mercoledì 12 aprile 2017

Inseguendo Cacciato

Dare una descrizione di "Inseguendo cacciato" non è molto semplice: un libro che parla di guerra, che parla di una fuga (dalla realtà?), che parla di un viaggio molto improbabile, che tocca con mano i sentimenti più reconditi dei marines americani. Dei Vietcong non si parla mai, salvo chiamarli "Victr Charles" Charles il Vittorioso, Charlie, Dick, rendendoli ancora più indecifrabili...
E' il racconto di Paul Berlin, la sua storia e quella del plotone che lo accompagna... prima nelle trincee e poi all'inseguimento di Cacciato... di cui abbiamo qualche ricordo, qualche breve immagine e poi più nulla... Stink, Oscar, Harold, Eddie, Doc, Berlin, questo il gruppo a cui si affiancherà cammin facendo Sarkin Aung Wan una vietnamita che vuole fuggire dalla guerra e conoscere Parigi.
Tra passato, presente e futuro, sogni, desideri, delusioni e speranze, la storia si dipana... sino all'imprevedibile finale...
Pur non avendomi convinto, questo libro racchiude in poche righe il senso della guerra in Vietnam:
"Non conoscevano nemmeno le cose più semplici: un senso di vittoria, o di soddisfazione, o di necessario sacrificio. Non sapevano che cosa si prova a conquistare e tenerla, a fortificare un villaggio e poi alzare la bandiera e chiamarla vittoria. Nessun senso di ordine o di entusiasmo. Niente fronte, niente retrovie, niente trincee disposte in precise linee parallele. Nessun Patton che si avventava verso il Reno, nessuna testa di ponte da assaltare e conquistare e tenere fino alla fine della guerra. Non avevano obiettivi. Non avevano una causa. Non sapevano se fosse una guerra di ideologia o di economia o di egemonia o di puntiglio. In un dato giorno non sapevano in quale parte di Quang Ngai si trovavano, o come il fatto di trovarsi lì poteva avere influenza su risultati più ampi. Non conoscevano il nome della maggior parte dei villaggi. Non sapevano quali fossero i villaggi critici. Non conoscevano le strategie. Non conoscevano i termini della guerra, la sua architettura, le regole di fair play. Quando prendevano dei prigionieri, cosa rara, non sapevano quali domande fare, se rilasciare un sospetto o pestarlo. Non sapevano come sentirsi. Se sentirsi felici o tristi o sollevati quando vedevano un vietnamita morto; se essere contenti o in apprensione nei momenti tranquilli; se attaccare il nemico o evitarlo. Non sapevano cosa provare quando vedevano bruciare i villaggi. Vendetta? Perdita? Tranquillità d'animo o angoscia? Non lo sapevano Conoscevano i vecchi miti su Quang Ngai  storie che venivano passate dagli anziani alle reclute - ma non sapevano a quali storie credere. magia, mistero, spiriti e incenso, bisbigli nel buio, strane lingue e strani odori, incertezze mai articolate in storie di guerra, emozioni dissipate sull'ignoranza. Non distinguevano il bene dal male".

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