Mal di Valgrande è innanzitutto un viaggio nella memoria, nel tempo, nel passato delle nostre Alpi.
E' la storia di una valle, come raccontata dalle sue genti. Gente di fuori, di intorno, mai di dentro.
Il perché è facilmente intuibile. Troppo selvaggia, troppo dura, bella da visitare, quando sai che a casa ti aspettano tutte le comodità della vita moderna... ma non per viverci. Quello no.
Sfruttata per i suoi pascoli e poi per i suoi boschi, non ha mai dato più di quello che si potesse strappare con sudore, sangue e fatica.
Eppure vi fu un tempo in cui, queste terre divennero luogo di contesa, per i suoi pascoli ed alpeggi e luogo di guerra (questo si è comprensibile) tra partigiani e fascisti.
Ora, dopo tanto tempo, è tornata al suo passato remoto di solitudine, sugellata dalla creazione del Parco (il libro è datato e ne accenna una possibile nascita) ed è percorsa da animali ed escursionisti.
Ma cosa ci raccontano le vestigia del passato? Le baite e gli alpeggi abbandonati? i nomi dei luoghi e delle cime?
Come dicevo poc'anzi: fatica, sudore, kilometri a piedi, pochi benefici strappati all'Alpe, storie di contrabbando, di miseria, di speranze deluse e di bracconaggio.
I pochi superstiti raccontano (e lo fanno con grande diffidenza) senza rimpianto, se non per la passata giovane età, la vita di quei luoghi senza desiderare un ritorno a quegli stili di vita..
Scopriamo così, la storia della teleferica per il trasporto della legna verso valle, quella delle lotte partigiane e delle morti durante la tragica estate del 1944, i duri inverni trascorsi da pochi coraggiosi in mezzo a questi monti che ancora oggi riescono ad impressionarci, rendendo con maggiore chiarezza angoli e valli altrimenti irriconoscibili.
Una lettura che ci rimanda ad un altro mondo. La Valgrande.
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