dieci casi.
Si sono presi subito, quando Morse ha risposto sena affanno: "si Signore".
Il sergente ha appreso presto a concepire come utili all'inchiesta i cruciverba del superiore, la passione per Wagner, i sarcasmi fuori luogo, il bere, la solitudine.
L'occhio scrutatore di Morse, infatti, sembra sempre rivolto verso l'interno, dentro lui stesso mentre guarda la vita degli altri scivolare in cupi drammi.
All'inizio, la bella Sylvia Kane, scomparsa alla fermata per Woodstock, ritrovata ore dopo, uccisa in modo brutale nel Pub a nord di Oxford, era sembrata l'interprete di una tragedia di ordinario orrore.
L'inchiesta si era avviata agevolmente.... tanto che Morse si era sentito fiducioso nelle proprie capacità, come uno studente che, alle prese con un insidioso problema di matematica in segreto si tenga accanto il libro delle risposte.
Presto però una ragazza cocciuta e intelligente aveva aperto le prime crepe nel castello di sabbia dell'investigatore.
E non era stato l'unico contrattempo.
Una serie esasperante di trabocchetti, false piste, colpi di scena, convinceva Morse che, forse, "il libro delle risposte" conteneva un errore".


giovedì 25 gennaio 2018

Le Montagne del 2017


Volete ridere? A momenti questo post l'avevo bello che dimenticato...
Forse perché il 2017 è stato un anno strano, almeno dal punto di vista sportivo ed alpinistico... eppure, le cime non sono mancate... certo l'incidente a maggio mi ha un poco scombinato i programmi, mi ha anche demoralizzato, mi ha lasciato ancora qualche segno... eppure.
Orbene, eccomi a fare i conti con il difficile compito di mettere insieme una classifica... che deve elencare e premiare non solo le montagne, ma anche le sensazioni che mi hanno donato...
Montagne diverse, condizioni di salita diverse... a volte solo, altre in compagnia... difficile davvero scegliere. Ognuna a modo suo ha significato qualcosa. Proverò a raccontarlo, sapendo che dare un giudizio corretto sarà forse impossibile.
 
1. Rosa dei Banchi Vince a mani basse. Questa cima è incredibilmente bella, panoramica, impegnativa... avventurosa... non mi vengono altre parole, se non di stupore e felicità per la giornata trascorsa sulla Rosa dei Banchi...

2. Mont Fourchon Tanto bianco, montagne e vallate a perdita d'occhio... questa è la Valle d'Aosta, al confine con la Svizzera... Monti immensi, c'é da perdersi nell'immaginario che si è fatto realtà...

3. Pizzo del Ton Antrona Come scritto nel post, questa cima rappresenta per me due traguardi... il primo perché ho chiuso un desiderata... ci volevo salire su quella cima... già da tempo, da quando l'avevo vista dal Montalto e poi dal Pizzo San Martino... arrivo Ton, arrivo! il secondo traguardo è legato alla condizione fisica... dopo lo strappo di maggio, temevo di veder scivolare via questa opportunità... anche per quest'anno... e invece eccomi qua... tutte le aspettative sono state premiate! Cima superba, per niente facile... Stupenda valle Antrona.

4. Pizzo Ruggia Che dire del Ruggia? Prima cima dell'anno... immersa nella neve, un continuo salire con ciaspole e ramponi e piccozza.... un saliscendi lunghissimo... panorami spettacolari... Voto 10!!!

5. Boshorn Presa singolarmente, resta la migliore salita dell'anno. Roccia, ghiaccio, neve... temperatura superba, vento, panorami spettacolari... come dicevo, però, non basta a farne la migliore cima dell'anno... ci vuole anche la "magia"... Da rifare!

6. Monte Barone Il Barone lo guardavo da casa... lo guardavo dal lavoro... lo guardavo quando ero in giro e da qualche anno mi dicevo... chissà cosa è quella cima piatta e lunga che spicca all'orizzonte, verso la pianura torinese.... Eccolo! E' il Barone... che saliamo dalla per nulla scontata (passaggi di roccia di IV grado) "Via delle Creste". Ricordo una giornata caldissima... umido e nebbia in cima, una bella compagnia, tante risate... e rientro con visita della grotta dell'eremita :)
 
7. Cima Pozzolo, Parise, Valgrande Gioie e dolori per questa cima, anzi questa serie di cime... Bellissima salita in ambiente di bosco, con segni del passato... rifugio Pozzolo molto bello e ben curato.. scala di Pozzolo spettacolo! Cima bella ma niente di che... poi dolori e rientro a casa con polpaccio sfasciato... da qui, tre mesi di tribolazioni... e non è finita.

8. Pizzo Ton Devero Una cima inaspettata! Davvero! Non ci dovevo salire su quella cima! Ero andato al Devero a fare due passi... a riprendere l'uso della gamba... a stare con gli amici... ma, vi sembra possibile che riesco a stare fermo? Ed infatti eccomi in cima... tra pareti rocciose da scalare di una bellezza unica... giornata calda e ventosa... Devero sempre al top!

9. Monte Topera lago di Agaro Con gli amici Beppe, Gabri e Max andiamo al Topera... vedo finalmente il lago di Agaro e la Formazza da un diverso punto di vista... Montagna divertente, senza grosse difficoltà ma con pareti rocciose per nulla intuitive... il rientro un'autentica goduria...

10. Monte Faierone e altre cime Grande giro sopra Cannobio, vista Lago Maggiore e Gridone... Tra Vigezzo e Cannobina, Montagna e lago, pianura e paesini tutti da scoprire. Serie di cime da godersi come le ciliegie...

ed a seguire, ma non meno importanti... lascio a voi il piacere di rivederle ad una ad una...

