"E' una calda sera d'estate a Tel Aviv. Lo scrittore è seduto in veste di ospite d'onore a un incontro letterario. E' assente. Le voci dei relatori gli arrivano opache, senza sostanza. Davanti a sé il pubblico. Lui spia i volti, gesti, figure.
Un timido ed occhialuto adolescente.
Un tipo malmostoso che sembra in totale disaccordo con l'oratore.
E poco prima in un bar aveva messo a fuoco una cameriera dimessa ma provocante, due figuri dall'aria losca, una vecchia signora con le gambe gonfie.
Sono immagini che diventano storie.
Più tardi, mentre vaga da solo per le strade deserte della città sente che i personaggi che ha evocato gli sono accanto. E a quel punto entra nelle loro vite, le invade e le trasforma.
Le grandi storie da raccontare hanno bisogno solo di un dettaglio, sembra dire Amos Oz.
Poi sono magicamente incontrollabili, come l'immaginazione.
E ci vengono a svegliare". (tratto dal libro),
In un percorso notturno, reso ancor più cupo dalla solitudine, l'autore richiama alla mente le persone incontrate durante il giorno e ad ognuna attribuisce una vita propria, una diversa possibilità, un immaginaria versione del vivere.
Basterà a salvarle dall'oblio? Basterà a salvarle dalla morte? O la vita non può essere senza morte?
Ogni persona diviene motivo di attrazione, in un gioco che è il disvelamento del modo di fare letteratura.
Conosciamo così una varia umanità, un lento scorrere del tempo e delle vicende di ciascuno. Diverse versioni ci vengono proposte e tutte veritiere, tutte "umane" cioè condite di debolezze, vigliaccherie, momenti di orgoglio, scatti di ira, ma più spesso di malanimo privo di forze. E allora si ridacchia senza motivo e senza argomenti contro la presunta fortuna altrui... senza speranza.
Alla fine è l'immaginazione a farla da padrona, a superare le piccole cose e rendere giustizia ad ognuno di essi.
Grande Amos Oz, che dimostra di essere vero scrittore, vero investigatore dell'animo, capace di fantasia ma anche di pietà. Di essere cioè uomo.
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