sabato 31 marzo 2018

Una questione privata

Liberamente tratto dall'omonimo libro di Beppe Fenoglio, sotto la regia dei fratelli Taviani, illustra le gesta del partigiano Milton, alla ricerca del rivale in amore ed amico Giorgio, catturato dai fascisti.
Tutto quanto accade, è segnato non dalla guerra, dagli scontri, dalle morti e i soprusi improvvisi, dalla ferocia degli uomini tra le montagne e nelle città... quello è lo sfondo... la vera traiettoria della vicenda è la disperazione d'amore di Milton (interpretato da un bravissimo Luca Marinelli) che lo spinge a cercare di liberare l'amico, solo per sapere se è vero quanto ha appreso per caso.. che Fulvia, la donna che lui ama e da cui non vi è corrispondenza di sensi, ha preferito Giorgio.
Per farlo deve liberarlo, per liberarlo deve trovare un fascista da scambiare, per prendere un nemico deve rischiare il tutto per tutto.
Questa meteora, che attraversa la guerra, le morti, la fame e la disperazione, non appare folle, come potrebbe ad un primo momento apparire... no, semmai rende folle tutto il resto, demandando ad un sentimento nobile (l'amore appunto) ogni reale senso e rendendo il mondo degli uomini inspiegabile.
Paragonato all'Orlando Furioso da Calvino, è un bellissimo romanzo e la sua trasposizione cinematografica, pur nella brevità dettata dalla regia non perde nulla del fascino iniziale.
 

venerdì 30 marzo 2018

James Maddock a Somma Lombardo

 
E fu così che andammo (io per la 4° volta) a vedere il concerto di James Maddock a Somma Lombardo. Avevo regalato un suo album a Roberta, e saputo del concerto, le ho proposto di partecipare. Ne è valsa la pena, come al solito. Concerto che affianca azioni benefiche, simpatia, ottima musica, lui come sempre umile e sempre col sorriso sulle labbra. Si, ne è valsa la pena.
 


giovedì 29 marzo 2018

il pastore d'Islanda

Se, come afferma Jòn Kalman Stefànsson, nella postfazione di questo libro, "in letteratura nessuno è un'isola" allora è giusto chiedersi chi abbia ispirato Gunnarsson e chi a sua volta ne sia stato ispirato.
Ne trarremo legami a prima vista inaspettati... Conrad quale musa ed Hemingway quale seguace.
Ma potremmo andare oltre, pescando in quel movimento panscandinavo, capace di ispirare il pangermanesimo e diventare in seguito veicolo, neanche tanto velato del verbo nazista.
Lo dimostrano certe frequentazioni di Gunnarsson e le numerose stampe in tedesco dei suoi libri.
Ma di fondo, ovviamente, vi è altro. Qualcosa che - mia iperbole - potremmo trovare in certa letteratura americana, nei racconti dell'orrore (Frankenstein), ed in quelli di redenzione, nel riconoscere il mostro della modernità, il venire meno di un mondo secolare, quello dell'agricoltura, fatto si di stenti, ma anche di certezze e di saldi valori a fronte dell'inurbamento, dell'industrializzazione, della rapacità capitalista, contrapposta all'amore per la propria terra... facendoci ritrovare John Muir e il suo amore per la natura...
Cosa ci insegna Gunnarsson in questo canto di Natale scandinavo? Che al netto delle cose di cui ci circondiamo ogni giorno, del benessere che ci coccola e ci da certezze, l'uomo è solo. E questa sua solitudine lo obbliga a guardarsi dentro, tornando ai veri ed unici valori che contano e che lo rendono quello che è: creatura immersa nel creato.
 

 
"Il Natale può essere festeggiato in tanti modi, ma Benedikt ne ha uno tutto suo: ogni anno la prima domenica di Avvento si mette in cammino per portare in salvo le pecore smarrite tra i monti, sfuggite ai raduni autunnali delle greggi.
Nessuno osa sfidare il buio e il gelo dell'inverno islandese per accompagnarlo nella rischiosa missione, o meglio nessun uomo, perché Benedikt può sempre contare sull'aiuto dei suoi due amici più fedeli il cane Leò e il montone Roccia.
Comincia così il viaggio dell'inseparabile terzetto, la "Santa Trinità", come li chiamano in paese, attraverso l'immenso deserto bianco, contro la furia della tormenta che morde le membra e inghiotte i contorni del mondo, cancellando ogni certezza e ogni confine tra la terra e il cielo.
E' qui che Benedikt si sente al suo posto, tra i monti dove col tempo ha sepolto i suoi sogni insieme alla paura della morte e della vita, nella solitudine che è in realtà "la condizione stessa dell'esistenza", con il compito cui non può sottrarsi e he porta avanti fiducioso, costi quel che costi, per riconquistare un senso alla dimensione umana.
Nella sua semplicità evocativa, il pastore d'Islanda è il racconto di una avventura che diventa parabola universale, un gioiello poetico che si interroga sui valori essenziali dell'uomo, un inno alla comunione tra tutti gli esseri viventi.
Esce per la prima volta in Italia un classico della letteratura nordica che ha fatto il giro del mondo e sembra aver ispirato Hemingway per "il vecchio e il mare", considerato in Islanda il vero canto di Natale". 

