martedì 26 settembre 2017

Storia della colonna infame

"Nell'estate del 1630, a Milano, il caldo e le disastrose condizioni igieniche infiammano una violenta epidemia di peste, capace di uccidere più di cento persone al giorno. In quel periodo due donne riferiscono di aver notato un uomo aggirarsi sotto la pioggia a ungere le mura delle case con una strana sostanza, probabilmente in grado di diffondere il morbo.
Da qui parte la storia del processo agli "untori" e la furiosa ricerca dei colpevoli da parte dei magistrati, spinti dalla popolazione imbestialita, a scelte arbitrarie.
La vicenda che Manzoni ripercorre a oltre due secoli di distanza solleva pesanti interrogativi morali sul trattamento degli accusati, sulla pena di morte e sull'interazione tra passioni collettive ed esistenze individuali.
Quella del Manzoni, con Storia della Colonna infame è una vendetta postuma, un attacco mosso con circa due secoli di ritardo a chi condannò a morte degli innocenti per crimini che non avevano commesso. L'accusa era quella di essere "untori", volontari portatori della peste che, nell'estate del 1630 fiaccò la città di Milano. Gli imputati erano Guglielmo Piazza e Giangiacomo Mora di basso ceto sociale condannati a morte e Gaetano De Padilla, nobile e assolto..
Manzoni rovescia il processo mettendo sotto accusa i giudici, più desiderosi di portare un uomo alla forca che di appurare la verità.
In questione non sono le procedure giuridiche ma vengono individuate precise responsabilità personali; ancora una volta, l'intento dell'autore milanese è soprattutto morale e formativo.
Ma la vendetta morale, se così possiamo dire, non si rivolge solo ai giudici.
C'é un imputato più longevo, quella comunità che vive di assurdi intendimenti e che vuole il sangue dei colpevoli per rendere giustizia di un fatto per cui non c'é nessuna responsabilità.
Le azioni collettive della folla, le cui dinamiche sono già descritte nella rivolta del pane, ne I promessi sposi, sono irrazionali e arrivano a sacrificare esseri umani. L'insegnamento del Manzoni, dunque, si rivolge a tutti ed a ciascuno di noi".
 
Bello e coinvolgente, istruttivo e capace di rendere giustizia e insegnamento molto più di molti trattati di sociologia, politica e filosofia: la paura, la cattiveria, l'ignoranza e ancora il potere dettano i canoni di questa storia... una storia che a 400 anni di distanza, non ha perso nulla della sua attualità.. perché la società è cambiata.. forse si è evoluta... certo non è cambiato l'essere umano... sempre pronto a rincorrere voci (reali o virtuali...) per dare addosso a qualcun altro i propri limiti, difetti e desideri di vendetta... fermato solo dal potere e dagli odierni Gaetano de Padilla.... meditate gente, meditate..

Nessun commento:

Posta un commento

Niente parolacce, né!

Perché dono