sabato 23 febbraio 2019

Chiamata da uno sconosciuto

Potremmo intitolarlo: "il film dove non succede proprio niente". Almeno sino all'ultimo quarto d'ora.
E' lì che si concentra tutta l'azione, che deve necessariamente scaricarsi come una molla, dopo tutta la tensione creata grazie a suoni e musiche, belle riprese, zoomate e ottimi effetti fotografici…
Il rischio vero è che tanta tensione finisca per distrarci, per animare i sensi oltre misura, nel tenderci nell'attesa come un gatto sulle spine, per poi non vedere appagata tanta attesa.
E dire che, il racconto parte bene… azioni quotidiane mutate in preoccupanti indizi… a dimostrare, riuscendoci, che la morte, la nostra morte, è dietro l'angolo e non ha bisogno di entrate trionfali o di "annunciaziò! annunciaziò!" come direbbero i Tre Tre (mitico trio di comici tra i quali Troisi).
Quindi, ben venga il suono esasperato, il rombo, la zumata, la ripresa che si allontana, la musica che irrompe… ogni nostro momento è passato sotto la lente di ingrandimento.
Vi è però un vero dilemma da superare, cosa che pochi registi sono in grado di fare, quello che "il troppo stroppia"... non si può vivere perennemente in tensione, non si può vivere perennemente in lutto (non a caso la società civile ha elaborato il lutto), non si può vivere sempre sulla corda… dopo un po', o si muore o ci si scoccia.
Questo è il rischio che corre, anzi in cui incappa, il film.
Ve n'é evidenza, nei momenti di tregua… la bellissima villa, circondata da lago, vento, temporale, rumori spettrali, telefoni che suonano, luci che si accendono e spengono è troppo… troppo per tutti, con il rischio di finire indigesta (cioè indigeribile, perché ingerita ma non gradita dallo stomaco) e restarci lì…  ne su, ne giù!
Lui, l'assassino, lo vediamo solo in una piccola scena, quando, finito tutto il ballare in giro (spoiler) viene portato via dalla polizia, sino ad allora è una figura scura, di cui abbiamo sentito la voce.. il respiro più che altro… e non l'alito per fortuna.
Lei, la bella babysitter, le ha fatte tutte… ha aperto, ha chiuso, ha chiamato la polizia, ha perdonato il fidanzato farfallone, ha girato per casa armata di spiedo, ha escogitato stratagemmi per fuggire, ha salvato i bambini, ha fatto zompi degni dell'uomo ragno… insomma, ha fatto la sua parte.
La storia zoppica nella trama, zoppica nei rapporti tra persone, zoppica nelle conversazioni telefoniche… insomma un'evidente zoppia che ci obbliga a giocare d'immaginazione… nel tentativo di coprire i buchi con il pensiero.. cosa che il cinema spesso ci chiede, e che anzi è la vera capacità dell'arte visiva… farci sognare, farci inserire idee, pensieri, salvo poi smentirli… i grandi registi fanno così.. Simon West no.

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