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domenica 27 aprile 2025

Senza eredi - libro


La nostra è la prima epoca senza eredi.
Non riconosciamo eredità da trasmettere.
Nessuno continuerà l'opera, nessuno salverà quel che poteva e doveva essere salvato.
Il tempo non è galantuomo ma smemorato: non renderà giustizia.
Viviamo tra contemporanei senza antenati né posteri, uniti solo dal vago domicilio della stessa epoca; non consorti, al più coinquilini occasionali.
E' l'epilogo coerente di una società senza padri divenuta società senza figli.
E ciò vale a partire dagli autori e dalle loro opere.
Per reagire a questa amnesia, cancellazione ed emorragia, Marcello Veneziani ha composto una raccolta di settanta miniature di saggi, succinte biografie, profili non convenzionali, in vari casi sconvenienti.
Da Pascal a Vico, da Leopardi a Manzoni, da Baudelaire a Proust e a Kafka, da Vattimo a Ratzinger, fino ai pensatori e agli scrittori più vicini a noi e viventi.
Prima di loro, a essere senza eredi sono i classici, i grandi del passato, cancellati o abbandonati, quando non maledetti.
Siamo scesi dalle spalle dei giganti senza eredi non è possibile nemmeno un pensiero nuovo, rivolto al futuro e all'essenziale, in grado di superare la nostra società dell'oblio che tende a perdere il senso critico, la cultura e l'umanità.
La vera sciagura del presente non é l'avanzata dell'intelligenza artificiale ma la ritirata della intelligenza umana.
Non resta che ribellarsi a questa china riscoprendo un diverso destino.

Posizione 11 - L'iperconnessione tecnologica e l'ipoconnessione umana sono un tratto saliente della condizione umana in cui la tecnologia fa compagnia a chi è solo e isola chi è in compagnia.

Posizione 414 - La solitudine è una sovranità senza regno. L'amicizia è un legame senza sovranità.

Posizione 429 - Ogni discepolo porta via qualcosa al suo maestro, spiega Oscar Wild nel "Ritratto di Dorian Gray", in cui teorizza: "influenzare un individuo significa dagli la propria anima... egli diventa un'eco della musica di qualcun altro, uno che recita una parte che non è stata scritta per lui".

Posizione 507 - L'amore non corrisposto è una morte in vita.

Posizione 514 - Nella ricerca proustiana del tempo perduto, la morte di chi ti è caro o lo svanire del passato, tra i dolori che arreca, dona però un piacere: quel che resta nella memoria degli affetti é un ricordo selettivo, il meglio, ciò che davvero merita di essere salvato, la sintesi squisita di quel che fu.

Posizione 1602 - Kafka riconosceva la superiorità del male sul bene, anche sul piano della conoscenza: "il male conosce il bene, ma il bene non conosce il male". L'asimmetria malefica della vita. I due peccati capitali dell'uomo, per Kafka, sono l'impazienza e l'inerzia. Tutti gli altri discendono da questi; a causa dell'impazienza gli uomini furono cacciati dal paradiso, a causa dell'inerzia non possono tornarci.

Posizione 1786 - Giovanni Gentile. In "Genesi e struttura" si profila il suo pensiero comunitario: la comunità non accomuna solo i viventi, ma anche chi ci ha preceduto e chi ci seguirà. E' il filo della "tradizione". La filosofia ne é la sua coscienza: in fondo all'Io c'é un Noi; che è la comunità a cui egli appartiene, e che é la base della sua spirituale esistenza, e parla per sua bocca, sente col suo cuore, pensa col suo cervello. La comunità è presente come legge interna all'individuo.

Posizione 2562 - La poesia è una forma di preghiera; abita in un posto segreto dell'uomo e gli dona altri occhi, altre orecchie.

Posizione 2674 - Quando penso che non m'innamorerò, ormai, più / che non soffrirò, ormai, più per amore / mi sento un morto a cui batte il cuore.

Posizione 3457 - Oggi gli scenari sono globali e individuali, ma le classi sociali non servono più: sono fluttuanti, indefinibili, magmatiche. Si è proletari rispetto ai benestanti, però si diventa ceto medio rispetto ai migranti.

Posizione 4253 - A un narratore chiediamo di portarci via di qui, di farci vedere un'altra vita, o comunque con altri occhi sotto altra luce.
A un pensatore, invece, chiediamo di portarci nel cuore delle cose, di farci capire chi siamo e dove siamo, di darci le chiavi per entrare nell'essenziale o per ricercarlo, tra libertà e destino.

Gli eventi sono soltanto la schiuma delle cose. 

Eppure è una bestia cattiva, l'uomo, a volte brutale, vive tra rabbia e dolore, è mortale, e sfoga la sua mortalità infliggendola agli altri. Pensa di scaricare il male sul prossimo. E così lo moltiplica.





 

venerdì 29 settembre 2023

Melvill (e)


 Un padre morente in preda alla febbre ed al delirio, racconta la sua giovinezza, il suo Gran Tour, i palazzi veneziani popolati da figure affascinanti e malvagie, la sua rovina e il suo viaggio più bello: la traversata a piedi del fiume Hudson ghiacciato.
Un figlio, ancora bambino, siede ai piedi del letto, ascoltando attentamente queste ultime parole allucinate.
Un'opera di Herman Melville, un autore magistrale che fu incompreso, troppo avanti rispetto al suo tempo e giudicato pazzo e pericoloso da alcuni critici dell'epoca, potrebbe avere la sua origine in questo ultimo lascito del padre?
Rodrigo Fresàn getta uno sguardo nuovo sull'enigma della vocazione letteraria, esplorando i meandri  della narrativa, che oscilla costantemente tra realtà e immaginazione.
Melvill è allo stesso tempo una biografia, spesso inventata, un romanzo gotico popolato di fantasmi e un'evocazione dell'amore filiale, che racchiude tutto il talento, l'umorismo e l'immensa cultura del grande scrittore argentino.