Monte Mucrone da Oropa
Togano, Tignolino, Cresta vallone di Rina
Mazza dell'Inferno
Forte di Orino e Anello
Solcio ciaspolata da Maulone
Punta Larescia Ticino
Alpe Valescia
Alpe Solcio con Franca e Papà
Alpe Pratogrande 2 volte

martedì 23 gennaio 2018

A spasso nel bosco


E dopo il libro (qui) ecco la sua doverosa versione cinematografica.
Guardandolo, mi ci sono immedesimato, cercando i richiami scritti, le parti tagliate e quelle modificate... così come ho potuto vedere rappresentati lo scrittore Bryson (un simpatico Robert Redford) ed un folle Katz (Nick Nolte) sua spalla durante il tracciato.
Ridimensionato, rispetto al testo scritto (e ci mancherebbe) riesce comunque a far sorridere e nel contempo a far apprezzare l'Appalachian Trail ed il clima che si respira intorno a questo monumentale tracciato.
Il film, evidenzia il colpo di testa di Bryson. Una sorta di follia di mezza età, necessaria per sentirsi vivi, quando nella realtà è evidente che nulla gli manca, ma che proprio per questo ha bisogno di cambiare.
E di vero cambiamento si tratta, soprattutto nel passaggio da una vita totalmente sedentaria al voler attraversare l'America per un tracciato di migliaia di kilometri... e vieppiù insieme ad un folle, quale è Katz (in particolare nella interpretazione di un esuberante Nick Nolte)... Divertente... forse filosofico... ma non basta a farne un film da ricordare...

Pippo

Cosa sarebbe un eroe senza una spalla? Senza qualcuno che, oltre a farlo risaltare, dimostrasse la sua inverosimile incapacità a sicuro vantaggio altrui? Cosa sarebbe un eroe, senza un babbeo a tirare e fila dell'assurdo, della comicità, del contrario? Un noiosissimo barbogio! E allora, ben venga Pippo, con tutta la sua comicità, la sua follia, il suo nonsenso... 
 
"E' un cane il migliore amico del topo.
Si chiama Pippo ed è l'altra faccia della medaglia.
Quanto Topolino é attento, tanto lui è svagato, quanto Topolino è razionale, tanto lui è assurdo e imprevedibile.
Se non fossimo certi che la sua residenza è a Topolinia, potremmo pensare che viva in un pianeta lontano, tutto suo, dove la legge di gravità non funziona, il sole sorge al tramonto e la realtà é tutta da dimostrare.
Questo volume raccoglie sei avventure leggendarie di Pippo raccontate dai maestri italiani della Disney.
Lo troveremo tra l'altro nelle vesti di campione (involontario) del "Club degli Audaci" nonché tradizionale antagonista della strega Nocciola (Pippo infatti, non crede alla magia).
E non mancano le trasformazioni in Superpippo grazie alle noccioline e l'intervento del cugino Indiana Pipps, una sorta di Pippo meno dinoccolato e più con i piedi per terra".

Peanuts

Di Peanuts avevo già parlato in questo blog, ora ci ritorno con questo libro che ne riassume la storia e la genesi. Grande Schulz. Bambini che comunicano come adulti e adulti che sono o assenti o che parlano un linguaggio incomprensibile. E' il mondo dei piccoli, per come lo vedono loro e per come lo intendiamo noi. Molto meglio di un trattato di psicologia.
 
"Sono i bambini più sinceri e famosi del mondo. Con l'arroganza di Lucy, il disagio di Charlie Brown, le insicurezza di Linus, l'anticonformismo di Piperita Patty, i Peanuts offrono un meraviglioso microcosmo infantile in cui si rispecchiano i vizi e le debolezze degli adulti.
Questo volume presenta una selezione di tutte le migliori strisce e tavole per ognuno dei cinque decenni di trionfale produzione.
I Peanuts infatti hanno sempre riscosso un grande successi in tutto il mondo, e le immagini dei suoi personaggi, più di tutti quella di Snoopy, sono comparse su migliaia di prodotti.
La poesia di Schulz, testimoniata da centinaia di illustri ammiratori, è sempre riuscita a toccare il cuore dei suoi lettori. Lievemente, con la forza di un sorriso".

domenica 21 gennaio 2018

Correre è bello

Correre é veramente bello
Con stile lieve troviamo utili consigli per affrontare la corsa senza rischi e anzi i vantaggi di uno sport così popolare ma al tempo stesso poco conosciuto e affrontato spesso senza la dovuta serietà.
Da come correre a come prepararsi, dall'abbigliamento all'alimentazione, breve ma completo vademecum
Cosi su Anobii il 25/06/2012.
Oggi sarebbe opportuno aggiungere molto altro. Nel frattempo, correre è diventato qualcosa di diverso da bello e basta. E' diventato moda, stile di vita, passione di molti... Non senti più ridere quando passi correndo, o la solita stupida frase "vai che sei solo!" che risuonava al passaggio dei primi coraggiosi appassionati pionieri...
Oggi correre è diventato uno sport per tutti, che trascina intere famiglie sulle tante piste ciclabili - che fortunatamente stanno sorgendo ovunque - e nelle varie competizioni di ogni taglia e pezzatura... E meno male, dico io!
 
