A Roma, in una società agitata da una lotta continua e spesso subdola che non faceva alcun conto dei sentimenti, l'amicizia era anche un'arma politica, non solo un sentimento basato sulla simpatia reciproca.
Nato insieme alle altre grandi opere filosofiche durante i periodo di forzato ritiro dalla vita politica, il DE AMICITIA è il tentativo di Cicerone di superare questo concetto utilitaristico per riscoprire un'amicizia fine a se stessa, fondata sulla VIRTUS e quindi ancorata a valori etici e personali. (dalla terza di copertina).
L'idea di Cicerone è quella di trasformare un saggio, in un racconto tra intimi: Lelio illustra a Fannio e Scevola, le principali caratteristiche dell'amicizia e ciò che invece la minaccia.
Il pretesto per parlare dell'argomento è la morte di Scipione e il suo ricordo espresso da Lelio.
"Ma a lui chi mai potrebbe dire che non gli sia andata nel migliore dei modi? A meno che desiderasse l'immortalità, al che non pensava di certo, quale cosa non ottenne, che fosse lecito a un uomo desiderare?"... Io solamente vi posso raccomandare l'amicizia a tutte le cose umane nulla è infatti così conforme alla natura".
"Poiché l'amicizia in questo è superiore alla parentela, che alla parentela può togliersi l'affetto, all'amicizia no: tolto l'affetto l'amicizia non c'é più, la parentela invece rimane".
"Ora, se alcuni credono che essa derivi dalla debolezza umana, la quale va in cerca d'no con l'aiuto del quale si possa conseguire ciò di cui si sente la mancanza, attribuiscono davvero all'amicizia una nascita, per così dire umile e niente affatto nobile, poiché la vogliono figlia della miseria e del bisogno".
Di conseguenza l'opposto all'amicizia è la tirannia, luogo e momento in cui non vi è certezza alcuna dei sentimenti di chi ci sta di fronte, se non della paura e del sospetto, infatti: "E chi v'é, per gli dei e per gli uomini, che vorrebbe, senza amare qualcuno né essere da qualcuno amato, nuotare in mezzo alle ricchezze e vivere nell'abbondanza? Questa é la vita dei tiranni, vita nella quale naturalmente non v'è lealtà nessuna, nessun affetto; non può esservi nessuna fiducia che l'affetto sia durevole; tutto sempre é sospetto e inquietitudine; nessun posto v'é per l'amicizia".
Diciamo pure che, Cicerone, gran retore e gran politico, scriveva bene ma poi agiva male... e questo gli costò una brutta fine... restano a farcelo ricordare i suoi immortali scritti...
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