Tantissima letteratura in questa biografia romanzata... oppure, forse meglio definirla biografia potenziata? Certo il rapporto padre - figlio, la narrazione di una vita smarrita e fragile (quella del padre) che segnerà per sempre quella del geniale figlio... e poi, il voler far vivere insieme avventure mai accadute e ancora questo narrare colmo di mille cose, quasi confessione interiore e grido... tante, troppe cose tutte insieme, che fanno cogliere un incredibile senso di vertigine... una potenza inaudita. 
Confesso di aver faticato non poco per inquadrare il racconto.. innanzitutto perché non sapevo cosa cercare... poi perché troppe erano le deviazioni, i rimandi, le iperbole, l'andare avanti ed indietro... ogni tanto qua e la riuscivo a cogliere qualche punto fermo... quasi come un racconto in una lingua straniera di cui si conoscono alcune parole.. e allora devi indovinare il testo, fare tesoro delle espressioni, dei nomi... aggrapparti a questo fiume in piena che (a differenza del ghiacciato Hudson) scorre ad una velocità precipitosa... mi sono trovato a leggere senza riuscire a fermarmi, soverchiato da forze ingovernabili. Potente!

Sesamo non è una parola magica ma, semplicemente, il nome (o il cognome) di una caverna senza fondo che custodisce la tentazione di tesori peccaminosi; e che così come obbedisce può anche smettere di farlo. Nome, il suo, che potrebbe derivare dal termine cabalistico-talmudico sem-samaim (shem-shamayim) che è l'equivalente di Paradiso.

Ascolta, Herman: prima un piede e poi l'altro, assicurandoti che il ghiaccio non si rompa.
E poi una volta sul ghiaccio, mantenere l'equilibrio e muovere qualche passo con cautela, come chi entra in una casa che non conosce o esce da una casa che conosce per avventurarsi in un mondo sconosciuto. Perché certo, la sensazione è molto strana e familiare al tempo stesso; d'un tratto ci troviamo in un posto nel quale non siamo mai stati pur essendo stati lì molte volte o avendo sognato (essendoci quindi stati a tutti gli effetti) di arrivarci.

I giorni gloriosi in cui non sappiamo tutto quel che siamo capaci di fare poiché ancora non sappiamo tutto quello che siamo incapaci di fare.

Non viaggio per formarmi ma per confermare un sospetto; non che non abbia più nulla da imparare, ma che ormai non posso più imparare nulla.

Ho cominciato a scrivere poesia (di nascosto, pensando che così avrei potuto smettere di scrivere prosa) come chi si cura da una malattia molto grave contraendone un'altra, che immagina più lieve e facile da sopportare.

ah, il fallimento come un infernale ma affettuoso segugio che non smette mai di mordicchiarti le calcagna e abbracciarti la gamba sfregandotisi addosso fino a raggiungere un estasi di guaiti molto simili ai gemiti degli uomini in circostanze analoghe.

Io so solo che una fede che non possa sopportare la verità non è degna di chiamarsi fede...

domenica 16 luglio 2023

il Ciarlatano


Appena arrivato a New York, nei primi anni della guerra, gli ebrei polacchi dicono tutti la stessa cosa: "L'America non fa per me".
Ma poi, a poco a poco, la maggior parte  di loro in qualche modo si sistema "e non peggio che a Varsavia".
Non così il protagonista di questo romanzo, Hertz Minsker, che gira a vuoto, si barcamena, vive alle spalle degli amici ricchi, o delle donne che riesce a sedurre.
Di queste ultime Minsker non può fare a meno: le avventure amorose sono "il suo oppio, le sue carte, il suo whisky", ogni giorno deve portare, "nuovi giochi, nuovi drammi, nuove tragedie, nuove commedie".
Minsker - che pure è erudito, é stato in relazione con Freud, può recitare "poesie in greco e in latino", conosce il Talmud - lavora ad un libro da quarant'anni, "ma non ha nemmeno finito il primo capitolo", e sembra capace solo di cacciarsi nei guai.
In genere, però, le catastrofi che provoca, a sé stesso e a chi gli sta intorno, si risolvono in una strepitosa commedia - una commedia, alla Lubitsch, con mariti traditi, amanti imbufalite, sedute spiritiche fasulle, crisi di nervi, mercanti di quadri falsi, audaci e fumose teorie edonistico - cabalistiche.
Anche qui, come sempre in Singer, il comico ed il grottesco si intrecciano mirabilmente con un pathos lacerante.

La verità? non mi è piaciuto. Troppe giravolte, per una giostra che non ha né capo né coda e che paga lo scotto della prima pubblicazione a puntate su una rivista.
Singer è un grandissimo scrittore. Ma non tutti i suoi romanzi devono essere per forza ben fatti. Si apprezza lo spirito degli esuli ebrei polacchi, sempre in bilico tra la redenzione ed il peccato... si apprezza un microcosmo che non riesce a rinunciare (dopo i drammi della guerra, pagata sulle proprie spalle) a vivere ad ogni costo... c'é infine nel sottofondo quella New York folle che non si ferma mai.. palcoscenico di una vita al limite e senza freni. A voi il giudizio.

 

domenica 23 aprile 2023

Moby Dick - il fumetto


 Riprendo necessariamente da dover ero arrivato. La precedente lettura del romanzo di Melville... Moby Dick, mi aveva lasciato a bocca aperta..."Qualunque sia la superiorità intellettuale d'un uomo, mai riuscirà ad acquisire concreta ed efficace supremazia sugli altri senza l'ausilio d'una qualche forma d'artificio e d'usurpazione esteriori sempre di per sé più o meno gretta e meschina".
Lo scrivevo allora, e lo ripeto qui oggi: devi leggerlo, sbocconcellarlo... farci la tara, cogliere le perle di saggezza che emergono da ogni pagina.. 
Ora, mutato in fumetto... l'ennesimo forse, come i numerosi film... non perde nulla della sua tragica bellissima verità. Chi è più folle? Acab, destinato dalla vendetta a perire? o chi non ha il coraggio di fermarlo e peggio lo asseconda senza capire dove andrà a finire tutto ciò? Ancora una volta la letteratura vince sulla realtà... ma solo perché la sa raccontare meglio.