 "Una guida utile, pratica e di facile consultazione che risponde a tutti gli interrogativi possibili sulla corsa: quali sono i benefici che essa apporta alla salute, come deve essere condotto l'allenamento, qual è l'alimentazione più corretta, come deve correre chi pratica il calcio, la pallacanestro, il tennis o altri sport...
Scritto da un medico e allenatore di atletica, questo libro, corredato da grafici tabelle e chiari disegni esplicativi, può essere considerato a pieno titolo come "la bibbia del corridore".

sabato 20 gennaio 2018

L'ora più buia

Quando smonti un mito e cerchi di renderlo un mortale, puoi correre qualche rischio. Uno tra tutti, quello di renderlo troppo umano, quasi non credibile... L'azione diverrà così, quasi un dileggio, qualcosa di ingiusto... Appare allora necessaria, una giusta mediazione, o l'adeguata preparazione del terreno.. quello che, gli storici chiamano "attualizzazione" degli eventi.
Non fa eccezione il Winston Churchill di Gary Oldman, chiamati, il primo nel 1940 a fronteggiare i nazisti e il secondo nel 2017 a non smontare un mostro sacro...
Entrambi fanno bene. Il primo appunto, per chi conosce la Storia, non piegandosi agli eventi e riuscendo a sostenere una nazione (o meglio i suoi capi) disperata; il secondo, viceversa, dimostrando la capacità di umanizzare un personaggio che, nell'immaginario appunto, appariva intoccabile.
Ne emerge un bellissimo film, a tratti commovente, che parte lento - siamo lontani dal fronte e dalle azioni militari di Dunkirk - che tuttavia incombe - ci fa conoscere lo stato d'animo di un Nazione che vede crollare il fronte francese e che - come tutte le nazioni democratiche - non vuole la guerra, ma si rende conto che non vi si può sottrarre.
Gary Oldman sovrasta, con la sua stazza, i suoi borbottii, il suo bere smodato, i suoi dubbi e a tratti autentico panico, la scena... relegando a comprimari e nemici, poco o quasi nullo spazio.
D'altronde, non è solo quel che appare a dover preoccupare il nostro politico... i bollettini di guerra, l'umore generale, i soldati intrappolati, qualche nemico tra i suoi colleghi di partito, il Re che diffida...
Umanizzare un icona, dicevo all'inizio, può rivelare molte sorprese... Gary Oldman, il suo panciotto, il suo sigaro, il cappello... insomma è a dir poco fantastico nel regalarci questa interpretazione, ed a tratti commuove - quando ad esempio incontra i cittadini in metropolitana - o ci fa morir dal ridere, quando chiuso in bagno, gli dicono che deve rispondere ad un altro politico e lui dichiara "Sono sigillato in gabinetto! Penso di potermi occupare solo di una cacca per volta!"  Grande!

Nascita del Superuomo

La mia passione: La fantascienza è la mia passione. Sturgeon è il cantore della fantascienza. Un libro da leggere assolutamente. Poesia.
Di Theodore Sturgeon avevo già parlato, commentando "I figli di Medusa".
Così scrivevo su Anobii il 31/12/2009.
 
"Se esiste un'età dell'oro della fantascienza - ed esiste - il libro che state per leggere è un gioiello a ventiquattro carati, catapultatosi col teletrasporto da un altro tempo direttamente fra le vostre mani.
Questo teletrasporto si chiama letteratura e Theodore Sturgeon, l'autore del libro in questione. è un uomo che meriterebbe di essere fatto oggetto di un culto a parte, una religione Jedi tutta dedita a venerare il genio di chi è riuscito a scrivere un capolavoro capace di farci pensare e/o divertire con una maestria ineguagliabile.
Questo Jedi letterario, all'inizio, non si chiamava così, ma Edward Hamilton Waldo, un nome per un neonato incarnatosi a Staten Island, New York, alla fine della Prima Guerra Mondiale.
Il piccolo Sturgeon se ne andò presto di casa, facendo di tutto trapezista, marinaio, chitarrista, rappresentante, direttore d'albergo, babysitter per cani.
Nel 1937 si affacciò sulla scena letteraria pubblicando un racconto in rivista.
Due anni dopo, scocca l'amore per la fantascienza,, Sturgeon si impone come uno dei maestri del racconto di SF e si aggiudica il prestigioso International Fantasy Award con More Than Human, cioè questo libro, pubblicato nel 1953.
L'altro grande premio che gli viene conferito è lo Hugo per il racconto "Slow Sculpture" nel 1970.
A Sturgeon la letteratura va stretta e la fiction Tv gli offre ospitalità: leggendari alcuni suoi soggetti per la prima serie di Star Trek.
Muore in Oregon nel 1985.
More Than Human  uno di quei romanzi che lasciano il segno, come certe azioni di una partita a pallone da bambini: un'esperienza che si vive nell'entusiasmo di un'incontro e che poi, a distanza di anni, riemerge in forma di ricordo altrettanto incantatorio.
Siamo abituati a romanzi in cui domina un protagonista, o al più, una serie di protagonisti distinti.
Ma il Superuomo di Sturgeon è qualcosa di estremamente diverso: è un protagonista i cui arti sono costituiti da protagonisti...uno stadio evolutivo dell'uomo, un essere multiplo pervaso da un'unica coscienza.
Dall'introduzione di Giuseppe Genna.

Io non compro

Liberare il tempo:  consapevolmente, non per indigenza) ci fa stare meglio, perché libera tempo da dedicare ad altro. L'uso dei momenti pubblici e gratuiti ci appaga tanto quanto un film in prima visione strapagato.
Che dire? Spendiamo consapevolmente e non in modo compulsivo: non droghiamoci di acquisti...
Così scrivevo su Anobii il 18/01/2011

