domenica 5 febbraio 2017

Le otto montagne

 
"Pietro é un ragazzino di città, solitario e un po' scontroso. La madre lavora in un consultorio di periferia, e farsi carico degli altri è il suo talento. Il padre è un chimico, un uomo ombroso e affascinante, che torna a casa ogni sera dal lavoro carico di rabbia.
I genitori di Pietro sono uniti da una passione comune, fondativa: in montagna si sono conosciuti, innamorati, si sono addirittura sposati ai piedi delle Tre Cime di Lavaredo.
La montagna li ha uniti da sempre anche nella tragedia, e l'orizzonte lineare di Milano li riempie ora di rimpianto e di nostalgia.
Quando scoprono il paesino di Grana, ai piedi del Monte Rosa, sentono di aver trovato il posto giusto: Pietro trascorrerà tutte le estati in quel luogo "chiuso a monte da creste grigio ferro e a valle da una rupe che ne ostacola l'accesso" ma attraversato da un torrente che lo incanta dal primo momento.
E lì, ad aspettarlo, c'é Bruno, capelli biondo canapa e collo bruciato dal sole: ha la sua stessa età ma invece di essere in vacanza si occupa del pascolo delle vacche.
Iniziano così estati di esplorazioni e scoperte, tra le case abbandonate, il mulino e i sentieri più aspri.
Sono anche gli anni in cui Pietro inizia a camminare con suo padre, "la cosa più simile a un'educazione che abbia ricevuto da lui".
Perché la montagna è un sapere, un vero e proprio modo di respirare, e sarà il suo lascito più vero: "Eccola lì la mia eredità: una parete di roccia, neve, un mucchio di sassi squadrati, un pino". Un'eredità che dopo tanti anni lo riavvicinerà a Bruno".
 
 
"Le otto montagne" è un romanzo di Paolo Cognetti. Pubblicato nel 2016, è diventato un caso letterario e grazie al passaparola uno dei libri più letti di questi ultimi mesi.
E' un romanzo di formazione che racconta la vita di due ragazzi che, pur provenendo da mondi diversi, vivono la montagna e la interpretano a modo loro.
Un'amicizia che li porterà a condividere trent'anni di vita, tante avventure, l'amore per la stessa donna, una casa da costruire insieme e soprattutto la montagna. 
Benché alcuni passaggi siano particolarmente riusciti, la storia di Bruno e Pietro mi ha convinto solo fino ad un certo punto. Manca poesia, manca pathos, anche se è evidente che queste vicende, in parte l'autore le abbia vissute.
Vivere la montagna è certamente mettere a nudo sé stessi e fare i conti con quello che si è. Senza sé e senza ma. Ogni scorciatoia sarà una possibile opzione, ma non darà il risultato sperato. Cognetti riesce comunque a farci capire, attraverso la visione dei genitori di Bruno (agricoltore e muratore, senza cultura) e Pietro (chimico, con un carico di rimorsi e passioni) a fare da passaparola ai rispettivi figli che la montagna non è nient'altro che il riflesso delle nostre anime più profonde.

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