 

giovedì 2 marzo 2023

il mago di Riga


 "Questo miraggio delle partite o della vita senza sbagli: no Misa si teneva volentieri il fallimento. Si teneva la vulnerabilità e lo scompiglio. Tanto valeva ubriacarsi o combinare pasticci, ma rispettare sempre la dignità del singolo essere umano.
Meglio giocare, giocare per la pura festa di giocare, fino a che giorno e notte non perdano il senso: giocare con la devozione e la letizia dei ragazzini che strillano e non vogliono tornare a casa a fare i compiti o lavarsi. Le stupide incombenze del mondo reale".
Michail Misa Tal, (1936-1992), che prima di Kasparov fu il più giovane campione del mondo della storia, sconvolse l'universo degli scacchi incarnando il gioco come arte, invenzione, complicazione.
Lo chiamavano "il Mago di Riga" per la capacità di evocare tutte le forze oscure che ogni posizione celava dentro di sé; bramava il disordine e il sacrificio dei pezzi (atti che per lui racchiudevano anche un significato esistenziale), opposti ai prevalenti distillati di razionalità e pragmatismo.
il 5 maggio 1992 disputò l'ultima partita di torneo (sarebbe morto il mese dopo) contro un giovane Grande Maestro, lui che a soli ventitré anni aveva battuto Botvinnik, il "Patriarca" della scuola sovietica, che affermava di non giocare mai per puro piacere.
Tra una mossa e l'altra Misa ricapitola a lampi di memoria la sua movimentata e anarchica esistenza.
Cinquantacinque anni segnati dal genio precoce e da costanti malattie, ma vibranti di un gioioso, fraterno e dissipato desiderio di vivere.
Le tenerezze dell'infanzia, gli anni d'oro, il declino e le rinascite; le partite che erano sempre per lui "la paziente tessitura di un altrove", l'umorismo straripante e l'empatia verso chiunque (una sfida al bar con un avventore, una ragazza che piange dopo una partita) e naturalmente i tornei, i molti amori, le sbornie, le beffe al KGB, la costante sete di libertà.
Tutto rinasce come in punto di morte.
E mentre cresce la suspense del duello in corso, nella mente del Mago di Riga fioriscono i "momenti fatali" che risvegliano in lui l'essenza, poetica e caotica, della vita.
In questo romanzo, Giorgio Fontana racconta l'epica di un uomo straordinario che raggiunge la vetta profondendo in ogni mossa l'amore per il rischio lontano da qualunque cinismo, e dimostrando a un mondo incredulo che talora le storie sono più forti della realtà - che due più due - come Misa amava dire, può fare cinque.


Poche storie, Giorgio Fontana scrive dannatamente bene. L'idea di narrare una storia nella storia non è originale, ma lui riesce a mantenere una doppia suspence, ove la gara in corso e la vita trascorsa si mescolano rendendo entrambe legate una all'altra. La ricerca di felicità a tutti i costi, il vivere la vita ad una velocità e follia insostenibili (una cosa che mi ricorda un tristissimo passaggio in Blade Runner, quando il replicante Roy incontra il suo creatore Sebastian a cui si rivolge per permettergli di vivere più a lungo e lui gli risponde: hai vissuto al massimo come la fiamma di una candela... ma questo ha fatto bruciare tutto da ogni lato...) ecco, Tal è stato così, ha preso tutto senza tralasciare nulla ed accettando tutto. Un genio senza eguali capace di godere di ogni singolo istante della vita... giocando per allontanare la morte, per allontanare i piccoli problemi quotidiani, le noie, i fastidi che la vita ci riserva... per restare eternamente bambini.


domenica 15 gennaio 2023

Sparta e Atene


Da un lato un ordinamento democratico, innovativo, aperto agli scambi e al commercio; dall'altro un mondo chiuso, conservatore, ispirato a valore di tipo militare in nome dei quali i cittadini accettavano con orgoglio le restrizioni delle libertà individuali.
E' così che sono sempre state descritte Sparta e Atene, ma come distinguere la realtà dalla rappresentazione? 
Dopotutto, le due Poleis erano nate dalla stessa cultura, parlavano la stessa lingua, onoravano gli stessi dei.
Avevano combattuto fianco a fianco contro un comune nemico: i Persiani, prima di trasformarsi da alleate in nemiche.
Partendo dal racconto di questo antagonismo, con un'attenzione speciale alle istituzioni sociali, oltre che politiche - in particolare alla formazione del cittadino e alla condizione femminile - Eva Cantarella approda al "riuso", operato da parte della cultura occidentale, di due sistemi che, di volta in volta, sono stati invocati tanto da chi aspirava a fondare uno Stato democratico, tanto da chi voleva dar vita a uno Stato autoritario, totalitario, tirannico.
Atene è diventata la città del miracolo nel discorso di Pericle per i morti del primo anno della guerra del Peloponneso, e il mito di Sparta nasce nel momento stesso in cui i Trecento caddero alle Termopili: poco importa che fossero veramente trecento, che fossero o meno tutti volontari.
Questi sono problemi che riguardano la storia delle due città, non il loro mito: essendo per definizione fuori del tempo, questo continua a vivere sia nelle ricorrenti rivisitazioni che nel dibattito storico - politico.