 "A Judith Levine, l'idea viene durante il periodo delle vacanze natalizie.
Ha prosciugato la VISA e sta inaugurando una nuova carta di credito con gli ultimi acquisti, arranca per strada appesantita dai sacchetti dello shopping.
E' a quel punto che annuncia silenziosamente la sua obiezione di coscienza: IO NON COMPRO! Judith e il suo compagno Paul trascorreranno un anno senza acquistare null'altro che cibo e medicinali.
Niente libri, dvd, cinema, niente nuove tecnologie, niente viaggi.
"Lavora e spendi": questo è il circolo vizioso in cui l'autrice ci vede intrappolati.
Invece di ricercare una nuova qualità della vita, si preferisce inseguire un modello di benessere che fa apparire necessarie una quantità di cose che non lo sono.
Perché compriamo? E soprattutto: cosa compriamo? L'esperienza di Judith Levine ci offre delle risposte che suonano come altrettante accuse e sfide al consumismo, o forse di più , alla Cultura Occidentale.
Non potrebbe essere altrimenti nell'epoca in cui lo shopping è esplicitamente collegato ai destini delle nazioni e rappresenta una parte consistente del loro Prodotto Interno Lordo.
Se il mercato è ciò che rende liberi, allora la scelta del consumatore è democrazia.
Un assunto che Paul e Judith non condividono e cercano di confutare.
Ne è testimonianza questo diario appassionato, sofferto, ironico e a tratti, polemico.
Non usciranno vincitori da questa esperienza ma certamente consumatori più consapevoli, il che, di questi tempi, non è poco".

venerdì 19 gennaio 2018

Commando Himmler

Varsavia chi?  Dovrebbe avere come sfondo la terribile battaglia degli insorti di Varsavia, questo episodio della saga di Hassel. Nella realtà, intervallare episodi di guerra a tratti ben scritto con la storia vera dell'evento non riesce. Non solo; si finisce per perdere il filo del discorso e gli eventi narrati potrebbero essersi svolti ovunque, anche a Napoli.
Così scrivevo in Anobii nel 2012.

"La guerra dura ormai da cinque anni e Hitler ha bisogno di tutti gli uomini che è possibile trovare: per questo fa setacciare i campi di concentramento e arruolare i criminali comuni nei battaglioni di disciplina.
Ed è appunto nel campo disciplinare di Sennelager che ritroviamo i nostri vecchi amici di "Maledetti da Dio", "Gestapo" e "Battaglione d'assalto": Fratellino, Porta, il Vecchio, Greg Martin e gli altri.
Loro sono veterani e devono accogliere e addestrare i relitti umani che sono stati arruolati a forza nei campi.
Dopo un rapido addestramento il battaglione viene trasferito sul fronte russo e infine partecipa alla battaglia di Varsavia.
Sono attori così di quella immane tragedia che fu il martirio della nazione polacca, mentre l'esercito russo assisteva immobile, senza intervenire, alla disperata lotta polacca contro i nazisti.
"Per il bene della razza tedesca e per la sua espansione, é necessario aspirare a un'Europa completamente deserta, e ciò significa l'annientamento di tutte le altre nazioni". Discorso di Himmler ai Generali delle SS. 12 dicembre 1943".

Intrighi d'Italia


E' piena di misteri, la storia di ogni Nazione. L'Italia non fa eccezione... E se nel recente passato, possiamo prendere a scusante il blocco anticomunista e la Guerra Fredda, diventa difficile capire quanto accaduto negli anni in cui, la nostra realizzazione, quale Stato unitario, ebbe origine.
Ecco quindi un utile libro, a ricordarci quella che, per molti fu e resta, un periodo glorioso... ma, alla lettura dei risvolti, non appare più tale... A volte, sarebbe meglio vivere di miti.
 


 
"Nel 1912 Giovanni Giolitti raccomandava molta prudenza nell'aprire gli archivi del nostro Risorgimento, perché non è bene sfatare leggende che sono belle.
Comprensibile, forse, in un Paese ancora giovane e fragile.
Purtroppo, per molti aspetti, il suo monito è stato preso alla lettera per un secolo intero e l'effetto si è esteso ben oltre i confini del racconto (epico) dell'Unità d'Italia.
Così, pur con qualche virtuosa eccezione, la storiografia ufficiale e, per ricaduta, la divulgazione scolastica, hanno spesso preferito accontentarsi di una versione edulcorata dei fatti, che nulla spiega di cosa sia poi diventato il nostro Paese.
Eppure la dittatura dei poteri forti, il ricorso all'assassinio politico, gli usi impropri e deviati dei servizi segreti, la trattativa con la criminalità organizzata e altri vizi italici contemporanei hanno radici e precedenti proprio in quel pezzo del nostro passato.
Proseguendo il lavoro iniziato con 1861, Giovanni Fasanella e Antonella Grippo hanno ricostruito e riscritto alcuni fra i più interessanti misteri d'Italia, lungo un arco di sessant'anni dai giorni dell'Unità, attingendo a documenti inediti, atti giudiziari mai consultati dagli storici e preziosi (nonché poco utilizzati) archivi stranieri.
Dalla "morte per salasso" di Cavour, alle trame oscure dietro il regicidio di Umberto I, dall'avventura coloniale in Libia, voluta dai poteri economici, fino alla strage del Teatro Diana a Milano, la storia d'Italia rivive in un succedersi di eventi drammatici che hanno proiettato le loro ombre inquietanti fino a oggi.
In un Paese come il nostro, affetto da sistematica amnesia sulla propria Storia, questo libro contribuisce a demolire quella "cultura dell'indicibilità" che rende opaco il potere e accettabili le menzogne di Stato, alimenta le aree grigie in cui trovano copertura relazioni pericolose e contagia tutti noi con un'idea dagli effetti funesti: non può esistere una verità storica condivisa".
 

giovedì 18 gennaio 2018

Horror

Per me, il cinema è in gran parte horror... insieme alla fantascienza ed ai western, all'avventura, un poco di sentimento (non troppo, sennò piango) ed ai cartoons... Ma prima di tutto è l'horror.
Come ho spesso scritto in questo blog, cinema è sospensione della realtà. E quale migliore sospensione della stessa, se non rappresentando l'horror, o la fantascienza (magari virata in horror) che di fatto, rappresenta il nostro "lato oscuro", il demonio che alberga in ognuno di noi?
Bellissimo questo testo. Sicuramente lo è stato per me e, può esserlo per chi vuole farsi una cultura al riguardo.
 

