domenica 13 novembre 2022

Salvarsi a vanvera


Autunno 1943.
Secondo un'antica maledizione - inventata di sana pianta e venduta al Comando Tedesco come leggenda popolare - nelle viscere di una miniera di carbone sulla sponda del Rio Fegazza, si nasconderebbe la Salamandra Ignifera Gigante Cinese, capace di folgorare a vista qualsiasi forestiero si avvicini.
Per l'ebreo Mozenic Aràd, che giusto prima delle leggi razziali ha pensato bene di diventare Mesolari Aride, la scoperta casuale del giacimento è l'unica speranza di salvare sé stesso e la sua famiglia.
E così, mettendo insieme una squadra di persone altrimenti destinate a fine certa - una professoressa di liceo, un suonatore di clavicembalo, un fattorino e un numero imprecisato di irregolari che dal giorno alla notte si cucirono addosso il titolo di geologo, minatore, fuochista, carpentiere o artificiere - Aristide comincia a vendere carbone alle milizie, tenendole ben lontane dalla miniera con lo spauracchio della vampa infuocata. 
Finché il maggiore Aginolf Dietbrand Von Appensteiner, comandante di piazza comincia ad insospettirsi.
Dopo la "Vita dispari", Paolo Colagrande ci consegna un romanzo straripante d'intelligenza e di invenzioni.
Pagina dopo pagina, assecondando "l'impostura del destino" , costruisce una bugia grande quanto un intero paese il piano geniale di un pugno di ebrei padani per salvarsi la vita.

Prima di parlare del libro devo, necessariamente, narrare del rocambolesco incontro.
Complice la mia innata curiosità e la passione per la carta stampata, ancora una volta ci casco dentro... e il risultato non delude affatto.
Partecipo ad un corso - obbligatorio - sull'anticorruzione. E in quanto obbligatorio, può essere affrontato in molti modi. Per fortuna, non solo mia, il relatore ha la capacità di attingere da frasi ad effetto per trarne insegnamento. Un metodo difficile da usare, necessita di avere la capacità di collegare con una matita due punti sul foglio e non prendere svarioni mentre - come la matematica insegna - si va da A a B, magari non dalla via più breve e lineare... se non ci si perde in questo percorso allora è fatta.
Morale, il relatore cita un libro e questa frase: " Mio babbo Aràd viveva di sospetti più che di speranze. Le speranze hanno tutta una loro trama volatile, un fraseggio di aurore vaporose, sogni, comete e canzonette... che pretendono l'universo. I sospetti invece, camminano rasoterra, parlano stonati; e dell'universo si accontentano di una stanza, un magazzino o un ripostiglio.
Ecco, sospetti e speranze coronano l'umano condurre... ieri come oggi come... domani. 
E questo barcamenarsi nel rapporto con sé stessi e con gli altri, mediare con l'incompreso rende tutto il vivere su un piano scivoloso..
"Con così pochi elementi si può solo lavorar di fantasia o di intuito, per chi ne ha, oppure di malinteso, che diventa una specie di oracolo girato all'indietro per raddrizzare il presente ai gusti e alla convenienza.

Era come se girassero intorno a un bersaglio per prendere meglio la mira. Quale fosse il bersaglio però non si poteva capire.

... con l'idea che il passato di un uomo di quattro anni è sempre un passato prossimo,  recuperabile quasi come un presente, basta raccogliere i pezzi lasciati per strada poco fa.

L'idea era di smarcar la burocrazia e scrivere al ministro in persona, poi stare a vedere, senza aspettative perché le aspettative non si avverano, si avvera solo l'inatteso, per legge fisica.

La parola domani è stata inventata da adulti ignoranti e un po' depravati, oltre che irresponsabili, perché sappiano benissimo che in natura il domani non c'è, è solo un espediente pratico, merce dozzinale da vendere a chi ha voglia di cascarci. Infatti non lo trovi da nessuna parte. Trovi molti ieri, in giro, dove si accumula un arretrato pesante, e guardando i tuoi passi per terra c'è sempre un adesso che é meglio non considerare neanche perché l'adesso è un animale mordace e lunatico.

E il panico che riporta l'uomo alla sua stupidità d'origine, può contribuire ad una reazione a catena distruttiva.

Avrebbe potuto dire due o tre volte tanto... ma il ragionevole non persuade, sa di arrotondamento ruffiano. Moltiplicando per 50 nessuno sospetta la fandonia... mio padre era capace di trovare numeri secondo le regole della vanvera e dell'esagerazione, che si muovono su piani opposti: l'esagerazione scuote, la vanvera addormenta, ma insieme fanno una bella mescola.

Il silenzio è solo una rete mimetica, un impianto di scena con tutto un riverbero rumoroso di comunicazione superflua, Anche la felicità è merce falsa, come il silenzio, per non parlare della libertà, non presente in natura ma sintetizzabile chimicamente in una specie di surrogato di utopia.

Insomma, autentiche perle di saggezza sparse qua e là in una storia che, potrebbe apparire assurda, se la realtà non superasse la fantasia... sbaglio? Quindi occorre leggere il libro, scoprire che oltre alla trama, vi è un mondo, che è fatto di sospetti e speranze e soprattutto di parole. Su cui ognuno può costruirci ciò che vuole... a suo rischio e pericolo. Assolutamente uno dei migliori libri di quest'anno.

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