Letto nello spazio di un giorno (per sempre un giorno di malattia, pur sempre una calda giornata in cui si sta bene sulla sdraio, sotto la magnolia, a mangiare ciliegie), era nell'elenco dei leggibili di quest'anno... l'ho voluto leggere soprattutto per capire i contenuti e le premesse di un altro testo di Dag Solstad, attualmente non reperibile in biblioteca (e quindi solo acquistabile. Cosa che non intendo fare per lungo lungo tempo).
La trama: un professore di letteratura, nella sua Oslo, la sera di Natale assiste ad un omicidio, compiuto dall'altra parte della strada, nell'appartamento di fronte al suo.
Non chiama la Polizia, non lo farà mai... continuerà la sua vita, certo con qualche conflitto morale, a cui darà poi una spiegazione... finirà per conoscere l'assassino e farselo amico... ed a tutto darà una giustificazione.
Perché narrare una storia simile? Colpa e responsabilità, radicalismo e compromesso, ribellione e omologazione, qual è il ruolo dei valori culturali, filosofici, religiosi, filosofici e morali nell'uomo e nella società odierna.
"Da parte sua non riusciva a condividere l'entusiasmo delle masse per l'offerta culturale che veniva loro proposta, non capiva come fosse possibile entusiasmarsi per certe cose... perché non siamo intellettuali senza tempo, siamo intellettuali nell'epoca del consumismo, profondamente influenzati da ciò che muove il cuore delle masse. E ciò che muove il cuore delle masse è la conseguenza della nostra inadeguatezza".... ed ancora "il tempo, ecco cosa mi logora e distrugge ogni cosa. il tempo divora anche le imprese più notevoli dello spirito umano e le distrugge, le rende pallide e sbiadite".
Interessante la postfazione di Ingrid Basso: "essere un intellettuale in Norvegia. Come essere un intellettuale nell'attuale società e avere una dignità? La vita è una sorta di recita, un gioco e l'identità di un uomo non è che la somma dei ruoli che interpreta"... Tutto qui, nient'altro.
Nessun commento:
Posta un commento
Niente parolacce, né!