Francesco Guccini, in arte cantautore, ci ha abituati, tra l'altro, a vari lavori letterari, sia solo che accompagnato; storie di vita sua e dell'Appennino, storie di musica e di modi di essere... Questo libro è, se si vuole pensarlo così, l'aver tirato la rete dei ricordi, nella sua vita e nei suoi scritti ed averne estratto una serie di oggetti, di cose, e di conseguenza di modi di fare, che non esistono più. E' quindi un voler dare dignità ad un passato che, con il galoppare impetuoso della tecnologia, sono morti e sepolti...
Vado a leggere dal frontespizio: "C'era una volta... già, cosa c'era una volta? Una volta c'era la banana: non il frutto amato dai bambini, bensì l'acconciatura arrotolata che proprio i bimbi subivano e detestavano ma che veniva considerata imprescindibile dai loro genitori.
I quali, per bere un buon espresso, dovevano entrare al bar e chiedere un caffè caffè altrimenti si sarebbero trovati a sorbire un caffè d'orzo.
Una volta, per scrivere non c'erano sms o e-mail, ma si doveva dichiarare guerra ai pennini e uscire da scuola imbrattati di inchiostro da capo a piedi. Una volta, si poteva andare dal tabacchino, comprare una sigaretta - una sola - e fumarsela dove meglio pareva: non c'erano divieti, e i non fumatori erano una gran brutta razza.
Una volta, i bambini non cambiavano guardaroba ad ogni stagione, andavano in giro con le braghe corte anche d'inverno e - per assurdo contrappasso - col costume di lana d'estate. Una volta la playstation non c'era, si giocava tutto il giorno per strada e forse ci si divertiva ancora di più. Una volta, al cinema pioveva...
Con un poco di nostalgia, ma soprattutto, con la poesia e l'ironia della sua prosa, Francesco Guccini posa il suo sguardo sornione su oggetti, situazioni, emozioni di un passato che é di ciascuno di noi, ma che rischia di andare perduto, sepolto nella soffitta del tempo insieme al telefono di bachelite e alla pompetta del Flit. Un viaggio nella vita di ieri che si legge come un romanzo: per scoprire che é l'archeologia "vicina" di noi stessi, che ci commuove, ci diverte, parla di come siamo diventati".
Non finiamo mai di stupirci di fronte a certi giochi, modi di fare, oggetti letteralmente scomparsi e di cui sentiamo parlare con nostalgia dai nostri anziani... o anche da noi stessi... brutto segno... :)
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