mercoledì 13 settembre 2023

Quanto pesano i fantasmi

 


Nelle imboscate, o in altre missioni notturne si portavano dietro una curiosa minutaglia.

Kiowa portava sempre con sé il suo Nuovo Testamento e un paio di mocassini per camminare senza rumore. Dave Jensen si portava dietro un complesso vitaminico ricco di carotene per la visione notturna. Henry Dobbins si portava dietro un collant della sua ragazza avvolto intorno al collo come una sciarpa.

Tutti si portavano dietro dei fantasmi. Solo chi ha vissuto la crudele realtà della guerra può raccontare cosa è veramente.

E' quello che fa il veterano Tim O'Brien in questo libro che, a metà tra il romanzo a episodi e la raccolta di racconti, narra le vicende della immaginaria Compagnia Alfa, dalla loro vita prima della guerra ai combattimenti nella giungla del Vietnam fino al ritorno a casa.

Pubblicato nel 1990 e subito acclamato come uno dei più importanti libri della letteratura americana, "Quanto pesano i fantasmi" é una cruda e ispirata lettura sulla guerra, ma anche sulla memoria, l'immaginazione, e il potere salvifico del raccontare.

Pagine che hanno cambiato per sempre ciò che sappiamo su realtà e finzione, guerra e pace, paura e coraggio, al punto di far dire a un recensore; "La memoria come profezia". 

"Quanto pesano i fantasmi non racconta dove siamo stati, ma dove siamo e forse dove saremo domani".

Stiamo parlando di ragazzi giovani mandati in guerra... per i quali tutto restava un mistero, tutto doveva essere ammantato di magia, superstizione, giustificato e gestito in modo da essere sopportato. perché: Era mia opinione allora, e lo è tuttora, che non si possa fare la guerra senza saperne il perché.

Si divertivano con quello che avevano, quello che capitava loro. Dal stringere la mano e salutare il cadavere a trasformare in filastrocca anche le cose più pericolose. Così quando seguivano un vecchio che conosceva il percorso in un campo minato, finivano per cantare: Esci di fila, pesti la mina, segui il minchione tutto benone.

Perché tutti narrano di una guerra come di uno spazio tra l'estrema tensione e l'estrema noia... ma nella realtà è quasi vero... Persino nel cuore della boscaglia, dove potevi morire in un'infinità di modi, la guerra era crudemente e aggressivamente noiosa. Ma era una noia strana, Era una noia col trucco, quel genere di noia che ti fa venire i disturbi di stomaco. Magari te ne stavi seduto in cima a un'alta collina, la piatta distesa delle risaie sotto di te, e il giorno era calmo e caldo e completamente vuoto, e tu sentivi la noia che ti gocciolava dentro come da un rubinetto che perde, solo che non era acqua, era una specie di acido, e a ogni gocciolina sentivi che quella roba ti corrodeva organi importanti.

La vita umana è un'unica cosa, come una lama di pattino che traccia i suoi arabeschi sul ghiaccio: un bambino, un sergente di fanteria ventitreenne, uno scrittore di mezza età che conosce il dolore e il senso di colpa.

La parte più toccante del racconto, ma che peraltro da un senso anche a ciò che viene narrato ed alla continua lotta tra verità e finzione è questo passaggio: Non era questione di disonestà. Anzi al contrario: cercava di riscaldare la verità, di farla bruciare a tal punto da farti provare esattamente ciò che provava lui. Per Rat Kiley, credo, i fatti erano formati dalle sensazioni e non viceversa, e quando ascoltavi una delle sue storie ti ritrovavi a eseguire rapidi calcoli mentali, sottraendo superlativi, estraendo la radice quadrata di un assoluto e infine moltiplicando il tutto per chissà.


Nessun commento:

Posta un commento

Niente parolacce, né!

Capitalismo Woke