domenica 19 giugno 2016

To be or not to be

Se vi è un punto fermo, nella shakesperiana vicenda del Leave or Remain inglese, è che Giovedì si vota e Venerdì tutto sarà finito.
Cosa poi avremo da quel dì, non è dato a sapere. Ma almeno la tragedia greca (anzi no inglesissima), che da mesi continua a montare e che oltre a far perdere il sonno (compreso quello della ragione) a molti, ha portato alla morte della deputata laburista Jo Cox, avrà un termine.
Certo, se vogliamo fermarci a riflettere un attimo, ci sarebbero tutti i presupposti per mettere le mani al collo del buon Cameron e chiedergli quale era il motivo per cui ha indetto questo suicidio programmato dell'Europa e della Gran Bretagna.
Se in sostanza, qualsiasi calcolo politico da lui messo in campo, valesse davvero la posta in gioco.
Intanto, perché un esito infausto (io sono per il remain) distruggerebbe il lavoro di 50 anni e oltre per giungere ad un Europa pacificata, forte e democratica.
Un esperimento che non ha eguali nel Mondo. E che tutti ci invidiano.
Secondo, perché le conseguenze devastanti farebbero venire meno, tralasciando l'aspetto meramente economico, il potere contrattuale di un Europa menomata, nei confronti dei nuovi interlocutori che si affacciano alle sue porte orientali.
Penso agli stati ex sovietici, ancora digiuni di democrazia e facili a ritorni nazional-fascisti o nazionalisti - razzisti... Poi alla Turchia, partner difficile con cui dover fare per forza i conti. Per non parlare della Russia, sempre pronta a far la voce grossa ed a menar le mani (Ucraina docet, domani Stati Baltici...).
E che dire infine della progressiva Germanizzazione? Non vogliamo diventare i figliocci di Frau Merkel. Vogliamo che tutti possano dire la loro, con pari dignità.
Per questo ci serve la Gran Bretagna. Che sarà pure una "rompiscatole" con i suoi distinguo e la sua puzza sotto il naso, ma che fuori dall'UE, oltre a non aver più niente da dire ci indebolirebbe senza rimedio.
Rated "remain" English friends.

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