Ci sono molti modi per leggere la citta. Quello de "La città nella storia" del Mumford. Oppure quello de "La città e le mura" dell'accoppiata De Seta, Le Goff.... C'è "il paesaggio urbano" del Cullen... ci sono le "Smart City"... o ancora "la città bella" di Cervellati... per concludere questa piccola, breve e incompleta lista con gli apocalittici ne "La fine della città" del Benevolo...
Quindi, cosa mai potrà aggiungere questo testo, scritto a cavallo tra Otto e Novecento, in tema di urbano, di bello, di nuovo?
Per dare una risposta, occorre prima di tutto interrogarsi su che cosa si intenda per città. Data la risposta, che non deve essere necessariamente univoca, ci renderemo conto che, tutte le altre voci scartate, ne sono l'obbligatorio complemento.
Perché se è pur vero che, città é un ambiente costruito; é indubbio anche che città é i suoi abitanti, i suoi mercati, la sua cultura, il suo passato, il suo futuro, le aspirazioni... Città è vedere nel corpaccione dell'insieme edificato, i segni del tempo, delle crisi economiche - come le dimensioni degli anelli del tronco degli alberi denotano anni migliori di altri - vedere quindi qualcosa in continua evoluzioni...
Città è ancora le sue strade, i suoi monumenti, il rapporto tra questi e la percezione dell'abitare, del condividere lo spazio pubblico in rapporto a quello privato... Per questo Parigi - con i suoi viali pensati da Hausmann - è così diversa da Londra o New York da Hong Kong...
"Considerato classico a dieci anni dalla pubblicazione, soggetto poi a polemiche e dimenticanze, riproponiamo un testo pioniere del XIX secolo.
Oggi che un nuovo interesse si è acceso attorno a quella cerniera tra Ottocento e Novecento in cui per tanta parte ancora affondano le nostre radici, Camillo Sitte accanto a Semper e Viollet - Le - Duc occupa nel campo che gli è proprio, una posizione di rilievo".
"La questione dei piani regolatori delle città è una delle più scottanti della nostra epoca.
Ma come avviene anche per altri problemi di attualità, le opinioni, a volte, sono assai contrastanti.
Così, se si esprime unanime compiacimento per le buone realizzazioni della tecnica, in fatto di traffico, di utilizzazione dei terreni fabbricabili, e soprattutto, di igiene nello stesso tempo si manifesta riprovazione spesso con tono di disprezzo e di derisione, per gli insuccessi dell'Urbanistica moderna in fatto di arte.
Infatti vediamo che spesso alla monumentale grandiosità degli edifici moderni corrisponde una brutta sistemazione delle piazze e delle zone limitrofe.
Perciò ci è sembrato opportuno tentare lo studio di alcune piazze e sistemazioni urbane del passato, al fine di individuare le ragioni della loro bellezza.
Determinate con precisione queste ragioni si potranno poi enunciare alcune regole, la cui applicazione dovrebbe permettere di ottenere dei risultati soddisfacenti non molto diversi da quelli della antichità.
Gli studi proposti, si limitano a Italia, Germania, Austria e Francia, perché l'autore si è prefisso di parlare unicamente dei luoghi che ha visto e di cui ha potuto apprezzare personalmente il valore estetico".
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