Sylvain Tesson, instancabile viaggiatore capace di gesta estreme - dal giro del mondo in bicicletta all'attraversamento dell'Asia a cavallo e della catena Himalayana a piedi - ha deciso di provare a vivere l'esperienza di Napoleone e della sua armata seguendo il cammino della ritirata di Russia a bordo di un sidecar di fabbricazione sovietica.
Per Tesson il fine non é solo quello della sfida e dell'impresa fisica: immergersi nel passato, nella tragedia di un esercito vinto, così come isolarsi nella solitudine di una capanna assediata dal gelo invernale, l'esperienza raccontata in "Nelle foreste siberiane", vuol dire cercare un punto di vista privilegiato per scrutare con occhi nuovi l'anima della nostra epoca.
Da Mosca, il 2 dicembre, assieme a un geografo, un fotografo e due amici russi, ha inizio il lungo itinerario di 4.000 chilometri verso la Beresina, Smolensk, Orsa, Borodino, attraverso le desolate pianure e l'inverno fatale, come i veterani francesi decimati dalle truppe dello zar Alessandro.
Durante il viaggio il gruppo cerca ispirazione nelle memorie del confidente dell'Imperatore francese, il generale Caulaincourt, ed esorcizza con l'aiuto della vodka gli orrori di quella letale agonia.
Ripercorrendo l'itinerario della sconfitta con dei sidecar scassati lo scrittore racconta la tremenda sofferenza dei soldati.
Per fedeltà verso chi li ha preceduti sul tragitto durissimo, i viaggiatori utilizzano solo mappe stradali, nessuna moderna tecnologia, e con una media di 300 km al giorno arriveranno a Parigi il 18 dicembre.
Tesson, come pochi, ha la capacità di fondere la vita con la passione per la letteratura e la storia.
A spingerlo avanti è il sogno, e a tratti l'incubo di una grande avventura.
"Che cosa è un vero viaggio?" si chiede, ed è la domanda centrale di questa narrazione che si espande nel tempo e nello spazio. (tratto dal libro).
Sylvain Tesson ha due modalità. Totalmente immobile (lo abbiamo conosciuto in questa veste nel racconto autobiografico "Nelle foreste siberiane") o assolutamente imprendibile ed in perenne movimento (eccolo infatti qui, in questo racconto).
In entrambi i casi, si dimostra il grande narratore di persone più che di luoghi, di sensazioni più che di certezze.
Sylvain sa far emergere il non detto. E lo fa così bene che non possiamo fare a meno di pendere dalle sue labbra (immaginarie nel testo) e nei suoi ragionamenti, quando vuole descriverci un episodio, una persona, un pensiero… senza nulla togliere alla descrizione dei paesaggi che, certo, gli riesce altrettanto bene… ma non con tale maestria.
E' il caso di questo "Beresina. In sidecar con Napoleone" ove, il motivo del viaggio (come se a volte fosse davvero necessario avere un motivo) è rifare il percorso di ritirata dell'Armata di Napoleone dalla Russia…
Una sorte di anabasi dell'anabasi… ove le letture della terribile avventura napoleonica, si accompagna all'alcolica e folle avventura di Tesson e compagni a bordo di tre sidecar Ural, di fabbricazione sovietica… il massimo della semplicità ed al tempo stesso della spartana certezza di poter arrivare ovunque purché armati di santa pazienza e di una brugola della misura adeguata.
Ma viaggiare si, per vedere cosa, a distanza di duecento anni? Ma di un luogo sacro, è ovvio! Il problema però, è capire che cosa si intenda per "luogo sacro"! Ed in soccorso, a pagina 114, ci viene Gras, l'amico di Sylvain…
"Un luogo sacro è un luogo geografico fecondato dalle lacrime della Storia, un pezzo di territorio sacralizzato da un gesto, maledetto da una tragedia, un terreno che, al di là dei secoli, continua a irradiare l'eco delle sofferenze patite in silenzio o delle glorie passate. E' un paesaggio benedetto dalle lacrime e dal sangue. Tu sei là davanti e all'improvviso percepisci una presenza, un'epifania: si manifesta qualcosa di ignoto. E' l'eco della Storia, l'irradiamento fossile di un evento che sale dalla terra come un'onda. Qui si è avuta una tragicità così intensa in un lasso di tempo così breve che la geografia non sarà mai più quella di prima. Gli alberi sono ricresciuti ma la Terra ha continuato a soffrire. Quando beve troppo sangue diventa un luogo sacro; allora bisogna guardarla in silenzio perché è popolata di fantasmi".
E quindi eccolo il motivo del viaggio… anche perché poi, il viaggio stesso ha una sua peculiarità… come dice Tesson a pagina 169 "Credo che il movimento favorisca la meditazione: lo dimostra il fatto che i viaggiatori al ritorno hanno più idee di quante non ne avessero alla partenza: le hanno concepite strada facendo. Ne fanno le spese gli amici: sono i famosi racconti di viaggio. Dunque la legge della termodinamica potrebbe essere applicata agli spostamenti. Quando ci si mette in movimento, il riscaldamento del corpo produce un'energia spirituale e contribuisce alla nascita delle idee".
Insomma, un bellissimo testo, di Storia, di riflessioni, di viaggio, di amicizia. Scritto divinamente.
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