 
"Fin dalla sua nascita i cinema, fondato sul procedimento della riproduzione e di cose in movimento e quindi sulla duplicazione dei fenomeni visibili, é l'arte che mostra di avere più di tutte una familiarità congenita con quelle dimensioni del doppio e del perturbante le quali, studiate all'inizio del Novecento da Freud e da Otto Rank insieme alla nozione di occulto, del genere horror costituiscono la primaria ispirazione.
Anticipate dalla Ottocentesca narrativa gotica e rilanciate poi in chiave di angoscia esistenziale dal movimento dell'espressionismo, queste dimensioni possono manifestarsi al meglio proprio nel cinema, il quale le urla con una efficacia senza pari tanto da guadagnarsi subito la promozione da semplice spettacolo ad Arte.
Il riconoscimento avviene grazie a due opere del grande cinema espressionista tedesco degli anni Venti, il gabinetto del Dottor Caligari di Robert Wiene e Nosferatu di Friedrich Wilhelm Murnau, entrambe riconducibili al genere horror e che, anzi, di quest'ultimo possono essere considerate i prototipi destinati a essere riproposti e variati in mille modi.
A confermare la predisposizione tecnico - formale del cinema per le storie dell'orrore va ricordato un altro titolo di poco successivo, ma questa volta proveniente dalla Francia, anch'esso gusto horror e addirittura orgoglioso di tale provenienza dal momento che si ispira ai racconti di Poe.
Si tratta di quel La caduta della casa Usher , girato da Jean Epstein nel 1928, un film risolto mediante procedimenti formali che costituiscono l'essenza stessa del linguaggio filmico, quali sovraimpressioni, movimenti rallentati, angolazioni inedite e rapidi, brevi carrelli che creano una realtà allucinatoria e fortemente onirica.
Insieme ad altri due film degli anni Venti, il carretto fantasmaPagine dal libro di Satana , autorizzano a concludere che il cinema nasce con un destino horror che gli proviene dall'essere figlio spirituale di una coppia di genitori non certo tranquilla quali l'espressionismo visivo sul piano artistico e la dimensione del perturbante proveniente dall'inconscio su quello culturale.
E' in America negli anni Trenta con Dracula, Frankenstein, la Mummia o negli anni Quaranta con il Bacio della Pantera e Ho camminato con uno zombie che l'horror diviene genere di largo consumo.
Negli anni '50 l'horror diviene veicolo di liberazione sessuale con sesso e sangue, soprattutto dall'Inghilterra.
Negli anni Settanta fanno la loro apparizione L'Esorcista, Psyco, e sotto l'influenza del Vietnam, ecco la notte dei morti viventi , Non aprite quella porta e in Italia con Profondo Rosso e Suspiria.
Arriva lo splatter, mentre dall'Oriente ecco The Ring o in Occidente La casa dei 1000 corpi, Van Helsing Underworld...  Dalla sua nascita l'horror non smette di evocare il lato oscuro di noi stessi e richiama il teatro di Seneca e la sua tragedia degli orrori".


martedì 16 gennaio 2018

Viaggio al termine della notte

Senza un attimo di respiro: Scrittore maledetto, se te ne freghi, ti trovi di fronte un libro incredibile. Così scrivevo tanti anni or sono su Anobii, un piccolo, breve commento, per celebrare questa lettura.
Oggi, a distanza di tempo, ritorno sul testo e riprendo un dialogo interrotto, riallaccio vecchi spunti e passaggi memorabili.
Chi pensasse che Louis Destouches in arte Céline, scriva alla Gadda, alla Pasolini, in modo naturale, si sbaglierebbe di grosso... è un linguaggio ricercato, pensato, studiato, osservato a lungo e ruminato assai... prima di essere riproposto su carta, è stato oggetto di lunga gestazione.
Prova ne è il suo esempio, oramai memorabile, del bastone immerso in acqua. "Un bastone dritto, immerso in acqua, apparirebbe storto... cosa diversa un bastone, già precedentemente ritorto artificialmente e poi immerso... ad ottenere una distorsione voluta, guidata... questo è il linguaggio dei miei personaggi..." Insomma, siamo di fronte ad un genio... ad un uomo che, divenuto un paria, a causa delle sue scritture antisemite, resta un grande, uno scrittore al pari di Hemingway, irraggiungibile letteratura. Da leggere e rileggere... magari anche in francese.

 "Nell'aprile 1932 il giovane editore parigino Robert Denoel si ritrovò sul tavolo un grosso dattiloscritto di novecento pagine a spazio due, che non portava nemmeno l'indicazione dell'autore.
Cominciò a leggerlo con uno sbalordimento che sconfinava nell'esaltazione.
Telefonò nottetempo al suo segretario, ingiungendogli di trovarsi presto in ufficio l'indomani perché bisognava arrivare ad una decisione rapida.
Si trattò di risalire, con qualche fatica, all'autore.
Era un medico trentacinquenne che abitava dalle parti di Montmartre, in Rue Lepic, e lavorava al dispensario di Clichy, un certo Louis Destouches.
Più tardi, Denoel descrisse quell'incontro: "Mi trovai davanti un uomo straordinario come il suo libro. Parlò per due ore da medico che sapeva tutto della vita, da uomo di estrema lucidità, disperato e freddo, e tuttavia passionale, cinico ma pietoso.
Lo rivedo ancora, nervoso, agitato, occhi azzurri, uno sguardo duro, penetrante, l'aria un po' stralunata.
Aveva soprattutto un gesto che mi colpiva.
La mano destra andava e veniva come per fare piazza pulita, e ad ogni istante disegnava le cose con l'indice....
Il suo modo di esprimersi era sempre forte, immaginoso, allucinato.
L'idea della morte, la propria e quella del mondo, tornava nel suo discorso come un motivo conduttore.
Mi descrisse un umanità affamata di catastrofi, innamorata di massacri.
Il dottor Destouches s'era scelto uno pseudonimo: avrebbe firmato Louis-Ferdinand Céline. Un nome femminile".
Nasceva così Voyage au bout de la nuit, e oggi che il secolo sta finendo tra tragedie e farse d'ogni genere, ci appare sempre più chiaro che questo è il romanzo che l'ha meglio capito e rappresentato che il consapevole delirio Céliniano ne ha saputo cogliere come nessun altro gli aspetti fondamentali: gli orrori della guerra e della retorica patriottarda di quelli che stavano a dirigere il macello nelle retrovie; la ferocia dello sfruttamento coloniale, la solitudine delle metropoli (New York) e gli incubi tayloristici della catena di montaggio (la Ford a Detroit), il degrado urbano e l'abbruttimento operaio nella Parigi delle borgate, l'avvento di una piccola borghesia cinica e faccendiera, quella stessa di cui oggi contempliamo i guasti forse irreversibili nelle imprese di figli e nipoti, al di qua e al di là delle Alpi".