Più mito che realtà, anche negli anni scolastici quello che emergeva era una lettura ed una conoscenza di parte... o stavi con uno o con l'altro... e il mito appunto prevaleva.. ora, con una dissertazione quasi pornografica, è possibile rileggere e ripensare alle due città stato, lontano dai luoghi comuni, senza commettere il reato di smettere di sognare utopia, ma avendo ben presente che queste due città, sono state, sono e saranno sempre e prima di tutto un ideale. Un'idea di buon governo a cui richiamarsi nei momenti bui... nel bene e nel male.

domenica 8 gennaio 2023

The Pale Blue Eye


Sottotitolo: I delitti di West Point. 
Con due - a mio giudizio - grandi attori: Christian Bale e Harry Melling. Un film che si dipana tra l'horror, lo storico, il noir... riuscendo a passare dall'uno all'altro senza colpo ferire. Una bella storia ove a poco a poco scopriamo che vi è l'orrore si, ma che questo ha un costo che nasce dalle debolezze e dall'amore paterno. Ma... nel finale sta un secondo finale... di cui non voglio dirvi nulla e di cui non sareste in grado di venirne a capo. Grandioso.
La scuola dei cadetti militari di West Point è in preda all'orrore. Morti misteriose si susseguono... chi uccide e strappa il cuore ai giovani ragazzi? E perché nessuno vuole parlare?

martedì 9 agosto 2022

La storia seguente


Una mattina Herman Mussert, grande erudito e amante di quella letteratura classica che ha insegnato per tutta la vita, si sveglia con sua sorpresa in una camera d'albergo a Lisbona, quando la sera prima si era addormentato nel suo letto ad Amsterdam.
Come mai, cos'é accaduto, é realtà o sogno, é davvero sé stesso oppure è un altro, quell'uomo che si alza e va a guardarsi allo specchio, un altro che ha le sue fattezze e i suoi ricordi?
E' con questo allettante inizio che Nooteboom ci introduce in una di quelle storie che, come dice Borges nell'Aleph, sono riferibili solo per metafore, perché si compiono in una dimensione in cui il tempo non esiste, in quell'incommensurabile fessura in cui avviene il passaggio dalla vita alla morte in quell'attimo che separa l'essere dal non essere.
Metafore e miti che il pane quotidiano di quel professore di liceo che somiglia a Socrate, che ha per Bibbia le Metamorfosi di Ovidio e scrive guide turistiche firmandosi Strabone.
E forse non è un caso se si trova in quella stanza d'albergo: è da lì, dove vent'anni prima ha vissuto il suo unico amore, che deve cominciare il suo pellegrinaggio nei ricordi, "come un pio uomo medievale, in tutte le stazioni in cui è passato aveva un volto": la storia della sua passione per la bella Maria Zeinstra, il tentativo di salire come Fetonte, sul cocchio della vita vera, fino a vedersi fuggire dalle mani destini imbizzarriti, le lezioni appassionate, Lisa d'India, l'allieva preferita, le passeggiate per Lisbona sulle orme di Slauerhoff e Pessoa.
E non è un caso se è da lì, da quella città che è "tutta un addio" che parte la nave del suo ultimo viaggio, per solcare le scure acque dell'oceano, verso l'aldilà.
In un onirico sovrapporsi di storie, ricordi, immagini, da borgesiano "tessitore di simboli", Nooteboom ci ripropone miti che parlano di noi, si interroga sulle metamorfosi dell'io, sull'enigma del tempo, riesce a sospendere quell'impercettibile frazione di secondo che dura la morte, raccontando la vita.

Se decidete di leggere questo breve romanzo, (diviso in due parti, quasi come un film in due tempi) resterete stupiti della capacità dell'autore di portarvi dove vuole... usando sapientemente le parole, i discorsi, i bisbigli, le intuizioni, trasforma una banale storia d'amore e di corna, in qualcos'altro... in una tragedia umana, in un mito che travalica il tempo e che la morte non può comunque fermare. Poesia.

 

martedì 5 luglio 2022

Yukio Mishima - La spada


Una morte sconvolgente, ossessivamente annunciata, preparata con implacabile meticolosità e infine celebrata dinanzi al mondo come un rituale spettacolare e tragico.
L'uscita di scena di Mishima ha rappresentato al tempo stesso l'apoteosi del personaggio, condannato da un demone inquieto a una vita perennemente sopra le righe e la parola conclusiva dello scrittore la sigla di un'opera in cui gioventù, bellezza e morte appaiono intrecciate in un destino ineluttabile.
Di questo invocato martirio, in cui un'etica eroica da antico samurai convive singolarmente con un estetismo quasi dandy ancora oggi non è facile formulare una lettura.
Questo volume ci si é provato, pensando di porre a confronto testi di origine e natura differente, dallo scritto di Henry Miller del 1972, uno dei primi che abbia tentato una comprensione profonda e scevra da pregiudizi, all'analitica cronaca degli ultimi istanti di Marguerite Yourcenar, fino alla testimonianza del traduttore ed amico Donald Keene.
Per lasciare l'ultima parola a Mishima stesso, di cui sono qui proposti "il proclama", manifesto ufficiale che lo scrittore volle lasciare a giustificazione del suo gesto, e soprattutto "la spada" autentico testamento spirituale in forma narrativa.
In questo lungo racconto del 1963, ambientato nel contesto di quella che è forse la più giapponese delle arti marziali: il Kendo, l'adesione ai valori tradizionali di lealtà, rigore morale, dedizione alla causa prende corpo con un'assolutezza che esclude ogni umano compromesso, fino all'inevitabile immolazione finale.

Raccolta di scritti che ruota intorno alla vita culturale ed alla fine di Mishima. Una vita destinata al sacrificio, per valori a cui lo scrittore si era legato in un percorso che non ammetteva repliche. Una scelta forte di fronte alle storture del mondo. Un coraggio da leone. una lucidità senza pari.

