Complice una carta "Gift" della Giunti, arrivatami per vie traverse, mi dirigo alla più vicina libreria spendibile e faccio una cosa che non mi capitava da tempo... compro dei libri...
Questo è uno dei due, l'altro (Sette tesi sulla magia della radio, scritto da Massimo Cirri) ve lo racconto un'altra volta.
"Nel mondo nuovo ognuno di noi è indaffarato: sia nell'ansioso tentativo di restare sempre connesso sia nel condividere, nello scambiarsi qualcosa. La cultura umanistica, ridotta a materia per specialisti e tradita da se stessa per aver giustificato la barbarie, interroga oggi la nostra concreta esistenza. La tradizione può tornare a parlare. Le sue parole, scritte sui muri della metropolitana e nello spazio immateriale della Rete, invocano di essere messe alla prova. Le nuove generazioni leggono poco, appaiono smemorate, fanno troppe cose simultaneamente e sono meno abili a manipolare la lingua, però chiedono alle idee di incarnarsi in pratiche di vita (altrimenti non vi si appassionano) e tentano di rideclinare il concetto di intelligenza (come coerenza tra ciò che uno dice e ciò che uno fa) e quello di impegno (legandolo al quotidiano, non alla ideologia). E almeno nelle minoranze più attive l'etica vissuta prevale sul "culturalismo" e sul sapere libresco, l'umanità tangibile su un umanesimo disincantato, l'esempio concreto sulle idee astratte".
Cosa in fondo ci racconta questo piccolo libretto (tascabile e molto fluo) di Filippo La Porta?
Sicuramente che siamo di fronte ad un passaggio culturale forte. Tale per cui, occorre trovare nuovi riferimenti, perché ci vengono chiesti dai nuovi media e dalle nuove generazioni.... a partire dalla lettura... dall'aver rimosso i libri e la letteratura dal piedistallo che nel secolo scorso permetteva loro di dettare legge, o meglio dare lezioni di vita e in alcuni casi di sostituirsi al vissuto... (ma sarà poi realmente così?)... poi alle grandi ideologie... non si crede più ai grandi progetti ma alle cose concrete, non alle parole ma ai fatti... se l'autore ci ricorda (citando Diderot) che "le idee sono come le puttane, vanno con chiunque" è forse il caso di dire che Tucidide ricordava che "popolo è una parola priva di significato, cui attaccarci qualsiasi cosa" .
Ci si chiede allora, quali contenuti avrà la tradizione, la Paràdosis, il passaggio di testimone alle generazioni future... quali valori, quali idee... se nulla vale e tutto è messo in discussione... è evidente che solo un atteggiamento concreto, un reale collegamento tra parola e azione potrà essere presa sul serio... con i rischio degenerativo del leaderismo, dell'esagerazione, della velocità priva di profondità...
Altro tema, la scomparsa della cultura umanistica... ritenuta unione tra attitudine all'indagine (indagare le fonti, indagare i significati) e attitudine al dialogo (parola che sa contenere lo scontro, difesa del proprio punto di vista)... dimenticando che l'OTIUM è l'educazione umanistica ad un esistenza all'apparenza improduttiva... mentre ogni risultato implica un percorso.. uno studio, una fatica...
E che dire della cultura pop, La Porta non la condanna, anzi, a condizione però che non si sostituisca al significato iniziale... che non ne snaturi il messaggio... anche perché come diceva Sturgeon "il 90 % di qualsiasi cosa è pattume".., e allora perché conservare una cultura così superata e così coesa con la barbarie? Forse perché non abbiamo alternative e forse anche perché é l'unica che garantisce il senso critico che consente di leggere i fatti e le notizie e discernere il falso dal vero.
Se é pur vero che siamo "condannati a comunicare, pena l'annullamento" (Byung-Chul Han) è anche vero che nessuna tecnologia potrà impedire agli esseri umani di invecchiare, innamorarsi, sperimentare un lutto, coltivare un'amicizia, battersi per una causa, morire... e che se ogni generazione oscilla tra percezione di decadenza e senso di fallimento... nulla ci distoglie dal dover guardare avanti... con o senza la Rete, ed in questo la cultura umanistica ha ancora qualche carta da giocare...
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