Alberto Bregnani (1962), è un fotografo di montagna professionista, considerato tra i più validi interpreti del bianco e nero.
Cresciuto a Cortina d'Ampezzo, figlio d'arte - il padre Giancarlo fu alpinista e premiato autore di film e libri di montagna - si forma fotograficamente alla severa scuola del medio e grande formato in pellicola, ispirandosi ai grandi Maestri del genere.
Atleta di discesa libera negli anni '70, maestro di sci, socio accademico del Gruppo Italiano Scrittori di Montagna, prima di dedicarsi totalmente alla fotografia, si è occupato a lungo di turismo montano per poi iniziare un importante percorso professionale nel settore della comunicazione digitale. (tratto dal libro).
Prosegue la mia lettura di questi piccoli volumetti della collana "Piccola Filosofia di viaggio".
Dopo "L'estasi della corsa selvaggia" e "La vocazione di perdersi", eccomi alle prese con 91 pagine di un diverso approccio alla montagna, una lentezza dovuta alla ricerca del momento perfetto, da tradursi in fotografia, quasi a suggellare - al netto dell'azione economica sottesa alla realizzazione della stessa - la realizzazione della bellezza, del paradiso in Terra.
Tempo addietro lessi da qualche parte che non bisognerebbe fare delle foto dei momenti belli, perché portano solo tristezza e rimpianto… oppure non rendono giustizia al momenti.. non che io creda a questo punto di vista, certo è che, se da un lato, imprigionare il sublime in uno scatto può apparire il migliore dei doni, dall'altro è pur vero che poi superarsi diviene di volta in volta sempre più difficile.
Questo è il cruccio di Alberto Bregnani… lo si legge tra le righe… il resto è pura passione… come quella che dedica alla preparazione dello zaino… da leggersi e rileggersi più volte… perché "lo zaino è un po' la tua casa, portatile giornaliera: un mini guardaroba, una mini cucina, un mini punto di primo soccorso…" ecco, prendete spunti.
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