"Milano, Teatro Lirico, 1944.
Il Duce, per un attimo, ritrova se stesso: la voce, il carisma, la seduzione.
Le sue parole sembrano quella di un vincitore, non di un vinto.
E' un lampo, l'euforia di un giorno, l'addio di un effimera apoteosi. Non sarà l'applauso di una città a dargli la vittoria.
Attorno a lui ruotano, esaltati e disperati, gli "ultimi" di Salò: Claretta, Pavolini, la Duranti, Valenti, la Ferida, Costa, Bombacci, Graziani, Colombo, Buffarini, in un intreccio di storia di guerra e d'amore, tragiche, magiche, laceranti.
Sullo sfondo, il fatiscente palcoscenico di Milano, devastata dalle bombe e dalla Guerra civile, la città dove il fascismo nasce e, nel sangue, muore.
Marco Innocenti coglie un momento cruciale della vita di Mussolini e lo racconta coniugando fantasia e storia".
Il primo: perdersi nelle descrizioni delle vite delle donne dei potenti di turno. E per farlo, utilizzare a piene mani materiale già pubblicato dallo stesso autore... non va bene... la trama crolla e ci si addormenta.
Il secondo: non far terminare la vicenda al 19 Dicembre 1944 ma trascinarlo al 26 Aprile 1945.
Sappiamo tutti come finì Mussolini. Sappiamo in pochi che il suo guizzo del 19 Dicembre gli permise di far sapere al mondo intero che non era finito e sconfitto.
Questo (a mio giudizio) doveva essere il merito del romanzo. Andare a ripescare l'indecorosa fine del Duce non migliora il tutto, anzi lo peggiora e trascina oltre misura la storia.
Peccato, perché la trama è veramente bella e fa quasi perdonare al fascismo tante colpe, riportando il giudizio della Storia ad un maggiore equilibrio.
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