Dopo aver letto "I bravi soldati" - storia dei militari americani in Iraq, pareva quasi logico, in continuità con le storie dei singoli, leggerne, vederne e assistere al ritorno in patria dei medesimi, per coglierne innanzitutto, la vita nel quotidiano.
Visto in inglese, sottotitolato, oltre ad essere un buon esercizio di lingua, permette di cogliere molte sfumature, compresi i silenzi, le paure, i tic dei reduci.
Ognuno porta con sé il proprio bagaglio di brutti momenti, che si manifesta con incubi, violenza, disperazione... mancanze... trovando dall'altra parte un mondo impreparato ad accoglierli.
Ognuno, appunto, dovrà fare i conti con quanto ha lasciato e con quanto ha di fronte.
Ci sarà chi si toglierà la vita, chi la toglierà agli altri, chi si adatterà con fatica, chi mai...
Quello dello stress post-traumatico è una delle più gravi e più diffuse forme di malattia, che i soldati portano a casa... ricordate "American Sniper" ? Anche allora, il ritorno dalla guerra, era fonte di disturbi, che ponevano il protagonista di fronte a scelte difficili e alla fine, purtroppo, lo punivano.
Giocato sui silenzi, sull'incomprensione, sulla paura a lasciarsi andare, a confessare le proprie debolezze, vuole il regista, agire sull'inconscio e sulle debolezze umane, riuscendoci bene, dimostrando che la strada per tornare a vivere è in salita...
Un buon film, capitato per caso e visto volentieri.
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