mercoledì 28 marzo 2018

Annabelle 2 Creation

 
Sarà che a me le bambole stanno sonoramente sul culo, ma resta il fatto che, sta menata della Annabelle, bambola col muso di ciuccio, venuta talmente male che anche io mi sarei indemoniato, proprio non la capisco.
Ma chi cavolo potrebbe comprarla? E poi, questa storia dello spirito che chiede il permesso di entrare (ancora in una bambola) e poi rompe i maroni a tutti i residenti della casa! Ma dai!!! Improponibile. Manco l'agente delle tasse... Manco Equitalia... E poi queste case enormi, praticamente dei centri commerciali... ma un appartamentino di cinquanta metri quadri non bastava? 

Insomma, rieccoci, famiglia felice perde la figlia in modo tragico, si affida alla magia nera per riaverla, il solito maligno ci mette lo zampino e si infila nella bambola più brutta esistente sulla faccia della terra.
Non contenti i due imbecilli genitori, pensano bene di ospitare una intera comitiva di trovatelle e suorina al seguito... come volevasi dimostrare il maligno riappare, approfittando dei piccoli ospiti in un crescendo di mistero, paura e ferocia... Bello? Brutto? Certamente non originale.

Il Giustiziere della notte

Era il 1974, quando Charles Bronson, protagonista del primo episodio della famosa serie, pistolettava per New York, facendosi giustizia da solo in un clima di autoassoluzione, e di contestuale assoluzione da parte dei deboli e delle vittime dei cattivi... 44 anni dopo, tocca a Bruce Willis, riprendere le redini del discorso, riproponendo lo stesso percorso di violenza e redenzione.
La prima considerazione che mi viene da fare è che il nostro Bruce, oramai ha una certa... età! E in quanto tale, certe piroette non le può più fare... ce ne accorgiamo nel suo transumare lento da un luogo all'altro, demandando ogni azione ostile alla sua pistola o, nella migliore delle ipotesi, ad una grossa chiave inglese, usata su di un cattivo, però steso sotto un auto.
Ci accorgiamo altresì dei suoi limiti (umani, umanissimi beninteso) nel superare uno steccato, mentre si allontana dalla scena del crimine... Lentooooo, ma lentooooo.... una lumaca, un bradipo, un anziano sul Minireale avrebbe fatto meglio... (ecco il mezzo, per chi non lo conosce).
 
E quando si porta sulla scena dove deve compiere le sue ignobili nefandezze? (dettate dallo spirito della vendetta sia chiaro) non lo vediamo arrivare, forse è partito la sera prima... ad un certo punto appare, si guarda in giro come stordito (ricorda certe pubblicità recenti di una nota marca di telefonia in cui lui prova a chiamare senza avere campo), dice due battute (limitate allo stretto necessario, mica che rimane senza fiato o gli casca la dentiera) e poi, spara.
Davvero, se si voleva rovinare un mito, ci si è riusciti... o forse no. Semplicemente ci fa ricordare che il passato non ritorna... remake a chi? Ma per piacere!

martedì 27 marzo 2018

Lezioni Americane

Dopo aver letto "I sentieri dei nidi di ragno" e "L'entrata in Guerra" eccomi alle prese con un altro libro di Italo Calvino. L'ultimo, prima della morte, nemmeno un libro nella realtà... forse il suo testamento, un libro sullo scrivere, sui valori da conservare...
Vediamo scorrere di fronte a noi, argomenti quali "Leggerezza", "Rapidità", "Esattezza", "Visibilità", "Molteplicità"... e l'incompiuta "Cominciare e finire". In ognuno ritroviamo la lucidità di Calvino, la sua esattezza nel pesare le parole, l'azione di cesello nel sottrarre il superfluo dal testo. Un'autentica lezione di cultura... un luce sulla letteratura e le sue regole.... un testo da conoscere, della cui profondità c'é ancora oggi un gran bisogno.

