martedì 4 giugno 2024

8 secondi


Prima che abbiate finito di leggere questo testo vi sarete distratti almeno un paio di volte.
Probabilmente avrete già dimenticato il titolo del libro che avete tra le mani o il nome della sua autrice.
Forse avrete interrotto la lettura per rispondere a un vostro amico o controllare l'apprezzamento social di un vostro post o di una vostra foto.
In ogni caso, è pressoché certo che in questo momento abbiate in mano uno smartphone e che il vostro sguardo si stia già allontanando da queste righe.
Benvenuti nell'era della distrazione infinita.
Ma come è possibile che la nostra attenzione sia diventata inferiore a quella di un pesce rosso?
Ed è vero che i like di Facebook stimolano le stesse aree attivate dall'assunzione di stupefacenti?
In che modo la presenza di uno smartphone nelle vicinanze incide sulle nostre capacità cognitive?
I social stanno modificando la struttura del nostro cervello?
Lisa Iotti ci guida nel mondo dell'iperconnessione.
Il suo è un viaggio, intimo e sconvolgente, nel lato oscuro della rivoluzione digitale, attraverso le ossessioni, i pericoli e le paure che caratterizzano il nostro contemporaneo dai laboratori in cui si svolgono ricerche sul comportamento delle nostre reti neurali durante l'utilizzo di App alle stanze in cui vengono studiate le possibili trasformazioni posturali dovute all'uso degli smartphone; dai centri per curare le dipendenze psicologiche da cellulare ai ritiri in cui disintossicarsi dal telefono grazie alla meditazione; dagli incontri con alcuni dei più importanti studiosi della mente a quelli con i pentiti della Silicon Valley, diventati oggi profeti della disconnessione da social e device.
Tra reportage e narrazione personale, 8 secondi è un'opera che nasce dalla necessità di trovare risposte alle nostre inquietudini e che finisce per aprirci nuove domande e nuovi scenari.

Pagina 18 - La prima cosa vera è che è il contatto con gli altri, soprattutto con le persone che non conosciamo, presuppone sempre fatica; significa un'immersione in un mare aperto da cui non sappiamo mai come torneremo.
Conoscere vuol dire far entrare qualcuno nella nostra linea di confine, inventare strategie di comunicazione, di attrazione, seduzione, repulsione: esporsi, mettere in moto aspettative, difese, possibili fraintendimenti, rifiuti.

Pagina 19 - Da quando la tecnologia ci ha dato la straordinaria opportunità di liberarcene, il disagio, la fatica, lo sforzo sono tutte esperienze che non siamo più disposti a tollerare: l'elusione di intimità con gli altri e con noi stessi, insieme a tutto il carico di contraddizioni, disordine e mistero - altrimenti detto "vita" - è il prezzo da pagare per questa opportunità.

Pagina 31 - A ripensarci, era tutto lì: in quella superficie liscia e levigata dal touchscreen, nessuna increspatura, nulla che facesse resistenza, la metafora della contemporaneità.

Pagina 33 - Quando mi capita di sentire il cellulare vibrare in tasca anche se non c'é nessuna chiamata o messaggio in arrivo? E' una forma di allucinazione, che riguarda nove persone su dieci e che ha persino in nome scientifico: Sindrome della vibrazione fantasma.

Pagina 35 - Truismo - barbarismo dall'inglese True (vero).  
I cellulari sono come il doudou, il pupazzo della nanna. Che cos'é un doudou per i bambini? mi ha spiegato qualche giorno fa al telefono il dottor Laurent Karila, un orsetto, un peluche, un pezzo di tela da toccare, da accarezzare. E' qualcosa che li calma, li tranquillizza, che li fa dormire più sereni. Gli smartphone per noi sono la stessa cosa.

Pagina 36 - "E' angosciato, sta male, è come la sindrome abbandonica dei bambini quando perdono il loro peluche o non vedono più la mamma; solo che a noi succede coi cellulari. Si chiama nomofobia, una crasi da "no mobile" e "Phobia", la paura di restare senza telefono.

Pagina 37 - Vero è che ciascuno di noi ha una quantità massima di infelicità o di disagio che può sopportare, raggiunta la quale è come se l'anima aspettasse solo un segno, una smagliatura nella superficie del destino per infilarsi e fare leva. Alle volte basta una leggera inclinazione del piano, anche pochi gradi, perché un'energia compressa prenda forza e rotoli giù fino a schiantarsi, o a trovare una via d'uscita e salvarsi, se è fortunata.

Pagina 45 - Non voglio fare la retorica della fatica - ma l'energia impiegata per ottenere un risultato è sempre stata nella cultura novecentesca una componente fondamentale del risultato stesso.

Pagina 46 - Intrattenersi con i propri pensieri è un'arte complessa. Intanto perché presuppone avere dei pensieri, e poi sapere cosa farne. Un'agonia.

Pagina 47 - MI tornano in mente tutte le volte che mi sono sforzata di concentrarmi su qualcosa di concreto per allontanare un pensiero - o il ricordo di un qualcuno - che sapevo farmi male; ripenso alla fatica fatta per cercare di dirottare la mia attenzione e il mio dolore verso qualcosa di salutare.

Pagina 48 - Tutto questo ignorare e decidere ha un costo cognitivo. Dover affrontare così tante decisioni banali nella vita quotidiana ha creato un affaticamento neuronale che non lascia energia per le decisioni importanti.

Pagina 50 - L'incertezza è uno dei più potenti afrodisiaci in circolazione; più che dall'atto siamo attratti dalla potenzialità.

Pagina 51 - Ci siamo convinti di sapere molto più di quello che sappiamo, di avere ragione. E credere di avere ragione è di solito la via più breve per avere torto. Si chiama effetto Dunning - Kruger.

Pagina 157 - In rete noi non vediamo la foresta, nemmeno gli alberi o i rami, ma solo le foglie, le venature, il picciolo, dettagli di un insieme che ignoriamo. Abbiamo scambiato la sensazione di sapere con il sapere.

Pagina 196 - Epilogo. Sicuro se c'é qualcosa di fragile o di sghembo o di rotto dentro di noi, un algoritmo lo scoverà e lo trasformerà in un lauto dividendo per gli azionisti della società. O per qualche scopo preciso.

Pagina 198 - Essere capaci di accogliere le nostre abrasioni, i nostri spigoli, fare spazio alla noia e al dolore, senza depistarli, ricucendo e rattoppando buchi che si ristrappano alla prima occasione. La tristezza, la solitudine, il senso di inadeguatezza torneranno sempre, come le onde del mare, non ci possiamo fare niente; possiamo però riconoscerle per quello che sono, onde appunto, e coltivare la gratitudine e la compassione, essere pronti a riconoscere cosa ci fa stare bene e cercare di distenderlo il più possibile, farlo durare, come la nota di un diapason su cui accordare ogni gesto del nostro quotidiano.

Pagina 199 - Dagli amori malati si esce quando si diventa grandi. Quando ci si stanca di non avere il controllo della nostra vita. Quando torniamo ad abitarci e a volerci bene. O semplicemente quando non è più divertente.










 

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