Fateci caso, ogni volta che la cinematografia (di qualsiasi origine culturale e territoriale) affronta l'innesto uomo - macchina, le cose non funzionano... o funzionano talmente male da ripensare tutto l'arcano... Mi verrebbe da dire che vi sia una sorta di timore di fronte all'argomento (o di cattiva conoscenza, o di cattiva coscienza) tali da rendere necessario mantenere una trama negativa.
Sin dal Frankenstein di Mary Shelley, l'approccio alla tecnologia, ed in particolare a quella che riporta in vita gli esseri umani (fosse anche attaccandoli a macchine) è sempre stata costellata di fallimenti e di disastri etici e materiali.
Forse perché non si vuole infrangere il tabù che vede alcuni uomini evolvere più rapidamente di altri, creando una nuova generazione di padroni tecnologici ed umani insieme capaci di dominare il prossimo.
Oppure semplicemente non ci si capisce niente e ci si limita a porre in film ciò che la fantascienza anni '60 ci ha tramandato... Chissà...
Eccoci di fronte all'ennesimo episodio (questa volta figlio di un Manga giapponese) di ibrido (cervello umano in corpo meccanico), messo a disposizione della legge, ma ad un prezzo eccessivo..
Quando "il maggiore", come si chiama l'ibrido, verrà a conoscenza della sua origine, tutto sarà rimesso in discussione, e chi l'ha creata (per fini tutti suoi evidentemente) dovrà cercare di distruggerla.
Trama non molto distante da "Morgan", vede ancora una volta, i dilemmi del creatore messi a nudo di fronte ad una complessità che, una volta creata, non si riesce più a dominare.
Noi ci godiamo il film, sapendo già che alla fine l'elemento di rottura uscirà allo scoperto, come un dente guasto a distruggere le nostre certezze... ma in fondo non dicevano i greci (tanti, tanti, ma tanti anni or sono) "conosci te stesso" ? E questa regola vale ancor di più in un mondo di cyborg, perché possiamo cosi evolvere, ma saremo sempre noi. Nel bene e nel male.
Grande presenza di Takeshi Kitano.
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