Questa volta, il Vietnam è visto dalla parte dei giornalisti e nel caso specifico da un corrispondente d'eccezione: uno scrittore; uno cioè che non aveva scadenze o pubblico, articoli da scrivere subito e direttori da accontentare... no, uno che ha deciso di vivere per intero l'esperienza della guerra per narrarla in un libro e poi non scrivere più nulla.
Diviso in diversi capitoli, (Inspirare, L'inferno fa schifo, Khe Sanh, Salve illuminanti, Colleghi, Inspirare) questo testo ha un che di psichedelico, non fermandosi mai da un soggetto all'altro, da un evento all'altro se non lo spazio di un secondo, come il frame di un filmato, lo scatto di una fotografia, l'esclamazione dei presenti, il rumore di un esplosione.
Come ben scrive Roberto Saviano nell'introduzione, non si può fare a meno di tracciare un parallelo tra questo testo e l'Anabasi di Senofonte: è la letteratura degli sconfitti.
Dispacci è letteratura, racconto, trama di una vicenda enorme, controversa, folle (come folle è sempre la guerra) vista dal basso, dalla parte degli ultimi, dei militari descritti per quelli che sono: belli, folli, feroci e teneri, disperati, cinici, impazziti, delusi, risoluti, insomma: uomini.
E' dal Continental a Saigon, che prende il via l'avventura del nostro, con flashback che ci portano a conoscere luoghi, fatti, piccoli episodi che si muovono in mezzo alla Storia. E' per molti versi il lato narrato dei disegni proposti da Will Eisner , seguendo i LURP (Loong Units Reconnaissance Patrol) nelle loro missioni di morte, i POINT MEN (osservatori di montagna), sempre con CHARLIE (i Vietcong) invisibile e ben presente ad ogni istante, i TOPI BIANCHI (la polizia a Saigon), anche il sonno non lascia tregua: "ti svegliavi con i cattivo sapore di un brutto sogno in bocca, come se avessi masticato durante il sonno un rotolo di vecchi centesimi sporchi"... e poi il Napalm, Willy Peter (il fosforo bianco).. sempre a temere di morire, facendo mille scongiuri: "ti baci la nocca del pollice fino a farla diventare liscia come i sassi sotto l'acqua che scorre", dove la musica rock fa da colonna sonora (Grateful Dead, Doors, Rolling Stones) e ogni genere di droga gira libera ed anzi è tollerata... sino a diventare "più suonati dei seguaci del culto dei CARGO, che attendono il ritorno dei morti su navi mercantili cariche di doni"... dove anche i mezzi militari prendono un nome "Spooky" (il babau) e "Puff the magic dragon" per chiamare i C47 cannoniere volanti... usate per zittire nidi di resistenza nemici.
In un ambiente in cui, la morte è messa in conto ma sino ad un certo punto, ove la morte del tuo migliore amico è forse l'unico modo per farti capire a quanto poco sei stato vicino dal fare la stessa fine. Ed infine il ricordo dei colleghi, le loro capacità, le loro manie, le loro follie... e dei commenti dei soldati: "siete qua di vostra spontanea volontà? Potete andar via quando volete? Ma chi ve lo fa fare?" che spesso degenerava in venerazione o vero e proprio odio.
Un libro unico, speciale. Certo un libro di guerra, ma con una vena poetica incredibile... come solo pochi scrittori sono capaci di raggiungere.
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