venerdì 12 gennaio 2018

The ballad of Lefty Brown

Bill Pullman è Lefty Brown, un vero fallito. Un uomo che ha vissuto al servizio di Eddie Johnson e che ora, oramai anziano, vede il suo mondo crollare, quando il suo mentore viene ucciso da un ladro di cavalli.
Ora Lefty ha di fronte a se due strade. Sparire in buon ordine, come tutti gli suggeriscono e tutti peraltro si aspettano... oppure dimostrare al mondo intero, ma prima di tutto a se stesso, di non essere quell'incapace.
Parte da qui la sua avventura... Esistono molti western e molti West: quelli con gli indiani, quelli delle diligenze, quelli delle città di frontiera, quelli delle miniere d'oro, quelli dei prepotenti che vogliono sottrarre la terra ai pionieri... questa volta c'é un viaggio... un'inseguimento, c'é la violenza e ci sono le sparatorie... c'é il sotterfugio, il potere delle lobby ferroviarie, c'é infine un uomo che non accetta di essere schiacciato dalla sua reputazione.
Il viaggio di redenzione di Lefty, è lungo e difficile, non privo di rischi, per lui e per chi gli vuol bene, ma un bel finale è dovuto.

Valentina

I fumetti per loro natura, raccontano il quotidiano, aggiungendo la dose di fantasia necessaria a seconda dell'idea.
Vi sono fumetti storici, fantascientifici, legati al quotidiano, astratti negli interpreti e così via... pochi però sono come questo. Valentina è la rappresentazione onirica del personaggio. E nel farlo ci riesce bene... siamo talmente attratti da questa estraniazione,  da non riuscire a coglierne la portata eversiva, accettandone la normalità... certo molto del merito va alla bellezza dell'interprete principale... Per molti versi capace di liberare la sensualità/sessualità di una donna. Un esperimento coraggioso, un esperimento riuscito e che è giunto sino ad oggi con giusta malizia e grande capacità grafica.
 

"In un fumetto del 1965 una specie di Mandrake sbarcò a Milano.
Si chiamava Neutron, e al posto del cilindro e della marsina indossava un vestito nero che lo faceva somigliare a Diabolik.
Ma il potere medianico era stupefacente quanto quello di un grande illusionista.
Anzi di più, perché le sue non erano illusioni: Neutron poteva provocare una paralisi temporanea guardando negli occhi una persona, o fissandola attraverso "schermi televisivi in trasmissione diretta".
Neutron nasce come alter ego del critico d'arte Philip Rembrandt: sarebbe stato un supereroe dalla doppia vita se non avesse conosciuto, già nella sua prima avventura, la donna che, togliendogli i superpoteri, lo avrebbe confinato in un ruolo secondario: Valentina di nome, Rosselli (come i fratelli eroi dell'antifascismo) di cognome.
Nella storia del fumetto ci sono tanti casi di comprimari che diventano protagonisti grazie alla loro personalità strepitosa, all'irresistibile fascino che si portano dentro.
Forse i più eclatanti sono quelli di Braccio di Ferro, di Paperino e di Valentina.
Valentina è csì diventata la protagonista - in un ambiente che richiama la Milano di Crepax - perché così hanno scelto i lettori e il suo autore: tutti innamorati di lei, delle sue capacità di mostrare sé stessa".

Avere e Essere

 
Eterna domanda. Avere o essere? Rientra nel solco dei libri di formazione, non per forza di letture giovanili, non per forza a sfondo religioso, spesso anarchici, che hanno costellato la cultura (una certa cultura) di chi aveva dalla sua una grande curiosità. Quella curiosità, per intenderci, necessaria a porsi le domande giuste. Cosa viviamo a fare? Cosa facciamo intanto che viviamo? E, giustamente, la nostra vita, è fatta di possesso delle cose o di essere qualcuno?
Una società come la nostra, abbandonata ogni promessa millenaristica, abbandonata la religione, la politica, il futuro... oramai giunta, a vedere il solo presente ed a sognare un passato confuso e dorato (retrotopia, la chiamano) senza progetti, senza speranze... fa del consumo, del possesso, del godimento immediato, il suo essere. Dimentica della vera essenza dell'uomo, della sua dimensione spirituale, del suo desiderio di capirsi..
Erich Fromm, come Hermann Hesse, come Gesù, come Marx , come Buddha, ci pone di fronte ad una scelta. Noi, probabilmente non la sapremo cogliere, ma almeno l'avremo vista, capita, ci saremo incappati.
 

