domenica 22 maggio 2022

Piccolo trattato di consolazione


 Essere un rabbino significa vivere con la morte: quella degli altri, ma anche la propria.
Significa però soprattutto trasmettere la morte come lezione di vita per tutti quelli che restano: "così mi trovo al fianco di donne e uomini che in momenti cruciali della loro vita hanno bisogno di narrazioni". 
Il tessuto di questo libro di consolazione intreccia strettamente tre fili: il racconto, l'esegesi e la confessione.
La narrazione di una vita interrotta, il modo di dare senso a una morte attraverso i testi della tradizione e l'evocazione di una ferita intima o la rammemorazione di un episodio autobiografico di cui ha risvegliato il ricordo seppellito da qualche parte.
I testi sacri aprono un varco tra i vivi e i morti... "il ruolo del narratore è quello di stare sulla soglia, per garantire che resti aperta".
E permettere così a ciascuno di fare la pace con i propri fantasmi.


Sarà che questo testo è capitato in un momento davvero brutto (la perdita improvvisa di un caro amico) ma mi ci sono affezionato. Mi ha dato molti spunti di riflessione e l'ho fatto mio.
Anche se la religione che lo guida è quella ebraica, ed anzi, forse proprio per quello, ne ho tratto giovamento. Ora si tratta di fare lezione delle belle e profonde frasi contenute... di combattere ad armi pari con la morte, e di vivere, vivere il più profondamente possibile.

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