 

domenica 24 aprile 2022

il Vichingo nero

Nella Norvegia del IX secolo, alla corte reale del Rogaland, nasce Gerimund Pelle Scura, destinato a diventare il "Vichingo Nero", cacciatore, viaggiatore, pioniere, definito "il signore dell'Atlantico" e il "più  illustre tra i primi colonizzatori d'Islanda"
Figlio del Re Hjor e di una donna Sami della Siberia, discriminato sin da bambino per i suoi tratti mongoli,  Geirmund viene inviato nell'estremo Nord, tra le tribù del mitico Bjarmaland, prima di partire all'esplorazione dei fiordi islandesi.
Qui costruisce il suo impero sulla caccia al tricheco, di cui ha imparato ogni segreto dai Bjarmi, e sul commercio internazionale dei prodotti derivati che sono alla base dell'economia e dell'arte navale vichinghe l'olio ricavato dal grasso, le corde realizzate con la pelle e le preziose zanne - grazie alla manodopera di centinaia di schiavi cristiani catturati in Scozia e Irlanda.
Perché esistono così poche fonti su di lui e nessuna saga ne ha tramandato le singolari imprese?
Lo scrittore e filologo Bergsveinn Birgisson si mette sulle tracce sperdute di questo suo misterioso antenato per ricomporre la storia dimenticata.
Una ricerca che spazia tra archeologia, antropologia, biologia, linguistica, ecologia, dove la scienza richiede il contributo della poesia e dell'immaginazione.
Un viaggio nell'epico mondo di Ragnarr e Harald Bellachioma in cui l'autore scosta il velo della leggenda e sfata il mito fondativo dell'Islanda, riportando alla luce l'avventura di "imprenditori" scaltri che si insediarono in questa terra vergine per sfruttarne economicamente le risorse, prima che gli eroi delle saghe vi trovassero una nuova patria e la libertà.

Capacità di uno storico è quella di cercare tracce anche ove non se ne vedono.. ove gli altri non cercherebbero mai.. "collegare i puntini"come dice Bergsveinn oltre alla capacità di unire, mixare, pescare, intuire e poi giocare d'astuzia grazie a poesia ed immaginazione (ma molto, molto controllate e usate con la parsimonia di un binario già tracciato).
L'economia, le risorse naturali, i tracciati navali, le alleanze, le lotte di potere, le conoscenze tecnologiche, l'uomo giusto al posto giusto... 
Ci viene così donato un racconto che sa ammaliare come un romanzo, ma su basi solide, con elementi multipli che arrivano da ogni dove. Bello? Di più. Molto di più.

 

domenica 27 marzo 2022

Un Re non muore


In una delle definizioni più celebri e precise riferite agli scacchi, il campione del mondo Garry Kasparov definì il gioco delle sessantaquattro case "lo sport più violento che esista", mirato alla distruzione mentale dell'avversario.
Per Anatolij Karpov, che con Kasparov diede vita a un'interminabile contesa per il titolo di migliore al mondo, gli scacchi sono una combinazione di arte, scienza e sport.
E non è certo un caso se Marchel Duchamp ne rimase colpito al punto di abbandonare una carriera di artista acclamato e rivoluzionario per dedicarsi agli scacchi a tempo pieno, sfidando tra gli altri Salvador Dalì, la scrittrice Eve Babitz e il compositore John Cage.
Del resto, chiunque abbia provato il piacere tattile di spostare un pezzo sulla scacchiera se che gli scacchi sono molto di più di un semplice passatempo.
Per Ivano Porpora, romanziere e insegnante di scrittura, gli scacchi non sono solo una passione folgorante, ma un filtro attraverso cui leggere la realtà.
Il matto affogato, il gambetto, l'apertura spagnola e le sue varianti diventano un simbolo, ogni strategia una metafora, ogni scelta un bivio cruciale verso l'unico destino possibile di una partita: l'ultima mossa fatale.
Dal trionfo più glorioso alla disfatta più epica, ogni partita é una narrazione a sé stante, frutto dell'unione  e dello scontro di due personalità uniche capaci di trasformare la fitta trama di combinazioni in un'opera.
Le imprese dei grandi scacchisti, le combinazioni di Tal' e le intuizioni di Fischer o Capablanca assomigliano ai versi dell'Achmatova o di Brodskij ai racconti di Salamov, alle inquadrature di Herzog.
Come i grandi artisti possono far risuonare la propria opera nel quotidiano, così il gioco degli scacchi si propaga al di là dell'ossessiva combinazione di case bianche e nere, parlandoci del possibile e dell'infinito, della nostalgia e del coraggio, ma soprattutto del nostro bisogno di provare a interpretare la realtà.

Metafore e paragoni tra vita, letteratura e il gioco degli scacchi... "Fin da quando riuscirai a far credere che le mosse che fai nella vita sono parti di un pensiero pianificato, e non colpi oscuri e speranzosi di qui e di là confidando nella mano di Dio, nel destino, nella fortuna del principiante - non nel merito, no"...

Certo è che, appena prendi confidenza con il gioco, molti sono i paragoni nella caccia al Re che, appaiono sulla scacchiera e ti fanno ricordare la vita di ogni giorno... questo testo prova a descriverlo, anche se sempre non riesce come vorrebbe.

 

venerdì 11 marzo 2022

La misteriosa fiamma della Regina Loana


Questo romanzo, benché illustrato a colori, é dominato dalla nebbia.
Nella nebbia si risveglia Yambo, dopo un incidente che gli ha fatto perdere la memoria.
Non la memoria che i neurologi chiamano "semantica" (Yambo ricorda tutto di Giulio Cesare e sa recitare tutte le poesie che ha letto in vita sua), bensì la memoria "autobiografica", non sa più il suo nome, non riconosce la moglie e le figlie, non ricorda nulla dei genitori e della sua infanzia.
Accompagnandolo nel lento recupero di se stesso, la moglie lo convince a tornare nella casa di campagna dove ha conservato i libri e i giornalini letti da ragazzo, i quaderni di scuola, i dischi che ascoltava allora.
Così in un immenso solaio, tra Langhe e Monferrato, Yambo rivive la storia della propria generazione, tra Giovinezza e Pippo non lo sa, Mussolini, Salgari, Flasch Gordon e i suoi temi scolastici di piccolo Balilla.
Si avverte di fronte a due vuoti ancora nebbiosi, le tracce di un esperienza forse atroce, vissuta negli anni della resistenza e l'immagine vaga di una ragazza amata a sedici anni e poi perduta.
Interviene un secondo incidente.
Yambo è ora in coma, ma rivive a spirale, tra folate di nebbia intermittente, ogni momento degli anni fra infanzia e adolescenza sino a quando, in una sorta di apocalisse benevola, tra il trentatreesimo canto del Paradiso, Bing Crosby, Don Bosco e le scale di Wanda Osiris, sta per avere la visione finale. Ma....

