sabato 23 marzo 2024

Dare spazio


 Nell'inferno delle disuguaglianze il Terzo Settore deve aprirsi al dialogo con la politica, dare spazio a ciò che inferno non è, tutelarlo e costruire il futuro.

Il futuro non è una stanza vuota, ma il frutto delle scelte che facciamo oggi.
E un futuro diverso e migliore può essere immaginato e proposto dalle realtà che compongono l'universo del Terzo Settore solo quando queste non si limitano a gestire servizi, ma si impegnano per affermare e realizzare istanze politiche di inclusione, riduzione delle disuguaglianze, pari dignità di tutte le persone.
Solo così si può esprimere una forza politica ed etica che recepisca e faccia proprie le finalità tipiche del welfare.
Ripercorrere il cammino del Terzo Settore significa infatti restituire a chi lavora in questo ambito la consapevolezza della propria identità, portando alla luce quegli strumenti che hanno marcato importanti passaggi nelle politiche sociali: dalle prime istanze nate nella prossimità fisica alle situazioni di marginalità, fino alle piattaforme digitali che anticipano le sfide di domani.
Questo volume nasce con l'intento di affrontare in forma di dibattito attraverso il dialogo tra gli autori, ma anche dando voce a una pluralità di esperti, il rapporto tra Terzo Settore e politica e più precisamente il modo in cui, grazie al lavoro svolto dal Terzo Settore nell'arco di quarant'anni, le istituzioni hanno accolto le esigenze della società civile.
Ma è anche un'occasione per rileggere la storia del Terzo Settore e comprendere come la sua capacità trasformativa possa incontrare le istituzioni in un paese che sta mutando pelle dinanzi alle nuove esigenze e che fatica a trovare spazi di rappresentanza.
Non bisogna mai dimenticare le responsabilità politiche del Terzo Settore, nella consapevolezza che la sua vocazione politica, oggi più che mai ha bisogno di essere evidenziata, valorizzata, agita e coltivata: perché la politica è il regno dei fini, e i fini abitano il futuro.

Pagina 4 - "Basta fatti, vogliamo promesse". La frase paradossale e bellissima, è una scritta su un muro a Genova. La mano anonima chiede di avere promesse, di poter immaginare, desiderare, sperare in un mondo diverso, non così brutalmente ancorato ai pesi e ai vincoli del presente.. quelle promesse che la buona politica può far nascere.

Pagina 5 - La forma democratica e inclusiva del Terzo Settore é una delle poche "palestre di democrazia" rimaste: luoghi in cui si apprendono la fatica e le opportunità della partecipazione. Ha una funzione potentemente trasformativa; l'azione del Terzo Settore cambia il profilo di una comunità, ne arricchisce i servizi e le opportunità, infittisce i legami sociali.

Pagina 6 - Il futuro non è una stanza vuota: é pieno delle conseguenze delle scelte che facciamo oggi; per questo ci viene incontro intanto che lo costruiamo. Questa è la scommessa del Terzo Settore di oggi: riscoprire nella vicinanza alle persone e alle comunità lo spazio per costruire diritti e democrazia, e rifondare su questa vicinanza un patto sociale inclusivo di cui abbiamo bisogno e che ormai è scomparso tanto dal linguaggio quanto dalle agende politiche e istituzionali.

Pagina 12 - Un primo punto di crisi è lo sbilanciamento verso i trasferimenti monetari a danno dei servizi alla persona: é solo attraverso i servizi, quando sono di qualità, che una persona può ricevere le competenze e gli strumenti per provare a modificare il proprio percorso di vita.

Pagina 28 - L'elemento distintivo, quindi, non deve essere individuato nell'assenza di lucro, bensì nella destinazione imprescindibile delle risorse economiche anteponendo gli obiettivi sociali e il bene comune al ruolo del capitale, anche grazie a una governance democratica e partecipata da diversi portatori di interesse.

Pagina 67 - il think tank, invece, è cruciale per elaborare proposte: se partiamo dal presupposto che la tecnica sia l'unico modo di rendere concreti i principi, allora devi portare al decisore delle soluzioni fatte e finite. E' il concetto delle "riforme chiavi in mano", cioè proposte estremamente puntuali e precise da presentare alle istituzioni. Queste sono particolarmente necessariamente in Italia, paese in cui l'amministrazione pubblica non di rado è debole sui contenuti.

