martedì 21 settembre 2021

Sulla corsa


Un nuovo testo che parla di corsa? Un altro? Nella realtà i testi che si occupano di sport tendono a seguire due filoni: l'aspetto fisico o quello interiore. "Sulla corsa" di Covacich li esprime entrambi... a modo suo, con qualche salto temporale, non dicendo tutto, lasciando cioè che sia il lettore ad intendere, a riempire le parti mancanti... forse lo fa per pudicizia, forse perché in effetti certe cose saranno pur cavoli suoi, o forse teme di apparire noioso... o ancora, amante del rasoio di Occam toglie tutto ciò che non reputa essenziale... (o ancora, essendo triestino, ha un modo riservato di porsi) morale, queste 159 pagine... frammiste a spazi bianchi, molto dicono, si.. ma non tutto... e gli altrettanti capitoli, legati dal filo rosso del tempo, dei libri scritti, di quelli letti (Umberto Eco, grande maestro dei rimandi) ci mostra un uomo divorato dalla passione per la corsa, che al tempo stesso letteralmente lo divora...
Se è giusto che ognuno parli solo di ciò che conosce, allora Mauro Covacich può farlo, avendo inseguito, affiancato e spesso superato la propria passione pagandone poi il fio.

"1976. Mauro ha undici anni e, insieme a un'altra cinquantina di bambini, partecipa a una gara organizzata dalla azienda del padre.
E' in quest'occasione che sperimenta per la prima volta le sensazioni che lo faranno innamorare della corsa, spingendolo a gareggiare per tutta la vita.
Accanto al racconto sul corpo, l'impatto sugli allenamenti, la scoperta dei propri limiti, c'é la riflessione sul gesto; sulla sensazione di straordinaria libertà che si prova correndo sul bordo strada, sulla dimensione introspettiva della corsa, sulla maratona come disciplina interiore, su cosa succede quando la corsa ti punge e diventa la tua malattia,
Questo libro non rivela i dieci consigli per correre meglio, ma è il racconto di chi ha trovato nella corsa una forma privata di raccoglimento, il metronomo che scandisce il ritmo delle propria quotidianità".

Colti qua e la ...
Pag. 11 - In effetti anche io provo uno sbalordimento. Più che stravolto, mi sento sbalordito dai segnali che mi invia il corpo, messaggeri contraddittori, un misto di euforia e sgomento, come se dentro mi succedessero delle cose bellissime e bruttissime insieme. L'impulso è quello di liberarsi da questo stato, fuggirlo, uscirne il prima possibile. Ecco a cosa bisogna resistere, all'istinto di fuga.

Pag. 16 - La corsa assomiglia più a un'arte marziale che a uno sport. Chi la ama compie una scelta estetica, accede a una disciplina interiore che c'entra pochissimo con l'attività sportiva. Resistere alla più alta velocità possibile per una strada così lunga è la cosa più bella che una mente umana possa produrre. La mente non è il cervello, la mente è il sistema del corpo che pensa...

Pag. 21 - E' la scoperta del bordo strada, una striscia di mondo pressoché infinita, sempre uguale, eppure sempre diversa, che trasmette una sensazione immediata di sradicamento e libertà. Sul bordo strada sei fuori da tutto, smetti di appartenere al consorzio umano, ti muovi in una dimensione parallela abitata da piccoli animali, rifiuti e viandanti alla deriva. Non a caso l'apparizione più insignificante crea sconcerto, che ci fa lì quello? Sulle zebre sei un pedone, in macchina sei un automobilista, ma lì sei una presenza anomala, destabilizzante. Correre a bordo strada è una espressione di dissenso, una temporanea evasione dall'uniforme civile. Dare voce a un teppismo timido e interiore.

Pag. 31 - Il maratoneta trova dentro di sé il proprio avversario. I limiti del corpo, i limiti della mente, é questo che intende forzare, qualunque sia il suo livello professionistico, semiprofessionistico, del tutto amatoriale. Una corsa lunga 42.195 metri, richiede una preparazione che non si esaurisce nella tabella di allenamento, ma comporta anche l'acquisizione graduale di una familiarità con la sofferenza. Ecco cosa seduce le persone, 

Nessun commento:

Posta un commento

Niente parolacce, né!

Capitalismo Woke