Mu'ammar Gheddafi è stato senza alcun dubbio, una figura controversa nel panorama dei despoti africani e quello che, con autentiche piroette e furbizie di ogni tipo, ha saputo costringere gli occidentali al rispetto od almeno al riconoscimento.
E dire che di disastri ne aveva combinati, dando accoglienza al terrorismo internazionale, lanciando missili su Lampedusa e altre corbellerie a cui hanno fatto seguito ritorsioni da parte degli USA ed infine l'attacco da parte delle forze della coalizione che lo ha portato alla destituzione.
Noi italiani lo ricordiamo bene per l'aver allontanato (nel 1970) tutti i cittadini della nostra nazionalità dopo averli privati di ogni bene.
La nostra penosa democrazia non solo ha dimenticato alla svelta questo vergognoso episodio, ma ha permesso a questo furbastro dittatore di piazzare la sua tenda (con tanto di amazzoni) a Roma, in occasione di una sua visita.
La sua morte (e questo libro ne narra gli ultimi episodi in vita) ha portato la Libia nel caos...
Evidentemente questo popolo non è ancora pronto alla democrazia, dovendo prima ricostruire uno stato che superato il trauma del colonialismo, raduni il popolo intorno ad un ideale identitario di crescita e sviluppo e non più di vendetta e odio.
Bellissimo il libro che si legge d'un soffio. il nostro Gheddafi si confronta con la fragilità del potere perduto e sulla presa di coscienza che il popolo lo odia. Bravo Yasmina Khadra/Mohammed Moulessehoul nel descrivere gli stati d'animo del potente costretto a capitolare.
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