Lo Stato deve cessare di operare come presidio del corretto funzionamento del mercato e affermarsi come difensore della società del mercato.
L'Italia è l'ottavo paese più ricco al mondo, ma anche il Paese dove un lavoratore su quattro è povero e uno su tre vulnerabile, ovvero condannato alla povertà in caso di evento inaspettato (come una malattia o la nascita di un figlio).
Dopo anni in cui la politica si è mostrata succube nei confronti dell'economia e ha mortificato i lavoratori e colpevolizzato i poveri, si è tornati a discutere di come riconciliare democrazia e mercato.
Lo si è fatto varando il reddito di cittadinanza, per molti aspetti difettoso ma l'unica forma di incisiva redistribuzione della ricchezza adottata negli ultimi decenni.
Lo si è fatto con la proposta di introdurre minimi salariali stabiliti per legge.
Queste misure, smantellate o avversate dall'attuale maggioranza sono peraltro minimali rispetto a quelle contemplate dal patto di cittadinanza previsto dalla Costituzione: quello per cui il lavoro è un diritto ma anche un dovere, che ha però come contropartita un salario dignitoso, un welfare esteso e la partecipazione dei lavoratori alla definizione dell'indirizzo politico generale.
Il lavoro povero è, perciò, una contraddizione in termini: cambiare è possibile ma soprattutto necessario.
Estratto 1 - Occorre poi un pensiero radicale per sottolineare che il patto di cittadinanza incentrato sul lavoro richiede per la sua attuazione determinate condizioni.
In particolare necessita di pubblici poteri impegnati a difendere la società dal funzionamento del mercato, piuttosto che ad assicurare il funzionamento della concorrenza come invece vorrebbe l'ortodossia neoliberale.
Estratto 2 - Il tutto ovviamente contestato da Karl Marx, secondo cui il diritto al lavoro non era certo nulla di tutto ciò, bensì solo una "formula goffa" capace unicamente di alimentare l'insidiosa illusione di giungere per tale via a "esercitare potere sul capitale".
Estratto 3 - Se infatti i capitali circolano liberamente, l'investitore internazionale diviene la figura a partire dalla quale definire le politiche economiche degli Stati, giacché saranno decise in funzione della necessità di attirarli: punteranno inevitabilmente a precarizzare e svalutare il lavoro e ad abbattere la pressione fiscale sulle imprese.
Estratto 4 - I "successi del passato" avevano però prodotto i problemi del presente: "l'incorporazione di notevoli componenti della popolazione nei ceti medi" aveva "rafforzato le loro aspettative" e determinato un ampliamento della "partecipazione politica", alla base di crescenti "richieste ai governi".
Di qui un eccesso di egualitarismo, fonte dello stato confusionale in cui versava la democrazia.
Estratto 5 - Del resto l'Europa unita è solita impegnarsi periodicamente a ridurre la povertà e l'esclusione sociale, ponendosi però nel merito obiettivi inesorabilmente destinati a non essere raggiunti, e a confermare così l'ipocrisia che caratterizza i discorsi sulla dimensione sociale. E a farli apparire per quelli che sono: la cortina fumogena sotto la quale occultare la vera essenza della costruzione europea, ovvero il suo costituire un vincolo esterno volto a incalzare e sostenere l'ortodossia neoliberale come fondamento dello stare insieme come società.
Estratto 6 - In una prospettiva keynesiana il welfare conserva alcuni sui caratteri genetici, in particolare perché continua a essere uno strumento volto a produrre pacificazione sociale.
Estratto 7 - il lungo periodo, amava replicare Keynes a chi riteneva l'ordine economico capace prima o poi di ritrovare autonomamente una sua stabilità, interessa poco dal momento che riguarda un tempo in cui "saremo tutti morti".
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