Pagina 68 - Se partiamo dal presupposto che la tecnica sia l'unico modo di rendere concreti i principi, allora devi portare al decisore delle soluzioni fatte e finite. E' il concetto delle "riforme chiavi in mano", cioè proposte estremamente puntuali e precise da presentare alle istituzioni. Queste sono particolarmente necessariamente in Italia, paese in cui l'amministrazione pubblica non di rado è debole sui contenuti.

Pagina 69 - Mettere al centro la concretezza di un tema o di una proposta (appunto "lo scopo") rende più facile trovare convergenze tra diversi soggetti organizzati, piuttosto che farlo a partire dall'identità di ognuno. Franca Olivetti Manuoukian parlava, a questo proposito, di modelli organizzativi a legami deboli, che descriveva con la metafora dei "mucchi di sabbia". Modelli capaci di aggregazioni anche consistenti ma con legami deboli al proprio interno, in cui ciascuno mette in gioco solo una piccola parte della propria identità. Sono organizzazioni che si reggono sulla convergenza minima e che al proprio interno raramente contengono elementi di conflitto; quando uno non ci si riconosce, facilmente se ne distacca senza grandi patimenti e senza che l'organizzazione nel suo insieme venga messa in discussione.

Pagina 70 - Non esistono vie di uscita: se si chiede al potere pubblico di fare "qualcosa" senza indicare in dettaglio "come" farlo, si è già perso in partenza.


Pagina 71 - il pericolo che chi occupa posizioni più rilevanti nelle coalizioni sociali faccia leva sulla battaglia collettiva per avere spazi di visibilità/di rapporto privilegiato con il potere per sé o per la propria organizzazione;

Pagina 74 - Convincersi che il cambiamento di sistema possa avvenire come esito della somma di mille pratiche locali, senza comprendere che il sistema conservatore tollera o addirittura può apprezzare queste pratiche perché gli riducono le tensioni sociali, ma non per questo se ne fa passivamente contaminare; anzi, come l'esperienza di tanti di noi insegna, é ben attento a intervenire e soffocare il fermento quando le pratiche strabordano da "confini di sicurezza".

Pagina 105 - Se si resta al di qua della membrana, l'art. 55 resta ma, come dimostra la travagliata vicenda dell'art. 6 del nuovo codice degli appalti pubblici, il paradigma non muta, e con esso non muta la possibilità per il Terzo settore di rigenerarsi in virtù del proprio potere istituente piuttosto che finire di consumarsi in veste di fornitore residuale di un dispositivo istituzionale esausto.

Pagina 107 - Partecipare non interessa a tutti, non è un desiderio diffuso, richiede tempo e disponibilità a mettersi in gioco. La partecipazione è bellissima, ma anche faticosa. Per "muovere partecipazione" bisogna creare realmente le condizioni, il Terzo settore, invece, la racconta sempre in termini valoriali, come un pilastro fondamentale a cui le persone sanno di doversi ispirare per chissà quale pregresso postulato. Partecipare non è un desiderio diffuso, richiede tempo e disponibilità a mettersi in gioco. La partecipazione è bellissima, ma anche faticosa. Per "muovere partecipazione" bisogna creare realmente le condizioni. Il Terzo settore, invece, la racconta sempre in termini valoriali, come un pilastro fondamentale a cui le persone sanno di doversi ispirare per chissà quale pregresso postulato.

Pagina 108 - Il secondo caso di studio riguarda una startup che si chiama Merits: un'esperienza piccola, ma interessante per il suo potenziale. L'idea è questa: quando una persona svolge una attività di volontariato o di supporto di altro tipo riceve dei crediti, i Merits, che sono una sorta di moneta complementare che può essere spesa negli esercizi commerciali convenzionati del territorio.

Conclusioni - Abbiamo aperto con la città di Valdrada di Italo Calvino. Lo concludiamo con la nota frase con cui termina lo stesso libro, e che abbiamo scelto per il titolo di questo volume. "L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'é uno, é quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui; cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio".








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