Da quel momento non si da pace e vuole ucciderla per vendetta.
La sua follia sarà la sua rovina.
Questa è la storia di Moby Dick. Ma per fare di questo racconto un capolavoro occorre evidentemente altro. E cosa ne ha decretato il successo?
Qualcuno parla di un romanzo per ragazzi. Nulla di più improbabile.
Romanzo di avventura. Forse, ma troppo, troppo complicato.
La letteratura si esprime ai massimi livelli, al punto che ogni pagina va letta piano piano, masticata, ma il ritmo del racconto si fa forsennato, la punteggiatura, il periodo, il coinvolgimento accelera al punto di non riuscire più (come certe riprese dei film horror di Carpenter) a tenere il passo.
Chiamatemi Ismaele, qualcuno che ha vissuto questa avventura e ne è sopravvissuto per raccontarcela. Poi la serie di personaggi che si disvela, sino al gran finale.
"Qualunque sia la superiorità intellettuale d'un uomo, mai riuscirà ad acquisire concreta ed efficace supremazia sugli altri senza l'ausilio d'una qualche forma d'artificio e d'usurpazione esteriori, sempre, di per sé, più o meno gretta e meschina".
Con perle di saggezza simili, disseminate qua e la, si dipana il racconto... Facendoci comprendere che la volontà ultima dello stesso è formare il lettore alle verità della vita ed al suo amaro termine, alle miserie umane ed alle sue immutabili evoluzioni/involuzioni.
"Del sotterraneo minatore che lavora in tutti noi, com'è possibile dire dove sbocchi il pozzo, basandosi sul sempre mutevole, soffocato rumore del suo piccone?"
E ancora "sbilanciata era la nave come uno studente con la pancia vuota e la testa piena d'Aristotele".
Come conclude l'intera vicenda?
Ancora una volta Melville ci viene in soccorso con una metafora: "Tutti gli uomini vivono avviluppati in sagole di balena. Tutti nascono col capestro intorno al collo; ma è soltanto quando vengono catturati nella repentina, subitanea volta della morte che i mortali si rendono conto dei silenziosi, sottili, onnipresenti repentagli della vita".
Se non l'avete ancora letto ricordatevi della predica su Giona (chiave di volta del racconto), leggete bene i rapporti tra Ismael e Quequeng (un inno all'omosessualità), l'entrata in scena di Achab (vera anima nera), il suo alter-ego e parte buona Starbuck, le baleniere incontrate (moniti non ascoltati nell'immenso oceano) ed infine Moby Dick: a lungo annunciata e temuta, si profila all'orizzonte, combatte, colpisce e infine muore... ma questa è un altra storia.
La letteratura si esprime ai massimi livelli, al punto che ogni pagina va letta piano piano, masticata, ma il ritmo del racconto si fa forsennato, la punteggiatura, il periodo, il coinvolgimento accelera al punto di non riuscire più (come certe riprese dei film horror di Carpenter) a tenere il passo.
Chiamatemi Ismaele, qualcuno che ha vissuto questa avventura e ne è sopravvissuto per raccontarcela. Poi la serie di personaggi che si disvela, sino al gran finale.
"Qualunque sia la superiorità intellettuale d'un uomo, mai riuscirà ad acquisire concreta ed efficace supremazia sugli altri senza l'ausilio d'una qualche forma d'artificio e d'usurpazione esteriori, sempre, di per sé, più o meno gretta e meschina".
Con perle di saggezza simili, disseminate qua e la, si dipana il racconto... Facendoci comprendere che la volontà ultima dello stesso è formare il lettore alle verità della vita ed al suo amaro termine, alle miserie umane ed alle sue immutabili evoluzioni/involuzioni.
"Del sotterraneo minatore che lavora in tutti noi, com'è possibile dire dove sbocchi il pozzo, basandosi sul sempre mutevole, soffocato rumore del suo piccone?"
E ancora "sbilanciata era la nave come uno studente con la pancia vuota e la testa piena d'Aristotele".
Come conclude l'intera vicenda?
Ancora una volta Melville ci viene in soccorso con una metafora: "Tutti gli uomini vivono avviluppati in sagole di balena. Tutti nascono col capestro intorno al collo; ma è soltanto quando vengono catturati nella repentina, subitanea volta della morte che i mortali si rendono conto dei silenziosi, sottili, onnipresenti repentagli della vita".
Se non l'avete ancora letto ricordatevi della predica su Giona (chiave di volta del racconto), leggete bene i rapporti tra Ismael e Quequeng (un inno all'omosessualità), l'entrata in scena di Achab (vera anima nera), il suo alter-ego e parte buona Starbuck, le baleniere incontrate (moniti non ascoltati nell'immenso oceano) ed infine Moby Dick: a lungo annunciata e temuta, si profila all'orizzonte, combatte, colpisce e infine muore... ma questa è un altra storia.
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