giovedì 16 giugno 2016

Frankenstein

 
 
E' dark. E' gotico. E' feroce. L'amore c'è ma è tutt'uno con una ferocia e un dolore senza fine.
Questo è il film diretto da Kenneth Branagh uscito nel 1994.
E quale migliore interprete del mostro di un irriconoscibile Robert De Niro, distrutto nel corpo e nell'animo, che domanda al suo creatore (quasi come un portavoce della condizione umana nota a tutti noi) il perché della sua creazione, della sua nascita. Vuole, pretende, chiede a gran voce di sapere il motivo della sua esistere.
Logico diventa per noi incolpare Victor Frankenstein del suo capriccio, il suo essersi sostituito alla natura, al creatore, a Dio- Tutto ciò lo rende colpevole dell'arroganza dell'essere umano, che continua imperterrito a sovvertire l'ordine delle cose in nome dell'insaziabile sete di conoscenza.
Ma a ben vedere, è altalenante il nostro giudizio: è colpevole o è la rappresentazione del voler sapere a tutti i costi, che alberga in ognuno di noi?
Gronda sangue questo episodio. Ci parla di corpi distrutti e ricostruiti, di morte seminata senza indugio, di superamento dei limiti ad ogni costo.
Benché molto più aderente al romanzo di Mary Shelley rispetto alle precedenti versioni, una serie di elementi non corrispondono e rendono necessario accettare l'idea che la figura femminile, che nel romanzo dovrebbe accompagnare il mostro, nasca dalla volontà di ridare vita all'amata di Victor e non per soddisfare il desiderio della sua creatura.
Una differenza non da poco, che porta una connotazione sentimentale e di vendetta tra creatore e creatura... Una lotta senza quartiere e senza esclusione di colpi che, come nel romanzo, termina al Polo.

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