 
"Il 6 giugno 1984 Calvino fu ufficialmente invitato dall'Università Harvard a tenere le Charles Eliot Norton Poetry Legures.
Si tratta di un ciclo di sei conferenze che hanno luogo nel corso di un anno accademico all'Università Harvard, Cambridge, nel Massachusetts.
Il termine "poetry" significa in questo caso, ogni forma di comunicazione poetica, letteraria, musicale, figurativa e la scelta del tema è interamente libera.
Questa libertà é stato il primo problema che Calvino ha dovuto affrontare, convinto com'era di quanto sia importante la costrizione nel lavoro letterario.
Dal momento in cui riuscì a definire chiaramente il tema da trattare - alcuni valori letterari da conservare nel prossimo millennio - dedicò quasi tutto il suo tempo alla preparazione delle conferenze.
Presto diventarono un'ossessione, e un giorno mi disse di avere idee e materiali per almeno otto lezioni, e non soltanto le sei previste e obbligatorie.
Conosco il titolo di quella che avrebbe potuto essere l'ottava: "Sul cominciare e sul finire" (dei romanzi), ma fino ad oggi non ho trovato il testo.
Solo appunti.
Al momento di partire per gli Stati Uniti, delle sei lezioni ne aveva scritte cinque.
Manca la sesta "Consistency" e di questa solo so che si sarebbe riferito a Bartleby di Herman Melville.
L'avrebbe scritta ad Harvard.
Naturalmente queste sono le conferenze che Calvino avrebbe letto.
Ci sarebbe stata certamente una nuova revisione prima della stampa: non credo però che avrebbe introdotto importanti cambiamenti.
Questo libro riproduce il dattiloscritto come l'ho trovato.
Un giorno, non so quando, ci sarà una edizione critica dei quaderni manoscritti.
Ho lasciato in inglese le parole da lui scritte direttamente in quella lingua, così come in lingua originale sono rimaste le citazioni.
Arrivo adesso al punto più difficile: il titolo.
Calvino ha lasciato questo libro senza titolo italiano.
Aveva dovuto pensare prima al titolo inglese "Six memos for the next millennium" ed era il titolo definitivo.  
Impossibile sapere cosa sarebbe diventato in italiano.
Se mi sono decisa finalmente per "Lezioni Americane" è perché in quell'ultima estate di Calvino, Pietro Citati veniva a trovarlo spesso al mattino e la prima domanda che faceva era: "Come vanno le lezioni americane?" e di lezioni americane si parlava.
So che questo non basta e Calvino preferiva dare una certa uniformità ai titoli dei suoi libri in tutte le lingue.
Palomar era stato scelto precisamente per questa ragione.
Aggiungerò he il dattiloscritto si trovava sulla sua scrivania, in perfetto ordine, in ogni singola cartella".

Punta Palasina

Ed eccoci diretti alla Punta Palasina, insieme agli amici, Max, Beppe e Gabri. La Valle d'Aosta ci vede ora assidui frequentatori, sia per le condizioni meteo favorevoli che per le possibilità pressoché infinite di muoversi a quote alte e neve perfetta.
Dopo il Tantané e lo Zerbion, si sale alla Palasina...
La meteo è perfetta. Freddo (-8° alla partenza), vento solo in quota, neve compatta compreso l'ultimo strato, caduto da pochi giorni... La compagnia c'é, che altro volere?
E così si sale, questa volta il dislivello non supera i 1000 metri, un tracciato intuitivo e divertente su cui far muovere ciaspole, gambe, braccia e muscoli...
Il panorama della Valle ci lascia come sempre senza fiato. Montagne ora note che ci circondano...


Sulla neve solo tracce di animali...

Ultimo tratto di cresta (mai farsi mancare una cresta...)...

Il Cervino, la cui vista è un appuntamento ricorrente...
 
Ultimo strappo, prima della cima. 





Il rifugio Arp... grandissimo! Che giornata spettacolare!

sabato 24 marzo 2018

Annihilation

 
 
Nell'intento e nelle dichiarazioni del regista Alex Garland, questo film, paragonabile a "2001 Odissea nello spazio", farà parlare per anni. orrorifico, meraviglioso, molto più surreale del romanzo di Jeff VanderMeer, già autore di numerosi testi e, nel caso specifico, di una trilogia che si riferisce ad una fantomatica "Zona X".
La trama: qualcosa è caduto sulla terra, e da allora una massa lucente, simile ad un blog, si espande inglobando tutto e tutti e cambiandone la struttura molecolare.... numerose missioni sono entrate nella zona, senza fare ritorno o morendo appena uscite.
Ci riprova un team di scienziate. Ognuna ha i suoi validi motivi per andarci, oppure non ne ha più alcuno... dopo una breve intro, in cui vediamo la protagonista - Lena - veder tornare il marito, Kane, (inviato in una precedente missione) che quasi subito si ammala, il suo aggregarsi al gruppo e il cercare di integrarsi... mica facile!
Tutto quanto è narrato in forma di ricordo. Lei è già tornata e uno scienziato, opportunamente coperto da rischi patogeni, la interroga.
Sarà lei quindi, a narrarci la vicenda, e di lei dovremo fidarci nel dipanarsi del racconto. E' vero quanto afferma? E' falso? E' andata così? Perché solo lei è riuscita a tornare e ha distrutto l'alieno che pareva indistruttibile? Ed é veramente lei o è stata sostituita?
In attesa di scoprire questi enigmi, pur riconoscendo che l'idea è buona, le scene ben fatte, e la trama potrebbe stare insieme, personalmente credo manchi di quel "qualcosa" che lo renda un buon film.
E' credibile? Si. E' intrigante? Si. Ma, non basta. Giudicate voi.
 

venerdì 23 marzo 2018

Mont Tantané

 
Poche parole, ad accompagnare questa bellissima gita, percorrendo una delle creste più belle da me fatte finora in invernale. Mont Tantané, Valle d'Aosta. Con gli amici Max e Beppe. Pubblicato con notevole ritardo perché, come al solito, sono affaccendato in mille cose diverse... Giornata spettacolare, natura incontaminata, grande salita con notevole impegno fisico e di concentrazione.
 



















 
 
 








 
  
 
 


 

 

 

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