"Dicendo essere o avere, non mi riferisco a certe qualità a sé stanti di un soggetto... Mi riferisco, al contrario, a due fondamentali modalità di esistenza, a due diverse maniere di atteggiarsi nei propri confronti e in quelli del mondo, a due diversi tipi di struttura caratteriale, la rispettiva preminenza ei quali determina la totalità dei pensieri, sentimenti e azioni di una persona".
Ed è la prevalenza della modalità esistenziale dell'avere che per Fromm ha determinato la situazione dell'uomo contemporaneo, ridotto ad ingranaggio della macchina burocratica, manipolato nei gusti, nelle opinioni, nei sentimenti dai governi, dall'industria dai mass media, costretto a vivere in un'ambiente degradato con lo spettro incombente del conflitto nucleare.
L'autore, rifacendosi a una lunghissima tradizione di pensiero che va dal Buddha a Tommaso d'Aquino, da Spinoza a Marx, dal Talmud a Meister Eckhart, delinea quindi le caratteristiche di un'esistenza incentrata sulla modalità dell'essere, in quanto attività autenticamente produttiva e creativa, che offra allo individuo e alla società la possibilità di realizzare un nuovo e più autentico umanesimo.

L''Ipnotista

Ci fu un periodo in cui, parve esserci una fioritura di genere, provenire dal Nord Europa.
Gialli, Neri, Horror... ogni e possibile genere virante al violento, vedeva uno scrittore nordeuropeo fare la sua comparsa, affermarsi, vendere libri... un'autentica miniera d'oro, il nuovo Klondike della letteratura... e noi tutti a leggere e mandare a memoria il nome di ispettori ed investigatori dal nome di un mobile Ikea... Ma come in tutti i filoni, l'oro degli sciocchi sta sempre in agguato... é questo il caso.
 
"Si chiama Erik Maria Bark ed era l'ipnotista più famoso di Svezia.
Poi qualcosa è andato terribilmente storto e la sua vita è stata ad un passo dal crollo.
Ha promesso pubblicamente di non praticare mia più l'ipnosi e per dieci anni ha mantenuto quella promessa.
Fino ad oggi.
Oggi è l'8 dicembre, è una notte assediata dalla neve ed è lo squillo del telefono a svegliarlo di colpo.
A chiamarlo è Joona Linna, un commissario della polizia criminale con l'accento finlandese.
C'è un paziente che ha bisogno di lui.
E' un ragazzo di nome Josef Ek che ha appena assistito al massacro della sua famiglia: la mamma e la sorellina sono state accoltellate davanti ai suoi occhi, e lui stesso è stato ritrovato in un lago di sangue, vivo per miracolo.
Josef è ricoverato in grave stato di schock, non comunica con il mondo esterno.
Ma è il solo testimone dell'accaduto e bisogna interrogarlo ora.
Perché l'assassino vuole terminare l'opera uccidendo la sorella maggiore di Josef, scomparsa misteriosamente.
C'é un solo modo di ottenere qualche indizio ipnotizzare Josef subito.
Mentre attraversa in auto una Stoccolma che non è mai stata così buia e gelida, Erik sa già che infrangerà la sua promessa.
Accetterà di ipnotizzare Josef.
Perché, dentro si sé, sa di averne bisogno.
Sa quanto gli è mancato il suo lavoro.
Sa che l'ipnosi funziona.
Quello che l'ipnotista non sa é che la verità rivelata dal ragazzo sotto ipnosi cambierà per sempre la sua vita.
Quello che non sa è che suo figlio sta per essere rapito.
Quello che non sa è che il conto alla rovescia, in realtà, è iniziato per lui".

martedì 9 gennaio 2018

La banconota da un milione di Sterline

E così ricomincio l'anno e ricominciano le buone intenzioni, tra cui quella di studiare inglese.
Decido così di leggere i classici inglesi, italiano con inglese a fronte. E di ascoltarne nel contempo gli audio (accidenti alla pronuncia, accidenti alla velocità del parlato, accidenti al genitivo sassone, accidenti alle parole smozzicate...) per farmi l'orecchio.
Ottengo tre vantaggi: una bellissima storia, il romanzo (seppur breve) scritto da Mark Twain, e un ottimo ripasso di lingua originale. Insomma non manca niente!
 

"Scritto nel 1893, la Banconota da un milione di sterline dà il titolo alla raccolta di racconti pubblicata in quello stesso anno da Mark Twain.
E' un racconto, quindi, che l'autore sentiva in qualche modo di punta, o almeno come il più importante del libro appena dato alle stampe.
E non si può dargli torto, visto il perfetto equilibrio che in esso raggiunge fra la franca felicità della narrazione e la compresente distorsione ironica di quanto narrato.
La Banca di Inghilterra aveva emesso due banconote da un milione di sterline.
Solo una però era stata usata, mentre l'altra era rimasta nella cassaforte della Banca.
Un ricco signore e suo fratello, conversando sulla banconota milionaria, avevano scommesso sulla possibilità per uno straniero senza altro in tasca che quella banconota, della quale non potesse in qualche modo giustificare il possesso, di riuscire a sopravvivere a Londra per almeno trenta giorni senza finire in prigione.
Detto fatto, acquistata la banconota si misero alla ricerca del soggetto adatto all'esperimento.
E' il giovane Henry Adams, ex impiegato in una finanziaria di San Francisco, ora ridotto sul lastrico sembrava proprio fare al caso loro".

Harbinger Down

 
Un poco Blob, un poco "la Cosa", un altro poco Ice Soldiers... quando un peschereccio, con a bordo un gruppo di ricercatori che si occupa di riscaldamento globale, viene a contatto con il relitto di un satellite sovietico, accade di tutto: una cosa emerge dal corpo congelato dell'astronauta... una cosa capace di mutare, di impadronirsi dei corpi, di distruggere tutto e tutti...
Isolati, in mezzo ai ghiacci e ad una tempesta, i nostri dovranno far fronte al mostro. Ci riusciranno?
Ottimo remake di tanti film già visti, capace ancora di spaventare con una  miscela di effetti speciali e humour.
 