Seguo il filo rosso, segnato dai precedenti testi di Oliver Sacks... in uno di questi c'é un richiamo ad un libro di Eco... casualmente presente nella mia piccola libreria, occasione in più per leggerlo. 
Ed in effetti, il primo aspetto è una trasposizione dei mali descritti da Sacks in forma romanzata, italianizzata... un uomo di mezza età che perde la memoria e per ricostruirla deve fare ricorso in parte a quella degli altri, in parte alla carta... insomma non una vita vera, ma una di carta, di dischi, di riviste, libri, giornali, quaderni di scuola... tutti utili a fargli tornare piccoli sprazzi di vita.
Ed in questo vissuto, anche il rimosso. Non è un caso che "quando si parla di morti, si parla di vivi" e viceversa... così ritroviamo un pezzo di storia passata, e velocemente rimossa... la guerra partigiana, il dopo guerra, torti subiti e vendette, i nostri topoi, fatti di cinema, televisione, radio, cultura alta e popolare... un richiamo al quesito fondamentale: "noi siamo frutto del contesto? del mondo che ci sta intorno?"... in attesa che la filosofia metta la parola fine sulla vicenda, leggiamo.


lunedì 4 ottobre 2021

La morte di Ivan Il'ic


 Scritto tra il 1884 e il 1886, La morte di Ivan Il'ic è un piccolo capolavoro: per il messaggio drammatico che l'autore ci trasmette e per l'efficacia descrittiva di alcune scene.
La trama è tanto semplice, quanto tragica.
Ivan Il'ic, è un uomo perbene, consigliere di Corte d'Appello a San Pietroburgo.
La vita é stata generosa con lui; é riuscito a soddisfare ogni ambizione ed è al vertice della sua carriera.
Tutto sembra andare per il meglio, quando l'uomo si trova improvvisamente catapultato in un incubo: una banale caduta da una scala gli provoca infatti un dolore al fianco dapprima quasi inavvertibile, ma via via sempre più sordo e insistente che né i medici più illustri, né i famaci da essi prescritti riescono a curare.
Ivan Il'ic comincia a prendere coscienza di essere oramai condannato, ma è costretto a tirare avanti penosamente, giorno dopo giorno, circondato dall'ipocrisia dei familiari, per i quali é diventato un peso.
L'unica persona di cui apprezza la compagnia è il giovane servo Gerasim che lo soccorre con affetto sincero,
Nelle lunghe ore trascorse all'ombra della morte, Ivan Il'ic si rende conto che la sua vita é stata un cumulo di menzogne, in famiglia come nella carriera, ma alla fine gli si affaccia alla mente un pensiero consolante; proprio la morte sarà presto una liberazione per lui stesso e per gli altri dalla sofferenza. (tratto dal libro)

Pagina 16 - ... il fatto stesso della morte di un uomo conosciuto e vicino suscitava in tutti coloro che ne venivano informati, come sempre, un sentimento di soddisfazione, giacché a morire era stato lui e non loro. "E' morto lui e non io" pensavano...

Pagina 61 - L'esempio di sillogismo che aveva studiato nella logica di Kizeveter - Caio è un uomo, gli uomini sono mortali, quindi anche Caio è mortale - gli era sempre parso giusto, ma solo in relazione a Caio, non a se stesso.
Un conto era Caio, l'uomo in generale, e allora quel sillogismo era perfettamente giusto; un conto era lui che non era Caio, che non era un uomo in generale, ma un essere particolarissimo, completamente diverso da tutti gli altri....

Dovrebbero bastare questi spunti per farci capire dove vuole portarci Tolstoj... farci cioè intuire che nonostante tutte le nostre idee e desideri (e speranze) di unicità, la morte non si cruccia affatto di afferrarci... o forse più terribile della morte è il dolore, l'essere divenuti inutili e di peso... e forse, se ci pensate non è la stessa cosa che ci racconta Franz Kafka ne "La metamorfosi"...il dilemma di Gregor Samsa, non è quello di essersi mutato in insetto... ma bensì in Schmarotzer - Parassita, cioè inutile agli altri, fastidioso, di peso... una crescente insoddisfazione, una paura del borghese incardinato in una macchina produttiva che non può accettare il far nulla... l'ammalarsi... e infine il morire diviene liberazione, rimozione dell'errore... una condizione infine, ben descritta da questo testo...

venerdì 1 ottobre 2021

Sender Prager


 Nella sua lunga vita di scapolo non si era fatto una grande opinione del genere femminile. Non si fidava delle donne, né delle sposate, né delle nubili, e aveva evitato accuratamente di farsi accalappiare da queste o da quelle.
I suoi vicini volevano a tutti i costi farlo sposare.
Tiranneggiati dalle consorti, non gli perdonavano la sua vita spensierata e continuavano a proporgli nuovi partiti.
Ma erano soprattutto le donne del vicinato a brigare per spingerlo alle nozze.
Il fatto che Sender si rifiutasse di prendere moglie lo vedevano come un complotto, una ribellione alla debolezza femminile che trae la sua forza dal tiranneggiare il sesso forte. (tratto dal libro)

Una delle numerose novelle e racconti che, grazie a I.J. Singer, svelano un mondo (quello ebreo e mitteleuropeo) che con le sue debolezze, miti, paure, scandali, odi e amori, non è poi tanto diverso da quello dei loro pari di altro credo e provenienza... a testimoniare che (e questo non gli è mai stato perdonato) che, se forse è esistito un popolo eletto e la Shoa lo ha distrutto, non era poi così puro come avrebbe voluto essere rappresentato... era solo uguale a quello che muoveva i suoi futuri aguzzini...
La storia, divertente per quanto possibile, riporta ovviamente un mondo oggi politicamente scorretto... ma tant'é.

