mercoledì 22 novembre 2017

Che ci faccio qui?

Letto tantissimi anni or sono, mi fece apprezzare, insieme a "In Patagonia", l'asciutta e sfrontata scrittura di Bruce Chatwin. Da intendere come un testamento dello scrittore, corre da un luogo all'altro del pianeta, presentandoci eventi, situazioni e personaggi ogni volta diversi ma tutti colti in modo particolare, dalla penna del nostro. Lo conservo gelosamente.
 
"In questo libro Bruce Chatwin raccolse, negli ultimi mesi prima della morte, quei pezzi dispersi della sua opera che avevano segnato altrettante tappe di una sola avventura, di tutta una vita intesa come un viaggio da fare a piedi.
Qui lo vedremo spuntare nei luoghi più disparati e fra le persone più opposte: al seguito di Indira Gandhi mentre annota un diario esilarante o in visita a Ernst Junger, alla ricerca dello Yeti o in quartieri malfamati di Marsiglia, o in Africa mentre si scatena un colpo di Stato, a cena con Diana Vreeland o con Werner Herzog nel Ghana o con un geomante cinese ad Hong Kong.
I numerosi lettori di Chatwin sanno che egli fu, prima ancora che un romanziere e un saggista, qualcuno che è sempre in viaggio e osserva ogni esperienza con lo sguardo penetrante di chi, a partire da qualsiasi cosa, vuole andare il più lontano possibile.
Con lui riscopriamo che il tono di fondo del narrare, in genere è quello del viaggiatore che si ferma a riconsiderare ciò che ha visto.
Il timbro, l'asciuttezza, l'icasticità della prosa di Chatwin sono stati uno dei grandi e preziosi doni letterari degli ultimi decenni.
E proprio alla fine di queste pagine, Chatwin ci svela, con un guizzo finale di mirabile teatralità, che dietro l'arte della sua prosa ha sempre operato un consiglio che una volta gli diede Noel Coward, il Maestro: non si lasci mai intralciare da preoccupazioni artistiche".

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