 

La grammatica della musica


Ah! gran cosa la musica. A patto di capire che, non solo è arte, non solo è bellezza per l'anima... ma che innanzitutto è scienza, cultura e matematica... e come tale va studiata e capita, sia come neofita e appassionato all'ascolto, che come praticante. per approcciarsi ad un mondo incredibile e avvincente e non soffrire di analfabetismo del bello.
 
"La musica è arte e scienza allo stesso tempo.
Perciò allo stesso tempo deve essere colta emozionalmente e compresa intellettualmente e anche per la musica, come per ogni arte o scienza, non esistono scorciatoie che facciano progredire nella conoscenza.
L'amatore che si diletta ascoltando la musica senza capirne il linguaggio é come il turista che passa le vacanze all'estero e si accontenta di godersi il paesaggio, i gesti degli abitanti, il suono delle loro voci, senza capire neppure una parola di ciò che essi dicono.
Egli SENTE ma non è in grado di comprendere.
Questo libro fornisce gli elementi per una comprensione di base della musica.
Anche se lo leggerete scrupolosamente, non farà di voi un musicista, né vi insegnerà a scrivere musica; come in ogni lingua anche una scorrevolezza puramente grammaticale non si può ottenere che a prezzo di molti anni di esercizio.
Esso si propone di presentarvi il materiale della musica e le sue leggi generali così come vengono applicate dai grandi compositori.
Al tempo stesso vuole darvi qualcuno degli elementi di fondo necessari a capire l'andamento tecnico della musica che state ascoltando.
Giungerete così, ci auguriamo, alla stessa situazione del turista che conosce una lingua in modo tale da consentirgli, quando si trovi nel paese in cui è parlata, di decifrare i giornali locali, intendere un po' di ciò che si svolge intorno a lui, avere qualche idea della topografia e della struttura sociale della nazione, ed esprimersi con gli abitanti senza far la figura del muto.
Infine, come disse Schumann, "non lasciatevi spaventare dalle parole Teoria, Basso Numerato, Contrappunto, ecc. essi vi verranno incontro a metà strada se voi farete lo stesso".

sabato 6 gennaio 2018

il domani tra di noi

Si, c'é un romanzo. Ma il film è davvero bello. Non fosse che i panorami della montagne americane sono immensi e stupendi, che gli sguardi d'intesa tra i due sventurati dicono più delle parole, che il procedere nel mezzo della natura è incredibile e spettacolare.
Ma c'é di più che ci fa propendere per il film, la storia d'amore che si legge negli occhi dei due. Ed è impagabile la scena finale (spoiler) in cui, dopo essersi lasciati - per sempre? - entrambi capiscono che tutto il loro vagare nel pericolo, l'essere sopravvissuti, non è stata cosa effimera, ma è il quotidiano, è la vita di ogni giorno... e che l'amore, che scaturisce da ogni piccola cosa, cresciuto nella tragedia è diventato certezza.
Potente strumento è l'amore. Si è insinuato tra loro ed è diventato forza per andare avanti ma al tempo stesso, diviene difficoltà - da qui il titolo del film - per quando i due usciranno dall'ignoto, arrivando quasi al punto (lo si legge in una delle scene finali nella foresta) di desiderare di non essere salvati.
E non è forse così, sempre? Non è infatti quella forza misteriosa, quella chimica che fa di due uno solo?
Dimenticavo il cane! (dai titoli di coda, scopro che erano due) ottima recitazione, non se ne vedeva una simile dai tempi di Rintintin....
 

Passaggio di testimone

Dopo aver descritto il passaggio "formale" da un anno all'altro - vedi il post - eccomi invece a parlare dell'aspetto umano derivante dal passaggio di un confine, di una data, un termine inventato, ma che traccia una linea, una demarcazione tra un prima e un dopo...
L'anno inizia sempre con grandi aspettative... questa volta farò questo e anche quello e quell'altro... un bel sogno! altroché! che però sfuma piano piano, che deve fare i conti con il pregresso.. perché, per quanto ci illudiamo di poter partire da un foglio bianco, da una tabula rasa, nella realtà le tracce, i segni, le cancellature, i buchi sul predetto foglio, sono tanti e tali, così come lo sono gli anni e i trascorsi che il disegno finisce per assumere una forma ben diversa dall'idea iniziale...
E' così che uno, ha di fronte a sé più strade: illudersi che il suo foglio sia immacolato, che quello che sta per iniziare è l'anno del capolavoro, del tutto andrà bene... oppure prendere atto della trama, dell'ordito e in base a quello costruire ciò che viene... un ripiego direte voi? o forse realismo, pragmatismo, senso della realtà... ed infine, un non fare alcun conto, non pensarci affatto... prendere quel che viene come e quando viene... ma ne siamo capaci? ne sono capace? temo di no. E allora ecco che mi rifugio nel compromesso... e su quello costruisco i miei "grandi" progetti... che poi sono piccole cose, le stesse piccole cose che riempiono la giornata, che poi riempiono le settimane, i mesi ed infine, al 31 dicembre... l'anno.
E così anno dopo anno, trascorre un'intera vita... ed ogni pagina scritta riporta, vittorie, sconfitte, piccoli passi, grandi scivoloni, errori... rimpianti.. ma é questo, quello che è dato, se il gomitolo della vita si srotola piano piano, sta a noi farne l'opera finale. Quella per cui saremo ricordati; quella per cui sarà valsa la pena essere stati, aver vissuto.
 

Ultra