giovedì 23 gennaio 2020

L'occhiale indiscreto

Ci sono scrittori, ha notato Garboli, che hanno saputo amministrarsi con oculatezza: da loro, «una volta passati a miglior vita, non ci aspettiamo più nulla». E ci sono poi i dissipatori, gli eccentrici, che la morte «tradisce e smaschera»: come Flaiano. È dunque nel­le sue carte disperse, nei libri usciti dopo la sua scom­parsa che troviamo «una verità che non ci è stata det­ta». Tanto più in questo, che dal 1941, allorché co­mincia a occuparsi di cronaca, ci conduce ai pezzi di costume del 1970-1972. Per Flaiano, infatti, la satira è già nella cronaca e nel costume: basta saperli guarda­re. Basta cioè guardare «fatterelli» in apparenza irri­levanti con un «occhiale indiscreto» (così si chiamava la rubrica che teneva nel 1945 su «Il Secolo XX»), in grado cioè di applicare – per usare le parole di Anna Longoni – una «correzione metonimica». Prodigio­samente, la capacità visiva ne risulterà modificata e il dettaglio si trasformerà in patente, irridente testimo­ne del tutto. Vale a dire degli inestirpabili vizi degli i­taliani: la natura di voltagabbana, il cinismo che sem­pre induce verso la parte del più forte, la «leggerezza di carattere», l’intolleranza, la colpevole smemoratez­za. Con gli anni, «l’orrore, la pietà e anche lo sconfor­to» che queste debolezze suscitavano si andranno ac­centuando, e l’ironia, di fronte ai fenomeni di co­stume degli anni Settanta (la smania delle crociere, il femminismo, la passione per il calcio, il culto della Makina, il turismo di massa), si farà più amara, taglien­te: sino a provocare la solitudine del satiro.  (dal risvolto del libro)
 
Ennio Flaiano appare tanto più tagliente, quando la censura del regime non consentiva errori… con approccio metafisico, sottile, insinuante, riesce a far capire laddove capire è già dubitare e dubitare è già essere contro. Via via che gli anni aumentano e il Fascismo lascia il posto alla Democrazia, gli scritti si fanno più amari, non tanto per il contenuto in sé ma perché contro quanto ora scrive il nostro, non vi è alcun rimedio. Non si può combattere, mobilitare una nuova rivoluzione… in un popolo che, come scrive lui "è capace di rivolte ma non di rivoluzioni".
Occorre talvolta più difendere che offendere i nostri nemici mostrandoli (in malafede) più bravi di quel che non sono appunto per ottenere delle reazioni anche in coloro che oggi ne difettano… (a proposito di Controproducente).
Dopo il fascismo, l'italiano medio aderirà al partito che prometterà l'utopia più avvenente, uno spietato moralismo nei confronti altrui, il rispetto delle tradizioni più sciocche (a proposito di Voltagabanna).
I discorsi di Mussolini sollecitavano il becero e l'intollerante che sonnecchiano in troppi italiani, quegli stessi che oggi danno ai partiti la colpa della attuale situazione dimenticando cosa c'era prima… ma come non ricordare "quei" discorsi? A quel suo stile consistente nel far girare le frasi come le trottole fino a produrre un effetto assai simile ad un'idea ma senza gli svantaggi che propone un'idea (a proposito dei discorsi politici).
Bisogna sempre che una certa plebe abbia un nemico da sodomizzare per sentirsi forte, che è proprio il carattere dei veri onanisti…  (a proposito del linguaggio del calcio mutuato dalla politica e viceversa).
il fascismo è il diabete degli italiani… una malattia del sangue, sottile, antica, che colpisce anche le migliori famiglie, destinata a riaffiorare nel tempo…. (a imperitura memoria).
 
 
 

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