martedì 31 agosto 2021

La difesa di Luzin


 "Questo si chiama pedone. E ora attento a come si muovono. Il cavallo, naturalmente, galoppa". Luzin si  sedette sul tappeto, la spalla appoggiata al ginocchio di lei, e guardò la mano col sottile braccialetto di platino che sollevava e disponeva i pezzi.
"La Regina è la più mobile" disse soddisfatto, sistemando con le dita il pezzo che si ergeva non esattamente al centro della sua casella.
"Ed è così che un pezzo mangia l'altro" disse la zia.
"Come se lo spingesse vie e ne prendesse il posto. I pedoni lo fanno così, in obliquo. Quando potresti mangiare il Re, si chiama scacco; quando il Re non sa dove scappare, si chiama scacco matto. Così il tuo obiettivo è di prendere il Re, e io devo prendere il tuo.
Vedi quanto tempo ci vuole a spiegarlo. E se giocassimo un'altra volta?". 
"No, subito".

Forma e sostanza si rincorrono in questo bellissimo testo, scritto a puntate oramai un secolo or sono e attualissimo in certe faccende, nel descrivere facezie e cose serie... gli esuli russi prima di tutto, questi più o meno ricchi, questi borghesi costretti a lasciare la terra d'origine disperdendosi altrove, portando con sé un ricordo artefatto dell'amata patria, così come loro l'avevano intuita e vissuta... nuova vita, nuova nazione, nuova lingua con cui fare i conti...
E intorno a questo c.d. traliccio, cresce la pianta della vita di Luzin, la sua passione per gli scacchi... la sua follia... questo cercare a tutti i costi di allontanarsene (complice la moglie adorante) ma al tempo stesso rifugio in cui vagare con la mente e difendersi dal mondo esterno...
Come uscirne? Con l'unica difesa possibile... ma qui non vi rovino il piacere di arrivare in fondo.
Assolutamente fantastiche le pagine dedicate alla partita tra Luzin e Turati... da leggere e rileggere... io le ho trascritte su una mia agenda perché non si può, se si ha passione per il gioco, non riflettere sull'interpretazione magica che Nabokov riesce a dare della tenzone... fantastico... vero godimento.

venerdì 25 giugno 2021

Le sorelle, I morti. Joyce


 Non credo che nessuno scrittore abbia ancora presentato Dublino al mondo.
E' stata una capitale europea per migliaia di anni, dovrebbe essere la seconda città dell'impero britannico, ed è grande quasi tre volte Venezia.
Inoltre l'espressione "dublinese" mi pare aver un certo significato,
Ogni tanto vedo annunci di libri su argomenti irlandesi, quindi penso che ci sia gente disposta a pagare per lo speciale odore di putrefazione che, spero, aleggia sopra i miei racconti.
Così James Joyce nel 1905 all'editore Grant Richards.
Da "Gente di Dublino", pubblicato nel 1914, il primo e l'ultimo dei racconti. Le sorelle: un ragazzo perde la sua guida spirituale.
I morti: un intellettuale si confronta con una scomoda verità, sullo sfondo di una festa natalizia.
W.B. Yeats definì il libro "la promessa di un grande romanziere, un grande romanziere di tipo nuovo".

E' un modo di raccontare capace, come pochi, di mescolare aspetti interiori ed esteriori dei personaggi in un amalgama da cui emerge spessore, forza e debolezze, rendendoli reali ed attuali e mescolando in questo gli elementi naturali (la neve nel secondo racconto), facendoci cogliere l'umidità, il vento, lo stormire delle foglie... che interagiscono con l'io narrante e ci catturano, distraggono, a volte infastidiscono, come se fossimo lì... potente.

giovedì 24 giugno 2021

La metamorfosi


 L'idea del racconto perfetto è racchiusa ne  "La Metamorfosi" (1915) con il suo incipit folgorante: "Gregor si trasforma in un insetto e il mondo fuori rimane quello di sempre. Una storia in cui l'assurdo ha una logica inesorabile, allegoria di un'umiliazione suprema di cui si può solo prendere atto".
Come scriveva Milena Jesenskà, una delle donne amate da Kafka, in queste pagine c'é lo sguardo nudo e doloroso di chi "vedeva il mondo pieno di demoni invisibili che distruggevano e laceravano l'uomo indifeso".

Non saprei se descriverlo come sintomo di preveggenza o, come in altri casi letterari... "colpo di fortuna" nell'azzeccare qualcosa che poi si materializza... ma, occorre ricordare che la Storia è fatta di corsi e ricorsi... e lo spirito del tempo non sempre è leggibile a posteriori... non vedo diversa modalità di indirizzare questo romanzo nel canale della previsione della Shoà, la catastrofe che colpì nel '900 il popolo ebraico europeo, giungendo quasi a distruggerlo e trasformando gli ebrei, spesso inseriti nella popolazione locale in "insetti"...tali quali il povero Gregor e, come lui, finiti per essere odiati per la loro condizioni ed annientati... Questo ci narra "La metamorfosi" e da qui dobbiamo partire per cogliere tutti i segni di un mondo che poi venne spazzato via dalla follia (?) Hitleriana... 

lunedì 21 giugno 2021

L'animale d'allevamento


 In un villaggio del Giappone affamato dal secondo conflitto mondiale un aereo si schianta al suolo e un soldato americano di colore è fatto prigioniero.
Confinato in un sotterraneo, le caviglie legate con la catena di una trappola per cinghiali, l'uomo diventa l'idolo dei bambini, il loro animale domestico, un nuovo compagno di giochi.
Quando le leggi della Guerra infrangono l'idillio e l'innocenza è spazzata via dalla violenza della morte, il piccolo protagonista - io narrante di questo sapiente racconto - si affida all'emancipazione dell'età adulta.

