venerdì 24 gennaio 2014

Gli sdraiati

 
"Forse sono di là, forse sono altrove. In genere dormono quando il resto del mondo è sveglio, e vegliano quando il resto del mondo sta dormendo.
Sono gli sdraiati.
I figli adolescenti, i figli già ragazzi. Michele Serra si inoltra in quel mondo misterioso.
Non risparmia niente ai figli, niente ai padri.
Racconta l'estraneità, i conflitti, le occasioni perdute, il montare del senso di colpa, il formicolare di un'ostilità che nessuna saggezza riesce a placare.
Quando è successo? Come è successo^ Dove ci siamo persi? E basterà, per ritrovarci, il disperato patetico invito che il padre reitera al figlio per una passeggiata in montagna?
Fra burrasche psichiche, satira sociale, orgogliose impennate di relativismo etico, il racconto affonda nel mondo ignoto dei figli e in quello almeno altrettanto ignoto dei dopo-padri.
Gli sdraiati  un romanzo comico, un romanzo di avventure, una storia di rabbia, amore e malinconia.
Ed è anche il piccolo monumento a una generazione che si è allungata orizzontalmente nel mondo, e forse da quella posizione riesce a vedere cose che gli eretti non vedono più, non vedono ancora, hanno smesso di vedere". Tratto dal testo.



Condivido con Michele Serra una certa età, che ti fa vedere le cose con una certa alterigia, fastidio e in certi casi pure schifo. Nato nei mitici anni 60 vedo un progressivo deperire di sogni, idee, speranze, ideologie, spirito di massa e tutto l'armamentario che io, piccolo e curioso cittadino del mondo, avevo spiato agli adulti e cercato di rubare.
Senza internet e cellulari, senza soldi e con tante speranze. Vedo nell'odierno trascinarsi, inutile e senza prospettive, di vecchi, adulti e giovani il delirio di questa nostra società.
Per questo il libro "Gli sdraiati" mi rimanda a tutta una serie di considerazioni che in parte condivido.
Cito: "Tu sei il consumista perfetto. il sogno di ogni gerarca o funzionario della presente dittatura, che per tenere in piedi le sue mura deliranti ha bisogno che ognuno bruci più di quanto lo scalda, mangi più di quanto lo nutre, illumini più di quanto può vedere, ecc."
"Scrutavo il mondo adulto come un regno da espugnare. Emularli per poi detronizzarli, un giorno: ma il trono da espugnare era lo stesso sul quale sedevano loro". 
"Certo che un mondo dove i vecchi lavorano e i giovani dormono, prima non si era mai visto".
Alla fine il libro non è nient'altro che un inno alla giovinezza che se ne va, all'odio feroce per la vecchiaia che si avvicina, per le occasioni perse o peggio sprecate, all'odio feroce per questi giovani che potrebbero tutto e invece non vogliono cogliere. Cazzo! Sveglia! pare dire Michele. E noi con lui.
Bellissima questa frase: "perché invecchiare è soprattutto il progressivo spegnersi del movimento. Tutto il resto si sopporta. Vederci poco, sentirci poco, avere tra le gambe una foglia secca e non più un ramo pieno di linfa... Ma muoversi per il mondo come se il mondo fosse tuo, quello ti manca come l'aria, come il respiro. Ti manca come te stesso...". Vero.

Nessun commento:

Posta un commento

Niente parolacce, né!

Ultra