Piccolo romanzo sul divenire adulti. Il passaggio dall'innocenza all'età adulta è violento e senza ritorno. Ma nel mezzo si coglie ogni singola espressione, ogni sgomento e paura, ma anche la meraviglia nello scoprire un mondo a noi parallelo ma sconosciuto. Diventare adulti non è mai semplice... e mai indolore.

venerdì 28 maggio 2021

il re della pioggia


 All'età di 55 anni Eugene Henderson si accorge che la propria vita somiglia a un "viluppo inesplicabile" insensato e inutile.

Americano di razza bianca, ultimo rampollo di una dinastia di fabbricanti di salsicce con un patrimonio di tre milioni di dollari, nipote di ministri e ambasciatori, laureato, reduce di guerra, decorato al valore, protestante, comincia a vedere attorno a sé "solo dolore".
Henderson sente il bisogno irrefrenabile di ubriacarsi, litigare con i vicini e con la moglie, di rompere ogni rapporto con i figli, di attaccare briga con un poliziotto, di sparare a un gatto, di riempire di maiali la fastosa dimora paterna.
E' un desiderio di autodistruzione, di annientamento e, insieme di redenzione.
C'è un punto decisivo.
E' la visita che Henderson compie, spinto dalla curiosità, nella casa di una vecchietta che aveva fatto morire di crepacuore.
Le stanze sono piene di cianfrusaglie, di detriti, di cocci di bottiglie, di ogni tipo di ciarpame accumulato nel corso di una vita.
A questo punto decide di passare all'azione: "Oh infame vergogna!" di ce a sé stesso.
"Perché ci lasciamo andare così? Cosa stiamo facendo? Anche tu morirai di questa pestilenza..."
Henderson decide di comprare un biglietto di sola andata per l'Africa Nera e di dare inizio ad un'avventura che è radicale, rivolta contro le rovine e lo squallore della civilizzazione.
Egli diventa "L'uomo della pioggia".
Quello di Bellow è un continente reinventato e fantastico, astratto e lunare.
Il viaggio del suo protagonista è un cammino iniziatico.
Personaggio caracollante e clownesco, divorato da un'inesauribile sete di conoscenza, Henderson è il buffo eroe di una satira contro il mito dell'America opulenta e prepotente.
Pubblicato nel 1959, "il Re della pioggia" è un libro pieno di comicità, dal ritmo vorticoso e incisivo, a pieno titolo erede del Candido di Voltaire, di Melville, di Twain.


E' un'Africa inventata, quella che incontriamo narrata in questo testo... e molto altro troviamo, tutto condito di ironia... le tragicomiche avventure di Henderson, che diviene poi, per un breve periodo, l'Uomo della Pioggia... è spassosa ed al tempo stesso profonda... "Io veramente adoro la vita, e se non posso raggiungerla in faccia, lascio andare il mio bacio un poco più in basso. Per chi mi capisce non c'é bisogno di altre spiegazioni" come non ridere di questo approccio alla vita? Fatta da chi oramai ha visto tutto quello che c'era da vedere e con spirito tipicamente Yankee deve trasformare il suo modus operandi da Homo Faber a Homo ... altro? Sta tutto qui, il racconto... in questa discrasia tra l'idea che di se si è fatto Henderson e la realtà... tra il mondo altro e se stesso... tra quello che lui si aspetta e quello che invece può e gli altri vogliono... riuscirà in questa titanica impresa? Ma soprattutto saprà riappacificarsi con la vita?

Re, io sono uomo del divenire. E la tua situazione, vedi, è diversa. Tu sei uomo dell'essere.

venerdì 29 gennaio 2021

Revolutionary Road

E' il 1955; i Wheeler sono una coppia middle class dei sobborghi benestanti di New York, che coltiva il proprio anticonformismo con velleità ingenua, quasi ignara della stessa ipocrisia; la loro esistenza scorre fra il treno dei pendolari, le cenette alcoliche con i vicini, le recite della filodrammatica locale, ma Frank e April si sentono destinati ad una vita creativa e di successo, probabilmente in Europa.
Nella storia della giovane famiglia in apparenza felice la tensione è nascosta ma crescente, il lieto fine impossibile, e l'inevitabile esplosione arriva con una potenza da dramma Shakespeariano. (tratto dal libro)

Vi è una forte componente autobiografica in questo importante testo della letteratura americana... certo vi è questo amore-odio per la famiglia, lo stesso odio per la borghesia ed i suoi valori, la tensione sempre sottotraccia, i fiumi di alcool, la sigaretta, il tradimento, le feroci liti tra due perfetti sconosciuti... ognuno a descrivere se stesso "E non riusciva nemmeno a dire se era irritato o contrito, se era il perdono che voleva o il potere di perdonare"....in cui l'altro è a seconda dei casi, utile per i propri scopi, silente spettatore della altrui esagerata autocelebrazione, o peggio "... il fatto che, seppure aveva pensato a lui, era stato soltanto come a un possibile ostacolo, la fonte di fastidiose obiezioni che avrebbero dovuto essere superate e spazzate via, se si voleva portare a buon fine la faccenda nel migliore dei modi. Era questo l'aspetto insopportabile della cosa...." così che vediamo i nostri protagonisti attaccarsi a qualsiasi elemento per sopravvivere, a sé stessi ed al legame con l'altro... "la capacità di misurare il tempo ci offre una quasi inesauribile fonte di consolazione..... le pagine nitide suddivise per giorni e fitte di annotazioni che gli stanno di fronte sono la prova che nulla d'imprevisto, nessuna calamità del caso o del fato possono sorprenderlo da quel momento alla fine del mese...".
Ci si trascina senza meta, aggrappandosi a sogni irrealizzabili... forse perché gli States sono questo... un sogno che ci permette di sopravvivere alla realtà.




 

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